N. 134 - Febbraio 2019
(CLXV)
Hitler e Pétain: la stretta di mano della vergogna
Montoire
e
l’inizio
della
Collaboration
di
Marco
Sigaudo
La
collaborazione
franco-tedesca
dell’ultimo
conflitto
mondiale
ha
fatto
scorrere
fiumi
di
inchiostro
dalle
penne
degli
storici.
Se
si
pensa
al
collaborazionismo
di
Vichy
viene
subito
alla
mente
un’immagine
molto
famosa
e
simbolo
di
quegli
anni:
la
stretta
di
mano
tra
Hitler
e
Pétain
a
Montoire
il
24
ottobre
1940.
Questa
data
e
questo
famosissimo
incontro
rappresentavano
in
realtà
la
conclusione
di
una
prima
fase
dei
rapporti
franco-tedeschi
sorti
dopo
la
disfatta
del
giugno
1940.
Di
quell’estate
si
ricorda
il
caos,
il
disorientamento,
la
fuga
dei
francesi
e la
sicurezza,
la
forza
e
l’ordine
dei
tedeschi.
Il
governo
francese
in
fuga
aveva
consegnato
il
potere
all’anziano
Maresciallo
Pétain
e
quest’ultimo
aveva
chiesto
ai
vincitori
di
trattare
la
resa.
L’11
giugno
Hitler
volava
al
fronte
per
constatare
di
persona
gli
effetti
dello
sfondamento
delle
sue
truppe,
la
vittoria
era
sentita
come
vicina
e il
Führer
già
rifletteva
sul
destino
della
Francia
sconfitta.
L’annuncio
radiofonico
fatto
da
Pétain
il
17
giugno
apriva
le
porte
della
vittoria
nazista
mettendo
in
marcia
tutta
macchina
diplomatica
dei
due
paesi.
Il
sabato
22
giugno
1940
a
Réthondes,
nella
foresta
di
Compiègne,
il
Führer
fece
portare
il
vagone
della
resa
del
1918
nello
stesso
luogo
per
celebrare
la
vendetta
per
la
sconfitta
subita
dalla
Germania
nella
Prima
guerra
mondiale.
Hitler
diede
ordine
di
distruggere
le
statue
che
celebravano
la
vittoria
francese
del
1918.
Il
clima
disteso
della
delegazione
tedesca
formata
da
Adolf
Hitler,
Hermann
Göring,
Erich
Raeder
(comandante
della
Kriegsmarine),
Rüdolf
Hess,
Walther
von
Brauchitsch
(comandante
in
capo
della
Wehrmacht),
Joachim
von
Ribbentrop
(Ministro
degli
Esteri)
e
Wilhelm
Keitel
(comandante
dell’OKW
–
Ober
Kommando
der
Wehrmacht
- in
qualità
di
capo
della
delegazione)
si
contrapponeva
ai
volti
tesi
e
disorientati
della
delegazione
francese
presieduta
dal
generale
Charles
Huntzinger
(comandante
della
IIª
armata)
e
composta
dal
generale
Jean
Bergeret
(capo
di
stato
maggiore
dell’aviazione),
dal
vice
ammiraglio
Maurice
Le
Luc
e
dall’ambasciatore
Léon
Nöel
(incaricato
degli
affari
esteri).
Il
testo
dell’armistizio
si
componeva
di
24
articoli
e
con
questo
veniva
deciso
il
destino
della
Francia.
Oltre
alla
resa
delle
truppe
francesi,
si
stabiliva
che
la
Francia
sarebbe
stata
divisa
in
due
parti:
la
zona
nord
(3/5
del
territorio)
amministrata
dalla
Germania
con
un
comandante
militare,
e la
zona
sud
lasciata
al
controllo
francese.
Venivano
lasciate
ai
francesi
i
territori
coloniali
e
veniva
fissato
in
400
milioni
di
franchi
al
giorno
il
fardello
imposto
agli
sconfitti
per
mantenere
le
truppe
vincitrici
in
Francia.
Il
23
giugno
il
Führer
si
concesse
una
visita
a
Parigi.
Accompagnato
dall’architetto
Alber
Speer
e
dallo
scultore
Arno
Breker,
Hitler
per
circa
3
ore
girò
per
la
capitale
francese
quasi
come
se
fosse
un
turista
qualunque.
Il
grande
leader
della
Germania
nazista
stava
maturando
i
suoi
piani
riguardanti
il
futuro
della
Francia
e
forse
questo
viaggio
risultò
decisivo
per
prendere
una
decisione
definitiva
riguardo
al
nemico
appena
sconfitto.
Il
viaggio
parigino
risultò
essere
una
sapiente
messa
in
scena
della
propaganda
tedesca:
il
Führer
appare
non
come
un
violento
conquistatore
desideroso
di
distruggere
lo
sconfitto,
ma
come
un
educato
turista
amante
dell’arte.
Nell’estate
del
1940
si
consumò
la
scelta
del
destino
della
Francia.
Uno
dei
grandi
protagonisti
di
questa
fase
fu
senza
dubbio
Otto
Abetz,
diplomatico
tedesco
di
34
anni
che
Hitler
aveva
nominato
ambasciatore
a
Parigi
nel
mese
di
giugno.
Abetz
era
un
nazista
convinto,
ma
la
sua
storia
lo
rendeva
l’uomo
ideale
per
svolgere
il
nuovo
incarico
:
raffinato
insegnante
di
disegno,
amante
della
Francia,
sposato
con
una
donna
francese
(Suzanne
de
Bruyker)
ed
distintosi,negli
anni
‘30,
per
la
sua
posizione
francofila
in
seno
al
partito
nazista
(tale
“debolezza”
gli
era
costata
l’espulsione
dalle
SS).
Con
l’inizio
dell’occupazione
tedesca
della
Francia
Hitler
vide
in
questo
giovane
diplomatico
l’uomo
ideale
per
gestire
i
rapporti
con
il
neonato
governo
di
Vichy.
Abetz
era
consapevole
del
ruolo
che
la
Germania
nazista
gli
aveva
affidato
e
sapeva
anche
che
con
la
giusta
abilità
avrebbe
potuto
svolgere
un
ruolo
di
primo
piano
per
creare
un
asse
franco-tedesco.
Questo
nuovo
assetto
europeo
avrebbe
comunque
visto
la
Francia
in
un
ruolo
ampiamente
subalterno.
Hitler
ed
alcuni
dei
suoi
più
importanti
collaboratori
come
Göbbels
e
Göring
erano
più
propensi
a
creare
uno
Stato
francese
da
sfruttare
al
massimo,
da
saccheggiare.
Abetz
attraverso
alcuni
suoi
rapporti
ufficiali
e
grazie
alla
sua
conoscenza
dell’ambiente
francese
proponeva
al
Führer
di
fare
della
Francia
uno
stato
vassallo.
Abetz
teneva
aggiornato
il
governo
tedesco
riguardo
la
situazione
politica
e
l’umore
francese.
Aveva
allacciato
una
collaborazione
più
stretta
con
Pierre
Laval,
politico
francese,
scartato
dalla
IIIème
République,
rientrato
in
politica
dopo
la
sconfitta
francese,
ma
malvisto
a
Vichy
in
quanto
uomo
del
vecchio
sistema
politico.
Il
19
luglio
lo
stesso
Laval,
messo
in
secondo
piano
nel
governo
di
Pétain,
decise
di
compiere
un
viaggio
a
Parigi
per
incontrare
l’ambasciatore
tedesco.
Laval
era
il
primo
membro
del
governo
francese
a
prendere
contatto
con
le
autorità
d’occupazione.
Abetz
e
Laval
discussero
riguardo
la
possibilità
di
costituire
un
asse
franco-tedesco.
Durante
l’incontro
Laval
affermò:
«à
titre
personnel
je
souhaite
la
collaboration
entre
nos
deux
gouvernements».
Il
diplomatico
tedesco
aveva
intuito
che
avrebbe
potuto
ottenere
grandi
vantaggi
dal
fatto
che
la
Francia
non
diventasse
come
la
Polonia.
Dopo
meno
di
un
mese,
il 3
agosto
1940,
Abetz
venne
convocato
a
Berchtesgaden
da
Hitler.
L’ambasciatore
tedesco
consegnò
al
Führer
un
memorandum
sulla
Francia
dentro
il
quale
Abetz
sosteneva
la
necessità
di
mantenere
una
Francia
divisa
e
sottomessa
alla
Germania,
ma
proponeva
anche
di
sfruttarla
e
non
di
distruggerla.
Il
Ministro
degli
Esteri
von
Ribbentrop
prese
posizione
a
favore
di
Abetz
sostenendo
la
necessità
di
proporre
alla
Francia
una
sorta
di
partnership
con
la
Germania
grande
padrona.
Questo
progetto,
secondo
Ribbentrop
aveva
come
scopo
quello
di
creare
un’idea
migliore
della
Germania
agli
occhi
del
mondo.
Hitler
esitava.
Göbbels
e
Göring
ritenevano
che
il
destino
della
Francia
fosse
quello
di
un
paese
sconfitto
che
andava
prosciugato
e
saccheggiato
fino
all’ultima
goccia.
La
svolta
avvenne
nell’ottobre
1940
e
precisamente
dopo
il
23
del
mese
quando
Hitler
incontrò
il
Caudillo
Franco
in
Francia,
a
Hendaye.
Il
Führer
propose
a
Francisco
Franco
di
entrare
in
guerra
contro
la
Gran
Bretagna
come
alleato
della
Germania
ma,
dopo
diverse
ore
di
estenuanti
trattative,
il
dittatore
spagnolo
(che
aveva
chiesto
diverse
concessioni
territoriali)
rifiutò.
Un
rifiuto
incassato
dal
Führer-non
abituato
ai
“no”-
con
grande
irritazione
e
che,
almeno
per
il
momento,
escludeva
ogni
ipotesi
di
alleanza
con
la
Spagna.
Durante
il
viaggio
di
ritorno
verso
la
Germania
Hitler,
ricordando
l’analisi
di
Abetz,
decise
di
compiere
il
passo
decisivo
verso
la
richiesta
francese
di
creare
una
forma
di
collaborazione.
La
Francia
avrebbe
contribuito
allo
sforzo
bellico
nazista
senza
alcuna
forzatura
da
parte
tedesca.
Hitler
diede
l’ordine
di
fermare
il
treno
a
Montoire-sur-Loire
e di
contattare
Philippe
Pétain.
Quest’ultimo,
messo
in
difficoltà
dalle
manovre
politiche
di
Pierre
Laval
suo
vice,
cercava
di
trovare
per
la
Francia
uno
spazio
per
poter
risalire
la
china.
Laval
e
Pétain
vivevano
una
situazione
di
convivenza
quasi
forzata
dal
momento
che
tra
i
due
i
rapporti
erano
molto
tesi.
I
due
politici
francesi
non
si
stimavano
ed
avevano
una
visione
della
politica
francese
molto
diversa.
Laval
era
un
politico
di
lungo
corso
e
malvisto
in
quanto
proveniente
da
quella
IIIème
République
che
ora
Vichy
cercava
di
cancellare
mentre
Pétain
era
un
militare
anziano,
nemico
delle
sinistre,
che
non
aveva
ancora
messo
da
parte
la
propria
ambizione
ed
il
sogno
di
creare
una
Francia
fondata
su
antichi
valori.
Questi
due
uomini
politici
del
nuovo
corso
della
storia
francese,
pur
nella
loro
profonda
diversità,
concordavano
su
un
punto:
la
Germania
probabilmente
sarebbe
stata
la
vincitrice
della
guerra
e la
Francia
avrebbe
dovuto
trovare
un’intesa
con
i
nuovi
padroni
d’Europa.
Il
nuovo
corso
della
Francia
di
Vichy
avrebbe
dovuto
essere
improntata
su
un
sano
pragmatismo.
Pur
non
nutrendo
sentimenti
filo-nazisti
erano
intenzionati
ad
aprire
un
nuovo
capitolo
di
amicizia
con
i
vincitori.
Quel
24
ottobre
1940
fu
la
data
tanto
attesa.
Era
Hitler
che
chiedeva
a
Pétain
di
incontrarlo.
I
tentativi
precedenti
di
Laval
presso
Abetz
non
avevano
portato
risultati,
ma
ora
l’alleanza
sembrava
possibile.
Il
24
ottobre
1940,
alle
15.29
il
treno
speciale
Erika
con
i
suoi
16
vagoni,
si
ferma
al
binario
n.3
(che
non
esiste
più)
nella
piccola
stazione
del
paesino
di
Montoire
nella
Loire-et-Cher.
Il
vagone
che
ospita
il
Führer
si
ferma
in
corrispondenza
del
tappeto
rosso
che
è
stato
portato
in
tutta
fretta
dalla
vicina
chiesa
di
Saint-Laurent.
Hitler
non
solo
è un
ospite,
ma è
il
vincitore.
Nella
piccola
cittadina
francese
bagnata
dalla
Loira
il
Führer
attende
la
delegazione
francese.
Il
momento
è
storico.
Per
la
Francia
erano
presenti
Pétain
e
Laval,
mentre
per
la
parte
tedesca,
al
fianco
di
Hitler
c’erano
il
ministro
degli
Esteri
von
Ribbentrop
e il
feldmaresciallo
Keitel.
La
stretta
di
mano
storica
tra
Pétain
e
Hitler
sanciva
l’inizio
di
un
nuovo
capitolo
della
seconda
guerra
mondiale.
Il
Maresciallo
durante
il
colloquio
presentò
alcune
richieste
ai
tedeschi.
Si
chiedeva
che,
in
cambio
della
collaborazione,
la
Francia
potesse
ottenere
un
alleggerimento
delle
spese
di
occupazione,
una
maggiore
flessibilità
lungo
la
ligne
de
démarcation
per
estendere
l’autorità
del
governo
di
Vichy
anche
alla
zona
occupata,
e la
liberazione
dei
prigionieri
di
guerra.
Hitler
ascoltò
in
silenzio
senza
obiettare
nulla,
ma
senza
formulare
promesse.
Questo
incontro
per
il
Führer
sarebbe
stato
fondamentale
per
lo
sforzo
bellico
tedesco,
ma
alla
Francia
non
avrebbero
dovuto
essere
fatte
concessioni
in
quanto
non
si
trattava
di
accordi
tra
pari,
ma
tra
un
paese
vinto
e
occupato
ed
uno
vincitore
ed
occupante.
Dopo
l’incontro
nessuna
nota
ufficiale
venne
pubblicata,
ma
solo
un
semplice
annuncio
con
il
quale
si
informava
che
la
Francia
e la
Germania
avevano
intrapreso
un
cammino
di
collaborazione.
La
foto
della
stretta
di
mano
era
stata
però
pubblicata
ed
in
Francia
era
apparsa
su
diversi
giornali.
Questa
immagine
aveva
lasciato
il
segno
tra
i
Francesi.
Vedere
Pétain
stringere
la
mano
a
Hitler
e di
fatto
aprire
alla
collaborazione
aveva
disorientato
la
popolazione
ancora
sconvolta
dalla
sconfitta
e
dall’occupazione
tedesca.
Pétain,
su
pressione
dei
prefetti,
allarmati
dai
dubbi
dell’opinione
pubblica,
decise
di
fare
un
comunicato
radiofonico
il
30
ottobre
1940.
"Une
collaboration
a
été
envisagée
entre
nos
deux
pays":
questo
era
il
passaggio
chiave.
Il
Maresciallo
annunciava
alla
Francia
l’inizio
della
nuova
politica
nei
riguardi
dell’ex
nemico
tedesco.
La
popolazione
faticava
a
comprendere,
ma
Pétain
era
l’uomo
della
provvidenza,
colui
che
aveva
promesso
ai
Francesi
ciò
a
cui
loro
ambivano:
la
pace.
I
Francesi
quindi,
nonostante
le
forti
difficoltà
nel
dover
accettare
di
dover
stare
al
fianco
della
Germania
mantenevano
quasi
intatta
la
fiducia
nel
Maresciallo.
I
primi
segnali
della
collaborazione
francese
non
si
fecero
attendere:
Pétain
nominò
Laval
Ministro
degli
Esteri
e
quest’ultimo,
come
gesto
di
buona
volontà,
sperando
di
ottenere
qualcosa
in
cambio,
donò
alla
Germania
l’oro
che
lo
stato
belga
aveva
affidato
alla
Banque
de
France.
In
cambio
di
questo
atto,
la
Germania
liberò
alcune
migliaia
di
prigionieri
e
accettò
la
nomina
di
Georges
Scapini
(ex
combattente,
tornato
cieco
dalle
trincee)
quale
rappresentante
di
Vichy
presso
il
III°
Reich
per
la
gestione
dei
prigionieri
di
guerra.
Un
altro
episodio
ricco
di
simbolismo
e
che
sicuramente
ebbe
un
effetto
non
secondario
fu
la
cerimonia
che
si
tenne
il 1
novembre
1940
sotto
l’Arc
de
Triomphe
a
Parigi.
Qui
venne
riaccesa
la
fiamma
del
milite
ignoto
alla
presenza
di
autorità
militari
francesi
e
tedesche.
Questo
gesto
doveva
rappresentare
la
chiusura
di
un’antica
rivalità
ed
aprire
un’epoca
di
amicizia
tra
i
due
popoli.
In
realtà
questi
episodi
non
portarono
grandi
vantaggi
ai
Francesi,
se
non
ad
alcuni
settori
economici
che
avevano
fiutato
l’opportunità
di
aprire
i
loro
affari
al
grande
mercato
tedesco.
La
Germania,
con
un
approccio
meno
rude
e
violento,
stava
di
fatto
prendendo
il
totale
controllo
della
Francia
così
come
auspicato
da
Göring
per
prosciugarla
di
ogni
sua
goccia
di
sangue.
L’auspicio
di
Vichy
di
veder
risollevata
la
propria
economia
svanì
molto
presto.
L’economia
francese
passò
sempre
più
sotto
il
controllo
delle
aziende
tedesche.
Le
società
francesi
controllate
da
famiglie
ebree
vennero
confiscate
dalle
autorità
tedesche
(per
esempio
le
Galeries
La
Fayette).
Il
1940
si
concludeva
così
la
prima
fase
della
collaborazione
aperta
con
molte
speranze
da
parte
francese
e
che
pochi
mesi
dopo
si
rivelava
esattamente
per
quello
che
era
nella
realtà:
una
sottomissione
completa
alla
Germania
di
Hitler.