N. 15 - Agosto 2006
HIGHLAND
GAMES
Tra storia e folklore
di
Matteo Liberti
Ogni estate in Scozia, e particolarmente nella zona
settentrionale della regione, le Highlands, tra
castelli e prati, scogliere e campi da golf, pecore e
mucche capellone, può essere interessante, se non
altro per meglio comprendere le tradizioni e le
origini culturali del popolo che vi abita, la sua
memoria, dedicare qualche ora ai cosiddetti
Highland games, dal nome dell'altopiano in cui
trovano origine e dimora.
I giochi scozzesi, una sorta di olimpiade del
nord, hanno un'origine ultra centenaria.
Una prima versione dei giochi è rintracciabile già
all’alba del cristianesimo, all’interno delle comunità
celtico-gaeliche, ma fu nell’XI secolo che si
organizzarono i primi eventi di carattere prettamente
sportivo. Durante il regno di Re Malcom III,
Malcolm Canmore (1058-1093) si iniziò a proporre dei
giochi di resistenza, i primi avvennero presso il
fiume Dee, come evento di corte ma anche per trovare
gli uomini più rapidi e più forti del regno, gli
uomini che sarebbero potuti diventare, a giochi
conclusi, dei corrieri di Malcom attraverso le sue
terre. Premio immediato era costituito invece da una
borsa colma di oro e da una spada.
Negli anni e nei secoli successivi, la tradizione
scozzese dei giochi si estese su tutta la regione,
diversificandosi da zona a zona con l’aggiunta di
certe competizioni e l’evoluzione di altre. Unica
disciplina sempre presente, la lunga, massacrante
corsa delle origini.
Ognuno dei clan partecipanti (i clan erano le
note organizzazioni primarie della tradizione
politica e sociale scozzese) proponeva i suoi più
valorosi uomini per la partecipazione ai giochi,
cercando tra quelli che avessero le caratteristiche
necessarie per ogni buon combattente scozzese:
abilità, destrezza, forza e resistenza.
Alle prove sportive, sempre più manifestazione di
folklore, si aggiunsero nel tempo alcune tipologie di
intrattenimento non-sportivo: presto fecero la loro
comparsa ballerini, suonatori di piffero,
sbandieratori e musicisti vari.
Negli anni i giochi tesero anche ad allargarsi alla
partecipazione di più persone, arrivando alla fine a
coinvolgere quasi tutti gli uomini di Scozia, ognuno
dei quali partecipava a gare e competizioni che
ricalcavano il suo personal mestiere, anche negli
stessi strumenti utilizzati. I giochi divennero per
molti l’unica occasione di festa durante tutto il
corso dell’anno.
Questo coriaceo popolo di origine celtica, ma con sangue anche
vichingo, che lavorava prevalentemente i campi, era
impegnato in continue lotte tra clan rivali per il
controllo delle terre e del bestiame, mentre
all’esterno particolarmente aspro era il conflitto con
l’Inghilterra, alla continua ricerca di una piena
indipendenza dal regno inglese. I clan, insieme,
combatterono soprattutto contro gli Hannover, ma, il
16 aprile del 1746,
la sconfitta di Culloden mise fine alle
speranze del principe Carlo Edoardo Stuart
(conosciuto come Bonnie Prince Charlie),
di poter conquistare il trono scozzese, fornendo agli
inglesi il pretesto per smantellare definitivamente il
sistema dei clan: il successivo Atto di
proscrizione vietò di indossare il kilt (il
tradizionale gonnellino scozzese adornato con i colori
propri di ogni clan) di trasportare armi, di
organizzare
raggruppamenti di persone,
di parlare gaelico e di suonare la cornamusa (abbondantemente
utilizzata durante i giochi),
considerato strumento sovversivo.
Pena per i trasgressori, la morte.
Subito
dopo ci fu la confisca delle proprietà ai capi
ribelli, che portò definitivamente i contadini alla
rovina. I possidenti inglesi e gli scozzesi fedeli
alla Corona decisero che fosse più conveniente
trasformare i loro terreni in pascolo o in tenute di
caccia; fu così che, tra il 1780 e il 1860 molti degli
abitanti delle Highlands furono espulsi dalle terre in
cui erano nati.
Buona parte della cultura delle Highlands era stata distrutta.
La Proscrizione venen abolita alla fine del
diciottesimo secolo, ed un primo risultato fu il
formarsi della Highland Society, società nata
con lo scopo dichiarato di riportare a vecchio lustro
i giochi e tutte le tradizioni da cui essi avevano
tratto origine.
Già nel 1820 i giochi erano tornati a diffondersi
attraverso tutta la Scozia; dappertutto si tornò a
lanciare i grossi martelli, come da tradizione, e a
sollevare pietre o scaraventare tronchi di albero;
ovunque il revival delle origini, lo spirito dei clan
tornarono a permeare la quotidianità degli scozzesi.
I giochi erano ormai strettamente legati a simboli di
autonomia ed indipendenza. Le zampogne
ripresero a suonare, facendo da colonna sonora al
nuovo corso.
Sempre nell’Ottocento, i giochi vennero esportati
negli Stati Uniti, dapprima a New York, e poi
anche sulla costa occidentale.
Oggi gli Highland games comprendono ancora, oltre alle
discipline già citate, il tradizionale tiro alla fune
e le antiche gare di corsa e di resistenza, nonché
competizioni di danza e musica, ma lo spirito è
certamente cambiato: quest’evento è ormai relegato a
baraccone circondato da attrazioni di altro genere, da
stand commerciali, da posti di ristoro e baracche di
souvenir.
Non dappertutto, ovviamente, e non per tutti: può
ancora capitare di cogliere lo spirito originario di
queste manifestazioni, tra gli eventi meno noti, nei
paesi meno battuti dal turismo, aiutati in fondo dalla
suggestione data dalle danze folcloristiche e dal
suono delle cornamuse, dai colori forti ma rilassanti
della terra scozzese e dalla grandiosità del suo
paesaggio. |