N. 78 - Giugno 2014
(CIX)
HIERONYMUS BOSCH
Virtù della perversione
di Federica Campanelli
Hieronymus
Bosch,
nato
Jeroen
Anthoniszoon
van
Aken
attorno
al 1453
a
‘s-Hertogenbosch,
nel
sud
dei Paesi
Bassi,
è
uno
dei
pittori
più
controversi
e
singolari
della
storia
dell’arte.
Poco
si
sa
della
sua
educazione
giovanile:
di
certo
la
formazione
artistica
del
futuro
Bosch,
pseudonimo
scelto
dal
pittore
stesso,
si
svolse
in
famiglia.
Il
nonno
Jan
van
Aken,
forse
di
origini
tedesche,
era
un
artista
di
discreto
successo
già
attivo
a ‘s
Hertogenbosch,
così
come
quattro
dei
suoi
cinque
figli
(tra
cui
Anton
van
Aken,
padre
di
Bosch),
anch’essi
pittori.
A ‘s
Hertogenbosch
l’artista
fiammingo
trascorrerà
tutta
la
sua
vita,
della
quale
è
peraltro
assai
scarsa
la
documentazione
pervenutaci,
anche
se
sappiamo
che
fu
finanziariamente
e
professionalmente
fortunata.
Nel
1481
Bosch
prende
in
moglie
Aleid
van
Meervenne,
ricca
donna
di
estrazione
alto
borghese
che
gli
permetterà
di
compiere
un
balzo
in
avanti
sul
piano
economico
e
sociale,
ottenendo
varie
proprietà
tra
cui
terreni
localizzati
nelle
vicinanze
di
‘s
Hertogenbosch,
precisamente
a
Oirschot,
nonché
la
possibilità
di
disporre
di
una
propria
bottega.
Sulla
base
delle
limitate
informazioni
biografiche,
quella
di
Bosch
parrebbe
a
prima
vista
un’esistenza
ordinaria
e
tranquilla:
davvero
un
paradosso,
se
pensiamo
alle
sue
opere
così
complesse
e
ambigue,
dove
lo
spazio
è
costellato
di
strane
creature
demoniache
e
dove
persino
gli
oggetti
sono
degli
ibridi
snaturati
della
loro
funzione
originaria;
il
tutto
per
raggiungere
un
livello
di
comunicazione
composito,
spesso
indecifrabile
ma
accattivante.
Sviscerando
i
diversi
ambiti
della
conoscenza
umana,
dalla
psicoanalisi,
al
misticismo,
per
anni
la
critica
si è
occupata
delle
opere
di
Bosch
con
lo
scopo
di
scoprire
la
“verità”
nascosta
dietro
le
sue
misteriose
(o
misteriche)
composizioni.
L’ambiente
sociale
e
culturale
in
cui
vive
Hieronymus
Bosch
è
quanto
mai
in
tumulto
poiché
si
comincia
a
raccogliere
quanto
si
era
seminato
nel
corso
del
riformismo
spirituale
del
basso
medioevo:
al
consolidarsi
dei
movimenti
religiosi
sfocianti
nell’eresia,
alla
larga
diffusione
della
tradizione
alchemica,
alla
crescente
popolarità
della
magia
nera
si
accosta
uno
spietato
terrorismo
psicologico
da
parte
delle
“autorità
morali”,
attraverso
un
piano
di
comunicazione
d’effetto.
Dalle
Visioni
Di
Tundalo
–
leggenda
religiosa
medievale,
tradotta
e
diffusa
in
Olanda
nel
1482,
che
attraverso
visioni
infernali
condanna
la
vita
di
vizi
e
violenze
–
alla
bolla
papale
Summis
Desiderantes
(1484)
di
Innocenzo
VIII
contro
la
stregoneria,
alla
Nave
dei
Folli
di
Sebastian
Brant
–
opera
satirica
in
lingua
tedesca
del
1494,
arricchita
dalle
xilografie
di
Dürer,
che
si
scaglia
ancora
una
volta
contro
la
depravazione
e il
malcostume
dilaganti
–
l’aria
che
si
respira
nell’Europa
del
XV
secolo,
alle
soglie
della
Riforma
luterana,
è
carica
di
intimidazione
e
disapprovazione.
Dove
si
colloca
Bosch
in
questo
contesto?
C’è
chi,
come
lo
storico
dell’arte
Wilhelm
Fraenger,
lo
vuole
appartenente
al
movimento
religioso
del
Libero
Spirito,
già
bollato
come
eretico
dalla
Chiesa
cattolica
con
Clemente
V
nel
1311
e
precursore
della
setta
degli
Homines
intelligentiae.
Attraverso
questo
collegamento
Fraenger
ci
fornisce
la
possibilità
di
comprendere
opere
incredibilmente
complesse
come
il
trittico
con
il
Giardino
delle
Delizie
(datato
tra
il
1480
e il
1490
o
successivo).
Alla
confraternita
del
Libero
Spirito
fanno
parte
i
cosiddetti
Adamiti,
cioè
coloro
che,
credendo
nella
purezza
primigenia
di
Adamo,
ne
accolgono
la
figura
in
toto,
inclusa
la
sua
nudità.
Così,
il
pannello
centrale
del
trittico
appare
come
un
trionfo
dell’edonismo
di
massa.
Non
esiste,
tuttavia,
alcun
documento
che
attesti
l’effettiva
subordinazione
di
Bosch
al
movimento:
al
contrario,
l’apparenza
dei
fatti
suggerirebbe
una
condotta
ben
diversa.
A
partire
dagli
anni
’80
del
Quattrocento
l’artista
fiammingo
risulta
iscritto
alla
confraternita
di
Nostra
Diletta
Signora,
congregazione
che
si
dedicava
a
opere
di
carità
e al
culto
mariano.
Già
nel
1488
l’artista
è
infatti
identificato
come
“notabile”
della
confraternita,
una
posizione
elitaria
che,
sommata
alla
sua
veloce
ascesa
sociale
ed
economica
(resa
possibile
dalle
nozze
con
la
van
Meervenne),
gli
permette
di
raggiungere
in
breve
una
stabile
attività
artistica.
Risulta
piuttosto
difficile
stabilire
un’esatta
cronologia
delle
opere
di
Bosch
(si
tratti
di
dipinti
autografi
o
attribuzioni),
sia
perché
esse
riportano
solo
di
rado
datazioni
certe,
sia
perché
le
condizioni
della
pellicola
pittorica,
appesantita
da
ritocchi
e
ridipinture,
molto
spesso
ne
rendono
impossibile
la
determinazione.
Ogni
tentativo
di
fissare
una
certa
successione
temporale
è
quindi
accompagnato
da
legittime
contestazioni.
Premesso
ciò,
si
ritiene
attendibile
–
grazie
anche
al
supporto
di
tecniche
d’indagine
scientifica
come
la
dendrocronologia,
basilare
per
lo
studio
del
supporto
ligneo
–
l’appartenenza
alla
fase
giovanile,
o
comunque
mediana,
di
alcuni
dipinti
su
tavola
tra
cui
Ecce
homo
(Francoforte,
Städelsches
Kunstinstitut),
Crocifissione
con
donatore
(Bruxelles,
Musée
Royaux
des
Beaux
Arts),
La
salita
al
Calvario
(Vienna,
Kunsthistorisches
museum),
Adorazione
dei
Magi
(Filadelfia,
Museum
of
Art).
Questi
e
altri
lavori,
attribuiti
agli
ultimi
due
decenni
del
XV
secolo
e al
primo
‘500,
presentano
un’impostazione
alquanto
tradizionale
e
convenzionale
della
composizione,
eppure
si
scorgono
già
alcuni
singolari
elementi
che
andranno,
nel
corso
del
tempo,
a
consolidarsi
fino
a
caratterizzare
il
linguaggio
del
pittore
olandese.
La
caratterizzazione
estremizzata
di
personaggi
dall’espressività
caricaturale,
la
descrizione
scrupolosa
del
loro
ruolo
all’interno
della
composizione
attraverso
particolari
simboli
e
attributi
iconografici
(cosicché
ognuno
di
loro
possa
mantenere
e
“raccontare”
la
propria
individualità)
sono
requisiti
presenti
in
Bosch
fin
dal
principio.
L’Ecce
homo
conservato
a
Francoforte,
è
oggi
ritenuta
l’unica
opera
autografa
appartenente
al
primo
periodo
(1476
circa).
Se
il
cromatismo
generale
risulta
vibrante
e
luminoso,
grazie
alla
giustapposizione
di
colori
complementari
e a
una
progressiva
trasparenza
dello
sfondo,
di
contro
le
fattezze
quasi
parodistiche
dei
personaggi,
il
corpo
del
Cristo
completamente
ricoperto
di
lacrime
di
sangue,
la
presenza
(che
diverrà
una
costante)
di
simboli
compatibili
col
maligno
–
una
piccola
civetta
seminascosta
nella
feritoia
dell’edificio
in
primo
piano,
un
rospo
sullo
scudo
di
un
soldato
tra
la
folla,
la
mezzaluna
sul
vessillo
riprodotto
in
secondo
piano
–
caricano
tale
dipinto
di
aggressività
e
malvagità.
L’universo
artistico
di
Bosch
è di
certo
oscuro
e
multiforme
e
tra
le
innumerevoli,
possibili
chiavi
di
lettura,
quella
più
affascinante
appartiene
al
vocabolario
simbolico.
Affermare
però
che
il
linguaggio
allegorico
di
Bosch
sia
di
carattere
prettamente
esoterico,
sarebbe
assai
limitativo.
É
invece
più
plausibile
che
l’origine
dei
simboli
e
delle
figure
ricorrenti
nei
suoi
dipinti
non
sia
univoca,
ma
molteplice,
riconducibile
oltre
che
a
conoscenze
alchemiche,
anche
alla
tradizione
popolare,
alla
mitologia
cosmogonica
antica,
ai
tarocchi
– la
cui
produzione
in
Europa
risulta,
all’epoca
di
Bosch,
relativamente
recente
– e,
perché
no,
alla
sua
stessa
immaginazione.
.
Da
sinistra
a
destra:
Ecce
homo
(1476
circa),
Salita
al
Calvario
(1500
circa),
particolare
dei Sette
peccati
capitali (1500
circa)
La
simbologia
del
rospo,
come
detto,
è
una
delle
più
ricorrenti
nelle
composizioni
demoniache
di
Bosch:
è un
animale
che
popola
gli
inferi,
che
contamina
i
dannati,
che
s’imprime
sul
loro
corpo
quasi
a
voler
essere
un
marchio
indelebile.
Per
i
caratteri
da
molti
ritenuti
anti-estetici
e
per
la
sua
capacità
di
secernere
sostanze
tossiche
attraverso
la
pelle,
il
rospo
è
stato
sempre
associato
al
negativo,
fino
a
essere
giustappunto
definito
una
creatura
demoniaca,
legata
alle
streghe
e
alla
dimensione
degli
inferi.
Nell’opera
giovanile
La
salita
al
Calvario,
così
come
in
Ecce
homo,
ritroviamo
l’immagine
del
rospo
come
un
contrassegno
dei
soldati
che
condurranno
Cristo
verso
la
morte.
Tali
anfibi,
in
altri
casi,
sono
rappresentati
come
creature
ibride,
incorporando
le
fattezze
di
vari
animali
quali
uccelli,
rettili
e
roditori.
Un
esempio
è
dato
dal
Giudizio
universale,
trittico
conservato
presso
l’Accademia
di
belle
arti
di
Vienna,
in
cui
questi
strani
esseri
demoniaci
appaiono
qua
e là
nelle
forme
più
disparate.
.
Giudizio
universale
(1482
circa)
Nel
trittico
con
il
Giudizio
universale
Bosch
condanna
i
peccatori
a
pene
carnali,
vere
torture
fisiche
consumate
in
uno
scenario
cupo
e
rovente
che
dal
pannello
centrale,
portante
il
tema
del
trittico,
prosegue
senza
soluzione
di
continuità
verso
il
pannello
destro,
dove
è
riprodotto
l’Inferno.
L’opera,
considerata
come
autentica,
è
posteriore
all’anno
1482,
terminus
post
quem
stabilito
da
tecniche
dendrocronologiche.
La
straordinariamente
ricca
e
popolosa
composizione
del
Giudizio
universale
si
distribuisce
su
un’ampia
vallata
resa
possibile
grazie
al
punto
di
fuga
posto
nella
parte
superiore
del
dipinto.
Questo
spazio
così
esteso
e
dilatato
può
ospitare,
in
ogni
centimetro
quadrato
disponibile,
centinaia
di
personaggi,
tutti
coinvolti
in
diverse
scene
di
sevizie
e
abusi
carnali.
.
Da
sinistra
a
destra:
trittico
delle
Tentazioni
di
sant'Antonio
(1501),
particolare
dell'opera
La
maligna
simbologia
del
rospo
è
ancor
più
evidente
nel
trittico
con
le
Tentazioni
di
Sant’Antonio
(1501
circa).
Nel
pannello
centrale
vi è
la
scena
con
le tentazioni
del
santo:
un
teatro
di
esseri
infernali,
preti
demoniaci,
mostri
acquatici
e
terrestri.
Al
centro
della
composizione,
vicino
a un
torrione
diroccato
in
cui
è
stata
ricavata
una
cappella,
si
sta
svolgendo
una
messa
nera
celebrata
da
alcune
donne.
Una
di
loro
è in
procinto
di
servire
un
rospo
che
porta
in
trionfo
un
uovo,
mentre
sulla
sinistra
osserviamo
un
musico-suino
vestito
di
nero,
sormontato
da
una
civetta
(altro
animale-simbolo
di
cui
si è
accennato
in
precedenza).
La
simbologia
legata
alla
civetta
(o
al
gufo,
a
essa
affine)
è in
realtà
ambivalente.
Creature
della
notte,
la
civetta
e il
gufo
sono
in
grado
di
orientarsi
nell’oscurità
e
pertanto
possono
essere
attributi
tipici
della
salvezza
e
della
sapienza,
come
nel
caso
dell’iconologia
classica
dell’Atena
glaukopis
(da
cui
potrebbe
derivare
la
civetta
come
fuoco
alchemico
che
illumina
e
rischiara
le
tenebre
dello
spirito).
D’altro
canto,
la
vita
notturna
della
civetta
e
del
gufo
ha,
nella
percezione
popolare,
un’accezione
tipicamente
negativa
poiché
legata
all’oscurità
e al
maligno.
.
Da
sinistra
a
destra:
Nave
dei
folli
(1494
circa),
particolare
del
trittico
del
carro
di
fieno
(1516
circa)
Nei
dipinti
di
Bosch,
la
civetta
non
è
quasi
mai
un
animale
rappresentato
in
primo
piano,
anzi,
spesso
risulta
persino
difficile
accorgersi
della
sua
presenza.
È il
caso
del
pannello
centrale
del
Giudizio
universale
di
Vienna,
dove
in
lontananza
si
scorge
una
civetta
accovacciata
su
una
grotta
al
centro
della
composizione,
o ne
La
Nave
dei
folli,
tavola
posteriore
al
1494
(data
di
pubblicazione
dell’omonima
opera
di
Sebastian
Brant),
in
cui
si
intravede
la
testa
di
una
civetta
sporgere
dalla
fronda
dell’albero
cui
è
legato
il
vessillo
con
la
mezzaluna.
La
scena
mostra
un
gruppo
di
uomini
legati
alla
vita
monastica
ma
pronti
ad
abbandonarsi
ai
piaceri
della
vita
terrena,
ignorando
i
disperati
mendicanti
sotto
di
loro.
Nel
trittico
Il
trionfo
del
carro
di
fieno
(1516
o
successivo)
ritroviamo
ancora
una
volta
una
civetta
la
quale,
immobile
e
discreta,
osserva
la
scena
musicale
che
si
svolge
sulla
cima
del
carro,
mentre
per
strada
uomini
bramosi
(sia
laici,
sia
religiosi)
si
abbandonano
al
peccato
dell’avidità.
L’uovo
è un
altro
soggetto
più
volte
presente
nelle
opere
di
Bosch,
tuttavia
il
suo
simbolismo
non
appare
del
tutto
chiaro.
Secondo
la
tradizione
cristiana,
l’uovo
bianco
è la
metafora
della
resurrezione
di
Cristo,
così
come
per
la
mitologia
cosmogonica
esso
è
simbolo
della
genesi,
ma
nel
pittore
fiammingo
non
sembra
rivestire
tali
ruoli.
.
Particolare
del
trittico
delle
Tentazioni
di
sant'Antonio
(1501)
Nel
Giudizio
Universale
una
donna
dalle
zampe
palmate
frigge
un
essere
umano
che
pare
sia
stato
ricavato
da
un
uovo
e,
poco
distante,
appare
un
mostro
antropomorfo
intrappolato
all’interno
di
un
grande
uovo
bianco.
Nel
trittico
con
le
Tentazioni
di
Sant’Antonio,
l’elemento
uovo
appare
ancor
più
misterioso:
nel
pannello
di
sinistra
(Il
volo
e la
caduta
di
Sant’Antonio),
due
volatili
neri,
forse
merli,
guardano
dall’interno
di
un
uovo
spaccato
il
gruppo
con
il
Santo
privo
di
sensi
sorretto
da
alcuni
monaci
antoniani,
mentre
sopra
di
esso
un
inquietante
uccello
con
il
torso
ovoide
ingoia
un
rospo.
Un
essere
simile
è
presente
anche
nel
pannello
centrale,
e lo
possiamo
osservare
sulla
copertura
semidistrutta
del
torrione-cappella.
Nel
pannello
centrale
del
trittico
con
il
Giardino
delle
delizie
si
assiste
a un
curioso
espediente:
piuttosto
che
dipingere
una
scena
in
cui
“qualcuno”
o
“qualcosa”
esce
fuori
dal
guscio,
Bosch
decide
di
inserire
sullo
sfondo
un
nutrito
gruppo
di
uomini
nudi
nell’atto
di
introdursi
in
un
grande
uovo
cavo.
Tali
individui
sembrano
voler
rinunciare
alla
nascita,
ribaltare
le
sorti
della
creazione
facendo
ritorno
alla
loro
condizione
prenatale.
.
Da
sinistra
a
destra:
due
particolari
del
Trittico
delle
delizie
(1480-1490),
particolare
del
trittico
dell'Epifania
(1510)
Ricorrenti
sono
inoltre
i
frutti
e in
particolare
frutti
di
bosco,
fragole
e
ciliegie.
Quest'ultime
vengono
per
esempio
consumate
a
bordo
della
Nave
dei
folli,
incarnando
inevitabilmente
il
tema
della
lussuria
e
della
passione
secondo
antiche
chiavi
di
lettura
dei
sogni.
Fragole
e
ciliegie,
tuttavia,
possono
portare
anche
l’appellativo
di
“frutti
del
Paradiso”,
come
nel
caso
della
fragola
d’argento,
scevra
di
ogni
contenuto
perverso
e
presente
tra
le
mani
di
Gaspare
nell’Adorazione
dei
Magi,
pannello
centrale
del
Trittico
dell’Epifania
(1510).
Esaminando
alcune
opere
di
Bosch
come
l’Inferno
musicale
(pannello
destro
del
trittico
del
Giardino
delle
delizie),
è
inoltre
evidente
come
la
musica
e i
suoi
strumenti
siano
di
grande
interesse
per
l’artista
stesso.
Ma
se
nel
Trionfo
del
carro
di
fieno
egli
opera
una
distinzione
classica
tra
la
purezza
del
liuto
(tradizionale
attributo
dell’Amante)
e la
connotazione
fallica
del
flauto
(attributo
dell’allegoria
del
Vizio),
nel
trittico
del
Giardino
delle
delizie
gli
strumenti
musicali,
in
particolare
cordofoni,
percussioni
e
aerofoni
(i
più
rappresentati
sono
il
flauto
dolce
e la
cennamella),
non
sono
altro
che
ingegnose
macchine
per
la
pratica
di
spietate
torture.
Quest’opera,
di
cui
non
abbiamo
testimonianze
sulla
collocazione
originaria
e
per
la
cui
datazione
è
stato
recentemente
proposto
il
periodo
successivo
al
decennio
1480-90,
è
conosciuta
semplicemente
come
Trittico
delle
delizie.
La
ricchezza
dei
dettagli
e
del
repertorio
allegorico,
rendono
questo
lavoro
tra
i
più
affascinanti
e
discussi
del
maestro
fiammingo.
Il
Trittico
delle
delizie
ha
subito
nel
corso
degli
anni
innumerevoli
critiche,
tentativi
di
decodifica
e
riproduzioni,
a
dimostrazione
del
grande
potere
maliardo
che
è
in
grado
di
suscitare.
Il
fascino
risiede
ancora
una
volta
nella
numerosa
composizione,
nella
vasta
gamma
di
figure
meticce,
infernali
personificazioni
e
bizzarri
strumenti
di
tortura;
tutti
elementi
ordinatamente
distribuiti
nello
spazio
secondo
una
precisa
cronologia
dei
fatti:
la
creazione
nel
Giardino
dell’Eden
(pannello
sinistro),
la
caduta
nel
Giardino
delle
delizie
(pannello
centrale)
e la
pena
nell’Inferno
musicale
(pannello
destro).
.
Da
sinistra
a
destra:
La
Genesi,
ante
chiuse
del
Trittico
delle
delizie
(1480-90),
opera
intera
Chiuse
le
ante
del
trittico,
osserviamo
una
grisaglia
rappresentante
l’antefatto
agli
eventi
principali,
vale
a
dire
La
Genesi:
il
Mondo
è
descritto
come
una
livida
e
solitaria
piattaforma
galleggiante
sovrastata
da
una
calotta
sferica
trasparente.
La
visione
dell’Eden
risulta
particolarmente
originale:
i
colori
sono
chiari
e
brillanti
e
l’allestimento
scenico
suggerisce
una
terra
lontana
popolata
da
grandi
piante
tropicali
e
animali
esotici.
Qui
Bosch
raffigura
il
momento
immediatamente
successivo
alla
creazione
di
Eva
piuttosto
che
il
peccato
originale.
Dal
paesaggio
verde
e
rigoglioso
riprodotto
in
secondo
piano,
fino
al
piccolo
stagno
antistante
i
personaggi
principali,
l’ambiente
ospita
le
più
disparate
creature
immaginarie
e
reali,
soprattutto
piccoli
volatili,
conigli
(simbolo
di
fertilità),
un
unicorno
bianco
(simbolo
di
purezza),
una
giraffa
e un
elefante
(probabilmente
frutto
delle
conoscenze
dei
viaggiatori
dell’epoca).
In
questo
insolito
contesto,
la
presenza
ambigua
di
una
civetta
nascosta
nella
fantasiosa
fontana
arborea
al
centro
della
composizione
e
l’intervento
di
esseri
demoniaci
come
rospi
e
rettili,
anticipatori
del
peccato
che
sarà
commesso,
rompono
l’apparente
serenità
del
Paradiso
terrestre.
Palpitante
è la
scena
dipinta
nel
pannello
centrale
del
trittico,
in
passato
denominato
anche
Giardino
delle
fragole
per
la
presenza
ridondante
di
questo
frutto
qui
accompagnato
dalle
ciliegie.
Analogamente
al
Giardino
dell’Eden,
l’ambientazione
è
vibrante
e
florida:
tra
il
verde
luminoso
della
vegetazione
e le
delicate
gradazioni
di
rosso
dei
frutti,
osserviamo
centinaia
di
uomini
organizzati
in
combinazioni
di
pose
e
gesti
finalizzati
all’esaltazione
della
sensualità.
Tutt’intorno
animali
domestici,
chimere,
sirene
pisciformi,
una
ricca
avifauna
fatta
di
specie
boschive
e
rapaci,
(come
la
ricorrente
civetta,
qui
presente
in
ben
tre
punti
del
pannello),
e
ancora
pesci,
orsi
e
scimmie.
.
Particolare
del
Trittico
delle
delizie
(1480-90)
I
pacati
toni
pastello
delle
due
tavole
appena
descritte,
lasciano
posto
alla
tenebrosa
atmosfera
del
pannello
di
sinistra,
teatro
di
efferate
persecuzioni.
Le
scene
sono
micidiali:
i
dannati
sono
tormentati,
martoriati
e
sodomizzati
attraverso
strumenti
insoliti
nell’iconologia
dell’Inferno:
strumenti
musicali.
La
musica
seduce,
stordisce
e
infine
massacra
gli
uomini
peccatori.
In
proposito,
la
critica
ha
voluto
leggere
tale
continuo
ricorso
ad
elementi
dell’universo
musicale
come
un
riferimento
all’asprezza
e
alla
perversione
delle
gioie
terrene,
contrastanti
con
l’armonioso
regno
ultraterreno.
Il
registro
superiore
è
occupato
da
una
cittadina
realistica
avviluppata
dalle
fiamme
da
cui
fuggono
le
migliaia
di
abitanti
che,
disperati,
si
riversano
nel
fiume.
Poco
lontano
compaiono
grandi
composizioni
dall’oscuro
significato:
due
orecchie
trafitte
da
una
freccia,
una
lama
recante
la
lettera
M,
uno
strano
ibrido
definito
“uomo-albero”
dotato
di
testa
umana
(forse
un
autoritratto),
di
un
torso
che
rimanda
a un
uovo
spaccato
abitato
da
ubriachi
seduti
a un
tavolo
(forse
una
bisca)
e di
arti
inferiori
somiglianti
a
due
grossi
tronchi
secchi.
Per
quest’ultima
creatura
è
stata
avanzata
l’ipotesi
che
possa
trattarsi
dell’Anticristo.
Nella
porzione
inferiore
del
pannello
si
trova
una
sorta
uccello
antropomorfo
adagiato
su
un
trono,
con
un
calderone
per
copricapo
e
due
vasi
per
scarpe.
Tale
essere,
intento
a
sbranare
alcuni
uomini
(poi
espulsi
attraverso
un’ampolla
di
vetro
in
una
latrina),
è
stato
da
molti
identificato
come
il
“Principe
dell’Inferno”.
Ai
suoi
piedi
una
donna
nuda,
intorpidita,
contrassegnata
da
un
rospo
sul
petto,
è
tenuta
stretta
tra
le
braccia
di
un
mostro.
I
due
volti
si
riflettono
sul
fondoschiena
di
un
demone
le
cui
gambe
si
sono
tramutate
in
rami
secchi.
Poco
lontano,
un
altro
gruppo
di
personaggi,
evidentemente
dedito
al
vizio
del
gioco,
viene
castigato
senza
pietà.
.
Particolari
del
Trittico
delle
delizie
(1480-90)
Il
successo
che
la
produzione
artistica
di
Hieronymus
Bosch
continua
ad
avere
nella
cultura
odierna,
che
tutto
ha
visto
e
tutto
ha
fatto,
risiede
probabilmente
nel
senso
di
smarrimento
provocato
da
oggetti
apparentemente
fuori
contesto
e
nel
fascino
impenetrabile
delle
sue
allegorie.
Altra
condizione
che
di
certo
ha
contribuito
alla
popolarità
del
grande
maestro
fiammingo
è
l’inaspettata
modernità
dei
suoi
soggetti,
simili
per
certi
versi
alle
creature
fantastiche
figlie
dei
giochi
grafici
del
Surrealismo
(il
cosiddetto
gioco
del
Cadavere
squisito),
tanto
da
poter,
a
gran
ragione,
considerare
Bosch
una
sorta
di
surrealista
ante
litteram.
Il
grande
maestro
fiammingo
morì
a ‘s
Hertogenbosch
il 9
agosto
1516.