N. 7 - Luglio 2008
(XXXVIII)
HENRY MILLER
IL NEMICO DELLA
CENSURA
di Luigi Buonanno
Sebbene non sia mai stato considerato un gran che
dalla critica letteraria (magari c’avesse azzeccato
una sola volta), Henry Miller è da considerarsi uno
degli scrittori statunitensi più importanti e
celebri del novecento, al pari di gente come Ralph
Waldo Emerson, Walt Whitman e un certo Friedrich
Nietzsche amava leggerlo, ma queste sono piccolezze.
Nacque a New York, precisamente a Yorkville, nel
1891.
Adolescenza tranquilla da studente presso il City
College, ma un’infinita noia e riluttanza nelle
tradizioni esistenziali, che lo inducono a
trascorrere una vita pressappoco irregolare e
scapestrata.
Inizia svolgendo lavori umili e svariati mestieri,
per poi vagare per gli Stati Uniti, in cerca di
conoscenza, d’esperienze e di qualcosa che gli
riempisse la vita.
Inizia a scrivere nel 1930, anno in cui si
trasferisce a Parigi, migrazione di moda e molto
frequente in quel periodo tra gli intellettuali o
presunti tali che meriterebbero ben altri aggettivi,
ma non importa.
In Francia continua la sua vita da bohemien e fu
invaso da mille difficoltà economiche, visto che i
soldi non crescevano mica sulle piante.
Qui scrisse circa quattro opere, tra cui i
capolavori “Tropico del Cancro” e “Tropico del
Capricorno”.
Romanzi autobiografici ritenuti scandalosi e osceni,
e per questo censurati per circa trent’anni dai
paesi anglosassoni, troppo mentalmente quadrati e
orgogliosi di uno stile di vita e di un linguaggio
patetico, ma conforme in quegli anni e pensandoci
bene ancora adesso.
Tuttavia le sue opere furono pubblicate in Francia e
girarono clandestinamente negli Stati Uniti,
procurandogli la fama di autore porno (per i più
maligni) e di autore underground (per i suoi
stimatori).
In realtà Miller, elaborava le sue opere come una
complessa autobiografia che percorre un preciso
percorso spirituale. Dalla schiavizzazione della
civiltà, ad una vita “libera” e priva di
costituzioni.
Certo che il suo linguaggio scritto non è che fosse
quello di un lord inglese. Molti lo consideravano
moderno, originale, ma col cazzo.
Miller era volgare, scurrile, ossessionato dal sesso
e da personaggi singolari. Scriveva di getto e
sembrava un acculturato scaricatore di porto.
Non per questo, le sue narrative trovarono molti
riscontri nella beat generation e in quel fenomeno
letterario che invase Usa.
Lui ebbe solo l’onore di prevedere il futuro.
Nel 1944 fuggì dalla Francia a causa della “Grande
Guerra”, trasferendosi a Big Sur. Nella nuova
residenza scrive, tra le varie opere, lafamosa
trilogia Crocifissione in Rosa, composta da tre dei
più popolari romanzi americani: Sexus, Plexus, Nexus.
Nonostante una vista stentata e trasandata, quasi
raggiunse i 100 anni, alla faccia di chi sostiene
che una vita insana non è garanzia di lunga vita.
Oltre all’annuncio mortuario, è da ricordare la sua
discreta attività di acquarellista e la sua sua
vasta produzione di saggi.
Morì a Pacific Palisades nel 1980.
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