N. 46 - Ottobre 2011
(LXXVII)
Harry Truman
sette anni di presidenza, pochi mesi per la Storia
di Giuseppe Formisano
La presidenza del trentatreesimo inquilino della Casa Bianca, soprattutto nei primissimi mesi, fu caratterizzata da eventi storici di portata mondiale che avrebbero lasciato un solco nel corso degli eventi almeno fino agli ultimi decenni vissuti dalle generazioni a noi più vicine.
Proveniente
da
una
famiglia
di
agricoltori,
Harry
Truman
partecipò
alla
prima
guerra
mondiale
da
ufficiale.
Dopo
il
conflitto
tentò
la
via
del
commercio,
senza
molto
successo.
Decise
così
di
entrare
in
politica,
e
nel
1934
divenne
senatore
con
il
Partito
Democratico.
Dopo
dieci
anni,
nel
quarto
mandato
di
Franklin
Delano
Roosevelt
–
uno
dei
presidenti
più
amati
negli
USA,
il
padre
del
New
Deal
–
Truman
ottenne
la
carica
di
vicepresidente
e in
tempi
non
lunghi
gli
eventi
avrebbero
catapultato
il
sessantaseienne
ex
agricoltore
al
centro
della
politica
mondiale.
Il
12
aprile
1945,
quando
il
secondo
conflitto
mondiale
era
alle
ultime
battute,
Truman
fu
convocato
alla
Casa
Bianca.
Il
vicepresidente,
forse,
pensò
di
dover
ricevere
delle
informazioni
dall’Europa
in
guerra
o di
prenderne
con
Roosevelt.
Qualche
ora
dopo
l’ingresso
nel
palazzo
residenziale,
invece,
ne
uscì
da
presidente.
Roosevelt
durante
la
notte
era
morto,
e in
un
periodo
così
delicato
Truman
dovette
immediatamente
prenderne
il
posto.
Da
quel
momento
si
susseguirono
vari
eventi
che
Truman
gestì
come
un
politico
di
esperienza
trentennale,
soprattutto
fino
alla
fine
dell’estate.
Nei
primi
quattro
mesi
di
presidenza,
da
aprile
ad
agosto
1945,
almeno
tre
eventi
segnarono
il
mondo
e i
futuri
assetti
politici
ed
economici.
Per
prima
cosa
Truman
dovette
rinviare
a
giugno
la
Conferenza
di
San
Francisco
prevista
per
il
25
aprile:
da
essa,
in
sostituzione
dell’antecedente
e
fallimentare
Società
delle
Nazioni,
nacque
l’ONU.
Risolvere
le
controversie
internazionali,
garantire
uguaglianza
tra
i
popoli
e
diritti
di
tutti
gli
individui:
con
tali
scopi
l’Organizzazione
delle
Nazioni
Unite
fu
presentata
al
mondo
intero
come
garante
della
sicurezza
e
della
pace
di
tutti.
Ma
proprio
la
pace,
in
quella
turbolenta
primavera
europea
del
1945,
non
era
ancora
stata
raggiunta.
I
soldati
nazisti
avevano
ancora
le
armi
in
mano,
Hitler
era
chiuso
nel
suo
bunker
a
Berlino
attanagliato
dalle
truppe
dell’Armata
Rossa:
l’8
maggio
la
Germania
si
arrese,
ponendo
fine
alla
guerra,
ma
solo
in
Europa.
L’interesse
per
le
isole
del
pacifico
spinse
gli
USA
e il
Giappone
(quest’ultimo
alleato
di
Italia
e
Germania)
a
fronteggiarsi
in
guerra.
Le
ostilità
per
gli
americani
durarono
quattro
anni,
dal
dicembre
1941
(dopo
il
famoso
attacco
giapponese
alla
base
americana
di
Pearl
Harbor,
nelle
Hawaii)
fino
alla
resa
dei
nipponici
nel
1945.
E
proprio
la
resa
del
Giappone
imperiale
fu
uno
degli
accadimenti
importanti
che
costituirono
la
centralità
dei
primi
mesi
di
presidenza
e la
notorietà
di
Truman.
La
firma
del
2
settembre
1945
che
pose
fine,
anche
in
Asia,
al
secondo
conflitto
mondiale,
fu
dovuto
alla
ferita
mortale
inferta
al
paese
del
Sol
levate
dagli
USA
con
il
bombardamento
atomico
su
Hiroshima
e
Nagasaki
del
6 e
9
agosto.
L’era
atomica
ebbe
inizio,
la
paura
di
un
conflitto
con
questo
tipo
di
armi
albergò
in
tutto
il
mondo
nei
decenni
successivi
con
lo
scontro
ideologico
tra
USA
e
URSS.
Il
mese
precedente
nel
deserto
del
New
Messico
una
nube
enorme
a
forma
di
fungo
fece
da
padrona
nel
cielo.
Alcuni
giornali
scrissero
che
scoppiò
un
deposito
di
munizioni,
ma
nessuno
poteva
immaginare
che
l’esperimento
più
segreto,
dell’arma
più
segreta
e
potente
al
mondo,
diede
i
risultati
sperati.
Sempre
nel
luglio
1945,
Truman
contribuì
a
disegnare
il
futuro
assetto
dell’Europa
e
della
Germania
in
particolare.
A
Potsdam,
in
Germania,
i
leader
dei
paesi
alleati
si
riunirono
per
una
conferenza.
Rispetto
all’ultima
tenuta
a
Yalta
(oggi
in
Ucraina,
nella
regione
della
Crimea)
nel
febbraio
precedente,
Roosevelt
non
c’era.
Truman,
Stalin
e
Churchill
tracciarono
il
futuro
della
Germania
ormai
sconfitta:
in
paese
fu
diviso
in
quattro
zone
controllate
da
USA,
Gran
Bretagna,
URSS
e
Francia,
e lo
stesso
fu
fatto
per
la
città
di
Berlino.
L’alleanza
tra
USA
e
URSS
era
inevitabilmente
destinata
a
non
durare.
Sconfitto
il
nemico
comune,
subito
riemersero
(ma
in
realtà
furono
sempre
chiare
e
note)
le
diverse
concezioni
politiche
ed
economiche.
La
contrapposizione
tra
le
due
differenti
concezioni
(il
liberismo
da
una
parte
e il
socialismo
dall’altra)
fu
inasprita
anche
da
Churchill
e
Truman,
entrambi
convinti
anticomunisti.
Fu
il
primo,
infatti,
a
pronunciare
l’espressione
“cortina
di
ferro”,
usata
per
dare
cognizione
della
divisione
del
mondo
durante
un
discorso
tenuto
nel
Missouri
il 5
marzo
1946:
«È
tuttavia
mio
dovere
prospettarvi
determinate
realtà
dell'attuale
situazione
in
Europa.
Da
Stettino
nel
Baltico
a
Trieste
nell'Adriatico
una
cortina
di
ferro
è
scesa
attraverso
il
continente».
Il
presidente
americano,
invece,
è
colui
il
quale
diede
il
nome
ad
una
dottrina
anticomunista
che
prospettava
la
decrescita
dell’influenza
sovietica
non
solo
negli
Stati
europei
come
ad
esempio
l’Italia
e la
Grecia
–
paesi
in
cui
allora
le
idee
comuniste
godevano
di
abbastanza
favore
– ma
di
bloccare
anche
l’espansione
militare
dell’URSS.
La
dottrina
Truman,
infatti,
è
nota
anche
come
dottrina
del
“contenimento”
per
indicare
proprio
il
fatto
che
il
comunismo
non
dovesse
espandersi
al
di
fuori
dei
territori
in
cui
era
già
radicato.
Il
Piano
Marshall
fu
un
aspetto
pratico
delle
idee
di
Truman.
Incentrato
su
un
programma
di
aiuti
economici
di
ben
diciassette
miliardi
di
dollari,
l’ERP
(dall’inglese,
European
Recovery
Program)
prese
il
nome
del
Segretario
di
Stato
americano
George
Marshall.
Questi,
nel
giugno
1947,
annunciò
la
soluzione
per
l’Europa
in
un
discorso
tenuto
all’Università
di
Harvard.
Anche
l’Italia
del
presidente
Alcide
De
Gasperi
beneficiò
degli
aiuti,
ma a
patto
che
ai
comunisti
venissero
chiuse
le
porte
del
governo.
Gli
aiuti
americani
aumentarono
anche
le
simpatie
dei
cittadini
dell’Europa
occidentale
verso
gli
Stati
Uniti,
quindi
oltre
a
intensificare
i
solidi
rapporti
all’interno
di
tutto
il
mondo
occidentale,
incentrati
sulla
liberalizzazione
del
mercato
e
l’anticomunismo,
fu
possibile
avviare
quel
processo
massiccio
d’industrializzazione
capitalistica
mai
iniziato
in
Italia,
superando
le
barriere
autarchiche
imposte
dal
fascismo.
Quando
nel
1948
gli
anglo-americani
e i
francesi
decisero
di
integrare
le
zone
del
territorio
tedesco
da
loro
controllate
avviando
una
riforma
monetaria
e
liberalizzando
l’economia,
l’unità
monetaria
fu
vista
con
timore
dall’Unione
Sovietica
che
reagì
in
modo
drastico;
bloccò
la
parte
di
Berlino
da
essa
amministrata
isolandola
dal
resto
della
città
gestita
dagli
alleati.
Nel
giro
di
quattro
mesi,
da
marzo
a
luglio,
la
Berlino
dei
sovietici
fu
isolata
totalmente.
Gli
alleati
reagirono
con
una
dimostrazione
di
forza
alle
draconiane
misure
sovietiche:
Truman
decise
di
rifornire
l’altra
parte
della
città
di
carbone
e
derrate
alimentare
con
un
ponte
aereo
dal
26
giugno
fino
a
tempo
indeterminato.
Dopo
undici
mesi,
dinanzi
al
fallimento
dell’operazione,
l’Unione
Sovietica
non
potette
fare
altro
che
togliere
il
blocco
alla
città.
Queste
tensioni
dimostravano
come
a
una
guerra
conclusa
si
era
pronti
a
combatterne
un’altra
tra
gli
stessi
vincitori.
In
quello
stesso
anno,
forte
dei
successi
ottenuti
da
presidente
“improvvisato”,
Truman
vinse
le
elezioni
presidenziali.
Per
il
blocco
di
Berlino
non
si
arrivò
alla
guerra.
Oggi
questo
episodio,
a
guerra
fredda
ormai
conclusa
da
vent’anni,
lo
possiamo
vedere
come
emblema
di
tutta
la
guerra:
tensioni
crescenti,
sospetti
e
timori
reciproci
fino
ad
arrivare
ad
un
passo
dalla
guerra
che
poi,
fortunatamente,
non
scoppiò
mai,
almeno
direttamente
tra
le
due
superpotenze.
Ma
indirettamente,
alla
periferia
di
questo
mondo
bipolare,
il
conflitto
provocò
caduti
sul
campo
di
battaglia
come
nella
guerra
tra
le
due
Coree
del
1950-53.
Durante
il
1949
le
posizioni
tra
le
opposte
fazioni
si
solidificarono
e
definirono
maggiormente.
Le
entità
amministrative
della
Germania
furono
costituite
in
Stati
differenti:
a
ovest
nacque
la
Repubblica
Federale
di
Germania,
integrata
ovviamente
nel
blocco
americano;
a
est
nacque
la
DDR,
la
Repubblica
Democratica
Tedesca.
Sulla
penisola
coreana
trovò
praticità
la
guerra
fredda.
In
tempi
prebellici
la
Corea
fu
conquistata
dal
Giappone,
ma
dopo
la
resa
del
1945
e il
delinearsi
del
bipolarismo,
il
paese
fu
diviso
dagli
alleati
lungo
il
trentottesimo
parallelo:
al
nord
una
repubblica
controllata
da
comunisti
appoggiati
dai
sovietici
e a
sud
un’altra
sotto
l’egida
degli
USA.
Nel
giugno
del
1950
il
nord
invase
il
sud,
e
immediatamente
l’ONU
condannò
l’episodio
come
un’aggressione.
Scesero
in
campo
ad
aiutare
i
propri
alleati
la
Cina
comunista
e
gli
Stati
Uniti,
ma
dopo
tre
anni
di
combattimento
e
varie
conquiste
e
perdite
territoriali
(grazie
all’aiuto
americano,
l’esercito
del
sud
nel
settembre
del
1950
riuscì
anche
a
entrare
nella
parte
settentrionale)
il
conflitto
terminò,
pur
se
ancora
oggi,
a
quasi
sessant’anni
dalla
fine
delle
ostilità
non
è
mai
stato
firmato
un
trattato
di
pace
tra
le
due
Coree,
dandoci
così
l’opportunità
di
affermare
che
la
guerra
fredda
–
pur
se
in
modo
e in
proporzioni
diverse
– in
aree
più
piccole
della
terra,
si
combatte
ancora.
Dopo
sette
anni
di
presidenza,
Truman
decise
di
non
ricandidarsi
per
le
elezioni
del
1953.
La
nascita
dell’ONU,
la
fine
della
seconda
guerra
mondiale
con
le
rese
di
Germania
prima
e
Giappone
poi,
la
bomba
atomica,
l’inizio
della
guerra
fredda
e la
divisione
della
Germania:
tutti
eventi
cui
Truman
ha
vissuto
quasi
improvvisamente,
da
vicepresidente
(influente)
a
presidente
paladino
dell’anticomunismo.
Questi
eventi
probabilmente
sarebbe
accaduti
lo
stesso
anche
se
Truman
non
fosse
arrivato
alla
presidenza,
ma è
degno
di
analisi
il
primissimo
periodo
alla
Casa
Bianca,
in
cui
il
veloce
susseguirsi
dei
fatti
–
che
sicuramente
hanno
ricevuto
un’impronta
decisiva
dal
presidente,
come
del
caso
del
ponte
aereo
a
Berlino
e la
decisione
di
sganciare
le
bombe
atomiche
–
hanno
insieme,
in
pochi
mesi,
delineato
e
caratterizzato
tutto
il
mandato
presidenziale
dell’ex
senatore
e
creato
le
condizioni
storiche
e
politiche
vigenti
per
più
di
trent’anni
in
quasi
tutto
il
mondo.