[ISSN 1974-028X]

[REGISTRAZIONE AL TRIBUNALE CIVILE DI ROMA N° 577/2007 DEL 21 DICEMBRE] *

 

182 / FEBBRAIO 2023 (CCXIII)


contemporanea

Il fisico Tullio Regge e il sensitivo Gustavo RoL

un rapporto difficile

di Francesco Cappellani

 

Nella seconda metà degli anni Cinquanta, per la precisione nel 1957, preparavo la tesi di laurea in Fisica nucleare a Torino e, quando potevo, andavo a sentire insieme alla mia compagna di corso Magda Olivetti, una ragazza bellissima e molto intelligente, nipote del mitico Adriano, le brillanti lezioni di fisica teorica, anche se era un esame che avevamo già dato, tenute da un simpatico giovanottone, Tullio Regge.

 

Tullio, che aveva qualche anno più di noi, quattro per la precisione essendo del 1931, ci incantava per la facilità con cui sviscerava ogni argomento, unita a un humour sottile che sconfinava a volte in un pungente sarcasmo. Era tornato nel 1956 dall’Università di Rochester dove aveva conseguito il PhD, e da lì a poco, nel 1959, si sarebbe recato a Monaco al Max Planck Institute for Physiscs diretto da Heisenberg, uno dei padri della meccanica quantistica. In seguito si sposterà per circa 20 anni all’Institute for Advanced Study di Princeton dove c’era il Gotha della cultura mondiale, a cominciare dal suo direttore, Robert (Oppie) Oppenheimer, che era stato direttore scientifico del Progetto Manhattan per la realizzazione della bomba atomica, e al celebre logico-matematico Kurt Gödel.

 

Sono interessanti i ricordi diretti di Regge su queste due figure iconiche del Novecento (Regge 2012). Oppie non parlava mai della bomba atomica e del processo che dovette subire per accuse di comunismo, «l’unico accenno che abbia mai fatto in mia presenza fu una frase che ricordo ancora: “Ah, that atom bomb. They just threw it. Nobody knows why» (“la sganciarono, e nessuno sa perché”), riferendosi alla bomba su Nagasaki.

 

Come è noto infatti Oppie uscì totalmente cambiato dopo l’esperienza esaltante, ma terrificante delle due esplosioni nucleari al punto di rischiare la propria carriera politica per bloccare quella che lui considerava la “folle” realizzazione della bomba H. Diverso il caso di Gödel, celebre per le teorie sull’incompletezza delle teorie matematiche e per la stranezza dei suoi comportamenti dovuto a problemi psichici: «il problema era che, di fatto, non ci si poteva assolutamente parlare. A parte la sua frequentazione con Einstein // Gödel appariva davvero incapace di una relazione umana // Sembrava sempre completamente perso nei suoi pensieri e nelle sue angosce di uomo molto combattuto».

 

Regge, per la sua attività scientifica di altissimo livello, degna, nel parere di molti suoi colleghi, del premio Nobel, ricevette innumerevoli premi tra cui, nel 1996, la prestigiosa medaglia Dirac, con la motivazione “Per i contributi cruciali in fisica teorica e matematica”. Nel 1999 la medaglia sarà assegnata al futuro premio Nobel Giorgio Parisi.

 

Rientrato a Torino Regge, su proposta del PCI, partito a cui non era iscritto, è candidato al Parlamento Europeo dove viene eletto per una legislatura occupandosi particolarmente del problema dei disabili, avendo egli stesso, dall’età di 40 anni, cominciato a soffrire di distrofia muscolare che progressivamente negli anni lo aveva costretto sulla sedia a rotelle. Svolgerà anche un’intensa opera di divulgazione, dal Dialogo con Primo Levi del 1987, fino alla Lettera ai giovani sulla scienza del 2004, si impegnerà con Piero Angela per contrastare la pseudoscienza con la fondazione nel 1989 del CICAP (Comitato Italiano per il Controllo delle Affermazioni sulle Pseudoscienze), scriverà circa 500 articoli prima per La Gazzetta del Popolo e poi per La Stampa. Mancherà nel 2014 a 83 anni.

 

Nelle sue memorie ricorda il primo incontro con l’autore di Se questo è un uomo, col quale stabilirà una profonda amicizia, con queste parole: «continuammo a parlare di scienza nel corso della cena // A metà cena fece una pausa improvvisa e, quasi casualmente, disse “Tra parentesi, durante la guerra sono stato in campo di concentramento”. Un’espressione di una sobrietà monumentale. Non seppi cosa rispondere e temo di avere blaterato qualche nonsenso».

 

Una sera, attardatomi nella biblioteca dell’Istituto di Fisica per completare alcuni calcoli relativi alla mia tesi di laurea, vidi apparire alle mie spalle la massiccia figura di Tullio che mi chiese a bruciapelo cosa sapevo di Gustavo Rol. Rol era allora un personaggio conosciutissimo a Torino per le sue straordinarie capacità paranormali o parapsichiche, definizioni che lui comunque rifiutava.

 

È noto che Torino è da sempre una città “misterica” e quindi particolarmente sensibile e morbosamente interessata a tutti quei fenomeni che esulano dalla normalità quotidiana e che appaiono come tali inspiegabili. Il caso di Rol era oggettivamente straordinario in quanto si trattava di una persona di elevata classe sociale e di grande cultura, che si divertiva a fare i suoi “esperimenti” senza alcuno scopo di lucro e che, tra l’altro, usava le sue doti di sensitivo anche per alleviare il dolore di pazienti e proporre diagnosi. Veniva talvolta chiamato in camera operatoria, ad esempio dal celebre chirurgo Dogliotti, per aiutare a localizzare con precisione parti malate che a quell’epoca, non essendovi né TAC né risonanza magnetica nucleare, erano di difficile individuazione.

 

Per noi fisici queste doti di eccezionale sensitività non erano di primario interesse, e tanto meno la sua capacità di indovinare le carte in mano a un giocatore o altre perfomances strabilianti di telepatia e chiaroveggenza che potevano essere ricondotte, probabilmente, a capacità di prestidigitazione o di tipo ipnotico; non riuscivamo invece a capire, e ovviamente eravamo curiosissimi in proposito, come riuscisse a “creare” della materia, cioè la comparsa di oggetti che si materializzavano improvvisamente, come raccontavano persone che avevano assistito a questi fenomeni.

 

Cito due casi, il primo raccontato da Maria Luisa Giordano, biografa di Rol e amica di famiglia: «Dopo aver conversato un po’ mi chiese se volevo un cioccolatino, risposi di no, allora mi disse “Gradiresti due ciliegie?”. Mi misi a ridere, non era la stagione. Rimasi però senza parole: dopo che Rol si era concentrato per un attimo solo, sul tavolino, erano apparse due ciliegie freschissime, anche buone. Fu poi chiamato al telefono da amici che si trovavano in Costarica e che volevano fargli gli auguri, quando lo sentii dire: “Mandatemi delle banane”. All’improvviso sul tavolino davanti a mia madre comparvero due banane. Quando Rol terminò la telefonata e ritornò in salotto rimase stupito quanto noi, aveva un’espressione divertita».

 

Il secondo caso è raccontato dal giornalista e scrittore Remo Lugli nel libro Gustavo Rol, una vita di prodigi del 2008: una sera del 1984 Rol parlava di una guantaia che serviva anche la Regina per la quale aveva fatto costruire un “posamano” imbottito e coperto da un tessuto ricamato. La Regina, scesa dalla carrozza, provava i guanti posando la mano su questo oggetto. «Il dott. Rol stava ancora parlando come se fosse la guantaia, quando, improvvisamente, con grande stupore, abbiamo visto sul tavolo davanti a noi il posamano».

 

Gustavo Adolfo Rol nasce a Torino nel 1903 da una famiglia benestante e dimostra subito una notevole attitudine per la musica e la pittura. Il padre, direttore di un grosso Istituto di Credito lo forza a laurearsi in legge e iniziare la carriera bancaria; per far pratica si sposterà sia in Francia che in Inghilterra. A Marsiglia nel 1926 incontra un misterioso ebreo-polacco che lo inizia alle culture esoteriche e altre forme di spiritualità. Capitano degli alpini nella II guerra mondiale, nel 1943, rifugiato nella casa di famiglia a San Secondo di Pinerolo, salva dalla fucilazione alcuni partigiani traditi da un delatore durante i rastrellamenti nazisti dopo l’8 settembre; dopo avere invano tentato di convincere l’ufficiale tedesco della loro innocenza, alla domanda di come potesse sostenerla con assoluta convinzione, rispose: «Così come sono sicuro del contenuto dei cassetti della scrivania della sua casa ad Amburgo». Iniziò allora a elencare i vari oggetti, comprese alcune lettere personali riservate, al che l’ufficiale, sbalordito e impaurito, liberò immediatamente i condannati. Nel 2005 è stata intitolata a Rol una piazza del paese.

 

Lasciata senza rimpianti l’attività bancaria alla morte del padre, apre un negozio di antiquariato e dopo gli anni ‘60 si dedica esclusivamente alla pittura e ai suoi studi prediletti riguardanti la possibilità di potere entrare in contatto con “spiriti intelligenti” e farli partecipi dei suoi esperimenti, di essere in altre parole tramite tra il mondo terreno e quello ultraterreno, caratteristica tipica dello sciamanesimo.

 

Malgrado alcuni enfatici articoli che descrivono Rol capace di ogni potere extra-sensoriale, dalla telepatia, al teletrasporto, alla telecinesi, materializzazioni e altro, e all’opposto, giudizi che parlano di spettacolare capacità illusionistica, Rol non si riteneva né un sensitivo né un medium, e si sentiva anche distante e scarsamente interessato alla parapsicologia.

 

Era un appassionato collezionista di cimeli Napoleonici, Andrea Cioni (La Stampa, 7/05/2021) racconta che un giorno del 1929 passeggiando a Parigi per i boulevard, Rol fu attratto da un antico palazzo del Settecento e chiese al portiere di poter dare un’occhiata a una particolare cantina: «Fermatosi in un punto, Rol domandò al portinaio se poteva procurarsi una vanga per scavare: così dal terriccio venne fuori uno splendido busto marmoreo di Napoleone in veste di Primo Console».

 

Alla fine la sua raccolta rivaleggiava con le più ricche del mondo, dalle spade da Re d’Italia a tanti oggetti personali. Grazie alle sue capacità “magiche”, girando per i campi di Marengo aveva dissotterrato molti bottoni delle divise dei soldati francesi, spesso con attaccati brandelli di stoffa, morti nella grande battaglia del 1800. Nel 1955 acquista la carrozza forse appartenuta a Napoleone, ridotta in condizioni critiche “dato che era stata adibita, per più di un secolo, a pollaio”. Sembra che Napoleone nel 1805 diretto a Milano per l’incoronazione a re d’Italia, l’avesse lasciata a Marengo dove si era prima recato per ricordare la grande vittoria, e per un guasto dovette abbandonarla in quella zona. Rol la fece restaurare per donarla senza successo al Comune di Torino, e allora la donò all’Ordine Mauriziano che dopo successivi restauri, la alloggiò nella Palazzina di Caccia di Stupinigi. Cioni, citando i ricordi di un sodale di Rol che lo descrive come animo nobile e generoso aggiunge: «Quasi nessuno sa che, per salvare un amico dalla bancarotta, vendette metà della sua collezione», il resto lo lasciò a un’amica che ne fece poi dono al Museo Napoleonico di Roma.

 

Intanto la sua fama di sensitivo comincia a diffondersi e, come scrive il nipote Franco Rol, “per tutto il XX secolo sarà un punto di riferimento per capi di Stato, uomini d’affari, celebri personaggi dello spettacolo e persone umili. Mussolini, Elisabetta II, Kennedy, Reagan sono solo alcuni dei potenti che cercarono il suo consiglio”.

 

Mussolini, venuto a conoscenza, probabilmente da Pitigrilli, amico di Rol e spia dell’OVRA, la polizia politica fascista, che un alpino a Torino aveva delle capacità predittive, convoca Rol a Villa Torlonia nel 1942 per sapere come sarebbe andata a finire la guerra. La risposta fu: «Duce, per me la guerra è perduta»; e alla domanda riguardante il suo futuro di Duce la replica fu altrettanto netta: «Gli italiani lo allontaneranno nella primavera del 1945». Il Duce batté un violento pugno sul tavolo, si alzò e gli disse: «Vedremo, ora vada». Tuttavia sembra che il Duce, per ben tre volte, informato del fatto che Hitler e il capo delle SS Himmler, entrambi morbosamente attratti dall’occulto, volevano Rol in Germania, lo fece avvisare affinchè si nascondesse in un rifugio sicuro.

 

Dagli anni ‘60 in poi la fama di Rol aumenta anche grazie alle frequentazioni con Federico Fellini, Gianni Agnelli, Franco Zeffirelli e molti altri personaggi di rilievo in quegli anni. L’amicizia col regista sarà quasi trentennale, Fellini diceva negli ultimi anni che la sua vita si divideva in “prima di Rol e dopo Rol”. Nel 1964 parla pubblicamente di Rol definendolo «l’uomo più sconcertante che io abbia incontrato. Sono talmente enormi le sue possibilità, da superare anche l’altrui facoltà di stupirsene. C’è un limite anche alla meraviglia». Dino Buzzati scrive sul Corriere dell’11 agosto 1965 che Rol “non è un mago, come possiamo definirlo? Il Maestro? l’Illuminato? Il Sapiente? Il Superuomo?”.

 

Fellini è stato testimone di molti “esperimenti” di Rol, dalla bilocazione, a materializzazioni e smaterializzazioni di oggetti, episodi di telepatia, chiaroveggenza, precognizione, attraversamento di superfici solide (aveva visto Rol infilare la mano in una porta e attraversarla), levitazione, epifanie di spiriti intelligenti (come ad esempio quello di Casanova) e materializzazione di scritti e dipinti degli stessi.

 

Dino Buzzati sul Corriere ha raccontato il prodigio del cambio di dimensioni di Rol avvenuto in un ristorante di Torino: finito di pranzare Fellini e Rol si alzano ma quando Fellini si avvia all’uscita si accorge che Rol resta seduto. «Non ti alzi?», gli chiede. E lui risponde di essersi già alzato. Fellini allora guarda meglio. «Rol era alzato, infatti, ma aveva la statura di un nano. Il dottor Gustavo Rol, che sfiora il metro e ottanta, non era più alto di un bambino di dieci anni. Qualcosa di folle, di allucinante: come Alice nel paese delle meraviglie».

 

Lugli rievoca un altro tipico esperimento di Rol: «Fece firmare ai presenti, sul retro, una tavoletta che poi posò coi colori vicino. Lui se ne allontanò restando a un paio di metri di distanza. Quale impressione nel vedere, nella penombra in cui eravamo, i pennelli muoversi da soli. La tavoletta era stata dipinta in 4 parti raffiguranti 4 soggetti diversi che corrispondevano ai temi espressi da quattro persone del gruppo. Da fogli preventivamente controllati ho visto, e con me altri testimoni, uscire dipinti di Braque, Kandinsky, Klee, Goya, El Greco, ecc.».

 

Con l’inizio degli anni ‘70 diversi giornali e riviste si interessano ai “prodigi” di Rol e studiosi di parapsicologia lo invitano a sottoporsi a esami accurati. Remo Lugli, nel necrologio sulla Stampa del 23/09/1994, ricorda che anche il prof. Carlo Arturo Jemolo l’aveva esortato a farsi controllare con mezzi scientifici, ma Rol aveva risposto sullo stesso giornale dicendo «che lui non era un uomo di scienza e non poteva agire su ordine: “Io debbo necessariamente agire con spontaneità, quasi “sotto l’impulso di un ordine ignoto” come disse Goethe».

 

Al di là della straripante aneddotica, di fatto Rol era un uomo semplice, coltissimo, dotato di memoria formidabile, parlava con un linguaggio ricco ed elegante e il fascino della sua personalità era dovuto anche al suo sguardo profondo, doti che gli permettevano talvolta di percepire l’aura umana, tanto cara alla filosofia indiana e, da essa, identificare molto dell’individuo. Rol morirà a 91 anni nel 1994.

 

Molto diverso il giudizio di Piero Angela che nel libro Viaggio nel mondo del paranormale del 1978, viviseziona alcuni esperimenti di Rol, ai quali aveva assistito personalmente, e spiega che a suo parere si tratta di abilissimi trucchi illusionistici anche perché Rol per tutta la vita si rifiutò ostinatamente di compiere i suoi prodigi sotto il controllo di esperti salvo rarissimi casi e comunque sempre attorniato da un gruppo di amici fedeli e sicuri. Ad esempio non volle mai ammettere alle sue serate il “mago” Silvan, e quando Piero Angela e Tullio Regge gli proposero di evidenziare i propri poteri in un esperimento controllato anche da un prestigiatore e da telecamere, si rifiutò ripetendo che le sue dimostrazioni non potevano essere eseguite a comando.

 

Ma torniamo al 1957. Non fu possibile organizzare un incontro con Rol, ma Regge si era interessato al personaggio e seppi, anni dopo, che, nei primissimi anni ‘60, lo aveva incontrato rimanendo però scettico sulle sue effettive facoltà.

 

Racconta che “Esibì nei miei confronti una violenta antipatia. Mi trattò con estrema scortesia; mi esiliò all’estremità opposta del tavolo”. Nonostante questa accoglienza Regge ricorda che “veri o falsi che fossero i suoi esperimenti non si usciva mai scontenti da un incontro col mago; il minimo che si possa dire è che era di certo un personaggio di alta caratura, un vero erede di Cagliostro, incontestabile punto focale della Torino magica”.

 

Leggendo anni fa l’ennesimo libro su Rol (Maurizio Tornavisio Gustavo Rol, la vita, l’uomo, il mistero del 2018) ho trovato citati degli incontri del mago a casa della mia ex-compagna d’Università Magda Olivetti, che, dopo un matrimonio infelice, aveva deciso di abbandonare la fisica e iniziare una brillante carriera di traduttrice dal tedesco (era di madre teutonica) di autori anche “ardui” come Thomas Bernhard, Musil, Ingeborg Bachmann per conto delle maggiori case editrici italiane.

 

Nel 1993 aveva fondato la prima scuola per traduttori con l’intento di insegnare agli allievi a “tradurre letteratura”. Ho scritto a Magda di raccontarmi qualcosa di quelle riunioni. Ecco la sua risposta: «Ricordo perfettamente le serate a casa mia con Rol. Ricordo anche che in presenza di una personalità forte come il celebre fisico teorico Tullio Regge, il mago Rol non voleva fare nulla, perché si sentiva infastidito da lui. È vero però che Rol possedeva delle capacità “extrasensoriali” perché le ho potuto constatare personalmente. Ricordo bene che Rol sapeva “leggere” le carte che io tenevo in mano, a lui nascoste, e non solo questo!».

 

Appare però evidente che Rol rifuggiva dal “controllo” della scienza, quasi la temesse, e questo avvalora lo spietato giudizio di Odifreddi in margine alla sua recensione del libro dell’esperto di illusionismo e parapsicologia Mariano Tomatis, Rol. Realtà o Leggenda? del 2003: «Leggendo il libro scopriamo che il mago torinese non usava altro che il classico repertorio dei prestigiatori, e che la sua unica distinzione era in fondo “le physique du Rol”, il fatto, cioè, di saper creare un’atmosfera unica in casa sua, scegliendo accuratamente i ricchi da menare per il naso e menandoceli con classe».

 

C’è da dire che tra questi “ricchi” c’erano, come abbiamo visto, personaggi come Fellini, Zeffirelli, Marino Marini, Sassu, Buzzati, Pitigrilli, Gianni Agnelli, Vittorio Messori e tantissimi altri che, incantati dai suoi esperimenti, lo giudicavano diversamente.

 

Oggi la figura di Rol, rimasta sospesa tra quella di un sensitivo paranormale o di uno straordinario illusionista, può essere vista, come suggerisce lo studioso Mariano Tomatis,come quella di una sorta di sciamano profondamente occidentale che compiva meraviglie fine a se stesse, atte unicamente ad aumentare il suo prestigio sociale”.

 

 

Riferimenti bibliografici:

 

Tullio Regge, L’infinito cercare, Einaudi, Torino 2012.

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[ iscrizione originaria (aggiornata 2007) al tribunale di Roma (editore eOs): n° 215/2005 del 31 maggio ]