Il fisico Tullio Regge
e il sensitivo Gustavo RoL
un rapporto difficile
di Francesco Cappellani
Nella seconda metà degli anni
Cinquanta, per la precisione nel
1957, preparavo la tesi di laurea in
Fisica nucleare a Torino e, quando
potevo, andavo a sentire insieme
alla mia compagna di corso Magda
Olivetti, una ragazza bellissima e
molto intelligente, nipote del
mitico Adriano, le brillanti lezioni
di fisica teorica, anche se era un
esame che avevamo già dato, tenute
da un simpatico giovanottone,
Tullio Regge.
Tullio, che aveva qualche anno più
di noi, quattro per la precisione
essendo del 1931, ci incantava per
la facilità con cui sviscerava ogni
argomento, unita a un humour sottile
che sconfinava a volte in un
pungente sarcasmo. Era tornato nel
1956 dall’Università di Rochester
dove aveva conseguito il PhD, e da
lì a poco, nel 1959, si sarebbe
recato a Monaco al Max Planck
Institute for Physiscs diretto
da Heisenberg, uno dei padri della
meccanica quantistica. In seguito si
sposterà per circa 20 anni all’Institute
for Advanced Study di Princeton
dove c’era il Gotha della cultura
mondiale, a cominciare dal suo
direttore, Robert (Oppie)
Oppenheimer, che era stato direttore
scientifico del Progetto Manhattan
per la realizzazione della bomba
atomica, e al celebre
logico-matematico Kurt Gödel.
Sono interessanti i ricordi diretti
di Regge su queste due figure
iconiche del Novecento (Regge
2012). Oppie non parlava mai della
bomba atomica e del processo che
dovette subire per accuse di
comunismo, «l’unico accenno che
abbia mai fatto in mia presenza fu
una frase che ricordo ancora: “Ah,
that atom bomb. They just threw it.
Nobody knows why» (“la
sganciarono, e nessuno sa perché”),
riferendosi alla bomba su Nagasaki.
Come è noto infatti Oppie uscì
totalmente cambiato dopo
l’esperienza esaltante, ma
terrificante delle due esplosioni
nucleari al punto di rischiare la
propria carriera politica per
bloccare quella che lui considerava
la “folle” realizzazione della bomba
H. Diverso il caso di Gödel, celebre
per le teorie sull’incompletezza
delle teorie matematiche e per la
stranezza dei suoi comportamenti
dovuto a problemi psichici: «il
problema era che, di fatto, non ci
si poteva assolutamente parlare. A
parte la sua frequentazione con
Einstein // Gödel appariva davvero
incapace di una relazione umana //
Sembrava sempre completamente perso
nei suoi pensieri e nelle sue
angosce di uomo molto combattuto».
Regge, per la sua attività
scientifica di altissimo livello,
degna, nel parere di molti suoi
colleghi, del premio Nobel,
ricevette innumerevoli premi tra
cui, nel 1996, la prestigiosa
medaglia Dirac, con la motivazione
“Per i contributi cruciali in fisica
teorica e matematica”. Nel 1999 la
medaglia sarà assegnata al futuro
premio Nobel Giorgio Parisi.
Rientrato a Torino Regge, su
proposta del PCI, partito a cui non
era iscritto, è candidato al
Parlamento Europeo dove viene eletto
per una legislatura occupandosi
particolarmente del problema dei
disabili, avendo egli stesso,
dall’età di 40 anni, cominciato a
soffrire di distrofia muscolare che
progressivamente negli anni lo aveva
costretto sulla sedia a rotelle.
Svolgerà anche un’intensa opera di
divulgazione, dal Dialogo con
Primo Levi del 1987, fino alla
Lettera ai giovani sulla scienza
del 2004, si impegnerà con Piero
Angela per contrastare la
pseudoscienza con la fondazione nel
1989 del CICAP (Comitato
Italiano per il Controllo delle
Affermazioni sulle Pseudoscienze),
scriverà circa 500 articoli prima
per La Gazzetta del Popolo e poi per
La Stampa. Mancherà nel 2014 a 83
anni.
Nelle sue memorie ricorda il primo
incontro con l’autore di Se
questo è un uomo, col quale
stabilirà una profonda amicizia, con
queste parole: «continuammo a
parlare di scienza nel corso della
cena // A metà cena fece una pausa
improvvisa e, quasi casualmente,
disse “Tra parentesi, durante la
guerra sono stato in campo di
concentramento”. Un’espressione di
una sobrietà monumentale. Non seppi
cosa rispondere e temo di avere
blaterato qualche nonsenso».
Una sera, attardatomi nella
biblioteca dell’Istituto di Fisica
per completare alcuni calcoli
relativi alla mia tesi di laurea,
vidi apparire alle mie spalle la
massiccia figura di Tullio che mi
chiese a bruciapelo cosa sapevo di
Gustavo Rol. Rol era allora
un personaggio conosciutissimo a
Torino per le sue straordinarie
capacità paranormali o
parapsichiche, definizioni che lui
comunque rifiutava.
È
noto che Torino è da sempre una
città “misterica” e quindi
particolarmente sensibile e
morbosamente interessata a tutti
quei fenomeni che esulano dalla
normalità quotidiana e che appaiono
come tali inspiegabili. Il caso di
Rol era oggettivamente straordinario
in quanto si trattava di una persona
di elevata classe sociale e di
grande cultura, che si divertiva a
fare i suoi “esperimenti” senza
alcuno scopo di lucro e che, tra
l’altro, usava le sue doti di
sensitivo anche per alleviare il
dolore di pazienti e proporre
diagnosi. Veniva talvolta chiamato
in camera operatoria, ad esempio dal
celebre chirurgo Dogliotti, per
aiutare a localizzare con precisione
parti malate che a quell’epoca, non
essendovi né TAC né risonanza
magnetica nucleare, erano di
difficile individuazione.
Per noi fisici queste doti di
eccezionale sensitività non erano di
primario interesse, e tanto meno la
sua capacità di indovinare le carte
in mano a un giocatore o altre
perfomances strabilianti di
telepatia e chiaroveggenza che
potevano essere ricondotte,
probabilmente, a capacità di
prestidigitazione o di tipo
ipnotico; non riuscivamo invece a
capire, e ovviamente eravamo
curiosissimi in proposito, come
riuscisse a “creare” della materia,
cioè la comparsa di oggetti che si
materializzavano improvvisamente,
come raccontavano persone che
avevano assistito a questi fenomeni.
Cito due casi, il primo raccontato
da Maria Luisa Giordano, biografa di
Rol e amica di famiglia: «Dopo
aver conversato un po’ mi chiese se
volevo un cioccolatino, risposi di
no, allora mi disse “Gradiresti due
ciliegie?”. Mi misi a ridere, non
era la stagione. Rimasi però senza
parole: dopo che Rol si era
concentrato per un attimo solo, sul
tavolino, erano apparse due ciliegie
freschissime, anche buone. Fu poi
chiamato al telefono da amici che si
trovavano in Costarica e che
volevano fargli gli auguri, quando
lo sentii dire: “Mandatemi delle
banane”. All’improvviso sul tavolino
davanti a mia madre comparvero due
banane. Quando Rol terminò la
telefonata e ritornò in salotto
rimase stupito quanto noi, aveva
un’espressione divertita».
Il secondo caso è raccontato dal
giornalista e scrittore Remo Lugli
nel libro Gustavo Rol, una vita
di prodigi del 2008: una sera
del 1984 Rol parlava di una guantaia
che serviva anche la Regina per la
quale aveva fatto costruire un
“posamano” imbottito e coperto da un
tessuto ricamato. La Regina, scesa
dalla carrozza, provava i guanti
posando la mano su questo oggetto. «Il
dott. Rol stava ancora parlando come
se fosse la guantaia, quando,
improvvisamente,
con grande stupore, abbiamo visto
sul tavolo davanti a noi il posamano».
Gustavo Adolfo Rol nasce a Torino
nel 1903 da una famiglia benestante
e dimostra subito una notevole
attitudine per la musica e la
pittura. Il padre, direttore di un
grosso Istituto di Credito lo forza
a laurearsi in legge e iniziare la
carriera bancaria; per far pratica
si sposterà sia in Francia che in
Inghilterra. A Marsiglia nel 1926
incontra un misterioso ebreo-polacco
che lo inizia alle culture
esoteriche e altre forme di
spiritualità. Capitano degli alpini
nella II guerra mondiale, nel 1943,
rifugiato nella casa di famiglia a
San Secondo di Pinerolo, salva dalla
fucilazione alcuni partigiani
traditi da un delatore durante i
rastrellamenti nazisti dopo l’8
settembre; dopo avere invano tentato
di convincere l’ufficiale tedesco
della loro innocenza, alla domanda
di come potesse sostenerla con
assoluta convinzione, rispose: «Così
come sono sicuro del contenuto dei
cassetti della scrivania della sua
casa ad Amburgo». Iniziò allora
a elencare i vari oggetti, comprese
alcune lettere personali riservate,
al che l’ufficiale, sbalordito e
impaurito, liberò immediatamente i
condannati. Nel 2005 è stata
intitolata a Rol una piazza del
paese.
Lasciata senza rimpianti l’attività
bancaria alla morte del padre, apre
un negozio di antiquariato e dopo
gli anni ‘60 si dedica
esclusivamente alla pittura e ai
suoi studi prediletti riguardanti la
possibilità di potere entrare in
contatto con “spiriti intelligenti”
e farli partecipi dei suoi
esperimenti, di essere in altre
parole tramite tra il mondo terreno
e quello ultraterreno,
caratteristica tipica dello
sciamanesimo.
Malgrado alcuni enfatici articoli
che descrivono Rol capace di ogni
potere extra-sensoriale, dalla
telepatia, al teletrasporto, alla
telecinesi, materializzazioni e
altro, e all’opposto, giudizi che
parlano di spettacolare capacità
illusionistica, Rol non si riteneva
né un sensitivo né un medium, e si
sentiva anche distante e scarsamente
interessato alla parapsicologia.
Era un appassionato collezionista di
cimeli Napoleonici, Andrea Cioni (La
Stampa, 7/05/2021) racconta che
un giorno del 1929 passeggiando a
Parigi per i boulevard, Rol fu
attratto da un antico palazzo del
Settecento e chiese al portiere di
poter dare un’occhiata a una
particolare cantina: «Fermatosi
in un punto, Rol domandò al
portinaio se poteva procurarsi una
vanga per scavare: così dal
terriccio venne fuori uno splendido
busto marmoreo di Napoleone in veste
di Primo Console».
Alla fine la sua raccolta
rivaleggiava con le più ricche del
mondo, dalle spade da Re d’Italia a
tanti oggetti personali. Grazie alle
sue capacità “magiche”, girando per
i campi di Marengo aveva
dissotterrato molti bottoni delle
divise dei soldati francesi, spesso
con attaccati brandelli di stoffa,
morti nella grande battaglia del
1800. Nel 1955 acquista la carrozza
forse appartenuta a Napoleone,
ridotta in condizioni critiche “dato
che era stata adibita, per più di un
secolo, a pollaio”. Sembra che
Napoleone nel 1805 diretto a Milano
per l’incoronazione a re d’Italia,
l’avesse lasciata a Marengo dove si
era prima recato per ricordare la
grande vittoria, e per un guasto
dovette abbandonarla in quella zona.
Rol la fece restaurare per donarla
senza successo al Comune di Torino,
e allora la donò all’Ordine
Mauriziano che dopo successivi
restauri, la alloggiò nella
Palazzina di Caccia di Stupinigi.
Cioni, citando i ricordi di un
sodale di Rol che lo descrive come
animo nobile e generoso aggiunge: «Quasi
nessuno sa che, per salvare un amico
dalla bancarotta, vendette metà
della sua collezione», il resto
lo lasciò a un’amica che ne fece poi
dono al Museo Napoleonico di Roma.
Intanto la sua fama di sensitivo
comincia a diffondersi e, come
scrive il nipote Franco Rol, “per
tutto il XX secolo sarà un punto di
riferimento per capi di Stato,
uomini d’affari, celebri personaggi
dello spettacolo e persone umili.
Mussolini, Elisabetta II, Kennedy,
Reagan sono solo alcuni dei potenti
che cercarono il suo consiglio”.
Mussolini, venuto a conoscenza,
probabilmente da Pitigrilli, amico
di Rol e spia dell’OVRA, la polizia
politica fascista, che un alpino a
Torino aveva delle capacità
predittive, convoca Rol a Villa
Torlonia nel 1942 per sapere come
sarebbe andata a finire la guerra.
La risposta fu: «Duce, per me la
guerra è perduta»; e alla
domanda riguardante il suo futuro di
Duce la replica fu altrettanto
netta: «Gli italiani lo
allontaneranno nella primavera del
1945». Il Duce batté un violento
pugno sul tavolo, si alzò e gli
disse: «Vedremo, ora vada».
Tuttavia sembra che il Duce, per ben
tre volte, informato del fatto che
Hitler e il capo delle SS Himmler,
entrambi morbosamente attratti
dall’occulto, volevano Rol in
Germania, lo fece avvisare affinchè
si nascondesse in un rifugio sicuro.
Dagli anni ‘60 in poi la fama di Rol
aumenta anche grazie alle
frequentazioni con Federico Fellini,
Gianni Agnelli, Franco Zeffirelli e
molti altri personaggi di rilievo in
quegli anni. L’amicizia col regista
sarà quasi trentennale, Fellini
diceva negli ultimi anni che la sua
vita si divideva in “prima di Rol
e dopo Rol”. Nel 1964 parla
pubblicamente di Rol definendolo «l’uomo
più sconcertante che io abbia
incontrato. Sono talmente enormi le
sue possibilità, da superare anche
l’altrui facoltà di stupirsene. C’è
un limite anche alla meraviglia».
Dino Buzzati scrive sul Corriere
dell’11 agosto 1965 che Rol “non
è un mago, come possiamo definirlo?
Il Maestro? l’Illuminato? Il
Sapiente? Il Superuomo?”.
Fellini è stato testimone di molti
“esperimenti” di Rol, dalla
bilocazione, a materializzazioni e
smaterializzazioni di oggetti,
episodi di telepatia,
chiaroveggenza, precognizione,
attraversamento di superfici solide
(aveva visto Rol infilare la mano in
una porta e attraversarla),
levitazione, epifanie di spiriti
intelligenti (come ad esempio quello
di Casanova) e materializzazione di
scritti e dipinti degli stessi.
Dino Buzzati sul Corriere ha
raccontato il prodigio del cambio di
dimensioni di Rol avvenuto in un
ristorante di Torino: finito di
pranzare Fellini e Rol si alzano
ma
quando Fellini si
avvia all’uscita si accorge che Rol
resta seduto. «Non ti
alzi?»,
gli chiede. E lui risponde di
essersi già alzato. Fellini allora
guarda meglio. «Rol era
alzato, infatti, ma aveva la statura
di un nano. Il dottor Gustavo Rol,
che sfiora il metro e ottanta, non
era più alto di un bambino di dieci
anni. Qualcosa di folle, di
allucinante: come Alice nel paese
delle meraviglie».
Lugli rievoca un altro tipico
esperimento di Rol: «Fece firmare
ai presenti, sul retro, una
tavoletta che poi posò coi colori
vicino. Lui se ne allontanò restando
a un paio di metri di distanza.
Quale impressione nel vedere, nella
penombra in cui eravamo, i pennelli
muoversi da soli. La tavoletta era
stata dipinta in 4 parti
raffiguranti 4 soggetti diversi che
corrispondevano ai temi espressi da
quattro persone del gruppo. Da fogli
preventivamente controllati ho
visto, e con me altri testimoni,
uscire dipinti di Braque, Kandinsky,
Klee, Goya, El Greco, ecc.».
Con l’inizio degli anni ‘70 diversi
giornali e riviste si interessano ai
“prodigi” di Rol e studiosi di
parapsicologia lo invitano a
sottoporsi a esami accurati. Remo
Lugli, nel necrologio sulla Stampa
del 23/09/1994, ricorda che anche il
prof. Carlo Arturo Jemolo l’aveva
esortato a farsi controllare con
mezzi scientifici, ma Rol aveva
risposto sullo stesso giornale
dicendo «che lui non era un uomo
di scienza e non poteva agire su
ordine: “Io debbo necessariamente
agire con spontaneità, quasi “sotto
l’impulso di un ordine ignoto” come
disse Goethe».
Al di là della straripante
aneddotica, di fatto Rol era un uomo
semplice, coltissimo, dotato di
memoria formidabile, parlava con un
linguaggio ricco ed elegante e il
fascino della sua personalità era
dovuto anche al suo sguardo
profondo, doti che gli permettevano
talvolta di percepire l’aura umana,
tanto cara alla filosofia indiana e,
da essa, identificare molto
dell’individuo. Rol morirà a 91 anni
nel 1994.
Molto diverso il giudizio di Piero
Angela che nel libro Viaggio nel
mondo del paranormale del 1978,
viviseziona alcuni esperimenti di
Rol, ai quali aveva assistito
personalmente, e spiega che a suo
parere si tratta di abilissimi
trucchi illusionistici anche perché
Rol per tutta la vita si rifiutò
ostinatamente di compiere i suoi
prodigi sotto il controllo di
esperti salvo rarissimi casi e
comunque sempre attorniato da un
gruppo di amici fedeli e sicuri. Ad
esempio non volle mai ammettere alle
sue serate il “mago” Silvan, e
quando Piero Angela e Tullio Regge
gli proposero di evidenziare i
propri poteri in un esperimento
controllato anche da un
prestigiatore e da telecamere, si
rifiutò ripetendo che le sue
dimostrazioni non potevano essere
eseguite a comando.
Ma torniamo al 1957. Non fu
possibile organizzare un incontro
con Rol, ma Regge si era interessato
al personaggio e seppi, anni dopo,
che, nei primissimi anni ‘60, lo
aveva incontrato rimanendo però
scettico sulle sue effettive
facoltà.
Racconta che “Esibì nei miei
confronti una violenta antipatia. Mi
trattò con estrema scortesia; mi
esiliò all’estremità opposta del
tavolo”. Nonostante questa
accoglienza Regge ricorda che “veri
o falsi che fossero i suoi
esperimenti non si usciva mai
scontenti da un incontro col mago;
il minimo che si possa dire è che
era di certo un personaggio di alta
caratura, un vero erede di
Cagliostro, incontestabile punto
focale della Torino magica”.
Leggendo anni fa l’ennesimo libro su
Rol (Maurizio Tornavisio Gustavo
Rol, la vita, l’uomo, il mistero
del 2018) ho trovato citati degli
incontri del mago a casa della mia
ex-compagna d’Università Magda
Olivetti, che, dopo un matrimonio
infelice, aveva deciso di
abbandonare la fisica e iniziare una
brillante carriera di traduttrice
dal tedesco (era di madre teutonica)
di autori anche “ardui” come Thomas
Bernhard, Musil, Ingeborg Bachmann
per conto delle maggiori case
editrici italiane.
Nel 1993 aveva fondato la prima
scuola per traduttori con l’intento
di insegnare agli allievi a
“tradurre letteratura”. Ho scritto a
Magda di raccontarmi qualcosa di
quelle riunioni. Ecco la sua
risposta: «Ricordo perfettamente
le serate a casa mia con Rol.
Ricordo anche che in presenza di una
personalità forte come il celebre
fisico teorico Tullio Regge, il mago
Rol non voleva fare nulla, perché si
sentiva infastidito da lui. È vero
però che Rol possedeva delle
capacità “extrasensoriali” perché le
ho potuto constatare personalmente.
Ricordo bene che Rol sapeva
“leggere” le carte che io tenevo in
mano, a lui nascoste, e non solo
questo!».
Appare però evidente che Rol
rifuggiva dal “controllo” della
scienza, quasi la temesse, e questo
avvalora lo spietato giudizio di
Odifreddi in margine alla sua
recensione del libro dell’esperto di
illusionismo e parapsicologia
Mariano Tomatis, Rol. Realtà o
Leggenda? del 2003: «Leggendo
il libro scopriamo che il mago
torinese non usava altro che il
classico repertorio dei
prestigiatori, e che la sua unica
distinzione era in fondo “le
physique du Rol”, il fatto, cioè, di
saper creare un’atmosfera unica in
casa sua, scegliendo accuratamente i
ricchi da menare per il naso e
menandoceli con classe».
C’è da dire che tra questi “ricchi”
c’erano, come abbiamo visto,
personaggi come Fellini, Zeffirelli,
Marino Marini, Sassu, Buzzati,
Pitigrilli, Gianni Agnelli, Vittorio
Messori e tantissimi altri che,
incantati dai suoi esperimenti, lo
giudicavano diversamente.
Oggi la figura di Rol, rimasta
sospesa tra quella di un sensitivo
paranormale o di uno straordinario
illusionista, può essere vista, come
suggerisce lo studioso Mariano
Tomatis,
“come quella di una sorta di
sciamano profondamente occidentale
che compiva meraviglie fine a se
stesse, atte unicamente ad aumentare
il suo prestigio sociale”.
Riferimenti bibliografici: