N. 117 - Settembre 2017
(CXLVIII)
re gustavo adolfo
l'importanza deLle innovazioni militari del sovrano svedese - parte I
di Lorenzo Coppola
Niccolò Machiavelli nel suo trattato De principatibus, universalmente noto con il titolo Il Principe, dedica tre capitoli ai diversi tipi di esercito: mercenario, ausiliario, proprio e misto. I primi due tipi di eserciti sono fortemente criticati dall’autore e vengono definiti come disuniti, senza disciplina e infedeli, poiché non sentono propria la causa della guerra che stanno combattendo e l’unico interesse che hanno è per lo stipendio che spesso non è sufficiente a far sì che essi vogliano morire per il signore per cui stanno combattendo.
L’esercito misto, invece, pur essendo
superiore
al
solo
esercito
mercenario
o
ausiliario,
non
è
del
tutto
affidabile,
poiché,
dovendo
far
ricorso
a
truppe
non
solo
proprie,
il
sovrano
rischierebbe
che
i
soldati
non
fedeli
a
lui
lo
abbandonino
e lo
tradiscano.
Ecco
perché,
secondo
Machiavelli,
un
sovrano
saggio
dovrebbe
munirsi
di
un
esercito
proprio
nazionale,
composto
da
cittadini
che
appartengano
allo
Stato
e
che
combatteranno
con
maggiore
forza
per
difendere
le
proprie
famiglie,
la
terra
in
cui
vivono,
gli
stessi
ideali;
senza
un
tale
esercito,
continua
l’autore
fiorentino:
«nessun principato è sicuro, anzi è tutto
obbligato
alla
fortuna,
non
avendo
virtù
che
nelle
avversità
con
fede
lo
difenda:
e fu
sempre
opinione
e
sentenza
degli
uomini
più
savi
quod
nihil
sit
tam
infirmum
aut
instabile
quam
fama
potentiae
non
sua
vi
nixa»
(nulla
è
più
instabile
nelle
cose
umane
che
la
fama
di
potenza
non
fondata
sulle
forze
proprie).
Questo genere di sovrano lo troviamo in Gustavo
II
Adolfo
Vasa,
re
di
Svezia.
Costui
fu
il
più
insigne
esponente
della
dinastia
Vasa
fondata
dal
nonno
Gustavo.
Nato
il
19
dicembre
1594,
successe
al
padre
Carlo
IX
nel
1611,
divenendo
così
a
soli
17
anni
re
di
Svezia;
egli,
tuttavia,
affidò
l’amministrazione
dello
Stato
al
suo
primo
ministro,
per
potersi
concentrare
a
ciò
che
gli
interessava
realmente:
la
carriera
militare.
Gustavo Adolfo per prima cosa creò un’armata
professionale
–
che
non
aveva
nulla
a
che
fare
con
le
truppe
di
mercenari
indisciplinati
con
cui
si
combatteva
in
quel
periodo
in
Europa
– e
che
era
formata
da
tutti
i
giovani
svedesi,
dai
quali
pretese
una
perfetta
disciplina
e un
comportamento
estraneo
a
ogni
vizio,
come
ubriacarsi,
bestemmiare,
giocare
d’azzardo
ecc;
le
uniche
donne,
inoltre,
a
cui
era
consentito
di
seguire
l’esercito,
erano
le
mogli
dei
soldati.
Fece
in
modo
che
i
sui
soldati
fossero
uomini
rispettabili
e
durante
il
servizio
furono
equipaggiati
di
tutto
il
necessario,
come
vestiti
adatti
al
clima
in
cui
operavano,
tende
e
cibo
a
sufficienza;
concesse
loro,
inoltre,
degli
appezzamenti
di
terra
nei
territori
conquistati
dandogli,
pertanto,
anche
mezzi
economici
per
vivere.
L’esercito svedese si distingueva, quindi, da
tutti
gli
altri
eserciti
dell’epoca
in
quanto
si
basava
già
durante
il
Cinquecento
su
una
forma
di
costrizione
selettiva,
secondo
cui
ogni
comunità
doveva
fornire
un
fante
ogni
dieci-venti
uomini
e
che
esentava
dalle
tasse
coloro
che
potevano
fornire
un
cavaliere.
Gustavo ritoccò questo sistema dal punto di
vista
del
reclutamento
aumentando
il
periodo
di
durata
della
ferma
fino
al
raggiungimento
dei
vent’anni
di
servizio:
il
risultato
fu
che,
come
detto
in
precedenza,
venne
a
crearsi
un
esercito
di
professionisti,
che
costavano
poco
rispetto
ai
mercenari
ingaggiati
dagli
altri
Stati
europei
e
che,
diversamente
da
quest’ultimi,
erano
mossi
da
un’ideologia
patriottica.
Tuttavia,
c’era
un
grande
limite
che
il
sistema
svedese
dovette
affrontare:
tale
struttura,
infatti,
rischiava,
nel
caso
di
un
conflitto
prolungato
come
la
guerra
dei
Trent’anni,
su
cui
farò
un
discorso
più
ampio
in
seguito,
di
provocare
un
drastico
calo
demografico,
dal
momento
che
la
Svezia
non
era
densamente
popolata.
Di qui la necessità di assicurarsi l’appoggio
di
consistenti
truppe
alleate,
ma
anche
di
un
dispiegamento
accurato
che
puntasse
a
risparmiare,
fintanto
che
gli
scenari
di
guerra
lo
permettessero,
il
maggior
numero
possibile
di
soldati
svedesi.
Soldati
svedesi
che
però
furono
protagonisti
quando
il
giovane
Gustavo
Adolfo
salì
al
trono,
dovendo
porre
rimedio
allo
stato
di
belligeranza
in
cui
il
padre
Carlo
IX
aveva
lasciato
il
regno.
Il nuovo sovrano, infatti, dovette affrontare i
regni
più
importanti
dell’area
baltica,
come
Danimarca,
Russia
e
Polonia.
In
primo
luogo,
il
nuovo
re
guerreggiò
con
i
danesi,
nella
Guerra
di
Kalmar
in
cui,
dovendo
disporre
di
armate
ancora
non
all’altezza,
perse
alcuni
territori
e
dovette
firmare
la
pace
nel
1613;
tuttavia,
questa
pace
non
fu
del
tutto
negativa
poiché
fu
il
motivo
di
un’alleanza
tra
Svezia
e
Olanda,
che
a
sua
volta
era
preoccupata
dell’espansionismo
danese,
e
che
permise
al
re
svedese
di
saldare
i
propri
debiti
di
guerra.
Per quanto riguarda la Russia, invece, l’ambizione
di
Gustavo
Adolfo
era
quella
di
acquisire
i
territori
tra
Finlandia
ed
Estonia
in
modo
tale
da
poter
escludere
dai
territori
del
Mar
Baltico
i
russi,
garantendosi
così
la
creazione
di
Stati
cuscinetto
per
proteggersi
dalle
loro
incursioni.
Con
un
esercito
adeguato
il
re
riuscì
a
raggiungere
i
propri
obiettivi
fino
a
costringere
la
Russia
alla
pace
di
Stolbovo
del
1617,
ritardando
così
di
quasi
due
secoli
il
dominio
russo
sul
baltico.
Il conflitto che riguardò la Polonia fu essenzialmente
un
conflitto
dinastico,
dal
momento
che
il
re
polacco
Sigismondo
III
era
anch’egli
appartenente
alla
famiglia
dei
Vasa.
Questo
scontro
tenne
occupato
Gustavo
Adolfo
dal
1621
al
1629,
alla
luce
del
fatto
che
i
progressi
fatti
dagli
svedesi
non
furono
mai
determinanti
per
una
vittoria
finale.
Preoccupato
anche
dall’avvicinarsi
del
generale
Wallestein
alla
zona
baltica,
nel
1629
il
re
svedese
si
affrettò
a
firmare
la
tregua
di
Altmark
per
i
successivi
sei
anni.
La
Svezia,
tuttavia,
era
riuscita
ad
ampliare
i
propri
territori
lungo
le
coste
orientali
e
meridionali
del
Baltico,
a
superare
le
difficoltà
dei
primi
anni
di
regno
nonché
a
sviluppare
un
potente
esercito,
costantemente
sottoposto
ad
addestramenti
e
manovre
sul
campo
e
suddiviso
in
diverse
unità,
la
più
piccola
delle
quali
era
la
compagnia
composta
da
150
uomini;
600
uomini,
inoltre,
formavano
un
battaglione,
due
battaglioni
un
reggimento
e
due,
tre
o
quattro
reggimenti
una
brigata.
Questo
sarebbe
divenuto
il
modello
dei
futuri
eserciti
europei.
Gustavo Adolfo può essere considerato come il
promotore
di
una
rivoluzione
militare
tra
le
più
significative
delle
Storia.
Tra le innovazioni principali vanno ricordate:
in
primo
luogo
l’adozione
di
moschetti
più
leggeri;
adottò,
infatti,
la
cartuccia
a
carica
fissa
e
con
palla
annessa
in
modo
da
accelerare
e
migliorare
il
tiro
dei
propri
soldati
e
facendo
sì
che
essi
potessero
sparare
il
doppio
più
veloce
rispetto
agli
avversari.
In
secondo
luogo
bisogna
menzionare
il
fatto
che
egli
diminuì
il
numero
delle
file
necessarie
ad
assicurare
un
fuoco
continuo,
migliorando
il
metodo
già
esistente
e di
cui
abbiamo
parlato
nel
primo
capitolo
di
Maurizio
di
Nassau,
reso
ancora
più
efficace
dalla
“doppia
salva”:
in
pratica,
i
moschettieri
venivano
disposti
in
tre
file
e
sparavano
contemporaneamente
assumendo
posizioni
diverse,
chi
in
piedi,
chi
in
ginocchio
e
chi
accovacciato,
provocando
nei
nemici
disorganizzazione
e
numerose
perdite.
A differenza del modello olandese, bisogna anche
dire
che
Gustavo
Adolfo
utilizzo
la
contromarcia
in
fase
di
attacco
ovvero,
mentre
gli
olandesi
usavano
questa
tattica
difensivamente
contro
il
nemico
che
avanzava,
egli
la
utilizzò
per
attaccare.
Il
re,
quindi,
faceva
avanzare
la
prima
fila
di
qualche
passo
prima
di
aprire
il
fuoco,
mentre,
i
soldati
della
prima
fila
si
fermavano
per
ricaricare
quelli
dietro
si
facevano
avanti
per
sparare
a
loro
volta
e
così
via,
sempre
avanzando
e
creando
scompiglio
nelle
file
nemiche.
Il condottiero svedese, inoltre, fu lungimirante
nel
vedere
la
possibilità
di
migliorare
la
collaborazione
tra
moschettieri
e
picchieri,
in
unità
miste
già
esistenti
e in
uso
nei
teatri
di
guerra,
non
solo
per
quanto
concerne
la
difesa
di
chi
sparava,
ma
anche
negli
assalti,
con
il
dispiegamento
delle
proprie
forze
a
diamante
o a
T,
con
il
quale
si
venivano
a
creare
veri
e
propri
corridoi
di
fuoco
grazie
ai
quali
i
moschettieri,
protetti
da
formazioni
di
picchieri,
incrociavano
il
tiro
contro
il
nemico
da
più
direzioni,
creando,
come
già
detto,
caos
nelle
file
nemiche,
che
diventavano
facile
bersaglio
per
i
picchieri
e,
anche
nel
caso
in
cui
l’attacco
di
quest’ultimi
non
avessero
sfondato,
i
moschettieri
avevano
il
tempo
di
ricaricare
per
sparare
ancora
e
per
permettere
la
preparazione
di
un
nuovo
attacco
di
coloro
che
portavano
la
picca,
in
modo
tale
che
il
nemico
non
avesse
tempo
e
modo
di
reagire
all’offensiva.
Importante fu anche il nuovo ruolo che Gustavo
assegnò
alla
cavalleria
in
un
periodo
in
cui
quest’ultima
era
stata
messa
da
parte.
Sostanzialmente,
il
re
svedese
abbandonò
la
tattica
del
caracollo,
con
la
quale
i
cavalieri
ingaggiavano
battaglia
facendo
fuoco
con
le
pistole,
per
reintrodurre
la
carica
a
briglia
sciolta
con
arma
bianca,
innovazione
che
sconvolse
i
vari
scenari
di
guerra,
riportando
in
auge
le
unità
di
cavalleria.
Questo nuovo ruolo delle unità a cavallo venne
adottato
da
Gustavo
Adolfo
solo
dopo
la
guerra
con
la
Polonia,
in
cui
aveva
potuto
constatare
con
i
propri
occhi
l’efficacia
della
cavalleria
polacca,
che
era
rimasta
una
delle
poche
in
Europa,
se
non
l’unica,
a
non
abbandonare
la
tradizionale
carica
dei
cavalieri.
Ecco,
dunque,
perché
il
re
svedese
rivalutò
l’importanza
dell’urto
che
questo
reparto
potesse
avere
sui
nemici.
In
particolar
modo,
Gustavo
Adolfo
si
servì
della
cavalleria,
che
addestrò
a
caricare
al
galoppo,
per
squadroni
in
linea
o a
scacchiera,
facendo
uso
di
sciabole
durante
la
carica
e di
pistole
in
mischia
(al
contrario
degli
altri
eserciti
in
campo
in
Europa
in
quel
periodo),
ed
era
anche
solito
schierarla
sulle
ali
e
dietro
la
fanteria.
Spesso il condottiero svedese faceva accompagnare
i
reparti
a
cavallo
da
speciali
squadroni
di
moschettieri.
Questo
sistema
di
armi
combinate
sul
campo
di
battaglia
risultava
estremamente
efficace
e,
oltre
a
rappresentare
un’importante
innovazione
dal
punto
di
vista
tattico,
consentiva
al
re
di
massimizzare
i
punti
di
forza
di
ogni
reparto
del
proprio
esercito
e,
allo
stesso
tempo
di
compensare
i
difetti
delle
truppe,
ottimizzandone
complessivamente
l’impatto
bellico
sul
nemico.
A queste innovazioni, inoltre, va aggiunto il
rinnovamento
che
Gustavo
Adolfo
applicò
all’artiglieria,
innovandola
tecnologicamente
e
introducendo
il
concetto
di
fuoco
mobile
di
massa,
mai
utilizzato
prima.
Diminuirono, in particolare, peso e ingombro
delle
artiglierie
standardizzando
i
cannoni
in
tre
calibri
da
24,
12 e
3
libbre,
semplificando,
e
non
di
poco,
i
problemi
logistici
di
trasporto.
Le
bocche
da
fuoco
da 3
libbre,
quattro
per
ogni
reggimento,
arrivavano
ad
avere
una
cadenza
massima
di
20
salve
all’ora,
di
molto
superiore
a
quella
raggiunta
in
precedenza.
Ecco,
dunque,
come
l’artiglieria
divenne
il
mezzo
principale
e
decisivo
delle
battaglie
di
questo
periodo
e in
quelle
future
e la
combinazione
delle
varie
armi
consentì
all’esercito
svedese
di
affrontare
e
vincere
nemici
molto
superiori
di
numero,
approfittando
anche
del
vantaggio
strategico.