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N. 77 - Maggio 2014 (CVIII)

GUIDA ALLA ROMA RIBELLE
Piccola storia di una grande Roma

di Filippo Petrocelli

 

Guida alla Roma ribelle non è una semplice guida turistica. È piuttosto un racconto appassionato, che ripercorre le strade della capitale attraverso il ricordo di storie troppo spesso dimenticate.

 

Scritto a otto mani da Rosa e Viola Mordenti, Lorenzo Sansonetti e Giuliano Santoro è uscito per la Voland nel novembre del 2013, diventando un piccolo caso editoriale.

 

Ristampato più volte, ha replicato il successo delle precedenti Guida alla Parigi ribelle e Guida alla Barcellona ribelle.

 

Obiettivo primario di questa coraggiosa “impresa editoriale” è quello di smentire il mito di Roma “città sorniona”, “pappona” e indolente. Al contrario, gli autori promuovono un’idea di una capitale diversa, una metropoli “riottosa” attraversa da tensioni, conflitti e lotte sociali, da sempre e a suo modo, ostile al potere.

 

Una Roma borgatara e “compagna”, genuinamente popolare ma soprattutto medaglia d’oro della Resistenza, città dei partigiani “irregolari”, della battaglia di Porta San Paolo e delle Fosse Ardeatine.

 

La Roma degli assalti ai forni, della banda del Gobbo, della resistenza dei ferrotranvieri ma anche delle occupazioni di casa del dopoguerra, da Tor di Nona a San Basilio, da Prenestino a Centocelle, capitale delle auto-riduzioni e dello sciopero dei netturbini.

 

È una capitale ribelle quella affrescata nella guida, una Roma città aperta, più simile a quella dei tempi del Caravaggio – tutta osterie malfamate, vicoli bui e ladroni – piuttosto che alla Caput mundi “infiocchettata”, voluta e sognata dal potere.

 

Tutt’altro quindi che una “Gerusalemme celeste” ma una città meticcia e rivoluzionaria, “dialettale” – come la dipingono Belli e Trilussa – da sempre miscuglio e crocevia di genti, popoli e diversità. Insomma è una vera “Repubblica Romana” quella descritta dai quattro autori, come quella del triumvirato Saffi, Armellini e Mazzini, soffocata dal Papa e dai Francesi, nonché la città di Ciceruacchio capo popolo indimenticato, reso celebre nel film In nome del Papa Re dall’interpretazione di Nino Manfredi, che sfondò i cancelli del Ghetto per porre fine misure alle restrittive alle quali erano sottoposti gli abitanti, distrusse le porte ma non riuscì a frenare la rivoluzione conservatrice di Pio IX.

 

Non mancano in questa guida singolare, descrizioni affascinanti dei viali della Roma liberale e “savoiarda” – quella dei Lungotevere e del Gianicolo – unite al racconto dei tanti giovani che hanno trovato la “bella morte” facendo l’Italia, così come è narrato l’excursus di tutti i movimenti giovanili che hanno attraversato la città: dal’68 alla cacciata di Lama, dal movimento della Pantera all’Onda dell’autunno 2008, passando per via dei Volsci la strada dell’Autonomia, per il Quadraro “Nido di Vespe” per i nazisti, per il Forte Prenestino, Acrobax e le mille occupazioni di una città in perenne emergenza abitativa.

 

Suggestioni nei racconti fotografici di Tano d’Amico, nelle testimonianze “gappiste” di Carlo Lizzani, nelle melodie popolari di Giovanna Marini e nelle parole di Ascanio Celestini.

 

Un vademecum per capire anche la Roma delle ferite ancora aperte, come la morte di Giorgiana Masi su ponte Garibaldi, l’assassinio di Wael Zautier come rappresaglia dopo l’attacco a Monaco ‘72, oppure Valerio Verbano, militante di Movimento ucciso davanti ai genitori nel 1980.

 

Curiosi gli aneddoti citati come quello del “graffito del lanzichenecco”, sfregio barbaro e beffardo lasciato da un soldato durante il sacco di Roma a Villa Farnesina: “1528 – perché io scrittore non dovrei ridere: i Lanzichenecchi hanno fatto correre il Papa”.

 

Oppure la storia dell’assalto alla salma di Pio IX, quando una folla cercò di assaltare il feretro – durante il trasporto della salma dal Vaticano al Verano – per buttare nel fiume l’odiato Papa Re: in un’enorme rissa fra “popolani e papalini” i due schieramenti si contesero la salma del Santo Padre che alla fine – con la bara insanguinata e il drappo papalino strappato – fu tumulata con successo, non senza il ricorso al massiccio intervento della forza pubblica.

 

Non mancano il ricordo dell’anarchico Gino Lucetti, autore di un fallito attentato al Duce e delle lettere scritte in carcere alla madre, ma anche le memorie dei detenuti politici nel Ventennio e la rivolta del carcere di Regina Coeli del’73.

 

Tutto descritto poeticamente come un grande collage, una piccola storia preziosa dell’ultima vera Roma. Quella ribelle.



 

 

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