GUERRE DI IERI E GUERRE DI OGGI
Qualche utile riflessione
di Giovanna D'Arbitrio
Mentre ci godiamo mare e sole in
queste calde giornate d’agosto, ci
sentiamo quasi in colpa per i nostri
momenti di serenità pensando a tanti
esseri umani che soffrono e
subiscono orrende violenze in
Ucraina, una guerra che ci tocca più
da vicino dal momento si combatte in
Europa. E che dire di tante guerre
dimenticate che Tg e giornali non
evidenziano più?
Come giustamente afferma Voltaire:
«Il più grande dei crimini, almeno
il più distruttivo e di conseguenza
il più contrario al fine della
natura, è la guerra; ma non vi è
alcun aggressore che non colori
questo misfatto con il pretesto
della giustizia» (Voltaire, Il
filosofo ignorante, 1766).
Eppure le guerre continuano a
imperversare, come se l’umanità non
fosse capace di apprendere le
lezioni impartite dalla storia,
ricadendo sempre nei consueti riti
barbarici di sanguinosi conflitti.
Il libro di Antonio Scurati,
Guerra (Ed. Bompiani 2022)
pertanto offre numerosi spunti di
riflessioni e di dibattito
soprattutto oggi che la drammatica
guerra in Ucraina minaccia non solo
l’Europa, ma il mondo intero, se
malauguratamente dovesse espandersi
ad altri paesi limitrofi.
Il libro viene così presentato: «La
guerra accompagna l’umanità fin
dalle sue origini. Il racconto che
la civiltà occidentale ne ha fatto
si è declinato essenzialmente in tre
modi: la narrazione epica nel mondo
antico, quella romanzesca nel mondo
moderno e quella televisiva nel
mondo contemporaneo.
Per capire come la nostra cultura
della guerra sia intimamente legata
al racconto che ne facciamo, Antonio
Scurati legge questi tre modi
attraverso quello che chiama il
“criterio della visibilità”:
visibilità come rivelazione, come
possibilità di comprendere la realtà
di un mondo in guerra.
Partendo dall’epica antica – che con
l’ideale eroico dell’Iliade ha dato
origine a una tradizione millenaria
che pensa la battaglia come evento
in grado di generare significati e
valori collettivi –, attraversando
la crisi di questo paradigma nella
modernità romanzesca e la sua
dissoluzione nella convinzione tutta
novecentesca che la guerra sia priva
di un qualsiasi senso, arriviamo
alla tragica attualità del conflitto
raccontato dalla televisione: quando
le immagini della guerra sono
entrate per la prima volta in
diretta nelle nostre case – era il
17 gennaio 1991, data d’inizio della
Prima Guerra del Golfo – ci siamo
illusi che al massimo della
spettacolarizzazione potesse
corrispondere il massimo della
visibilità, e invece ci siamo
trovati di fronte a un’apocalisse
svuotata di qualsiasi rivelazione.
Un’altra data spartiacque è arrivata
dieci anni dopo: dall’11 settembre
2001 la guerra, prima demistificata,
è stata investita di nuovo di un
significato salvifico, come forma di
violenza positiva che si contrappone
alla nuova forma di violenza
illimitata che è il terrorismo. E
non potendo affrontare il terrorismo
sul suo terreno, poiché questo non
ha territorialità alcuna, la guerra
ha abbandonato il reale per
assicurarsi il controllo dei cieli
dell’immaginario.
L’invasione russa dell’Ucraina del
febbraio 2022 sembrerebbe a prima
vista smentire lo sviluppo di questo
paradigma. Putin e la sua guerra,
però, non sono l’Occidente: ne sono
il nemico. Ma come sta rispondendo
l’Occidente a questa offensiva
orientale? Forse proprio
riattingendo a quegli archetipi
millenari che credevamo ormai
seppelliti dal pacifismo
novecentesco».
In effetti giorno dopo giorno ci
sembra di ritornare indietro a un
passato che pensavamo ormai sepolto
almeno in Europa dopo secoli di
guerre devastanti. Le orrende
immagini della guerra in Ucraina ci
angosciano e nello stesso tempo ci
fanno provare un senso di impotenza,
di rassegnazione, fino a correre il
rischio di abituarci anche
all’orrore.
E il testo sottolinea che “anche
quando il paradigma guerra/visione
s’infrange nell’età dei mass media
elettronici, e del terrorismo
mediatico, il suo ribaltamento, la
sua ritorsione contro l’Occidente
non smette di alimentare le
retoriche del potere, di
giustificare il ricorso alle armi,
di illuderci riguardo alla promessa
di una verità rivelata dalla tenebra
se non dalla luce. Se fin dai tempi
di Omero la guerra era sempre stata
il ‘paradiso dello spettatore’, noi
contemporanei delle dirette
televisive dai fronti di battaglia
diveniamo telespettatori totali
della guerra e, per questa via,
spettatori delle nostre stesse
vite”.
Ci colpiscono gli antichi, consueti,
orrendi rituali della guerra, sempre
uguali anche se siamo nel 2022:
stupri di donne e bambini, violenze
di ogni genere, disumane torture,
sofferenze e uccisioni ancor più
dolorose inferte con armi più
distruttive ed efficienti, grazie a
progressi scientifici e tecnologici.
E ci chiediamo come persone che
qualche mese prima forse chattavano
su social o WhatsApp in un civile
paese europeo, si possano
trasformare in guerra in crudeli
assassini che infieriscono su inermi
civili senza pietà, senza provare
orrore per se stessi!
Ci vengono in mente alcuni ben noti
versi di Quasimodo: «Sei ancora
quello della pietra e della fionda,/
uomo del mio tempo. Eri nella
carlinga,/ con le ali maligne, le
meridiane di morte,/ t’ho visto
dentro il carro di fuoco, alle
forche,/ alle ruote di tortura. T’ho
visto: eri tu,/ con la tua scienza
esatta persuasa allo sterminio,/
senza amore, senza Cristo./ Hai
ucciso ancora,/ come sempre, come
uccisero i padri,/ come uccisero gli
animali che ti videro per la prima
volta…».