[ISSN 1974-028X]

[REGISTRAZIONE AL TRIBUNALE CIVILE DI ROMA N° 577/2007 DEL 21 DICEMBRE] *

 

176 / AGOSTO 2022 (CCVII)


attualità

GUERRE DI IERI E GUERRE DI OGGI
Qualche utile riflessione

di Giovanna D'Arbitrio

 

Mentre ci godiamo mare e sole in queste calde giornate d’agosto, ci sentiamo quasi in colpa per i nostri momenti di serenità pensando a tanti esseri umani che soffrono e subiscono orrende violenze in Ucraina, una guerra che ci tocca più da vicino dal momento si combatte in Europa. E che dire di tante guerre dimenticate che Tg e giornali non evidenziano più?
 
Come giustamente afferma Voltaire: «Il più grande dei crimini, almeno il più distruttivo e di conseguenza il più contrario al fine della natura, è la guerra; ma non vi è alcun aggressore che non colori questo misfatto con il pretesto della giustizia» (Voltaire, Il filosofo ignorante, 1766).
 
Eppure le guerre continuano a imperversare, come se l’umanità non fosse capace di apprendere le lezioni impartite dalla storia, ricadendo sempre nei consueti riti barbarici di sanguinosi conflitti.
 
Il libro di Antonio Scurati, Guerra (Ed. Bompiani 2022) pertanto offre numerosi spunti di riflessioni e di dibattito soprattutto oggi che la drammatica guerra in Ucraina minaccia non solo l’Europa, ma il mondo intero, se malauguratamente dovesse espandersi ad altri paesi limitrofi.
 
Il libro viene così presentato: «La guerra accompagna l’umanità fin dalle sue origini. Il racconto che la civiltà occidentale ne ha fatto si è declinato essenzialmente in tre modi: la narrazione epica nel mondo antico, quella romanzesca nel mondo moderno e quella televisiva nel mondo contemporaneo.
 
Per capire come la nostra cultura della guerra sia intimamente legata al racconto che ne facciamo, Antonio Scurati legge questi tre modi attraverso quello che chiama il “criterio della visibilità”: visibilità come rivelazione, come possibilità di comprendere la realtà di un mondo in guerra.
 
Partendo dall’epica antica – che con l’ideale eroico dell’Iliade ha dato origine a una tradizione millenaria che pensa la battaglia come evento in grado di generare significati e valori collettivi –, attraversando la crisi di questo paradigma nella modernità romanzesca e la sua dissoluzione nella convinzione tutta novecentesca che la guerra sia priva di un qualsiasi senso, arriviamo alla tragica attualità del conflitto raccontato dalla televisione: quando le immagini della guerra sono entrate per la prima volta in diretta nelle nostre case – era il 17 gennaio 1991, data d’inizio della Prima Guerra del Golfo – ci siamo illusi che al massimo della spettacolarizzazione potesse corrispondere il massimo della visibilità, e invece ci siamo trovati di fronte a un’apocalisse svuotata di qualsiasi rivelazione.
 
Un’altra data spartiacque è arrivata dieci anni dopo: dall’11 settembre 2001 la guerra, prima demistificata, è stata investita di nuovo di un significato salvifico, come forma di violenza positiva che si contrappone alla nuova forma di violenza illimitata che è il terrorismo. E non potendo affrontare il terrorismo sul suo terreno, poiché questo non ha territorialità alcuna, la guerra ha abbandonato il reale per assicurarsi il controllo dei cieli dell’immaginario.
 
L’invasione russa dell’Ucraina del febbraio 2022 sembrerebbe a prima vista smentire lo sviluppo di questo paradigma. Putin e la sua guerra, però, non sono l’Occidente: ne sono il nemico. Ma come sta rispondendo l’Occidente a questa offensiva orientale? Forse proprio riattingendo a quegli archetipi millenari che credevamo ormai seppelliti dal pacifismo novecentesco
».

In effetti giorno dopo giorno ci sembra di ritornare indietro a un passato che pensavamo ormai sepolto almeno in Europa dopo secoli di guerre devastanti. Le orrende immagini della guerra in Ucraina ci angosciano e nello stesso tempo ci fanno provare un senso di impotenza, di rassegnazione, fino a correre il rischio di abituarci anche all’orrore.
 
E il testo sottolinea che “anche quando il paradigma guerra/visione s’infrange nell’età dei mass media elettronici, e del terrorismo mediatico, il suo ribaltamento, la sua ritorsione contro l’Occidente non smette di alimentare le retoriche del potere, di giustificare il ricorso alle armi, di illuderci riguardo alla promessa di una verità rivelata dalla tenebra se non dalla luce. Se fin dai tempi di Omero la guerra era sempre stata il ‘paradiso dello spettatore’, noi contemporanei delle dirette televisive dai fronti di battaglia diveniamo telespettatori totali della guerra e, per questa via, spettatori delle nostre stesse vite”.
 
Ci colpiscono gli antichi, consueti, orrendi rituali della guerra, sempre uguali anche se siamo nel 2022: stupri di donne e bambini, violenze di ogni genere, disumane torture, sofferenze e uccisioni ancor più dolorose inferte con armi più distruttive ed efficienti, grazie a progressi scientifici e tecnologici.
E ci chiediamo come persone che qualche mese prima forse chattavano su social o WhatsApp in un civile paese europeo, si possano trasformare in guerra in crudeli assassini che infieriscono su inermi civili senza pietà, senza provare orrore per se stessi!
 
Ci vengono in mente alcuni ben noti versi di Quasimodo: «Sei ancora quello della pietra e della fionda,/ uomo del mio tempo. Eri nella carlinga,/ con le ali maligne, le meridiane di morte,/ t’ho visto dentro il carro di fuoco, alle forche,/ alle ruote di tortura. T’ho visto: eri tu,/ con la tua scienza esatta persuasa allo sterminio,/ senza amore, senza Cristo./ Hai ucciso ancora,/ come sempre, come uccisero i padri,/ come uccisero gli animali che ti videro per la prima volta…».

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[ iscrizione originaria (aggiornata 2007) al tribunale di Roma (editore eOs): n° 215/2005 del 31 maggio ]