N. 87 - Marzo 2015
(CXVIII)
Le Guerre Greco-Puniche
Il più lungo scontro dell'antichità
di Aldo Ferruggia
La colonizzazione fenicia prima, e quella greca poi, rappresentarono fenomeni di immani dimensioni e incalcolabili conseguenze, forse le più rilevanti della storia dell’Occidente. I due eventi nel loro insieme, diedero vita a un’epopea che di fatto unificò l’intero bacino mediterraneo e dalla quale scaturirono le fondamenta di quello che oggi definiamo “pensiero occidentale”. Le guerre greco-puniche furono l'esito naturale di questa corsa alla nuova frontiera.
I
Greci
erano
un
ceppo
indoeuropeo
sceso
sulle
tiepide
coste
egee
a
cercare
una
vita
più
agiata.
I
Fenici
invece
si
collocarono
in
riva
al
mare
presso
la
terra
di
Canaan,
stanchi
dei
torridi
territori
dei
Sinai,
alla
ricerca
di
nuovi
mercati.
I
due
popoli,
o
meglio
i
loro
antenati,
agli
antipodi
per
origini
e
visione
di
vita,
finirono
per
influenzarsi
a
vicenda
quando
vennero
in
contatto,
alla
fine
del
“medioevo
ellenico”.
Così
i
Fenici
insegnarono
ai
Greci
a
scrivere
e
questi
trasmisero
ai
Semiti
le
tecniche
di
navigazione
d’altura.Stranezze
della
storia
che
porteranno
gli
Elleni
ad
essere
i
più
grandi
scrittori
dell’antichità
ed i
Fenici
i
marinai
più
famosi
di
ogni
tempo.
Divenuti
quelli
che
conosciamo
per
reciproco
influsso,
si
lanciarono
quindi
alla
conquista
del
Mediterraneo
occidentale.
In
pochi
secoli
le
coste
non
colonizzate
del
Mediterraneo
occidentale
si
esaurirono
e
gli
avamposti
delle
due
civiltà
finirono
per
essere
confinanti.
Ma i
Greci
non
erano
per
nulla
intenzionati
a
fermarsi
e,
guidati
dall’oracolo
di
Delfi,
presero
a
contendere
palmo
a
palmo
i
litorali
ai
Fenici.
Questi
sembrarono
inizialmente
non
poter
reggere
la
pressione
colonizzatrice
ellenica,
pressione
che
presto
si
concretizzò
nella
creazione
di
metropoli
costiere
di
prima
grandezza
nella
penisola
italiana
e in
Sicilia.
Ma
poi
una
delle
più
fiorenti
colonie
mercantili
di
Tiro,
Cartagine,
cambiò
pelle
per
trasformarsi
in
una
vera
e
propria
superpotenza
militare
e
ciò
successe
quando
la
sua
madre
patria
perse
la
libertà
per
mano
dei
Persiani.
.
Il
Mediterraneo
alla
fine
del
VII
secolo
a.C.
con
le
direttrici
della
ultima
fase
colonizzatrice
greca
(in
azzurro
sono
riportate
le
aree
di
influenza
greca,
in
rosso
quelle
fenicio-puniche,
in
bianco
l’asse
rodano-cirenaico
dell'opposizione
punica,
in
verde
l’area
etrusca,
in
giallo
quella
romana)
I
Punici
avevano
ormai
carta
bianca
anche
in
politica
estera
ed i
loro
eserciti
e la
loro
possente
flotta
non
solo
sottomisero
le
altre
colonie
Fenicie,
ma
rappresentarono
un
argine
efficace
all’espansionismo
ellenico.
Era
l’inizio
del
VI
secolo
a.C.
quando
dalle
scaramucce
si
passò
ai
fatti.
I
primi
scontri
avvennero
sulle
onde
del
Golfo
del
Leone
e
sulle
sabbie
del
Sahara:
in
gioco
c’era
la
ridefinizione
delle
rispettive
aree
di
influenza.
I
Greci
di
Focea
riuscirono
a
fondare
Marsiglia
e
altre
colonie
fino
alle
coste
iberiche
ma
quelli
di
Cirene
non
riuscirono
ad
andare
oltre
alla
Grande
Sirte.
I
Cartaginesi,
rinsaldato
il
controllo
sull’Occidente
siciliano
e
sulle
Baleari,
riuscirono
ad
evitare
che
i
Greci
dilagassero
in
Corsica
e
Sardegna.
Sulla
linea
ideale
che
passava
da
queste
isole
i
Punici
inchiodarono
il
nemico
che
fu
costretto
ad
un
tentativo
di
sfondamento
proprio
là
dove
Cartagine
era
più
vicina
ed
influente.
In
Sicilia
quindi
prese
il
via
la
fase
più
lunga
e
logorante
delle
guerre.
Non
conviene
in
questa
sede
ricordare
in
dettaglio
le
sette
guerre,
la
pletora
di
campagne
militari,
battaglie
di
terra
e di
mare,
di
spedizioni
punitive,
di
assedi
e
deportazioni
che
si
successero
quasi
senza
soluzione
di
continuità
nell’arco
temporale
di
due
secoli
e
mezzo.
Un
elenco
necessariamente
arido
di
nomi,
fatti
e
date
che,
non
adeguatamente
diluito
il
più
articoli
a
tema,
potrebbe
risultare
indigesto.
Più
importante
è
invece
sottolineare
quali
furono
le
conseguenze
più
evidenti
di
questi
interminabili
scontri
senza
un
chiaro
vincitore.
In
primis
finì
il
periodo
d’oro
della
grecità
isolana,
ricchissima
di
pensatori
ed
artisti
nel
primo
periodo
classico.
Infatti,
allo
splendore
della
ormai
metropoli
Siracusa,
fece
da
contraltare
la
devastazione
totale
delle
altre
città
siciliote
ed
anzi,
proprio
la
loro
distruzione
per
mano
punica
accrebbe
la
potenza
siracusana.
L’instabilità
e la
paura
della
guerra
facilitarono
la
nascita
della
tirannia,
frequente
nell’isola
come
in
nessuna
altra
parte
della
grecità.
Despoti
come
Agatocle
e
Dionisio
il
Vecchio,
furono
considerati
dagli
antichi
paradigmi
del
potere
assoluto.
Il
secondo
in
particolare,
capace
di
una
tirannide
durata
decenni,
estese
il
potere
di
Siracusa
a
quasi
tutta
la
Sicilia,
all’Italia
meridionale
ed
alle
coste
adriatiche
fino
alla
foce
del
Po,
configurando
per
la
prima
volta
in
Occidente
un
abbozzo
di
potere
imperiale
attivo
su
territori
ed
etnie
diverse.
Grazie
a
queste
guerre
le
tattiche
belliche
e in
particolare
quelle
di
assedio,
furono
implementate
e
raffinate
grazie
all’utilizzo
di
un’artiglieria
leggera
e
pesante,
per
la
prima
volta
presenti
sui
campi
di
battaglia
occidentali.
Si
ebbe
poi
l’impulso
alla
costruzione
di
navi
e
fortificazioni
sempre
più
grandi
come
le
esaremi
siracusane
e le
muraglie
di
Cartagine,
Siracusa
e
Selinunte.
Ma
l’enorme
sforzo
militare
profuso
dalle
due
superpotenze
del
Mediterraneo
occidentale
rappresentò
il
presupposto
a
quella
che
è la
conseguenza
più
importante
delle
guerre:
Cartagine
e
Siracusa,
allora
le
più
poderose
città
del
Mediterraneo,
non
poterono
sfruttare
la
loro
supremazia
per
ampliare
il
loro
impero
ma
rimasero
fatalmente
invischiate
nel
logorante
conflitto.
Tale
logorio
concesse
a
Roma
il
tempo
necessario
a
raggiungere
una
potenza
sufficiente
ad
imporsi
in
Occidente.
E fu
proprio
la
città
della
lupa
a
interrompere
lo
scontro
centenario
tra
Punici
e
Siracusani,
nel
momento
in
cui
decise
di
varcare
lo
Stretto,
nel
265
a.C.
I
Romani
avanzarono
in
Sicilia
con
una
facilità
figlia
delle
infinite
devastazioni
subite
dall’isola
e la
Storia
prese
velocemente
un
altro
corso.
I
Greci
rimpiansero
la
morte
prematura
di
Alessandro
accettando
la
sottomissione
all’invasore
e
ai
Cartaginesi
non
rimase
che
tentare
di
rimandare
l’ineludibile
fato.
In
sintesi,
le
Guerre
Greco-Puniche
–
sebbene
a
livello
scolastico
non
adeguatamente
divulgate
e
studiate
–
costituirono
un
conflitto
lunghissimo,
il
più
lungo
che
la
storia
antica
ricordi,
con
risvolti
sociali,
tecnologici
e
politici
di
enorme
rilievo.