[ISSN 1974-028X]

[REGISTRAZIONE AL TRIBUNALE CIVILE DI ROMA N° 577/2007 DEL 21 DICEMBRE] *

 

187 / LUGLIO 2023 (CCXVIII)


antica

LE GUERRE DELLURBE IN DACIA

LULTIMA GRANDE CONQUISTA DELLE FORZE DI ROMA

di Giacomo Sabbatini

 

Dopo gli ultimi anni di terrore del regno di Domiziano, l’Impero romano entrò in un periodo di sviluppo e benessere. Il trono passò in mano a un anziano senatore, Marco Cocceio Nerva che, nel tentativo di destreggiarsi negli instabili equilibri della politica romana, diede vita al cosiddetto principato adottivo. Infatti Nerva adottò come suo successore il generale Marco Ulpio Traiano, amato tanto nell’ambiente militare quanto in quello dei senatorie indubbiamente dotato di grandi qualità.

 

Perciò dopo la morte di Nerva, il trono passò a Traiano, in quanto suo figlio adottivo, che si dimostrò subito capace attraverso una attenta ed equilibrata amministrazione. Tuttavia il bisogno di una vera legittimazione, raggiungibile solo con il compimento di una grande impresa, e la considerazione prevalentemente di uomo d’azione che il nuovo imperatore aveva di sé, portarono ben presto Traiano allo scontro con i Daci, un popolo stanziato circa nell’odierna Romania.

 

Questi avevano già dato grossi problemi sotto il regno di Domiziano forzando i Romani a offrire loro una pace poco conveniente. Il loro re, Decebalo, era un leader forte che mal sopportava la subordinazione a Roma e proprio per questo aveva adottato atteggiamenti provocatori. Inoltre si era aggiunta la possibilità che Decebalo si imponesse come leader di una coalizione antiromana di più popoli barbari e di trascinare dalla sua anche l’Impero partico, storico rivale dei Romani.

 

La tensione crebbe sempre di più e, nella primavera del 101 d.C., si arrivò alla guerra. Traiano dispose una penetrazione nel territorio nemico da tre punti diversi con altrettante colonne militari, che in un secondo momento, avrebbero dovuto riunirsi presso la capitale Sarmizegetusa Regia. Siccome alla superiorità numerica romana i Daci opposero un’azione di guerriglia basata sulla conoscenza del territorio, il primo vero scontro tra i due eserciti si ebbe presso la piana di Tapae. La battaglia fu talmente sanguinosa che lo stesso Traiano dovette mettere a disposizione le sue vesti per bendare i feriti. Ma alla fine i Romani vinsero e poterono proseguire verso la capitale del regno nemico, dove erano attesi dalla controffensiva di Decebalo.

 

Infatti il re si era accorto che la zona del basso Danubio era stata lasciata scoperta e aveva mandato i suoi alleati, i Sarmati Rossolani, a invadere la provincia romana. Traiano, che colto alla sprovvista si era mosso alla testa di parte dell’esercito, incontrò gli avversari presso Adamclisi dove riportò una vittoria magistrale.

 

A questo punto Decebalo, nell’estate del 102 fu costretto a trattare la pace con i Romani, che da parte loro non disponevano sul posto delle forze necessarie per sferrare il colpo decisivo. Le condizioni di pace furono molto dure per gli sconfitti: i Daci si ritrovarono senza più una politica estera autonoma, furono costretti a smantellare tutte le fortezze, a pagare un’ingente somma di risarcimento e a subire contingenti romani permanenti sul loro territorio.

 

Tutti gli sconfitti si dimostrarono da subito insofferenti a queste condizioni e primo fra tutti il re Decebalo. Infatti dopo appena tre anni, nel 105 d.C., essi rioccuparono i territori perduti e dichiararono guerra ai Sarmati Lazigi, alleati dei Romani. Traiano non perdette tempo e nell’estate dello stesso anno partì alla testa di un grande esercito. Questa volta i Romani disponevano di una migliore conoscenza del territorio e di infrastrutture lasciate in Dacia dopo il primo conflitto, tra cui un capolavoro dell’ingegneria antica come il Ponte di Drobeta. Decebalo dovette rendersi conto fin da subito della difficoltà della situazione, poiché catturò a tradimento il comandante romano delle truppe stanziate in Dacia, con lo scopo di usarlo a proprio vantaggio nelle trattative. Tuttavia il tentativo venne vanificato dal valoroso atto di suicidio del soldato romano.

 

Nel frattempo i Romani avanzavano nel territorio nemico con una implacabile tenaglia, conquistando roccaforte dopo roccaforte, fino alla capitale. Una volta lì, Traiano ordinò di porre sotto assedio la città, che dopo una tenace resistenza venne espugnata e rasa al suolo. Il re Decebalo tentò di fuggire, ma vedendosi braccato dalla cavalleria romana si tolse la vita in un ultimo gesto d’onore. La scena del suicidio del re straniero è narrata con intensa drammaticità nella Colonna Traiana, eretta nel Foro Romano per celebrare la gloriosa impresa bellica e di fatto ne costituisce uno degli episodi più belli.

 

Infine Traiano ridusse l’intera Dacia a provincia e fece sì che le numerose miniere d’oro della regione venissero organizzate nella maniera più efficiente possibile. Proprio queste ricchezze, assieme al tesoro della corona nemica, servirono a finanziare non solo le successive imprese civili e militari dell’imperatore, ma anche tutto il lungo periodo di benessere che prende il nome di Secolo d’Oro dell’Impero romano terminato con la morte di Marco Aurelio. Tuttavia l’impatto di questa impresa non si è limitato all’antichità ed è visibile ancora ai giorni nostri: infatti il popolo dei Daci venne romanizzato e assimilò il latino, facendo sì che ancora oggi in Romania, territorio linguisticamente di dominazione slava, si parli una lingua romanza.

 

 

Riferimenti bibliografici:

 

AA. VV, Traiano: costruire l’Impero, creare l’Europa, a cura di Claudio Presicce, Marina Milella, Simone Pastor e Lucrezia Ungaro, De Luca Editori d’Arte, Roma 2017.

Cassio Dione, Storia Romana, libro LXVIII, Mondadori, Milano 2018.

Livio Zerbini, Traiano il principe ideale. Costruttore e conquistatore cambiò il volto di Roma, Salerno Editrice, Roma 2021.

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[ iscrizione originaria (aggiornata 2007) al tribunale di Roma (editore eOs): n° 215/2005 del 31 maggio ]