LE GUERRE DELL’URBE
IN DACIA
L’ULTIMA
GRANDE CONQUISTA DELLE FORZE DI ROMA
di Giacomo
Sabbatini
Dopo gli ultimi anni di terrore del
regno di Domiziano, l’Impero romano
entrò in un periodo di sviluppo e
benessere. Il trono passò in mano a
un anziano senatore, Marco Cocceio
Nerva che, nel tentativo di
destreggiarsi negli instabili
equilibri della politica romana,
diede vita al cosiddetto principato
adottivo. Infatti Nerva adottò come
suo successore il generale Marco
Ulpio Traiano, amato
tanto
nell’ambiente militare quanto in
quello
dei senatorie indubbiamente
dotato di grandi qualità.
Perciò dopo la morte di Nerva, il
trono passò a Traiano, in quanto
suo
figlio adottivo, che si dimostrò
subito capace attraverso una attenta
ed equilibrata amministrazione.
Tuttavia il bisogno di una vera
legittimazione, raggiungibile solo
con il
compimento di una grande
impresa, e la considerazione
prevalentemente di uomo d’azione che
il nuovo imperatore aveva di sé,
portarono ben presto
Traiano
allo scontro con
i Daci,
un popolo stanziato circa
nell’odierna Romania.
Questi avevano già dato grossi
problemi sotto il regno di Domiziano
forzando
i Romani a offrire loro una
pace poco conveniente. Il loro re,
Decebalo, era un leader forte che
mal sopportava la subordinazione a
Roma e proprio per questo aveva
adottato atteggiamenti provocatori.
Inoltre
si era aggiunta la possibilità che
Decebalo si imponesse come leader di
una coalizione antiromana di
più
popoli barbari e
di
trascinare dalla sua anche
l’Impero partico, storico rivale dei
Romani.
La tensione crebbe sempre di più e,
nella primavera del 101 d.C., si
arrivò alla guerra. Traiano dispose
una penetrazione
nel territorio
nemico da tre punti diversi con
altrettante colonne militari, che in
un secondo momento, avrebbero dovuto
riunirsi presso la capitale
Sarmizegetusa Regia. Siccome alla
superiorità numerica romana i Daci
opposero un’azione di guerriglia
basata sulla conoscenza del
territorio, il primo vero scontro
tra i due eserciti si ebbe presso la
piana di Tapae. La battaglia fu
talmente sanguinosa che lo stesso
Traiano dovette mettere a
disposizione le sue vesti per
bendare i feriti. Ma alla fine i
Romani vinsero e poterono proseguire
verso la capitale
del regno
nemico, dove erano attesi
dalla controffensiva di Decebalo.
Infatti il re si era accorto che la
zona del basso Danubio era stata
lasciata scoperta e aveva mandato i
suoi alleati, i Sarmati Rossolani, a
invadere la provincia romana.
Traiano, che colto alla sprovvista
si era mosso alla testa di parte
dell’esercito, incontrò gli
avversari presso Adamclisi dove
riportò una vittoria magistrale.
A questo punto Decebalo, nell’estate
del 102 fu costretto a trattare la
pace con i Romani, che da parte loro
non disponevano sul posto delle
forze necessarie per sferrare il
colpo decisivo. Le condizioni di
pace furono molto dure per gli
sconfitti: i Daci si ritrovarono
senza più una politica estera
autonoma,
furono costretti a
smantellare tutte le fortezze,
a
pagare un’ingente somma di
risarcimento e
a subire
contingenti romani permanenti sul
loro
territorio.
Tutti
gli sconfitti si dimostrarono da
subito insofferenti a queste
condizioni e primo fra tutti il re
Decebalo. Infatti dopo appena tre
anni, nel 105 d.C.,
essi
rioccuparono i territori perduti e
dichiararono guerra ai Sarmati
Lazigi, alleati dei Romani. Traiano
non perdette tempo e nell’estate
dello stesso anno partì alla testa
di un grande esercito. Questa volta
i Romani disponevano di una migliore
conoscenza del territorio e di
infrastrutture lasciate in Dacia
dopo il primo conflitto, tra cui un
capolavoro dell’ingegneria antica
come il Ponte di Drobeta. Decebalo
dovette rendersi conto fin da subito
della difficoltà della situazione,
poiché catturò a tradimento il
comandante romano delle truppe
stanziate in Dacia, con lo scopo di
usarlo a
proprio vantaggio nelle
trattative. Tuttavia il tentativo
venne vanificato dal valoroso atto
di suicidio del soldato romano.
Nel frattempo
i Romani avanzavano nel territorio
nemico con una implacabile tenaglia,
conquistando roccaforte dopo
roccaforte, fino alla capitale. Una
volta lì, Traiano ordinò di porre
sotto assedio la città, che dopo una
tenace resistenza venne espugnata e
rasa al suolo. Il re Decebalo tentò
di fuggire, ma vedendosi braccato
dalla cavalleria romana si tolse la
vita in un ultimo gesto d’onore. La
scena del suicidio del re straniero
è narrata con intensa drammaticità
nella Colonna Traiana, eretta nel
Foro
Romano per celebrare la
gloriosa impresa bellica e di fatto
ne costituisce uno degli episodi più
belli.
Infine Traiano ridusse l’intera
Dacia a provincia e fece sì che le
numerose miniere d’oro della regione
venissero organizzate nella maniera
più efficiente possibile. Proprio
queste ricchezze, assieme al tesoro
della corona nemica, servirono a
finanziare non solo le successive
imprese civili e militari
dell’imperatore, ma anche tutto il
lungo periodo di benessere che
prende il nome di Secolo d’Oro
dell’Impero romano
terminato
con la morte di Marco Aurelio.
Tuttavia l’impatto di questa
impresa non si è limitato
all’antichità ed è visibile ancora
ai giorni nostri: infatti il popolo
dei Daci venne romanizzato e
assimilò il latino, facendo sì che
ancora oggi in Romania, territorio
linguisticamente di dominazione
slava, si parli una lingua romanza.
Riferimenti bibliografici:
AA. VV, Traiano: costruire
l’Impero, creare l’Europa, a
cura di Claudio Presicce, Marina
Milella, Simone Pastor e Lucrezia
Ungaro, De Luca Editori d’Arte, Roma
2017.
Cassio Dione, Storia Romana,
libro LXVIII, Mondadori, Milano
2018.
Livio Zerbini, Traiano il
principe ideale. Costruttore e
conquistatore cambiò il volto di
Roma, Salerno Editrice, Roma
2021.