contemporanea
LA GUERRA
DEL VIETNAM
SUL GRANDE SCHERMO
III / I “BRAVI RAGAZZI”
di Manuela Bussadori
Con l’uscita nelle sale nel 1986 del film Platoon
di Oliver Stone, Hollywood inaugura un nuovo
modello narrativo che ha la capacità di riflettere
più realisticamente sulla guerra perduta. È la terza
e ultima fase del Vietnam Movie.
La struttura di Platoon ruota attorno
all’impatto emotivo che la guerra ha sul giovane
Chris reclutato tramite l’ideologia dell’eroismo
militare, ma ben presto si ritrova a prendere delle
decisioni che avranno delle forti ripercussioni
sulla propria morale. La violenza nel film è una
risposta ai continui spostamenti nella giungla e
l’unico modo di esorcizzare la paura di un attacco
nemico. Il conflitto non si svolge contro i nemici
vietcong, ma con i modi di intendere la guerra. La
guerra del Vietnam si configura come un rito di
passaggio che porta il protagonista alla vita
adulta, ormai partecipe delle contraddizioni insite
nella condizione umana.
Nell’ultima scena, mentre viene mostrato un campo
disseminato di cadaveri, il protagonista dichiara:
«E ora credo, guardandomi indietro, che non
abbiamo combattuto contro il nemico, abbiamo
combattuto contro noi stessi e il nemico era dentro
di noi». Chris è testimone delle brutalità
compiute dall’esercito verso vietnamiti innocenti,
di cui lui stesso si è reso responsabile. È
simbolicamente l’anima dell’America, fortemente
divisa al suo interno ma che a fronte di questa
esperienza ha la possibilità di costruire un futuro
retto da nuovi ideali.
Stanley Kubrick, invece, con Full Metal Jacket
(1987) ci presenta un personaggio di nome Joker che
presta servizio in Vietnam pur rimanendo ancorato
alla sua indipedenza di giudizio. Nel film si
possono trovare tutti gli stereotipi del War Film
classico: l’addestramento, la battaglia finale… ma
sono tutti elementi portati all’estremo che
conducono lo spettatore verso un totale
stravolgimento della realtà. Joker è un personaggio
incoerente che mostra un evidente distacco dal corso
degli eventi. Sarà solo verso la fine del film che
Joker non riuscirà più a mantenere il suo ruolo di
osservatore passivo ponendo fine alla vita di una
giovane cecchino vietnamita.
L’esperienza di Joker viene qui riassunta da una
frase pronunciata mentre i marines si allontanano
nella notte illuminata dalle fiamme cantando l’inno
di Topolino: «Certo vivo in un mondo di merda,
questo sì, ma sono vivo… e non ho più paura». La
guerra si trasforma e diventa lo sfondo di un
cruento rito di iniziazione in un film privo di
implicazioni ideologiche. Si limita ad analizzare un
processo che si svolge nell’interiorità del
personaggio restituendone l’assurdità e enfatizzando
gli elementi in contrasto con la mascolinità di
Rambo.
Anche in Casualties of War di Brian De Palma
(1989) ritroviamo la totale assenza della retorica
patriottica americana per riportare il conflitto
alla realtà. Una realtà popolata di violenza,
contraddizioni e sospensione di qualsiasi regola
morale. Il protagonista è Ericsson, un osservatore,
proprio come Joker, distaccato e freddo. Non mostra
alcun interesse nel partecipare alla logica della
guerra. Il cineasta analizza quali siano stati i
motivi che hanno permesso a questo specifico
conflitto di generare una crisi identitaria così
forte da essere sperimentata dall’intera nazione.
Per Ericsson il conflitto è innanzitutto interiore.
Si dispiega tra un contesto ideologico di un comune
cittadino americano che si scontra con la logica
della guerra mossa dal desiderio di sopraffazione. È
una Dirty War, che non ha nulla in comune con
le grandi battaglie per la democrazia che hanno da
sempre contraddistinto gli Stati Uniti.
Per accentuare questa differenza e la complessità
del Vietnam i cineasti che in questo periodo
affrontarono la tematica alla luce delle recenti
rielaborazioni del conflitto, per la prima volta si
adoperarono per restituire un’identità ai nemici con
cui i soldati americani si sono battuti. Questa
terza narrazione, individuata come periodo del
“verosimile”, è riuscita nel tempo a
contraddistinguersi attraverso una struttura più
autentica per rivelare l’assurdità di una guerra che
non presentava delle motivazioni adeguate da poter
giustificare una tale perdita di vite umane.
Cerca di rivelare il senso di disorientamento, gli
aspetti più mostruosi e controversi della condizione
umana in relazione alle vicende del Vietnam
esasperando i modelli di riferimento della vecchia
Hollywood. Tutto questo è stato possibile attraverso
dei protagonisti che sono rappresentati come dei
“bravi ragazzi”. Giovani soldati idealisti,
espressione del popolo statunitense. La parte
migliore della Nazione con cui il pubblico è
chiamato a identificarsi. Sono Chris, Joker,
Ericsson e tutti quei soldati rimasti ignoti,
vittime di una nazione che non è stata capace di
capire in tempo i danni che una guerra come quella
del Vietnam sarebbe stata capace di creare.
La terza fase del Vietnam Movie ha cercato
quindi di avviare un processo di superamento del
conflitto che riconoscesse le sofferenze del popolo
vietnamita. Interessante a questo proposito è il
film Casualties of War nel quale il Vietnam
appare come un incubo di un giovane soldato seduto
in una metropolitana degli Stati Uniti che ricorda
la propria esperienza quando una ragazza asiatica si
siede di fronte a lui. Tra i due intercorre
solamente un dialogo:
Ragazza: le ricordo qualcuno?
Ex soldato: sì
Ragazza: ha fatto un brutto sogno, vero?
Ex soldato: sì.
Ragazza: ora è passato.
Un dialogo che sembra dichiarare la fine per il
giovane soldato, e forse per tutta la società
Americana, del conflitto interno e puramente
ideologico che aveva lasciato il Vietnam. La crisi
scatenata dal conflitto si è attenuata grazie al
grande rituale collettivo di purificazione ed
esorcizzazione delle colpe della guerra messo in
moto dall’industria hollywoodiana a partire dagli
anni Settanta. L’obiettivo del Vietnam Movie
viene qui finalmente rivelato: riaffermare e
ricostituire l’identità statunitense tramite la
ricerca graduale di un compromesso con le narrazioni
elaborate sul passato americano e la guerra appena
trascorsa. Ripristinare attraverso i cinema di tutto
il mondo un’immagine di un’America ancora capace di
essere alla guida del mondo occidentalizzato.
I film un tempo destinati a commemorare la guerra
del Vietnam e i loro reduci, sono diventati
l’oggetto stesso della commemorazione da parte delle
nuove generazioni convinti di guardare le
vicissitudini di una nazione invincibile e
inarrestabile.
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