[ISSN 1974-028X]

[REGISTRAZIONE AL TRIBUNALE CIVILE DI ROMA N° 577/2007 DEL 21 DICEMBRE] *

 

188 / AGOSTO 2023 (CCXIX)


contemporanea

LA GUERRA DEL VIETNAM SUL GRANDE SCHERMO

III / I “BRAVI RAGAZZI”

di Manuela Bussadori

 

Con l’uscita nelle sale nel 1986 del film Platoon di Oliver Stone, Hollywood inaugura un nuovo modello narrativo che ha la capacità di riflettere più realisticamente sulla guerra perduta. È la terza e ultima fase del Vietnam Movie.

 

La struttura di Platoon ruota attorno all’impatto emotivo che la guerra ha sul giovane Chris reclutato tramite l’ideologia dell’eroismo militare, ma ben presto si ritrova a prendere delle decisioni che avranno delle forti ripercussioni sulla propria morale. La violenza nel film è una risposta ai continui spostamenti nella giungla e l’unico modo di esorcizzare la paura di un attacco nemico. Il conflitto non si svolge contro i nemici vietcong, ma con i modi di intendere la guerra. La guerra del Vietnam si configura come un rito di passaggio che porta il protagonista alla vita adulta, ormai partecipe delle contraddizioni insite nella condizione umana.

 

Nell’ultima scena, mentre viene mostrato un campo disseminato di cadaveri, il protagonista dichiara: «E ora credo, guardandomi indietro, che non abbiamo combattuto contro il nemico, abbiamo combattuto contro noi stessi e il nemico era dentro di noi». Chris è testimone delle brutalità compiute dall’esercito verso vietnamiti innocenti, di cui lui stesso si è reso responsabile. È simbolicamente l’anima dell’America, fortemente divisa al suo interno ma che a fronte di questa esperienza ha la possibilità di costruire un futuro retto da nuovi ideali.

 

Stanley Kubrick, invece, con Full Metal Jacket (1987) ci presenta un personaggio di nome Joker che presta servizio in Vietnam pur rimanendo ancorato alla sua indipedenza di giudizio. Nel film si possono trovare tutti gli stereotipi del War Film classico: l’addestramento, la battaglia finale… ma sono tutti elementi portati all’estremo che conducono lo spettatore verso un totale stravolgimento della realtà. Joker è un personaggio incoerente che mostra un evidente distacco dal corso degli eventi. Sarà solo verso la fine del film che Joker non riuscirà più a mantenere il suo ruolo di osservatore passivo ponendo fine alla vita di una giovane cecchino vietnamita.

L’esperienza di Joker viene qui riassunta da una frase pronunciata mentre i marines si allontanano nella notte illuminata dalle fiamme cantando l’inno di Topolino: «Certo vivo in un mondo di merda, questo sì, ma sono vivo… e non ho più paura». La guerra si trasforma e diventa lo sfondo di un cruento rito di iniziazione in un film privo di implicazioni ideologiche. Si limita ad analizzare un processo che si svolge nell’interiorità del personaggio restituendone l’assurdità e enfatizzando gli elementi in contrasto con la mascolinità di Rambo.

 

Anche in Casualties of War di Brian De Palma (1989) ritroviamo la totale assenza della retorica patriottica americana per riportare il conflitto alla realtà. Una realtà popolata di violenza, contraddizioni e sospensione di qualsiasi regola morale. Il protagonista è Ericsson, un osservatore, proprio come Joker, distaccato e freddo. Non mostra alcun interesse nel partecipare alla logica della guerra. Il cineasta analizza quali siano stati i motivi che hanno permesso a questo specifico conflitto di generare una crisi identitaria così forte da essere sperimentata dall’intera nazione. Per Ericsson il conflitto è innanzitutto interiore. Si dispiega tra un contesto ideologico di un comune cittadino americano che si scontra con la logica della guerra mossa dal desiderio di sopraffazione. È una Dirty War, che non ha nulla in comune con le grandi battaglie per la democrazia che hanno da sempre contraddistinto gli Stati Uniti.

 

Per accentuare questa differenza e la complessità del Vietnam i cineasti che in questo periodo affrontarono la tematica alla luce delle recenti rielaborazioni del conflitto, per la prima volta si adoperarono per restituire un’identità ai nemici con cui i soldati americani si sono battuti. Questa terza narrazione, individuata come periodo del “verosimile”, è riuscita nel tempo a contraddistinguersi attraverso una struttura più autentica per rivelare l’assurdità di una guerra che non presentava delle motivazioni adeguate da poter giustificare una tale perdita di vite umane.

 

Cerca di rivelare il senso di disorientamento, gli aspetti più mostruosi e controversi della condizione umana in relazione alle vicende del Vietnam esasperando i modelli di riferimento della vecchia Hollywood. Tutto questo è stato possibile attraverso dei protagonisti che sono rappresentati come dei “bravi ragazzi”. Giovani soldati idealisti, espressione del popolo statunitense. La parte migliore della Nazione con cui il pubblico è chiamato a identificarsi. Sono Chris, Joker, Ericsson e tutti quei soldati rimasti ignoti, vittime di una nazione che non è stata capace di capire in tempo i danni che una guerra come quella del Vietnam sarebbe stata capace di creare.

 

La terza fase del Vietnam Movie ha cercato quindi di avviare un processo di superamento del conflitto che riconoscesse le sofferenze del popolo vietnamita. Interessante a questo proposito è il film Casualties of War nel quale il Vietnam appare come un incubo di un giovane soldato seduto in una metropolitana degli Stati Uniti che ricorda la propria esperienza quando una ragazza asiatica si siede di fronte a lui. Tra i due intercorre solamente un dialogo:

 

Ragazza: le ricordo qualcuno?

Ex soldato: sì

Ragazza: ha fatto un brutto sogno, vero?

Ex soldato: sì.

Ragazza: ora è passato.

 

Un dialogo che sembra dichiarare la fine per il giovane soldato, e forse per tutta la società Americana, del conflitto interno e puramente ideologico che aveva lasciato il Vietnam. La crisi scatenata dal conflitto si è attenuata grazie al grande rituale collettivo di purificazione ed esorcizzazione delle colpe della guerra messo in moto dall’industria hollywoodiana a partire dagli anni Settanta. L’obiettivo del Vietnam Movie viene qui finalmente rivelato: riaffermare e ricostituire l’identità statunitense tramite la ricerca graduale di un compromesso con le narrazioni elaborate sul passato americano e la guerra appena trascorsa. Ripristinare attraverso i cinema di tutto il mondo un’immagine di un’America ancora capace di essere alla guida del mondo occidentalizzato.

 

I film un tempo destinati a commemorare la guerra del Vietnam e i loro reduci, sono diventati l’oggetto stesso della commemorazione da parte delle nuove generazioni convinti di guardare le vicissitudini di una nazione invincibile e inarrestabile.

 

 

Riferimenti bibliografici:

 

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[ iscrizione originaria (aggiornata 2007) al tribunale di Roma (editore eOs): n° 215/2005 del 31 maggio ]