N. 34 - Ottobre 2010
(LXV)
Guerra israelo-palestinese
Gli ebrei e i sionisti da vittime a carnefici
di Giuseppe Formisano
Nel corso della Storia, e in particolare
negli
ultimi
duemila
anni,
il
popolo
ebraico
è
stato
quello
più
perseguitato,
odiato,
soprattutto
per
via
dell’accusa
di
“deicidio”
da
parte
dei
cristiani.
La chiesa prima, il nazismo
poi
(anche
se
quest’ultimo
per
motivi
economici
e
non
religiosi)
hanno
criminalizzato
gli
ebrei
dipingendoli
come
i
più
infimi
del
genere
umano.
Note e certamente non in
linea
con
l’amore
cristiano
sono
le
“sassaiole
sante”,
cioè
lanci
di
pietre
organizzate
dai
cristiani
dall’esterno
dei
ghetti
degli
ebrei
verso
le
abitazioni
di
questi
ultimi
nei
periodi
di
quaresima
in
età
moderna.
A
tali
eventi
si
facevano
partecipare
soprattutto
i
bambini,
i
quali
erano
vittime,
secondo
la
propaganda
cristiana,
di
essere
mangiati
dagli
ebrei.
Fu così che nel corso
dei
secoli
successivi
una
parte
del
popolo
ebraico
inizià
a
sentire
il
bisogno
di
possedere
un
proprio
Stato,
dunque,
nel
1897
a
Vienna,
nacquero
i
sionisti:
il
cui
unico
obiettivo
mirava
appunto
alla
creazione
di
questo
Stato
ebraico,
preferibilmente
in
Terra
Santa:
la
Palestina.
Alla fine del primo conflitto
mondiale
la
Società
delle
Nazioni
spartì
i
territori
del
dissolto
Impero
Ottomano
con
il
nuovo
istituto
del
mandato
tra
le
potenze
vincitrici
della
guerra:
alla
Francia
furono
affidati
i
territori
di
Siria
e
Libano,
mentre
alla
Gran
Bretagna
quelli
di
Palestina
ed
Iraq.
Già durante il mandato
degli
inglesi
ed
il
ventennio
a
cavallo
tra
le
due
guerre
mondiali,
si
acutizzarono
le
ostilità
tra
i
nazionalisti
arabi
e i
sionisti
ebrei
(questi
ultimi
cresciuti
numericamente
in
Palestina
per
via
delle
persecuzioni
naziste).
Le maggiori organizzazioni
sioniste
del
mondo
erano
disposte
a
tutto
pur
di
realizzare
il
sogno
di
uno
stato
ebraico,
tant’è
che
il
23
agosto
1933
si
accordarono
con
il
governo
nazista
e la
banca
anglo-palestinese
per
il
trasferimento
di
tutti
gli
ebrei
dalla
Germania
in
Palestina
e da
tutti
i
territori
che
sarebbero
stati
successivamente
conquistati
dai
nazisti
in
Europa,
dando
così
vita
al
Piano
Haavar.
Il progetto che non vide
mai
la
realizzazione
effettiva
per
via
degli
inglesi
che
dopo
l’accordo
non
tennero
fede
alla
parola
data,
consapevoli
che
questo
trasferimento
avrebbe
indispettito
ancor
di
più
gli
arabi
residenti
in
quei
territori.
Se questo progetto avesse
visto
la
piena
maturazione,
probabilmente
gli
ebrei
si
sarebbero
salvati
dalla
pazzia
hitleriana
e
avrebbero
avuto
il
loro
Stato.
Ma
questa
ipotesi
appartiene
al
campo
del
relativo,
non
alla
storia.
La Gran Bretagna, dimostratasi
incapace
nel
trovare
una
soluzione
che
accontentasse
le
due
parti
interessate,
nell’aprile
del
1947
rimise
il
suo
mandato
all’ONU
(Organizzazione
delle
Nazioni
Unite),
il
nuovo
organismo
internazionale
che
sostituì
la
Società
delle
Nazioni.
Nel
novembre
dello
stesso
anno
l’ONU
divise
il
territorio
palestinese
in
due:
una
parte
agli
arabi
ed
una
agli
ebrei,
e
questi
ultimi,
guidati
da
Ben
Gurion,
fondarono
nel
maggio
del
1948
all’interno
del
territorio
a
loro
assegnato,
lo
Stato
d’Israele.
La guerra iniziò da subito.
I
guerriglieri
palestinesi,
con
l’appoggio
di
contingenti
di
eserciti
arabi
di
Egitto,
Transgiordania,
Siria
ed
Iraq,
non
riuscirono
ad
avere
la
meglio
sull’esercito
israeliano.
Da allora i sionisti
hanno
iniziato
a
conquistare
anche
i
territori
degli
arabi
palestinesi
e
l’anno
successivo
la
situazione
era
talmente
mutata
che
Israele
possedeva
circa
l’80%
di
tutto
il
territorio
palestinese,
mentre
l’ONU
l’anno
precedente
aveva
stabilito
per
gli
ebrei
poco
più
del
50%.
Non va assolutamente
dimenticato
cosa
hanno
patito
gli
ebrei,
ma
proprio
per
questo
dobbiamo
riflettere
su
come
sia
stato
possibile
che
un
popolo
che
ha
subito
le
violenze
più
atroci,
negli
ultimi
sessant’anni
circa
sia
diventato
uno
dei
più
brutali.
Ovviamente non tutti gli
ebrei,
ma i
sionisti
in
modo
particolare,
sono
i
veri
responsabili
delle
azioni
criminali
che
quotidianamente
vengono
perpetrate
ai
danni
della
popolazione
palestinese.
Ciò
che
bisogna
rifiutare
e
biasimare
non
è
l’esistenza
dello
Stato
d’Israele
ma
la
sua
continua
espansione.
Gli accordi di Oslo che
prevedevano
il
riconoscimento
di
uno
stato
palestinese
sovrano,
voluti
fortemente
dal
presidente
Clinton,
e
firmati
ufficialmente
a
Washington
nel
1993
tra
Arafat
e
Rabin,
rispettivamente
leader
dell’OLP
(Organizzazione
per
la
Liberazione
della
Palestina)
il
primo
e
capo
del
governo
israeliano
il
secondo,
purtroppo
non
trovarono
concretezza.
Idem
per
i
successivi
accordi
del
’95
che
furono
resi
vani
dall’assassinio
di
Rabin
che
conseguentemente
portò
a
nuovi
scontri.
La guerra imperialista
d’Israele
ha
portato
morte,
sangue
e
distruzione
soprattutto
nella
popolazione
civile
araba:
come
dimenticare
l’operazione
“Piombo
fuso”,
avviata
da
Israele
il
27
dicembre
2008
e
terminata
a
metà
gennaio
2009,
che
uccise
in
queste
poche
settimane
più
di
mille
civili.
Donne,
bambini,
uomini
comuni,
tutti
vittime
delle
logiche
espansionistiche
israeliane
ed
americane.
Ebbene
sì,
anche
i
nostri
alleati
a
stelle
e
strisce
hanno
delle
grandi
responsabilità
in
questo
conflitto.
Gli USA negli anni ’60
(nel
contesto
della
guerra
fredda
e
delle
logiche
dei
blocchi)
diventarono
i
primi
alleati
d’Israele,
e
ovviamente
i
fornitori
d’armi.
A capo delle maggiori
multinazionali
USA
è
ben
nota
la
presenza
di
ebrei.
La
qual
cosa
mostra
come
sia
vero
che
essi
posseggono
le
leve
finanziarie
del
mondo,
ma
fin
qui
non
c’è
nulla
di
male.
In
un
sistema
di
economia
liberale
tutti,
aldilà
del
credo
religioso,
possono
possedere
un
capitale
privato.
L’insediamento dei coloni
israeliani
nei
territori
e
nelle
case
dove
gli
arabi
risiedevano
da
anni
sono
stati
quasi
sempre
continui.
Risale a qualche settimana
fa
la
notizia
di
alcune
foto
pubblicate
sul
profilo
Facebook
di
Eden
Abergil,
una
soldatessa
di
Ashdod
da
poco
congedatasi
dall'esercito
israeliano.
Le immagini sono inserite
in
un
album
dal
significativo
titolo
"l'esercito…
il
periodo
più
bello
della
mia
vita
:)".
Le
foto
ritraggono
il
militare
in
questione
in
pose
sorridenti
mentre
sbeffeggia
prigionieri
palestinesi
bendati
e
legati.
Appena
le
foto
hanno
fatto
il
giro
del
mondo
grazie
ad
internet
la
brava
ex
soldatessa
ha
cambiato
le
regole
di
privacy
della
sua
pagina
su
Facebook,
bloccando
l'album
ai
non
amici.
Episodi
del
genere,
bisogna
ammetterlo,
generano
purtroppo
ancora
altro
odio.
Lo
scorso
2
settembre
sono
ripresi
i
negoziati
di
pace
tra
Israele
e
Palestina.
Il
presidente
americano
Barak
Obama
(che
già
hai
tempi
della
sua
campagna
elettorale
ha
sempre
dichiarato
di
voler
trovare
una
soluzione
definitiva
per
il
medioriente)
ha
invitato
il
premier
israeliano
Benjamin
Netanyahu
e il
leader
palestinese
Abu
Mazen
alla
Casa
Bianca,
con
l’obiettivo
di
raggiungere
una
pace
storica.
All’invito
di
questo
incontro,
il
Segretario
di
Stato
americano
Hillary
Clinton
ha
asserito
che
i
negoziati
dovranno
svolgersi
senza
precondizioni,
ma
già
un
piccolo
passo
avanti
è
stato
fatto:
si è
stabilito
che
ogni
due
settimane
le
autorità
palestinesi
e
quelle
israeliane
si
incontreranno.
Il
prossimo
round
è
fissato
per
14 e
15
settembre
a
Sharm
el
Sheikh,
in
Egitto,
ma
nel
frattempo,
anche
se
Netanyahu
ha
dichiarato
di
essere
disposto
a
riconoscere
uno
stato
palestinese,
non
sono
mancate
le
minacce
di
gruppi
palestinesi
islamici
ortodossi
che
vogliono
“colpire
Israele
dovunque”
Bisogna
avere
fiducia
in
questi
negoziati
sotto
l’egidia
degli
americani?
Riponiamo
speranza
in
una
giusta
soluzione
di
pace.
Riferimenti
bibliografici:
N.
M.
Naimark,
La
politica
dell’odio.
La
pulizia
etnica
nell’Europa
contemporanea,
Laterza,
Roma-Bari
2002