[ISSN 1974-028X]

[REGISTRAZIONE AL TRIBUNALE CIVILE DI ROMA N° 577/2007 DEL 21 DICEMBRE] *

 

199 / LUGLIO 2024 (CCXXX)


medievale

LA PRIMA GUERRA D’INDIPENDENZA SCOZZESE
LE IMPRESE DI “BRAVEHEART”

di
Matteo Liberti
 

Nell’anno del Signore 1314, patrioti scozzesi, affamati e soverchiati nel numero, sfidarono il campo di Bannockburn. Si batterono come poeti guerrieri. Si batterono come scozzesi. E si guadagnarono la libertà”. Con queste parole, accompagnate dal suono delle cornamuse, si conclude Braveheart, celebre film dedicato alle imprese dell’eroe scozzese William Wallace e alla lotta del suo popolo per liberarsi dal giogo inglese. Il “campo” di cui si parla è quello della battaglia decisiva tra le due parti, dove gli scozzesi ottennero un trionfo epocale. Fu la ciliegina su una torta che aveva iniziato a preparare molti anni prima lo stesso Wallace, il cui cuore impavido si era risvegliato di fronte all’arroganza del re d’Inghilterra Edoardo Plantageneto, alias Edoardo I.

 

Ingerenza inglese

 

Tutto iniziò nel 1286, quando il re scozzese Alessandro III morì lasciando come erede una nipotina di tre anni, Margherita. Nell’attesa che la piccola crescesse, con la reggenza affidata a un gruppo di nobili detti “guardiani”, ne fu programmato il matrimonio con il figlio di Edoardo I, ma nel 1290 la giovane si ammalò e morì. La nobiltà scozzese iniziò allora a dibattere su chi dovesse salire sul trono, finché il Plantageneto, sfruttando tali rivalità, si fece nominare Signore Supremo di Scozia (1291) e vestì i panni di mediatore della disputa. La sua scelta ricadde su John Balliol (pronipote di un re scozzese del XII secolo), che Edoardo intendeva trasformare in un burattino nelle proprie mani. Incoronato nel 1292 nella cittadina di Scone, Balliol non era però disposto a fare della Scozia una “serva”, e quando il Plantageneto cercò di trascinare gli scozzesi con sé in guerra contro la Francia, questi preferirono accordarsi con gli stessi francesi, avviando un’alleanza (Auld Alliance) che mandò su tutte le furie il re inglese. Costui rispose nella primavera 1296 invadendo le terre scozzesi, costringendo Balliol ad abdicare e facendo portare a Londra la Pietra del Destino, o Roccia di Scone, simbolico masso rettangolare in uso nelle cerimonie d’incoronazione dei re scozzesi. Lo storico regno di Scozia, nato nel lontano 843, era ormai nelle mani di Edoardo I, a cui ogni signore dovette giurare fedeltà.

 

Cuore impavido

 

Quando la Scozia sembrava ormai spacciata, entrò in scena il battagliero William Wallace. Figlio di un proprietario terriero, era nato nel Sud-Ovest del Paese attorno al 1270 e aveva studiato presso uno zio chierico per intraprendere la carriera ecclesiastica, imparando il latino e il francese e appassionandosi agli autori classici. In tale ambiente coltivò un forte ideale libertario che lo portò presto ad alzare la testa di fronte agli inglesi. Sfruttando il proprio carisma, le doti da combattente e il fisico vigoroso (nel XV secolo, nel poema The Wallace, il cronista Harry il Cieco, suo maggiore biografo, esagererà descrivendolo come un gigante di due metri), avviò infatti assieme a Robert Wishart, vescovo di Glasgow, una campagna contro gli sceriffi esattori delle tasse e nel 1297 assaltò una guarnigione inglese presso il villaggio di Lanark. Qui fece fuori uno sceriffo che, secondo alcuni cronisti, aveva fatto giustiziare Marion Braidfute, sua giovane sposa (a Wallace gli inglesi uccisero probabilmente anche il padre e un fratello). Guadagnata la nomea di “fuorilegge”, continuò poi a coinvolgere bande di contadini, artigiani, guerrieri e nobili (molti rimasero però fedeli a Edoardo) nella rivolta anti-inglese. Qualcosa di simile fece intanto nel Nord del regno, nei territori montuosi delle Highlands, un altro valoroso condottiero di nome Andrew de Moray.

 

Storica vittoria

 

L’11 settembre 1297 Wallace e Moray unirono le proprie forze a Stirling, a Nord-Ovest di Edinburgo, per realizzare il loro capolavoro: con una mossa astuta attaccarono l’esercito nemico presso un ponte sul fiume Forth, dove non passavano più di due cavalli per volta, annullando così la superiorità numerica degli inglesi. Non bastasse, durante lo scontro il ponte crollò e per gli invasori fu un’ecatombe: in oltre 5.000 persero la vita e altrettanti si diedero alla fuga. Nella ressa Andrew de Moray fu colpito gravemente (morì probabilmente per le ferite), ma gli scozzesi poterono celebrare una vittoria che lanciò definitivamente Wallace nell’olimpo degli eroi nazionali. Nominato cavaliere, nel marzo 1298 fu posto a capo dei territori strappati agli inglesi con il titolo di guardiano di Scozia.

 

La vendetta del Plantageneto

 

Il 22 luglio 1298, a Falkirk, non lontano da Stirling, Wallace e i suoi uomini sfidarono gli inglesi guidati da Edoardo I in persona. L’idea era di attrarli in un terreno fangoso per limitarne i movimenti, ma la cavalleria nemica aggirò la trappola e colpì ai fianchi gli scozzesi, che nonostante l’efficacia delle formazioni difensive (i celebri schiltron, gruppi di soldati con lunghe lance schierati compatti a forma di porcospino) ebbero infine la peggio. Wallace fece perdere le proprie tracce e trascorse un periodo in Francia, in cerca di appoggi (forse andò anche a Roma), prima di tornare in patria creando nuovi scompigli nell’area di Newcastle. Il ruolo di guardiano di Scozia, intanto, fu ricoperto da più condottieri tra cui si distinsero i nobili Robert Bruce e John Comyn, ambedue aspiranti al ruolo di re. Le scorrerie di Wallace durarono fino al 3 agosto 1305, quando fu catturato dagli inglesi e condotto a Londra. Condannato a morte, il 23 agosto 1305 fu torturato, impiccato, sbudellato e mutilato. La testa fu poi esposta sul London Bridge e i quattro arti vennero spediti in altrettante località.

 

Riscossa scozzese

 

Morto Wallace, gli scozzesi si prepararono a un accordo di pace con Edoardo I, ma lo scenario mutò il 25 marzo 1306, allorché Robert Bruce, che aveva in passato intrallazzato con lo stesso Plantageneto, ferì a morte il nobile rivale John Comyn e si fece incoronare re di Scozia. Rotto ogni rapporto con Edoardo I, predispose nuove azioni militari anti-inglesi, ancor più efficaci dopo la morte del re d’Inghilterra, nel 1307. A questi successe il figlio Edoardo II, assai meno carismatico, il quale subì la pressione scozzese fino alla disfatta nella battaglia di Bannockburn (altra località vicino a Stirling) del 23 e 24 giugno 1314, il cui esito sancì l’indipendenza del regno di Scozia e vide Robert – un tempo ostile alla rivolta di Wallace – ascendere anch’egli al rango di eroe.

 

“Non per la gloria, né per le ricchezze”

 

Dopo Bannockburn vi furono scontri minori finché gli inglesi, temendo una contro-invasione, riconobbero l’indipendenza scozzese con il trattato di Edimburgo-Northampton del 1328: la guerra era finita. L’anno prima si era spento Edoardo II, mentre quello dopo si spense Robert I Bruce. I due furono avvicendati dai figli Edoardo III e David, protagonisti di un altro conflitto (seconda guerra d’indipendenza scozzese, 1332-1357) in cui la Scozia riuscirà di nuovo a frenare la pressione inglese, restando indipendente fino al 1707, quando con la nascita del regno di Gran Bretagna il trono di Scozia sarà integrato a quello inglese (a cui è ancora legato, data la vittoria dei “no” al referendum del 2014 sulla separazione). Tornando ai fasti post Bannockburn, il 6 aprile 1320 i nobili scozzesi fecero pervenire a papa Giovanni XXII una lettera, nota come Declaration of Arbroath, che era una vera dichiarazione d’indipendenza. Il passaggio più celebre suonava così: “non per la gloria, né per le ricchezze, né per l’onore [...] stiamo combattendo, ma per la libertà”. Frase che avrebbe approvato William Wallace e con lui ogni “poeta guerriero” scozzese, così come la scelta, nel 1996 (700° anniversario dell’inizio della guerra con gli inglesi), di riportare in patria, nel castello di Edimburgo, la Pietra del Destino, il simbolo defraudato dell’antico regno di Scozia.

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[ iscrizione originaria (aggiornata 2007) al tribunale di Roma (editore eOs): n° 215/2005 del 31 maggio ]