LA PRIMA GUERRA D’INDIPENDENZA
SCOZZESE
LE IMPRESE DI “BRAVEHEART”
di
Matteo Liberti
“Nell’anno del Signore 1314,
patrioti scozzesi, affamati e
soverchiati nel numero, sfidarono il
campo di Bannockburn. Si batterono
come poeti guerrieri. Si batterono
come scozzesi. E si guadagnarono la
libertà”. Con queste parole,
accompagnate dal suono delle
cornamuse, si conclude Braveheart,
celebre film dedicato alle imprese
dell’eroe scozzese William Wallace e
alla lotta del suo popolo per
liberarsi dal giogo inglese. Il
“campo” di cui si parla è quello
della battaglia decisiva tra le due
parti, dove gli scozzesi ottennero
un trionfo epocale. Fu la ciliegina
su una torta che aveva iniziato a
preparare molti anni prima lo stesso
Wallace, il cui cuore impavido si
era risvegliato di fronte
all’arroganza del re d’Inghilterra
Edoardo Plantageneto, alias Edoardo
I.
Ingerenza inglese
Tutto iniziò nel 1286, quando il re
scozzese Alessandro III morì
lasciando come erede una nipotina di
tre anni, Margherita. Nell’attesa
che la piccola crescesse, con la
reggenza affidata a un gruppo di
nobili detti “guardiani”, ne fu
programmato il matrimonio con il
figlio di Edoardo I, ma nel 1290 la
giovane si ammalò e morì. La nobiltà
scozzese iniziò allora a dibattere
su chi dovesse salire sul trono,
finché il Plantageneto, sfruttando
tali rivalità, si fece nominare
Signore Supremo di Scozia (1291) e
vestì i panni di mediatore della
disputa. La sua scelta ricadde su
John Balliol (pronipote di un re
scozzese del XII secolo), che
Edoardo intendeva trasformare in un
burattino nelle proprie mani.
Incoronato nel 1292 nella cittadina
di Scone, Balliol non era però
disposto a fare della Scozia una
“serva”, e quando il Plantageneto
cercò di trascinare gli scozzesi con
sé in guerra contro la Francia,
questi preferirono accordarsi con
gli stessi francesi, avviando
un’alleanza (Auld Alliance) che
mandò su tutte le furie il re
inglese. Costui rispose nella
primavera 1296 invadendo le terre
scozzesi, costringendo Balliol ad
abdicare e facendo portare a Londra
la Pietra del Destino, o Roccia di
Scone, simbolico masso rettangolare
in uso nelle cerimonie
d’incoronazione dei re scozzesi. Lo
storico regno di Scozia, nato nel
lontano 843, era ormai nelle mani di
Edoardo I, a cui ogni signore
dovette giurare fedeltà.
Cuore impavido
Quando la Scozia sembrava ormai
spacciata, entrò in scena il
battagliero William Wallace. Figlio
di un proprietario terriero, era
nato nel Sud-Ovest del Paese attorno
al 1270 e aveva studiato presso uno
zio chierico per intraprendere la
carriera ecclesiastica, imparando il
latino e il francese e
appassionandosi agli autori
classici. In tale ambiente coltivò
un forte ideale libertario che lo
portò presto ad alzare la testa di
fronte agli inglesi. Sfruttando il
proprio carisma, le doti da
combattente e il fisico vigoroso
(nel XV secolo, nel poema The
Wallace, il cronista Harry il
Cieco, suo maggiore biografo,
esagererà descrivendolo come un
gigante di due metri), avviò infatti
assieme a Robert Wishart, vescovo di
Glasgow, una campagna contro gli
sceriffi esattori delle tasse e nel
1297 assaltò una guarnigione inglese
presso il villaggio di Lanark. Qui
fece fuori uno sceriffo che, secondo
alcuni cronisti, aveva fatto
giustiziare Marion Braidfute, sua
giovane sposa (a Wallace gli inglesi
uccisero probabilmente anche il
padre e un
fratello). Guadagnata la
nomea di “fuorilegge”, continuò poi
a coinvolgere bande di contadini,
artigiani, guerrieri e nobili (molti
rimasero però fedeli a Edoardo)
nella rivolta anti-inglese. Qualcosa
di simile fece intanto nel Nord del
regno, nei territori montuosi delle
Highlands, un altro valoroso
condottiero di nome Andrew de Moray.
Storica vittoria
L’11 settembre 1297 Wallace e Moray
unirono le proprie forze a Stirling,
a Nord-Ovest di Edinburgo, per
realizzare il loro capolavoro: con
una mossa astuta attaccarono
l’esercito nemico presso un ponte
sul fiume Forth, dove non passavano
più di due cavalli per volta,
annullando così la superiorità
numerica degli inglesi. Non
bastasse, durante lo scontro il
ponte crollò e per gli invasori fu
un’ecatombe: in oltre 5.000 persero
la vita e altrettanti si diedero
alla fuga. Nella ressa Andrew de
Moray fu colpito gravemente (morì
probabilmente per le ferite), ma gli
scozzesi poterono celebrare una
vittoria che lanciò definitivamente
Wallace nell’olimpo degli eroi
nazionali. Nominato cavaliere, nel
marzo 1298 fu posto a capo dei
territori strappati agli inglesi con
il titolo di guardiano di Scozia.
La vendetta del Plantageneto
Il 22 luglio 1298, a Falkirk, non
lontano da Stirling, Wallace e i
suoi uomini sfidarono gli inglesi
guidati da Edoardo I in persona.
L’idea era di attrarli in un terreno
fangoso per limitarne i movimenti,
ma la cavalleria nemica aggirò la
trappola e colpì ai fianchi gli
scozzesi, che nonostante l’efficacia
delle formazioni difensive (i
celebri schiltron, gruppi di
soldati con lunghe lance schierati
compatti a forma di porcospino)
ebbero infine la peggio. Wallace
fece perdere le proprie tracce e
trascorse un periodo in Francia, in
cerca di appoggi (forse andò anche a
Roma), prima di tornare in patria
creando nuovi scompigli nell’area di
Newcastle. Il ruolo di guardiano di
Scozia, intanto, fu ricoperto da più
condottieri tra cui si distinsero i
nobili Robert Bruce e John Comyn,
ambedue aspiranti al ruolo di re. Le
scorrerie di Wallace durarono fino
al 3 agosto 1305, quando fu
catturato dagli inglesi e condotto a
Londra. Condannato a morte, il 23
agosto 1305 fu torturato, impiccato,
sbudellato e mutilato. La testa fu
poi esposta sul London Bridge e i
quattro arti vennero spediti in
altrettante località.
Riscossa scozzese
Morto Wallace, gli scozzesi si
prepararono a un accordo di pace con
Edoardo I, ma lo scenario mutò il 25
marzo 1306, allorché Robert Bruce,
che aveva in passato intrallazzato
con lo stesso Plantageneto, ferì a
morte il nobile rivale John Comyn e
si fece incoronare re di Scozia.
Rotto ogni rapporto con Edoardo I,
predispose nuove azioni militari
anti-inglesi, ancor più efficaci
dopo la morte del re d’Inghilterra,
nel 1307. A questi successe il
figlio Edoardo II, assai meno
carismatico, il quale subì la
pressione scozzese fino alla
disfatta nella battaglia di
Bannockburn (altra località vicino a
Stirling) del 23 e 24 giugno 1314,
il cui esito sancì l’indipendenza
del regno di Scozia e vide Robert –
un tempo ostile alla rivolta di
Wallace – ascendere anch’egli al
rango di eroe.
“Non per la gloria, né per le
ricchezze”
Dopo Bannockburn vi furono scontri
minori finché gli inglesi, temendo
una contro-invasione, riconobbero
l’indipendenza scozzese con il
trattato di Edimburgo-Northampton
del 1328: la guerra era finita.
L’anno prima si era spento Edoardo
II, mentre quello dopo si spense
Robert I Bruce. I due furono
avvicendati dai figli Edoardo III e
David, protagonisti di un altro
conflitto (seconda guerra
d’indipendenza scozzese, 1332-1357)
in cui la Scozia riuscirà di nuovo a
frenare la pressione inglese,
restando indipendente fino al 1707,
quando con la nascita del regno di
Gran Bretagna il trono di Scozia
sarà integrato a quello inglese (a
cui è ancora legato, data la
vittoria dei “no” al referendum del
2014 sulla separazione). Tornando ai
fasti post Bannockburn, il 6 aprile
1320 i nobili scozzesi fecero
pervenire a papa Giovanni XXII una
lettera, nota come Declaration of
Arbroath, che era una vera
dichiarazione d’indipendenza. Il
passaggio più celebre suonava così:
“non per la gloria, né per le
ricchezze, né per l’onore [...]
stiamo combattendo, ma per la
libertà”. Frase che avrebbe
approvato William Wallace e con lui
ogni “poeta guerriero” scozzese,
così come la scelta, nel 1996 (700°
anniversario dell’inizio della
guerra con gli inglesi), di
riportare in patria, nel castello di
Edimburgo, la Pietra del Destino, il
simbolo defraudato dell’antico regno
di Scozia.