[ISSN 1974-028X]

[REGISTRAZIONE AL TRIBUNALE CIVILE DI ROMA N° 577/2007 DEL 21 DICEMBRE] *

 

196 / APRILE 2024 (CCXXVII)


contemporanea

RIGETTO ANTICOLONIALE ALGERINO
LA "SPORCA" GUERRA d'indipendenza algerina

di Matteo Liberti

 

“I francesi sono arrivati d’estate e ripartiranno con la forza d’estate”. Così affermò un giorno il poeta e saggio algerino Cheikh Mohand ou-Lhocine (1837-1901) rievocando il traumatico ingresso dei francesi ad Algeri del 5 luglio 1830, inizio della loro penetrazione coloniale nel Paese. Tale affermazione diverrà celebre per la valenza profetica: gli algerini guadagneranno infatti l’indipendenza nell’estate 1962, festeggiandola proprio il 5 luglio. Prima che ciò avvenisse, furono protagonisti di quasi otto anni di sanguinose lotte con le forze francesi, in quella che passerà alle cronache come guerra d’Algeria o – più correttamente – guerra d’indipendenza algerina.
 
I francesi avevano fatto dell’Algeria una colonia ai tempi di Carlo X, sovrano che nel 1830 l’aveva strappata agli ottomani. L’impero coloniale francese si era quindi esteso ad altri paesi africani, tra cui Tunisia e Marocco, mantenendosi in salute fino al secondo dopoguerra. In Algeria abitavano al tempo quasi nove milioni di autoctoni (arabi e berberi musulmani) e circa un milione di cosiddetti “francesi d’Algeria” (coloni europei tra cui molti ebrei), chiamati anche pieds-noirs. Nondimeno, Parigi considerava il Paese nordafricano “cosa propria”, tanto che nel 1947 ne formalizzò l’unione al territorio metropolitano francese. Subito dopo esplose però una vasta crisi di rigetto anticoloniale e in Algeria aumentarono i movimenti indipendentisti, confluiti nel 1954 nel Front de Libération Nationale (FLN), raggruppamento affiancato da un esercito di guerriglieri: l’Armée de Libération Nationale (ALN).
 
«A segnare l’inizio del conflitto fu, nella notte tra il 31 ottobre e il 1° novembre 1954, una serie di attacchi terroristici contro vari luoghi del potere coloniale in Algeria», spiega la storica Caterina Roggero, autrice del volume L’Algeria e il Maghreb. La guerra di liberazione e l’unità regionale (Mimesis). Dopo tali azioni, il FLN, segnato da divisioni interne ma anche da carismatiche leadership come quella di Ahmed Ben Bella, coinvolse sempre più la popolazione nella lotta anti-francese, e la tensione, già altissima, aumentò nell’estate 1955, quando nel Nord-Est del Paese i ribelli avviarono una sommossa repressa nel sangue dai francesi (i morti furono migliaia).

 

In aiuto dei rivoltosi si erano intanto attivati i “fratelli” marocchini e tunisini, e per riprendere in mano la situazione il governatore d’Algeria, Robert Lacoste, concesse all’esercito poteri eccezionali.

 

Non bastasse, nel settembre 1956 i francesi dirottarono ad Algeri un aereo che portava da Rabat a Tunisi alcuni capi del FLN, arrestando Ben Bella e altri quattro leader. «L’affaire del dirottamento e l’arresto dei leader del FLN, in primo luogo di Ben Bella, che era agli occhi dell’opinione pubblica il capo della ribellione algerina, ebbero conseguenze gravissime», sottolinea l’esperta. Nei mesi seguenti crebbero le operazioni di guerriglia dell’ALN (forte di quasi 50.000 uomini, destinati ad aumentare) e sui francesi d’Algeria calò un clima di terrore, tanto che molti coloni lasciarono le loro proprietà.
 
La Francia rispose al FLN con rastrellamenti violenti, un uso frequente della tortura e un’infinità di stupri a danno delle donne algerine (alcuni coloni iniziarono inoltre a organizzarsi in milizie per stanare i ribelli). Tutto ciò farà presto parlare di “guerra sporca”, come denuncerà tra l’altro nel 1966 il film La battaglia di Algeri, il cui titolo è legato alla guerriglia urbana che travolse la capitale algerina tra 1956 e 1957.

 

A supervisionare la repressione fu il generale Jacques Massu, che colpì le strutture del FLN con vere operazioni terroristiche. I francesi attaccarono anche i villaggi sospettati di offrire rifugio ai ribelli. «L’8 febbraio 1958 bombardarono per esempio un campo base dell’ALN e un villaggio tunisino prossimo alla frontiera con l’Algeria, uccidendo 70 persone, per lo più civili, tra cui numerosi bambini», ricorda Roggero. Furono inoltre erette barriere lungo i confini con Marocco e Tunisia – da dove continuava a giungere supporto ai ribelli – e furono concentrati milioni di algerini delle aree rurali in “campi di raggruppamento” sotto stretta sorveglianza, per impedirne la collaborazione coi rivoltosi.
 
Da sempre restii a trattare con gli insorti, i politici francesi iniziarono pian piano a cambiare atteggiamento, ma a quel punto si scatenò la rabbia dei coloni più oltranzisti, detti ultras, che il 13 maggio 1958, assieme agli ambienti militari, avviarono ad Algeri una rivolta che sfociò in un colpo di Stato, con tanto di assalto al palazzo del governatore. «Per tutto il mese i francesi furono sull’orlo della guerra civile: le possibilità che l’esercito s’impadronisse del potere erano concrete, e alla fine il presidente René Coty chiese l’intervento della sola persona individuata dalla popolazione come possibile risolutore della crisi, Charles de Gaulle», racconta la storica.

 

La candidatura del carismatico generale, eroe della resistenza contro i nazisti e già capo del governo provvisorio della Repubblica francese (1944-1946), fu approvata dal parlamento il 29 maggio sotto la minaccia dei golpisti di colpire Parigi, e già il 4 giugno de Gaulle si recò in Algeria, dove ravvivò gli umori di tutti i francesi al grido “Vive l’Algérie française”. A seguire fu promulgata una nuova costituzione (4 ottobre 1958) che mandò in pensione la Quarta Repubblica francese (nata nel 1946) dando vita alla Quinta; quella odierna. Il testo, oltre a un ampliamento dei poteri presidenziali, prevedeva alcune aperture verso gli algerini, a cui De Gaulle concesse anche nuovi diritti elettorali. Non bastò però a placare le ire del LFN, che instaurò anzi un governo provvisorio della Repubblica algerina, con sede nell’esilio di Tunisi.
 
Nonostante l’efficacia delle campagne militari, in Francia e nella comunità internazionale aumentò l’opposizione al conflitto, sia per il gran numero di soldati coinvolti (più di 400.000) sia per le rivelazioni sulle torture e sia per la diffusa idea che gli algerini avessero in fondo diritto a scegliersi il loro destino, cosa che pensava anche l’ONU. Lo stesso de Gaulle, divenuto presidente della Repubblica, si aprì a nuove prospettive.

 

«Il 16 settembre 1959 tenne uno storico discorso – trasmesso alla radio e alla TV – in cui, per la prima volta, fu contemplato il principio di autodeterminazione per il popolo algerino», rivela Roggero. Militari, coloni e ambienti della destra francese si sentirono traditi e nel gennaio 1960 organizzarono violente proteste ad Algeri. De Gaulle si appellò però alla lealtà dei soldati e la rivolta sfumò. Alcuni intellettuali francesi firmarono poi un famoso documento, il Manifeste des 121, che rimarcava il diritto all’autodeterminazione dei ribelli, ma servì a poco: i colonialisti più estremisti, confluiti nell’OAS (Organisation de l’Armée Secrète), ripresero le azioni terroristiche, anche su suolo francese. Nell’aprile 1961 alcuni generali ordirono quindi un nuovo golpe, occupando vari centri logistici di Algeri. De Gaulle, in TV, ammonì: “un potere insurrezionale si è installato in Algeria [...], proibisco a ogni francese e soprattutto a ogni soldato di eseguire qualsiasi dei loro ordini”.

 

L’appello funzionò e il “putsch dei generali” ebbe fine. I francesi accelerarono poi i colloqui con i rappresentanti del FLN e il 18 marzo 1962, nella cittadina francese di Évian-les-Bains, le due parti firmarono i cosiddetti “accordi di Évian”: la guerra, dopo aver mietuto quasi un milione di vittime, soprattutto algerine, era finita.
 
Gli accordi affidarono il futuro dell’Algeria a un referendum popolare. Il voto, svoltosi l’8 aprile in Francia e confermato da una votazione del 1° luglio 1962 in Algeria, sancì l’indipendenza del Paese (i pieds-noirs tornarono in massa in patria e l’anno seguente Ben Bella divenne il primo presidente della neonata Repubblica d’Algeria). La storica dichiarazione d’indipendenza, pur riconosciuta da de Gaulle il 3 luglio, fu ufficialmente festeggiata dagli algerini il giorno 5, per rievocare appunto la conquista coloniale francese. Una “vendetta simbolica” covata fin da quella lontana estate del 1830.

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[ iscrizione originaria (aggiornata 2007) al tribunale di Roma (editore eOs): n° 215/2005 del 31 maggio ]