N. 117 - Settembre 2017
(CXLVIII)
un conflitto dimenticato
la guerra di corea - parte i
di Michele Mozzanica
Quasi quotidianamente nelle nostre case entrano notizie di una possibile guerra nella penisola coreana con conseguenze inimmaginabili che potrebbero comprendere addirittura l’utilizzo della bomba atomica. Ma da dove arriva tutta questa tensione?
La
questione
geopolitica
coreana è
estremamente
complessa
ed è
difficile
darne
un
quadro
completo
anche
per
i
più
esperti.
Tuttavia,
è
possibile
sapere
da
dove
sia
partito
tutto
ciò.
Ebbene,
tutto
è
cominciato
da
quattro
milioni
di
morti
e
feriti
tra
civili
e
militari.
Questi
i
numeri
della
guerra
di
Corea
che
fu
combattuta
tra
il
1950
e il
1953.
Negli
USA
è
ricordata
anche
come
Guerra
dimenticata
o
Guerra
sconosciuta,
i
mass-media
infatti
poco
se
ne
sono
interessati
e
certamente
questo
evento
bellico
non
ha
avuto
l'influenza
culturale
di
altri
conflitti,
su
tutti
la
guerra
del
Vietnam.
Eppure,
se
oggi
la
situazione
geopolitica
dell’Estremo
Oriente
risulta
così
delicata,
è
proprio
a
causa
di
quel
conflitto
che
ha
sancito
la
divisione
della
penisola
in
due
Stati
con
tutte
le
conseguenze
che
possiamo
vedere
tutti
i
giorni
su
giornali
e
telegiornali.
Il
destino
della
Corea
fu
stabilito
tra
il
1943
e
l'immediato
secondo
dopoguerra
in
una
serie
di
conferenze
che
sancirono
la
spartizione
della
Corea
tra
URSS,
che
avrebbe
occupato
il
Nord,
e
gli
USA,
a
Sud;
a
Postdam
si
decise
inoltre
che
il 38°
parallelo
sarebbe
stato
la
linea
di
demarcazione
delle
zone
di
occupazione.
Tuttavia,
fin
dalla
conferenza
del
Cairo
l'intenzione
era
di
fare
della
Corea
uno
stato
indipendente
e
unito.
Nell'agosto
del
1945
l'URSS
dichiarò
guerra
al
Giappone,
occupando
Manciuria,
isole
Curili
e
Corea
del
Nord.
Intanto
gli
USA
avevano
sganciato
le
bome
atomiche
su
Hiroshima
e
Nagasaki,
provocando
la
resa
del
Giappone
il
15
agosto.
Conseguentemente
la
Corea
fu
divisa.
Già
dalla
fine
del
1945
fu
decisa
un'amministrazione
fiduciaria
di 5
anni,
al
termine
dei
quali
la
Corea
sarebbe
stata
indipendente.
Nel
1946,
nella
zona
Sud
furono
indette
elezioni
per
l'assemblea
provvisoria
per
il
governo
del
Paese,
che
doveva
affiancarsi
al
governo
di
occupazione
presieduto
da
John
Reed
Hodge.
La
maggior
parte
degli
eletti
era
composta
da
uomini
di
fiducia
di
Hodge
e da
queste
elezioni
i
comunisti
uscirono
sconfitti.
Nel
Nord
invece Kim
Il
Sung,
nonno
dell'attuale
leader
Kim
Jong
Un, con
l'aperto
appoggio
dei
sovietici
fondò
il
Consiglio
provvisorio
nordcoreano.
La
situazione
dell'unificazione
si
complicò
ulteriormente
tra
il
1947
e il
1948:
l'ONU
istituì
nel
1947
una
commissione
per
facilitare
le
elezioni
e
quindi
la
creazione
di
un
governo
indipendente.
Ma
Stalin
non
riconobbe
la
commissione
che
pertanto
operò
solo
al
di
sotto
del
38°
parallelo.
Nel
1948,
infine,
la
divisione
della
penisola
in
due
Stati
distinti
fu
formalizzata
con
la creazione
della
Repubblica
di
Corea,
ovvero
la
Corea
del
Sud,
guidata
da Sygman
Rhee,
un
nazionalista
coreano
già
presidente
del
governo
coreano
in
esilio
negli
anni
Venti.
In
breve,
egli
assunse
poteri
dittatoriali
operando
in
funzione
anti-comunista.
In
risposta
a
questi
eventi,
nel
Nord
venne
formalizzata
la
nascita
della Repubblica
Democratica
di
Corea,
con
a
capo
lo
stesso
Kim
Il
Sung.
La
Corea
del
Nord
divenne
in
breve
uno
Stato
fortemente
improntato
sulla
militarizzazione:
fu
introdotta
la leva
militare
obbligatoria, e
molti
comunisti
nordcoreani
avevano
avuto
esperienze
militari
avendo
combattuto
in
Cina,
al
fianco
di
Mao
Tse
Tung.
Quando
nel
1949
USA
e
URSS
abbandonavano
con
i
loro
eserciti
le
rispettive
zone
di
occupazione,
la
situazione
militare
era
nettamente
a
favore
del
Nord
comunista
che
poteva
contare
su
un
esercito
più
grande
e
meglio
armato,
oltre
che
su
carri
armati
sovietici.
Tra
maggio
e
giugno
1950
Kim
Il
Sung
inviò
delle
proposte
a
Rhee
per
indire
delle
elezioni
pancoreane,
ma
in
realtà
la
sua
intenzione
era
quella
di
entrare
in
guerra
e
quelle
proposte
furono
infatti
pensate
per
essere
rifiutate.
L'esercito
di
stanza
sul
confine
era
in
stato
d'allarme
già
da
febbraio
e il
25
giugno,
alle
4:00
del
mattino,
l'artiglieria
del
Nord
iniziò
a
bombardare
il
Sud;
poco
dopo
vi
fu
l'invasione
vera
e
propria
anche
se
la
dichiarazione
di
guerra
fu
recapitata
solo
alle
11:00
del
mattino.
La
Corea
del
Sud
inviò
tutte
le
riserve
in
quel
settore
ma
l'armata
del
Nord
era
superiore
e
prevalse. Lo
stesso
pomeriggio
l'ONU condannò
l'intervento
della
Corea
del
Nord e
impose
sanzioni
che
sarebbero
durate
fino
al
ritorno
dello
status
quo.
Ma
l'offensiva
nordcoreana
non
si
fermò
e il
generale
McArthur,
allora
Comandante
supremo
di
tutte
le
forze
alleate
nell'area
dell'Oceano
Pacifico,
ordinò
il
contrattacco.
Per
i
primi
giorni
fu
limitato
a
bombardare
i
nordcoreani
al
di
sotto
del
38°
parallelo,
in
modo
da
cercare
di
rallentarne
l'avanzata
senza
però
colpire
lo
Stato
della
Corea
del
Nord,
questo
su
precisi
ordini
di
Truman.
Il
generale
McArthur
però
chiese
l'utilizzo
di
truppe
di
linea
e di
poter
bombardare
la
Corea
del
Nord.
La
situazione
venne
affrontata
durante
l'assemblea
plenaria
dell'ONU
del
27
giugno
che approvò
la
costituzione
di
una
forza
di
intervento per
respingere
l'assalto
comunista.
A
questa
forza
parteciparono,
oltre
alla
Corea
del
Sud
e
agli
USA,
altri
15
paesi
di
tutti
i
continenti,
con
altri
6 a
dare
supporto
logistico
e
medico.
L'Italia,
non
essendo
ancora
parte
dell'ONU,
non
inviò
forze
armate,
ma
fu
presente
con
un
cospicuo
intervento
di
personale
medico
appartenente
alla
Croce
Rossa.
La
guerra
vera
e
propria
era
ormai
iniziata.
L'intervento
delle
forze
americane
mescolò
le
carte
in
tavola.
I
nordcoreanI
furono
costretti
a
cambiare
formazione
militare
che
da
un
cuneo
dall'avanzata
inesorabile
divenne
una
linea
per
coprire
un
fronte
di
maggiore
ampiezza.
La
supremazia
bellica
rimaneva
dalla
parte
dei
comunisti
che
il
20
luglio
sconfissero
gli
americani
arrivando
a
decimare
la
Ventiquattresima
divisione
di
fanteria
a
Tacion.
Tuttavia,
l'avanzata
divenne
molto
più
lenta
rispetto
ai
primi
giorni
di
guerra
e
questo
permise
agli
americani
di
riorganizzare
la
difesa.
Intanto
l'aviazione
statunitense aveva
fatto
piazza
pulita
della
controparte
avversaria ed
erano
cominciati
i
bombardamenti
contro
obiettivi
in
Corea
del
Nord
e
contro
depositi
di
munizioni
nordcoreani
alle
spalle
del
fronte.
Ma
questo
non
bastò
a
spostare
gli
equilibri
della
guerra.
Nemmeno
il
continuo
arrivo
delle
forze
di
altri
paesi
dell'ONU
servì
a
intaccare
la
predominanza
dell'esercito
comunista
che
mostrò
grandi
abilità
nei
combattimenti
corpo
a
corpo
e
abilità
logistiche
fuori
dal
comune,
dato
che
nemmeno
i
continui
bombardamenti
statunitensi
riuscirono
a
fermare
l'afflusso
di
supporti
al
fronte.
Ancora
a
settembre,
i
nordcoreani
occupavano
la
maggior
parte
della
Corea
del
Sud.
Il
fronte
era
ormai
concentrato
dalle
parti
di
Pusan
e
sembrava
in
una
delicata
fase
di
stallo.
Allora
a
McArthur
venne
l'intuizione
che
avrebbe
cambiato
il
corso
della
guerra: attaccare
sul
retro
del
fronte
con
un'azione
via
mare.
L'obiettivo
scelto
fu
la
città
di
Incheon,
a 30
chilometri
da
Seul.
Inizialmente
la
sua
idea
fu
categoricamente
respinta
in
patria
e
furono
inviati
da
McArthur
il
generale
Collins,
Comandante
in
capo
dell'esercito,
e
l'ammiraglio
Sherman,
Comandante
supremo
della
marina
degli
USA
con
l'obiettivo
di
dissuaderlo.
Incheon
era
difficile
da
prendere
a
causa
delle
maree
e
degli
stretti
spazi
di
manovra
oltre
che
da
una
fortezza
costruita
su
un
isolotto
al
largo
del
porto
che
difendeva
la
città.
Senza
contare
che
Incheon
era
troppo
distante
dal
fronte
per
fare
la
differenza
e
anche
un
eventuale
successo
non
sarebbe
stato
sufficiente
per
ricongiungersi
con
la
testa
di
ponte
a
Pusam.
McArthur
puntava
sull'effetto
sorpresa
dell'operazione:
i
nordcoreani
non
potevano
aspettarsi
un
attacco
a
Incheon
proprio
per
tutte
le
ragioni
suddette. Aveva
ragione
lui,
l’effetto
sorpresa
fu
decisivo;
il
15
settembre
di
primo
mattino
cominciò
un
bombardamento
sulle
difese
di
Incheon
e
poche
ore
dopo
una
prima
testa
di
ponte
sbarcò
senza
alcuna
perdita.
In
seguito,
a
causa
della
bassa
marea,
vari
mezzi
di
trasporto
si
incagliarono
ma
non
fu
un
problema
dato
che
le
difese
erano
state
distrutte
o
conquistate,
quindi
fu
sufficiente
aspettare
la
successiva
alta
marea
per
completare
lo
sbarco.
Con
pochissime
perdite
lo
sbarco
riuscì
e
subito
dopo
gli
americani
si
diressero
verso
Seul,
conquistando
due
aeroporti
militari
e
arrivando
nei
pressi
della
capitale
il
17.
Tuttavia
l'esercito
penetrò
nella
città
solo
il
25
settembre
e ci
vollero
altri
tre
giorni
per
eliminare
ogni
resistenza.
Nel
frattempo,
nei
pressi
di
Pusan
si
continuava
a
combattere
e
alla
fine
le
truppe
americane
guidate
dal
generale
Walker
riuscirono
ad
aprire
un
varco
nel
fronte
nemico
che
poi
crollò
molto
rapidamente.
L'esercito
invasore
era
ormai
in
rotta
e il
4
ottobre
gli
americani
oltrepassarono
il
confine penetrando
in
Corea
del
Nord,
con
l'avallo
dell'ONU
che
puntò
a
ricostituire
uno
stato
unitario
coreano.
Lo
stesso
giorno
però
la
Cina
annunciò
che
avrebbe
potuto
intervenire
se
l'invasione
della
Corea
del
Nord
sarebbe
continuata.
Il
generale
McArthur
non
credeva
in
questa
possibilità
e
l'attacco
continuò:
il
19
ottobre
Pyongyang
fu
conquistata
e il
21
novembre
l'esercito
americano
giunse
fino
ai
confini
di
Cina
e
URSS.