N. 58 - Ottobre 2012
(LXXXIX)
la guerra del Chaco
Una guerra di confine
di Fabrizio Mastio
In
Sudamerica,
incastonata
fra
Argentina,
Brasile,
Bolivia
e
Paraguay,
si
trova
una
landa
semiarida
e
inospitale,
chiamata
Gran
Chaco
o
semplicemente
Chaco.
Il
Chaco
è
delimitato
anche
dai
fiumi
Paraguay
e
Paranà
e il
suo
nome
è
legato
indissolubilmente
ad
una
delle
guerre
più
sanguinose
del
continente
sudamericano:
la
guerra
del
Chaco.
Fra
il
1932
e il
1935
la
Bolivia
e il
Paraguay
si
affrontarono
militarmente
per
ottenere
il
controllo
di
quella
regione
desolata.
La
storia
ebbe
inizio
con
un
atavico
problema
delle
complesse
vicende
coloniali
di
ottocentesca
memoria,
quando
in
seguito
alla
dissoluzione
dell’impero
spagnolo
e
alla
ridefinizione
dei
confini
degli
Stati
che
ne
avrebbero
preso
il
posto,
si
posero
le
premesse
di
una
disputa
di
confine
che
sarebbe
sfociata
nello
scontro
militare
fra
Bolivia
e
Paraguay
a
partire
dal
1932.
I
motivi
che
condussero
alla
recrudescenza
dei
rapporti
tra
il
governo
di
La
Paz
e
quello
di
Asuncion
furono
sostanzialmente
la
sconfitta
subita
dalla
Bolivia
durante
un
precedente
conflitto,
la
guerra
del
Pacifico,
contro
il
Cile
e
che
comportò
la
perdita
dell’unico
sbocco
sul
mare
posseduto
da
parte
della
nazione
boliviana
(vedasi
il
Trattato
di
Valparaiso,
4
aprile
1884).
Fu
in
questo
contesto
che
la
Bolivia
cercò
di
acquisire
uno
scalo
fluviale
sul
fiume
Paraguay,
il
quale
avrebbe
garantito
un
collegamento,
seppur
indiretto,
con
l’Oceano
Atlantico.
A
tale
tentativo
si
oppose
il
Paraguay,
di
fatto
da
tempo
presente
nei
territori
del
Chaco
e
legato
da
ragioni
storiche
alla
popolazione
autoctona
dei
Guaranì.
Se
inizialmente
i
due
paesi,
in
rapporti
sempre
più
tesi
fra
loro,
condussero
più
che
altro
una
guerra
diplomatica,
successivamente
la
scoperta
di
alcuni
giacimenti
di
petrolio
nel
Gran
Chaco,
portò
alcune
compagnie
petrolifere
inglesi
e
americane
(la
britannica
Royal
Shell
e la
statunitense
Standard
Oil)
a
nutrire
un
forte
interesse
per
la
regione
oggetto
della
contesa
e i
due
Paesi
stipularono
degli
accordi
con
tali
compagnie
in
modo
da
ottenere
il
controllo
della
regione
e
dei
relativi
proventi
petroliferi.
Il
governo
di
La
Paz,
guidato
dall’energico
nazionalista
Daniel
Salamanca
Urey,
al
fine
di
ottenere
assistenza
militare
nell’ormai
sempre
più
probabile
conflitto
per
la
conquista
del
Chaco,
trovò
un
accordo
con
la
Standard
Oil,
alla
quale
sarebbero
stati
concessi
i
diritti
di
sfruttamento
dei
giacimenti
presenti
nella
regione.
Il
Paraguay,
per
mano
dell’allora
presidente
Eusebio
Ayala,
condusse
analoghe
trattative
con
la
Royal
Shell
e in
tale
contesto
nei
due
paesi
sudamericani
ebbe
inizio
la
corsa
agli
armamenti,
tragico
preludio
di
un
conflitto
che
per
tre
anni
insanguinò
questa
parte
di
Sudamerica.
Per
quanto
riguarda
le
forze
in
campo
alla
vigilia
del
conflitto
che
ebbe
inizio
il
15
Giugno
del
1932,
va
osservato
che
entrambe
le
nazioni
si
rifornirono
di
armamenti
di
provenienza
americana
e
europea.
Per
citare
alcuni
esempi,
il
Paraguay
nel
periodo
antecedente
il
conflitto
acquistò
dalla
Spagna
migliaia
di
fucili
Mauser
e
notevoli
quantità
di
mitragliatrici
modello
Madsen
e
Browning,
mezzi
blindati
dall’italiana
Ansaldo
e
motovedette
per
il
controllo
delle
acque
fluviali.
La
Bolivia,
oltre
all’acquisto
di
mitragliatrici
e
cannoni,
mirò
a
rafforzare
l’aviazione,
già
superiore
rispetto
a
quella
paraguaiana,
contrattando
tra
l’altro,
vari
istruttori
e
ufficiali
stranieri.
L’esercito
boliviano,
guidato
dal
generale
tedesco
Hans
Kundt
il
15
giugno
del
1932
attaccò
e
conquistò
l’avamposto
paraguaiano
di
Carlos
Antonio
Lopez,
un
piccolo
presidio
nei
pressi
di
una
delle
scarse
riserve
d’acqua
del
Chaco.
L’episodio
di
cui
sopra
costituì
di
fatto
l’incipit
di
un
tragico
conflitto,
costellato
di
battaglie
cruente
e
capovolgimenti
di
fronte.
L’esercito
paraguaiano
era
guidato
dal
comandante
José
Felix
Estigarribia,
uomo
carismatico,
formatosi
in
Francia
ed
eccellente
stratega,
assertore
della
guerra
di
movimento
e
dotato
di
una
visione
più
moderna
rispetto
all’omologo
boliviano.
Una
peculiarità
propria
delle
parti
in
causa
nel
conflitto,
fu
indubbiamente
il
diverso
approccio
dei
rispettivi
comandanti
circa
le
strategie
da
adottare
in
ambito
bellico.
Kundt,
nonostante
avesse
a
disposizione
una
discreta
forza
aerea,
non
si
curò
mai
di
coordinarla
con
le
forze
terrestri
e
ciò
costituì
un
elemento
di
vantaggio
a
favore
di
Estigarribia,
il
quale
fece
dell’uso
di
unità
leggere
e
dei
vantaggi
che
il
clima
e la
maggior
conoscenza
del
territorio
avrebbero
potuto
offrire,
uno
dei
suoi
punti
di
forza.
Il
conflitto
vide
circa
300.000
soldati
boliviani
e
paraguaiani
fronteggiarsi
accanitamente
per
avanzare
lungo
le
lande
desolate
del
Chaco,
conquistare
un
fortino
o
qualche
pozza
d’acqua
in
un
alternarsi
di
attacchi
frontali
e
imboscate
che
caratterizzarono
l’intera
guerra.
Dopo
l’episodio
di
Carlos
Antonio
Lopez,
l’esercito
boliviano
avanzò
nel
Chaco,
ottenendo
parziali
successi,
mentre
le
truppe
paraguaiane
agirono
con
imboscate
e
ritirate
in
modo
da
costringere
Kundt
ad
un
costante
inseguimento
in
un
clima
ostile
e ad
impiegare
numerose
risorse
in
un
territorio
difficile
da
controllare
per
estensione
geografica.
In
tal
senso,
la
tattica
di
Estigarribia
si
richiamò
chiaramente
ad
altri
classici
della
storia
della
strategia
militare,
come
la
tragica
campagna
di
Russia
di
napoleonica
memoria.
In
risposta
all’avanzata
boliviana
che
avrebbe
portato
alla
conquista
del
forte
di
Boqueron
e al
posizionamento
di
truppe
a
sud-ovest
e a
nord-est
del
Chaco,
l’esercito
paraguaiano
attaccò
e
conquistò
i
villaggi
di
Corrales
e
Toledo.
In
tale
scacchiere,
Estigarribia
riuscì
nell’intento
di
frenare
l’avanzata
di
Kundt,
servendosi
soprattutto
del
fiume
Paraguay
per
inviare
le
truppe
al
fronte
e di
un
aeroporto
(Isla
Poì)
dal
quale
velivoli
di
ricognizione
poterono
agevolmente
monitorare
i
movimenti
di
Kundt.
Nel
settembre
del
1932
il
Paraguay
si
apprestò
a
riconquistare
Boqueron,
trovando
però
una
forte
resistenza,
tanto
che
solo
dopo
un
assedio
durato
venti
giorni
e
circa
1500
militari
paraguaiani
morti,
Estigarribia
riuscì
ad
ottenere
il
controllo
del
forte
e a
penetrare
in
territorio
boliviano
fino
alla
città
di
Saavedra,
dove,
dopo
una
cruenta
battaglia,
si
giunse
ad
una
fase
di
stallo.
Successivamente
lo
scenario
bellico
si
spostò
nella
zona
di
Nanawa,
obiettivo
di
Kundt:
il
comandante
boliviano
tentò
di
conquistare
la
postazione
paraguaiana,
con
un
grande
dispiegamento
di
mezzi,
senza
peraltro
riuscire
nell’intento
e
perdendo
circa
2000
uomini.
Estigarribia,
infatti,
costrinse
i
boliviani
alla
ritirata,
anche
se
il
prolungarsi
delle
azioni
belliche
iniziò
ad
indebolire
i
bilanci
di
entrambi
i
contendenti.
Nel
frattempo
Paesi
limitrofi
come
Argentina
e
Brasile
presero
posizione,
fornendo
appoggio,
la
prima
al
Paraguay
e il
secondo
alla
Bolivia.
Dopo
mesi
di
logorio
e
perdite,
si
profilò
la
necessità
di
dare
una
svolta
al
conflitto
e
così
verso
la
fine
del
1933,
il
Paraguay
decise
di
attaccare
con
una
manovra
di
accerchiamento
nel
punto
dello
schieramento
boliviano
ritenuto
più
vulnerabile:
il
territorio
di
Campo
Via.
Le
truppe
boliviane
furono
costrette
ad
arrendersi
con
gravi
perdite
e il
Presidente
Salamanca
sostituì
il
comandante
Kundt
con
il
colonnello
Enrique
Peñaranda.
Peñaranda
riorganizzò
i
propri
effettivi
e
riuscì
ad
ottenere
un
parziale
successo,
consolidando
una
linea
difensiva
nei
pressi
di
Ballivian
(Chaco
centrale)
e
sconfiggendo
la
seconda
divisione
paraguaiana
a
Canada.
Tuttavia
le
sorti
del
conflitto
furono
segnate
dalla
battaglia
di
El
Carmen,
nella
quale
Esitigarribia
inflisse
una
dura
sconfitta
alle
truppe
boliviane
che
su
un
contingente
di
8000
uomini,
ne
persero
ben
6000,
di
cui
2000
morti
e
4000
prigionieri.
Alla
fine
del
novembre
del
1934
gli
eventi
precipitarono
a
causa
del
deteriorarsi
della
situazione
interna
in
Bolivia:
Salamanca
decise
di
destituire
Peñaranda,
il
quale
a
sua
volta
reagì,
ottenendo
di
poter
rimanere
al
comando.
In
questa
fase
di
confusione
politica
e
dissidi
interni
a La
Paz,
lo
stesso
Peñaranda
venne
successivamente
destituito
dal
proprio
incarico
e il
comando
dell’esercito
venne
nuovamente
affidato
a
Kundt
in
una
situazione
oramai
disperata.
L’epilogo
della
vicenda
militare
avvenne
nel
deserto
di
Picuiba,
dove
ebbe
luogo
l’evento
più
drammatico
del
conflitto.
Estigarribia
con
una
mossa
strategica
ben
orchestrata
riuscì
nell’intento
di
attirare
ciò
che
restava
delle
truppe
boliviane
(alcuni
reparti
di
cavalleria)
all’interno
dell’area
desertica,
Yrendagué,
priva
di
pozzi
d’acqua
e
terminate
le
scorte
d’acqua
circa
1600
uomini
e i
numerosi
cavalli
al
seguito
morirono
sotto
l’arsura
del
sole.
Nell’aprile
del
1935
le
truppe
paraguaiane
entrarono
in
territorio
boliviano
e
nel
giugno
dello
stesso
anno
si
giunse
alla
tregua,
promossa
dal
ministro
degli
Esteri
argentino
Carlos
Saavedra
Lamas,
che,
a
nome
della
Conferenza
Panamericana,
propose
un
documento
di
pace,
accettato
incondizionatamente
dalle
parti
in
causa.
La
proposta
di
pace
prevedeva
il
ritiro
della
Bolivia
dal
Chaco
(la
pace
venne
siglata
il
21
Giugno
del
1938)
mentre
il
Paraguay
mantenne
il
controllo
di
circa
i
due
terzi
dell’intera
regione.
La
guerra
del
Chaco
si
concluse
con
un
bilancio
di
migliaia
di
morti
da
entrambe
le
parti
in
nome
della
conquista
di
un
territorio
che
si
rivelò
successivamente
meno
ricco
di
risorse
di
quanto
ritenuto
all’epoca.
Così
scrisse
Augusto
Roa
Bastos
in
ricordo
dell’ennesima
inutile
carneficina
della
storia:
“Il
grido
terra,
pane
e
libertà
risuona
in
tutto
il
paese
e si
risveglia
dipinto,
con
grandi
ed
affrettate
lettere,
sulle
pareti
delle
città…”.