sulLa Guerra dei cent’anni
le radici moderne DI Francia e
Inghilterra
di
Francesco Biscardi
Fra il 1337 e il 1453 Francia e
inghilterra si fronteggiarono in
quella che è passata alla storia
come “Guerra dei cent’anni”, secondo
una denominazione che, ovviamente, è
stata coniata per convenzione
successivamente. Si trattò di un
perdurante stato di belligeranza
intramezzato da momenti di stasi,
paci e intese, che interessarono le
due monarchie per quasi tutto il XIV
e buona parte del XV secolo. Tale
conflitto è tuttora celebre sia per
la sua straordinaria durata, sebbene
non ininterrotta, quanto per celebri
imprese come quella di Giovanna
d’Arco, che per famose figure quali
quelle di Carlo VI “il pazzo” o di
Gilles de Rais, un misterioso
“assassino seriale”. Tuttavia non in
molti sanno che questa contesa ebbe
un ruolo estremamente importante
nella formazione geopolitica del
nostro continente e che rappresentò
una tappa fondamentale
nell’evoluzione del modo di fare la
guerra a cavallo fra Medioevo ed Età
moderna.
Per iniziare è opportuno accennare
alle molteplici cause di questa
guerra, tenute unite dall’ambigua
situazione presente in terra di
Francia, dove il re inglese, di
origine franco-normanna e di casata
plantageneta, si trovava a essere
feudatario del sovrano parigino, pur
potendo rivaleggiare con
quest’ultimo in tema di possedimenti
territoriali, in un sistema
politico, definito dalla
storiografia di “monarchie feudali”,
dove, nei fatti, il sovrano di uno
stato altro non era che il massimo
detentore di terre. A questa
particolarità si collegava il ruolo
della Contea di Fiandra, al confine
con l’Impero tedesco, prossima anche
all’Inghilterra, da cui la separava
lo stretto della Manica. Questa
regione aveva conosciuto un fiorente
sviluppo fra Duecento e Trecento,
grazie all’incremento dalla sua
economia cittadina che aveva come
epicentro Gand e Bruges e che era
fondata, da un lato, sui traffici
marini e fluviali, e, dall’altro,
sulla produzione laniera, la cui
materia prima veniva importata
dall’Inghilterra. Questa
partnership economica cominciò a
preoccupare sempre di più il re
francese, già covante animosità
verso il potente rivale-vassallo.
Alle Fiandre si aggiungeva la
questione della Guienna, ducato
conquistato da Filippo IV il Bello
nel 1294, restituito al legittimo
possessore Edoardo I d’Inghilterra
nel 1297, poi rioccupato da Carlo IV
negli anni Venti del XIV secolo. Nel
1327 fu concluso un accordo per
dirimere la questione: il sovrano di
Francia rinunciava al suo possesso
in cambio dell’omaggio feudale del
re londinese, suo vassallo nel
continente. Tuttavia l’intesa
collassò l’anno seguente a causa del
decesso del primo, morto senza
lasciare eredi: si estingueva con
lui la storica casata dei Capetingi,
mentre i diritti passavano alla
sorella Isabella, moglie di Edoardo
II, succeduto frattanto sul trono
inglese.
Ciò significava che le due corone
avrebbero trovato un’unione nel
figlio della coppia: Edoardo III,
erede di entrambe le corone. Per
scongiurare tale possibilità, il
clero e l’aristocrazia baronale
francesi si appellarono alla Lex
Salica (antico corpus
normativo emanato da Clodoveo
attorno al 503 d.C.), la quale
negava la successione regale alle
donne, e, in contemporanea,
assegnarono la corona a Filippo VI
di Valois, figlio di un fratello di
Filippo il Bello. Quest’atto, che in
Inghilterra fu percepito come
un’usurpazione, aggiunto ai motivi
sopra brevemente delineati e a un
sempre maggior avvicinamento fra
Francia e Scozia, regno oggetto di
ambizioni di conquista inglese,
fallita nella battaglia di
Bannockburn del 1314, ma tornata
allora in auge a causa di una locale
crisi dinastica, aggravarono la
tensione. Serviva solo una miccia in
grado di far divampare il grande
incendio: questa fu la terza
confisca francese della Guienna nel
1337.
Agli inizi le forze sembravano
impari, giacché il sovrano
londinese, grazie ai fondi resi
disponibili dal Parlamento, poté
mettere in campo forze ben
organizzate, con reparti di arcieri
(armati dei celebri longbows,
“archi lunghi”) e di bombardieri per
gli assedi, mentre l’omologo
parigino si affidava a una
cavalleria pesante perlopiù
mercenaria. Le fasi iniziali dello
scontro furono miti a causa della
peste, finché non si ebbero le
importanti battaglie di Crecy del
1346, e di Calais del 1347,
cittadella assediata e presa dagli
inglesi.
Già questa prima fase della Guerra
dei cent’anni dimostrò come qualcosa
nell’arte bellica stava cambiando:
la guerra era divenuta, per così
dire, “di stato”. Infatti, mentre
prima i conflitti erano in larga
parte affare dell’aristocrazia
feudale, che forniva la cavalleria
in una situazione che interessava
poche centinaia di uomini da
impiegare in sparuti scontri e, in
genere, per un numero limitato di
giorni, da quest’epoca i re
cominciarono a trovarsi alla testa
di compagini amministrative sempre
più complesse, oltreché a disporre
di copiose risorse finanziarie
garantite da regni di notevole
estensione; non erano più, per così
dire, semplicemente dei “primi inter
pares”, dei massimi signori feudali,
ma dei veri e propri capi di stato.
Tutto ciò ebbe ripercussioni sulla
durata e sulla dimensione degli
scontri. Dopo Crecy, fu a Poitiers
nel 1356 che l’esercito inglese,
“leggero” nei suoi aspetti tecnici e
saldamente controllato dall’autorità
regia, vinse quello francese
ancorato sulla cavalleria pesante.
La sconfitta fu particolarmente
gravosa per la Francia, in quanto il
re Giovanni II venne catturato e
rilasciato solo dietro un ingente
riscatto.
L’esoso tributo, il pessimo
andamento delle operazioni belliche,
il susseguirsi di peste e carestie,
causarono la Jacquerie del
1358. Onde evitare il collasso, la
Francia acconsentì alla pace a
Bretigny del 1360: con essa il re
inglese ottenne la Guienna, la
Guascogna e, in pratica, tutta
l’area dalla Loira ai Pirenei, in
cambio della rinuncia ai ducati di
Bretagna e Touraine, così come delle
contee del Maine e dell’Angiò e
della sovranità sulle Fiandre. Era
un’intesa favorevole al sovrano
d’oltre Manica, ma le ostilità non
tardarono a riaccendersi: dal 1369
ripresero prepotentemente razzie,
guerriglie e assedi che ridussero la
Francia in miseria. A imporre una
nuova situazione di stasi fu la
morte dei due re, rispettivamente
nel 1377 e nel 1380. Tali trapassi
provocarono guerre intestine nei
rispettivi regni: il primo in terra
inglese, dove il trono andò al
minorenne Riccardo II, situazione
che consegnò il vero potere agli
zii, i duchi di Lancaster e di
Gloucester. Fra i due scoppiò una
guerra civile che venne vinta dalla
prima casata, la quale si garantì la
corona con Enrico IV nel 1399.
Intenzionato a riordinare il regno,
decise di non impegnarsi in Francia,
dove nel 1380 era divenuto re Carlo
VI, anch’egli minorenne.
Qui la situazione prese una piega
ancora più drammatica, in quanto il
giovane sovrano manifestò presto
sintomi di pazzia. Così la gestione
regia fu assunta dai suoi parenti
che, in teoria, dovevano svolgere
una sorta di “tutorato”, ma di fatto
assunsero la guida dello stato. Fra
di loro vi erano i duchi di Berry,
d’Angiò, d’Orleans, di Borbone e di
Borgogna. Quest’ultimo nel 1382 si
impadronì della contea di Fiandra,
diventando signore di un ricco
territorio esteso su buona parte
della Francia orientale. Similmente
a quanto accadde in Inghilterra, ma
in maniera più lunga e violenta,
divampò la guerra civile: al duca di
Borgogna guardavano le forze
cittadine, riconoscendolo come il
leader al momento più energico,
mentre l’aristocrazia feudale era
per la maggior parte schierata con
Bernard d’Armagnac. Si formarono due
schieramenti: i primi detti
“borgognoni” e i secondi “armagnacchi”,
avversi in una contesa che il
sovrano (come si diceva affetto da
turpe mentale) non era in grado di
gestire.
Così, mentre in Inghilterra il XV
secolo sembrava aprirsi in
un’atmosfera di ritrovata unità, in
Francia pareva dischiudersi
all’insegna della definitiva
disgregazione (considerando anche
che buona parte del suo territorio
era in mano inglese dalla prima fase
della guerra). Lo scontro peggiorò
con il duca di Borgogna Giovanni
“Senza Paura” (soprannome che gli
era stato dato per le prodezze
compiute contro gli ottomani in
occasione della battaglia di
Nicopoli del 1396). Questi, allo
scopo di eliminare il duca
d’Orleans, di fatto esercente le
funzioni regie in luogo di Carlo VI,
lo fece assassinare nel 1407, ma gli
armagnacchi non si arresero.
Il re inglese Enrico V, succeduto al
padre due anni prima, nel 1415 ne
approfittò per avanzare le sue
pretese alla corona di Francia, in
pratica vacante. Sbarcò con un
esercito di circa 250 cavalieri,
8.000 arcieri e alcune centinaia di
tecnici per le macchine d’assedio,
deciso a sbaragliare il re
“fantoccio”. In principio né lui, né
il comandante dell’esercito nemico,
d’Albret, cercarono scontri campali,
dal momento che quest’ultimo
conosceva gli errori commessi più di
mezzo secolo prima a Crecy e a
Poitiers, mentre Enrico sapeva di
essere in inferiorità numerica. Così
decise di spostarsi verso la foresta
di Anzicourt, fra Calais e Arras.
Qui, il 25 ottobre del 1415 i
francesi, che lo raggiunsero, si
schierano su tre file, mentre gli
inglesi, approfittando dei
tentennamenti avversari,
concentrarono fanti e cavalieri nel
punto più stretto della radura,
posizionando gli arcieri ai lati,
difesi da robusti pali di legno
appuntiti, saldamente conficcati nel
terreno e strategicamente pensati
per respingere le cariche dei
cavalieri nemici.
Pare che nello scontro che ebbe
luogo, reso angusto dalla pioggia e
dal terreno fangoso, i caduti
francesi furono migliaia, mentre
quelli inglesi di poche centinaia.
Il successo di Enrico V fu reso
ancora più grande dall’alleanza che
suggellò con i borgognoni (con cui
era già in buoni rapporti). Nemmeno
la morte di Giovanni Senza Paura nel
1418 fece venire meno un’intesa che
sembrava scrivere una nuova storia
di definitivo dominio inglese
sull’antica terra dei celti. In
questa fase cruciale sopraggiunsero
due morti, entrambe del 1422: quella
dello stesso Enrico e del “folle”
Carlo VI. L’alleanza con i
borgognoni non rese sorprendente la
proclamazione del successore
inglese, Enrico VI, quale sovrano
sia d’Inghilterra che di Francia,
mentre al secondo subentrò Carlo VII,
relegato a una piccola area attorno
a Bruges.
La riscossa francese avvenne grazie
a una giovane fanciulla, la
celeberrima Giovanna d’Arco, che,
ispirata da visioni divine, nel 1429
si presentò a Carlo VII mentre si
trovava a Chinton, allo scopo di
persuaderlo a riprendersi la sua
terra. Inizialmente questi non la
prese troppo sul serio, ma la
“pulzella d’Orleans” riuscì a
guidare la sollevazione contro il
nemico occupante. Le campagne
francesi ebbero successo, sebbene
Giovanna finì presto vittima degli
intrighi di corte: fu bruciata viva
dopo essere caduta prigioniera dei
borgognoni e da questi consegnata
agli inglesi. Ma la controffensiva
era partita e Carlo VII recuperò
terreno anche sul fronte delle
alleanze: ad Arras nel 1435 i
borgognoni tornarono fedeli al
sovrano, in un’atmosfera di
insperata unità. L’opinione pubblica
inglese apprese con disgusto e
sgomento il tradimento dell’ex
alleato e avallò l’invio di rinforzi
che, nel 1436, sbarcarono sul
continente e devastarono le Fiandre.
Non mancarono tregue e trattative,
come quella patrocinata da Isabella
di Portogallo nel 1439, ma nel
complesso le operazioni continuarono
fino al 1453, anno della riconquista
di Bordeaux, seguita a quelle di
Normandia e Bergerac.
Con quest’ultimo trionfo si chiudeva
la lunghissima Guerra dei cent’anni,
un conflitto di importanza storica:
esso influenzò e condizionò
un’economia sempre più statuale,
diede un forte impulso a un nuovo
modo di fare la guerra, plasmò le
istituzioni politiche, religiose e
culturali. Infine ebbe il merito di
contribuire a dare concretezza alla
conformazione geopolitica
dell’Europa moderna, delineando una
fisionomia dei due regni che sarebbe
stata mantenuta per secoli non solo
sul piano territoriale, ma anche su
quello di una “identità nazionale”,
nel momento in cui si passava dalle
monarchie feudali agli stati moderni
(di ancien régime).
Riferimenti bibliografici:
Castelnuovo V. Varanini G.M.,
Processi di costruzione statale in
Europa, in Storia medievale,
AA.VV., Donzelli, Roma, 2017, pp.
585-616.
Cardini F., Quell’antica festa
crudele. Guerra e cultura della
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francese, Il Mulino, Bologna,
2013.
Contamine P., La Guerra dei
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A., Il Mulino, Bologna, 2010.
Contamine P., La guerra nel
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RCS MediaGroup, Milano, 2021.