[ISSN 1974-028X]

[REGISTRAZIONE AL TRIBUNALE CIVILE DI ROMA N° 577/2007 DEL 21 DICEMBRE] *

 

196 / APRILE 2024 (CCXXVII)


moderna

sulLa Guerra dei cent’anni
le radici moderne DI Francia e Inghilterra

di Francesco Biscardi

 

Fra il 1337 e il 1453 Francia e inghilterra si fronteggiarono in quella che è passata alla storia come “Guerra dei cent’anni”, secondo una denominazione che, ovviamente, è stata coniata per convenzione successivamente. Si trattò di un perdurante stato di belligeranza intramezzato da momenti di stasi, paci e intese, che interessarono le due monarchie per quasi tutto il XIV e buona parte del XV secolo. Tale conflitto è tuttora celebre sia per la sua straordinaria durata, sebbene non ininterrotta, quanto per celebri imprese come quella di Giovanna d’Arco, che per famose figure quali quelle di Carlo VI “il pazzo” o di Gilles de Rais, un misterioso “assassino seriale”. Tuttavia non in molti sanno che questa contesa ebbe un ruolo estremamente importante nella formazione geopolitica del nostro continente e che rappresentò una tappa fondamentale nell’evoluzione del modo di fare la guerra a cavallo fra Medioevo ed Età moderna.

 

Per iniziare è opportuno accennare alle molteplici cause di questa guerra, tenute unite dall’ambigua situazione presente in terra di Francia, dove il re inglese, di origine franco-normanna e di casata plantageneta, si trovava a essere feudatario del sovrano parigino, pur potendo rivaleggiare con quest’ultimo in tema di possedimenti territoriali, in un sistema politico, definito dalla storiografia di “monarchie feudali”, dove, nei fatti, il sovrano di uno stato altro non era che il massimo detentore di terre. A questa particolarità si collegava il ruolo della Contea di Fiandra, al confine con l’Impero tedesco, prossima anche all’Inghilterra, da cui la separava lo stretto della Manica. Questa regione aveva conosciuto un fiorente sviluppo fra Duecento e Trecento, grazie all’incremento dalla sua economia cittadina che aveva come epicentro Gand e Bruges e che era fondata, da un lato, sui traffici marini e fluviali, e, dall’altro, sulla produzione laniera, la cui materia prima veniva importata dall’Inghilterra. Questa partnership economica cominciò a preoccupare sempre di più il re francese, già covante animosità verso il potente rivale-vassallo.

 

Alle Fiandre si aggiungeva la questione della Guienna, ducato conquistato da Filippo IV il Bello nel 1294, restituito al legittimo possessore Edoardo I d’Inghilterra nel 1297, poi rioccupato da Carlo IV negli anni Venti del XIV secolo. Nel 1327 fu concluso un accordo per dirimere la questione: il sovrano di Francia rinunciava al suo possesso in cambio dell’omaggio feudale del re londinese, suo vassallo nel continente. Tuttavia l’intesa collassò l’anno seguente a causa del decesso del primo, morto senza lasciare eredi: si estingueva con lui la storica casata dei Capetingi, mentre i diritti passavano alla sorella Isabella, moglie di Edoardo II, succeduto frattanto sul trono inglese.

Ciò significava che le due corone avrebbero trovato un’unione nel figlio della coppia: Edoardo III, erede di entrambe le corone. Per scongiurare tale possibilità, il clero e l’aristocrazia baronale francesi si appellarono alla Lex Salica (antico corpus normativo emanato da Clodoveo attorno al 503 d.C.), la quale negava la successione regale alle donne, e, in contemporanea, assegnarono la corona a Filippo VI di Valois, figlio di un fratello di Filippo il Bello. Quest’atto, che in Inghilterra fu percepito come un’usurpazione, aggiunto ai motivi sopra brevemente delineati e a un sempre maggior avvicinamento fra Francia e Scozia, regno oggetto di ambizioni di conquista inglese, fallita nella battaglia di Bannockburn del 1314, ma tornata allora in auge a causa di una locale crisi dinastica, aggravarono la tensione. Serviva solo una miccia in grado di far divampare il grande incendio: questa fu la terza confisca francese della Guienna nel 1337.

 

Agli inizi le forze sembravano impari, giacché il sovrano londinese, grazie ai fondi resi disponibili dal Parlamento, poté mettere in campo forze ben organizzate, con reparti di arcieri (armati dei celebri longbows, “archi lunghi”) e di bombardieri per gli assedi, mentre l’omologo parigino si affidava a una cavalleria pesante perlopiù mercenaria. Le fasi iniziali dello scontro furono miti a causa della peste, finché non si ebbero le importanti battaglie di Crecy del 1346, e di Calais del 1347, cittadella assediata e presa dagli inglesi.

 

Già questa prima fase della Guerra dei cent’anni dimostrò come qualcosa nell’arte bellica stava cambiando: la guerra era divenuta, per così dire, “di stato”. Infatti, mentre prima i conflitti erano in larga parte affare dell’aristocrazia feudale, che forniva la cavalleria in una situazione che interessava poche centinaia di uomini da impiegare in sparuti scontri e, in genere, per un numero limitato di giorni, da quest’epoca i re cominciarono a trovarsi alla testa di compagini amministrative sempre più complesse, oltreché a disporre di copiose risorse finanziarie garantite da regni di notevole estensione; non erano più, per così dire, semplicemente dei “primi inter pares”, dei massimi signori feudali, ma dei veri e propri capi di stato. Tutto ciò ebbe ripercussioni sulla durata e sulla dimensione degli scontri. Dopo Crecy, fu a Poitiers nel 1356 che l’esercito inglese, “leggero” nei suoi aspetti tecnici e saldamente controllato dall’autorità regia, vinse quello francese ancorato sulla cavalleria pesante. La sconfitta fu particolarmente gravosa per la Francia, in quanto il re Giovanni II venne catturato e rilasciato solo dietro un ingente riscatto.

 

L’esoso tributo, il pessimo andamento delle operazioni belliche, il susseguirsi di peste e carestie, causarono la Jacquerie del 1358. Onde evitare il collasso, la Francia acconsentì alla pace a Bretigny del 1360: con essa il re inglese ottenne la Guienna, la Guascogna e, in pratica, tutta l’area dalla Loira ai Pirenei, in cambio della rinuncia ai ducati di Bretagna e Touraine, così come delle contee del Maine e dell’Angiò e della sovranità sulle Fiandre. Era un’intesa favorevole al sovrano d’oltre Manica, ma le ostilità non tardarono a riaccendersi: dal 1369 ripresero prepotentemente razzie, guerriglie e assedi che ridussero la Francia in miseria. A imporre una nuova situazione di stasi fu la morte dei due re, rispettivamente nel 1377 e nel 1380. Tali trapassi provocarono guerre intestine nei rispettivi regni: il primo in terra inglese, dove il trono andò al minorenne Riccardo II, situazione che consegnò il vero potere agli zii, i duchi di Lancaster e di Gloucester. Fra i due scoppiò una guerra civile che venne vinta dalla prima casata, la quale si garantì la corona con Enrico IV nel 1399. Intenzionato a riordinare il regno, decise di non impegnarsi in Francia, dove nel 1380 era divenuto re Carlo VI, anch’egli minorenne.

 

Qui la situazione prese una piega ancora più drammatica, in quanto il giovane sovrano manifestò presto sintomi di pazzia. Così la gestione regia fu assunta dai suoi parenti che, in teoria, dovevano svolgere una sorta di “tutorato”, ma di fatto assunsero la guida dello stato. Fra di loro vi erano i duchi di Berry, d’Angiò, d’Orleans, di Borbone e di Borgogna. Quest’ultimo nel 1382 si impadronì della contea di Fiandra, diventando signore di un ricco territorio esteso su buona parte della Francia orientale. Similmente a quanto accadde in Inghilterra, ma in maniera più lunga e violenta, divampò la guerra civile: al duca di Borgogna guardavano le forze cittadine, riconoscendolo come il leader al momento più energico, mentre l’aristocrazia feudale era per la maggior parte schierata con Bernard d’Armagnac. Si formarono due schieramenti: i primi detti “borgognoni” e i secondi “armagnacchi”, avversi in una contesa che il sovrano (come si diceva affetto da turpe mentale) non era in grado di gestire.

 

Così, mentre in Inghilterra il XV secolo sembrava aprirsi in un’atmosfera di ritrovata unità, in Francia pareva dischiudersi all’insegna della definitiva disgregazione (considerando anche che buona parte del suo territorio era in mano inglese dalla prima fase della guerra). Lo scontro peggiorò con il duca di Borgogna Giovanni “Senza Paura” (soprannome che gli era stato dato per le prodezze compiute contro gli ottomani in occasione della battaglia di Nicopoli del 1396). Questi, allo scopo di eliminare il duca d’Orleans, di fatto esercente le funzioni regie in luogo di Carlo VI, lo fece assassinare nel 1407, ma gli armagnacchi non si arresero.

 

Il re inglese Enrico V, succeduto al padre due anni prima, nel 1415 ne approfittò per avanzare le sue pretese alla corona di Francia, in pratica vacante. Sbarcò con un esercito di circa 250 cavalieri, 8.000 arcieri e alcune centinaia di tecnici per le macchine d’assedio, deciso a sbaragliare il re “fantoccio”. In principio né lui, né il comandante dell’esercito nemico, d’Albret, cercarono scontri campali, dal momento che quest’ultimo conosceva gli errori commessi più di mezzo secolo prima a Crecy e a Poitiers, mentre Enrico sapeva di essere in inferiorità numerica. Così decise di spostarsi verso la foresta di Anzicourt, fra Calais e Arras. Qui, il 25 ottobre del 1415 i francesi, che lo raggiunsero, si schierano su tre file, mentre gli inglesi, approfittando dei tentennamenti avversari, concentrarono fanti e cavalieri nel punto più stretto della radura, posizionando gli arcieri ai lati, difesi da robusti pali di legno appuntiti, saldamente conficcati nel terreno e strategicamente pensati per respingere le cariche dei cavalieri nemici.

 

Pare che nello scontro che ebbe luogo, reso angusto dalla pioggia e dal terreno fangoso, i caduti francesi furono migliaia, mentre quelli inglesi di poche centinaia. Il successo di Enrico V fu reso ancora più grande dall’alleanza che suggellò con i borgognoni (con cui era già in buoni rapporti). Nemmeno la morte di Giovanni Senza Paura nel 1418 fece venire meno un’intesa che sembrava scrivere una nuova storia di definitivo dominio inglese sull’antica terra dei celti. In questa fase cruciale sopraggiunsero due morti, entrambe del 1422: quella dello stesso Enrico e del “folle” Carlo VI. L’alleanza con i borgognoni non rese sorprendente la proclamazione del successore inglese, Enrico VI, quale sovrano sia d’Inghilterra che di Francia, mentre al secondo subentrò Carlo VII, relegato a una piccola area attorno a Bruges.

 

La riscossa francese avvenne grazie a una giovane fanciulla, la celeberrima Giovanna d’Arco, che, ispirata da visioni divine, nel 1429 si presentò a Carlo VII mentre si trovava a Chinton, allo scopo di persuaderlo a riprendersi la sua terra. Inizialmente questi non la prese troppo sul serio, ma la “pulzella d’Orleans” riuscì a guidare la sollevazione contro il nemico occupante. Le campagne francesi ebbero successo, sebbene Giovanna finì presto vittima degli intrighi di corte: fu bruciata viva dopo essere caduta prigioniera dei borgognoni e da questi consegnata agli inglesi. Ma la controffensiva era partita e Carlo VII recuperò terreno anche sul fronte delle alleanze: ad Arras nel 1435 i borgognoni tornarono fedeli al sovrano, in un’atmosfera di insperata unità. L’opinione pubblica inglese apprese con disgusto e sgomento il tradimento dell’ex alleato e avallò l’invio di rinforzi che, nel 1436, sbarcarono sul continente e devastarono le Fiandre. Non mancarono tregue e trattative, come quella patrocinata da Isabella di Portogallo nel 1439, ma nel complesso le operazioni continuarono fino al 1453, anno della riconquista di Bordeaux, seguita a quelle di Normandia e Bergerac.

 

Con quest’ultimo trionfo si chiudeva la lunghissima Guerra dei cent’anni, un conflitto di importanza storica: esso influenzò e condizionò un’economia sempre più statuale, diede un forte impulso a un nuovo modo di fare la guerra, plasmò le istituzioni politiche, religiose e culturali. Infine ebbe il merito di contribuire a dare concretezza alla conformazione geopolitica dell’Europa moderna, delineando una fisionomia dei due regni che sarebbe stata mantenuta per secoli non solo sul piano territoriale, ma anche su quello di una “identità nazionale”, nel momento in cui si passava dalle monarchie feudali agli stati moderni (di ancien régime).

 

 

Riferimenti bibliografici:

 

Castelnuovo V. Varanini G.M., Processi di costruzione statale in Europa, in Storia medievale, AA.VV., Donzelli, Roma, 2017, pp. 585-616.

Cardini F., Quell’antica festa crudele. Guerra e cultura della guerra dal Medioevo alla Rivoluzione francese, Il Mulino, Bologna, 2013.

Contamine P., La Guerra dei Cent’anni, trad.it. di De Ritis A., Il Mulino, Bologna, 2010.

Contamine P., La guerra nel Medioevo, trad.it. di Capra T., RCS MediaGroup, Milano, 2021.

RUBRICHE


attualità

ambiente

arte

filosofia & religione

storia & sport

turismo storico

 

PERIODI


contemporanea

moderna

medievale

antica

 

ARCHIVIO

 

COLLABORA


scrivi per instoria

 

 

 

 

PUBBLICA CON GBE


Archeologia e Storia

Architettura

Edizioni d’Arte

Libri fotografici

Poesia

Ristampe Anastatiche

Saggi inediti

.

catalogo

pubblica con noi

 

 

 

CERCA NEL SITO


cerca e premi tasto "invio"

 


by FreeFind

 

 

 

 

 


 

 

 

[ iscrizione originaria (aggiornata 2007) al tribunale di Roma (editore eOs): n° 215/2005 del 31 maggio ]