N. 105 - Settembre 2016
(CXXXVI)
La
grotta
di
Selvascura
a
Bassiano
Un
luogo
suggestivo
affrescato
dai
“Fraticelli”
in
provincia
di
Latina
di
Roberto
Giordano
Bassiano
è un
piccolo
e
suggestivo
borgo
di
impianto
medioevale,
posto
su
una
collina
a
poca
distanza
da
Sermoneta,
in
provincia
di
Latina
(fig.
1).
Le
prime
notizie
su
Bassiano
risalgono
al
XII
secolo
e
sono
rintracciabili
in
alcuni
documenti
redatti
in
tale
periodo;
in
uno
di
questi
si
fa
riferimento
a
una
“truffaldina”
sottrazione
del
castrum
Bassiani
da
parte
di
un
certo
Gregorio
Leonis
e,
dopo
qualche
tempo,
al
successivo
ritorno
del
paese
sotto
il
controllo
di
un
signore
del
luogo.
In
un
altro
documento
vi è
l’inventario
dei
beni
della
chiesa
collegiata
di
Santa
Maria.
Ma
vi
sono
numerosi
indizi
che
testimoniano
la
frequentazione
del
sito
a
partire
dal
periodo
romano;
lo
stesso
toponimo
di
Bassiano
sembra
derivare
da
Fundus
Bassus,
una
gens
romana
che
in
queste
zone
aveva
dei
terreni
e
una
villa
rustica.
.
Fig.
1 –
Veduta
di
Bassiano.
Nell’Alto
Medioevo,
nei
dintorni
di
Bassiano,
vi
era
un
consistente
insediamento
abitativo
che
comprendeva
un
monastero
benedettino
e
una
chiesa
dedicata
a
San
Fortunato;
tutto
il
complesso,
però,
fu
completamente
distrutto
verso
il
1159
dalle
truppe
di
Federico
Barbarossa.
In
seguito
a
tale
distruzione,
la
popolazione
rimasta
e i
monaci
decisero
di
trasferirsi
in
una
zona
più
sicura
e
facilmente
difendibile,
ovvero
sulla
collina
dove
poi
sorse
Bassiano.
Non
è da
escludere
che
queste
genti
si
aggregarono
a un
nucleo
abitato
già
esistente
fin
dal
IX
secolo.
In
questo
periodo,
le
coste
laziali
erano
di
frequente
devastate
dai
pirati
saraceni
e le
popolazioni,
per
sfuggire
a
tali
incursioni,
si
rifugiavano
sulle
alture
dell’entroterra.
Nel
1240
papa
Gregorio
IX,
per
ricompensare
Riccardo
Annibaldi
dell’aiuto
offerto
durante
la
guerra
contro
Federico
II
gli
concesse
il
titolo
di
Signore
di
Sermoneta
e
Bassiano.
Nel
1297
Bassiano
cambiò
di
nuovo
proprietà
in
quanto
fu
acquisito,
con
altre
terre
e
contadi,
da
Bonifacio
VIII,
che
la
donò
al
nipote
Pietro
Caetani.
Da
quel
momento
le
vicende
di
Bassiano
si
intrecciarono
strettamente
con
quelle
della
famiglia
Caetani,
che
edificò
la
cerchia
di
mura
ancora
esistente.
Questa
linea
di
difesa,
però,
sembra
essere
stata
realizzata
come
deterrente
psicologico,
più
che
da
effettivo
sbarramento
da
attacchi
nemici.
Pur
essendo
dotata
di
nove
torri
di
supporto,
infatti,
si
tratta
di
mura
basse
e
non
insormontabili.
Dove
invece
Bassiano
esprime
una
forte
capacità
difensiva
è
nel
tessuto
urbano,
che
si
svolge
a
chiocciola,
dalle
porte
fino
alla
sommità,
dominata
da
una
torre
cilindrica
oggi
scomparsa.
Tra
i
personaggi
più
importanti
di
Bassiano
vi è
Aldo
Manuzio
(Bassiano
1449
-
Venezia
1515),
considerato
il
maggior
tipografo
del
suo
tempo
e il
primo
editore
in
senso
moderno.
La
grotta
di
Selvascura
Dalla
piazza
centrale
di
Bassiano
parte
una
piccola
strada,
chiamata
via
della
Croce,
che
conduce,
dopo
circa
tre
chilometri,
in
contrada
Selvascura
o
Selva
Oscura,
una
zona
di
grande
bellezza
e
suggestione,
posta
sotto
il
monte
Furchiavecchia.
Alla
fine
della
strada
si
trova
il
Santuario
del
Crocifisso
(fig.
2).
In
questo
luogo,
verso
la
fine
del
XIV,
secolo
arrivarono
in
tempi
diversi
due
gruppi
di
religiosi:
i
Fraticelli
spirituali
francescani,
in
fuga
a
causa
della
scomunica
emessa
da
papa
Giovanni
XXII
e i
cavalieri
Templari
provenienti
dalla
vicina
mansione
di
Valvisciolo.
I
religiosi
si
insediarono
in
una
grotta
che
già
da
tempo,
probabilmente,
offriva
rifugio
agli
eremiti.
.
Fig.
2 –
Il
Santuario
del
Crocefisso
Secondo
la
tradizione
locale,
i
Fraticelli
affrescarono
completamente
la
grotta,
che
divenne
una
vera
e
propria
chiesa,
ed
edificarono
il
vicino
romitorio.
Al
santuario
si
accede
attraverso
una
scalinata,
sulla
destra
si
nota
un
affresco
rappresentante
una
Madonna
con
Bambino,
accanto
alla
quale
è
rappresentato
San
Bartolomeo
eremita,
coperto
solo
dai
suoi
capelli
e
dalla
barba,
in
questo
caso
è
evidente
il
riferimento
all’originaria
frequentazione
della
grotta
dei
tanti
eremiti
che
nel
Medioevo
avevano
scelto
di
dedicarsi
alla
preghiera
e
alla
contemplazione.
Si
arriva,
quindi,
a un
piccolo
portico
rettangolare
che
immette
in
una
cappella
detta
delle
Palme.
Salendo
dei
gradini
si
nota,
a
destra,
un
grande
affresco
rappresentante
San
Giacomo
pellegrino,
con
il
bastone
nella
mano
e il
cappello
del
viandante
e
anche
in
questo
caso
è
evidente
il
riferimento
alla
vicina
via
Francigena
frequentata
da
pellegrini.
Da
questa
cappella
inizia
un
corridoio
con
volta
a
botte
lungo
circa
otto
metri,
che
conduce
alla
grotta
affrescata.
Quest’ambiente
ha
una
forma
quasi
rettangolare
e si
presenta
con
le
pareti
interne
coperte
da
affreschi.
Il
soffitto
della
grotta
appare
nel
suo
aspetto
naturale
con
stalattiti,
sporgenze
e
rientranze.
Nonostante
il
grave
deterioramento
dovuto
alla
forte
umidità
e
allo
stillicidio
delle
acque,
si
possono
ancora
osservare
diversi
affreschi
che
raffigurano
santi,
personaggi
ed
episodi
del
Vangelo.
I
dipinti
sono
databili
ai
secoli
XIV-XV,
anche
se,
molto
probabilmente,
hanno
subito
dei
ritocchi
e
integrazioni
nel
corso
dei
secoli.
Dalla
grotta
si
esce
per
arrivare
a
una
cappella
rotonda,
costruita
nella
seconda
metà
del
Seicento
per
ospitare
il
Crocifisso
in
legno
realizzato
nel
1673
dal
religioso
francescano
Vincenzo
Pietrosanti
come
ex
voto
per
la
peste
che
negli
anni
precedenti
aveva
colpito
Bassiano.
Fraticelli
e
Templari
a
Bassiano
Sono
in
parte
ancora
oscuri
i
motivi
che
portarono
i
due
Ordini
religiosi,
alla
fine
del
XIV
secolo,
a
rifugiarsi
in
questo
angolo
nascosto
del
Lazio;
per
i
Templari
la
spiegazione
può
essere
più
semplice
in
quanto
questo
potente
Ordine
religioso
era
da
tempo
presente
in
zona
e in
particolare
nella
vicina
abbazia
di
Valvisciolo.
Questo
importante
insediamento
religioso
si
trova
in
un
vasto
territorio
che,
fin
dai
tempi
più
antichi,
è
definito
ager
pontino,
un
termine
che
deriva
dal
greco
pòntos,
cioè
mare,
in
quanto
è in
gran
parte
caratterizzato
da
una
notevole
depressione
che
si
estende
tra
il
mare
e i
monti
circostanti.
I
numerosi
corsi
d’acqua
provenienti
da
quest’ultimi,
non
trovando
il
naturale
sfogo
nel
mare,
ristagnano
nella
depressione
creando
ampie
zone
paludose
e
malariche.
Fin
dall’antichità
furono
effettuati
tentativi
di
bonifica
di
queste
paludi
e,
in
alcuni
casi,
si
riuscì
nell’intento.
Le
opere
di
bonifica
consistevano,
in
genere,
nella
costruzione
di
grandi
canali
in
cui
le
acque
venivano
convogliate
e
dirette
verso
il
mare.
Naturalmente,
queste
canalizzazioni
necessitavano
di
una
continua
manutenzione
che,
quando
mancava,
riportava
il
territorio
nello
stato
iniziale;
è
quello
che
accadde
con
il
disfacimento
dell’Impero
Romano
quando
la
via
Appia,
che
attraversava
la
zona
bonificata,
divenne
inagibile
al
punto
che
il
tragitto
doveva
essere
coperto
per
mezzo
di
barche.
Si
svilupparono,
quindi,
dei
percorsi
alternativi;
uno
di
questi
seguiva
la
fascia
pedemontana
dei
Lepini
e
venne
denominato
“via
Consolare”.
Grazie
al
notevole
traffico
commerciale
e ai
pellegrini
che
vi
transitavano,
la
via
Consolare
fece
crescere
d’importanza
i
paesi
e i
borghi
che
attraversava.
La
via
Consolare
partiva
da
Cisterna,
toccava
Ninfa,
passava
sotto
l’odierna
Norma,
proseguiva
per
Valvisciolo,
Sermoneta,
Bassiano,
Sezze,
Priverno,
Fossanova
(il
cui
nome
deriva
appunto
dal
“fosso
novo”
costruito
dai
Cistercensi
per
canalizzare
le
acque)
e si
congiungeva
con
l’Appia
poco
prima
di
Terracina.
In
pratica
questa
strada
può
essere
definita
la
“Francigena
del
sud”
in
quanto
vi
erano
dei
luoghi
di
sosta
e
ristoro
funzionali
per
i
pellegrini
provenienti
dal
nord
Europa
che,
transitando
da
Roma,
si
dirigevano
verso
la
Terrasanta.
In
questa
zona,
quindi,
divenne
considerevole
la
presenza
di
monaci
cistercensi,
sia
nell’Abbazia
di
Fossanova
sia
in
quella
(poi
distrutta)
di
Marmosolio
presso
Ninfa,
o in
quella
(poi
abbandonata)
di
Valvisciolo
di
Carpineto,
oppure
nell’altra,
ereditata
dai
Cavalieri
Templari,
di
Valvisciolo
di
Sermoneta;
una
presenza
giustificata
proprio
dall’esistenza
delle
paludi
che
questi
ordini
religiosi
erano
maestri
nel
bonificare.
Per
l’Ordine
dei
Fraticelli
la
risposta
sulla
loro
presenza
in
località
Selvascura
è
più
problematica,
ed è
forse
necessario
partire
dalle
origini
di
questo
Ordine.
I
primi
seguaci
di
San
Francesco
si
chiamarono
frati
minori
e
seguivano
un
ideale
di
assoluta
povertà:
non
possedevano
niente
né
in
comune
né
individualmente.
Nel
1226,
dopo
la
morte
di
Francesco,
il
grande
sviluppo
dell’Ordine
rese
prioritaria
l’esigenza
di
“interpretare”
la
Regola,
soprattutto
sulle
questioni
della
povertà.
Diffusi
in
tutta
Europa
e in
Terrasanta,
i
frati
minori
si
erano
rapidamente
insediati
nelle
università
di
Parigi,
di
Bologna
e
Oxford.
Ma
all’interno
dell’Ordine,
progressivamente,
iniziarono
e
quindi
si
accentuarono
le
discussioni
sulla
Regola
e
sulla
figura
e
gli
scopi
di
Francesco,
portando
l’Ordine
a
dividersi
tra
Conventuali,
che
volevano
adattare
la
questione
della
povertà
alle
esigenze
del
tempo
e
Spirituali,
che
insistevano
sulla
povertà
assoluta.
All’interno
del
gruppo
degli
Spirituali
si
formò,
verso
la
fine
del
secolo
XIII,
una
nuova
corrente,
definita
dei
Fraticelli,
ancora
più
intransigente
nel
seguire
rigorosamente
le
originarie
regole
di
povertà
assoluta
predicate
da
San
Francesco.
Nel
1292
questa
corrente
francescana
ottenne
da
papa
Celestino
V il
permesso
di
costituirsi
in
un
Ordine
separato.
Per
la
loro
intransigenza
sulla
morale,
soprattutto
religiosa,
furono
condannati
come
eretici
da
Bonifacio
VIII
(1294-1303).
I
Fraticelli
ebbero,
inizialmente,
un
vasto
seguito
popolare
e si
diffusero
in
Italia,
Spagna
e
Boemia.
Ma,
in
seguito,
le
controversie
esistenti
tra
le
varie
correnti
portarono
il
Generale
dell’Ordine,
Bonaventura
da
Bagnoregio,
a
reprimere
sia
gli
Spirituali
che
i
Fraticelli.
Quest’ultimi,
guidati
da
Pietro
di
Giovanni
Olivi
e da
Ubertino
da
Casale,
reagirono
vivacemente.
I
contrasti
non
furono
risolti
neppure
dagli
interventi
pontifici;
anzi,
divennero
più
acuti
quando
Giovanni
XXII,
dopo
averli
condannati
(1317-18),
dichiarò
eretiche
le
loro
scelte
religiose.
Seguirono,
quindi,
diverse
persecuzioni
e i
Fraticelli
cercarono
rifugio
in
varie
parti
d’Europa
e
nel
sud
del
Lazio,
come
Sermoneta
e
Bassiano,
dove
restarono
fino
alla
fine
del
XV
secolo,
quando,
sotto
i
colpi
dell’Inquisizione,
furono
definitivamente
dispersi.