[ISSN 1974-028X]

[REGISTRAZIONE AL TRIBUNALE CIVILE DI ROMA N° 577/2007 DEL 21 DICEMBRE] *

 

182 / FEBBRAIO 2023 (CCXIII)


antica

IL PANTHEON GRECO

Miti e divinità per spiegare la complessità del reale
di Daniela Maria Graziano

 

“Θεοὺς δὲ προσων όμασάν σφεας ἀπὸτοῦτοιούτουὅτικόσμῳθέντες

τὰ πάντα πργματα κα πάσας νομὰςεἶχον

Erodoto, II, 52

“Li chiamarono “dèi” (“theous”) proprio perché questi

avendo posto (“thentes”) in ordine ogni cosa

presiedevano anche a tutti i campi”

 

Da sempre l’uomo ha avvertito l’ancestrale bisogno di esorcizzare le proprie paure, ascrivendo all’azione diretta di esseri divini le forze imperscrutabili della natura o quanto non spiegabile razionalmente. La costruzione di un complesso sistema di concezioni religiose e mitiche diviene così funzionale alla definizione di un ordo sociale, necessario per tentare di dare una spiegazione alla realtà nella sua molteplicità.

 

Secondo Erodoto (Hist. 2, 53), la religione dei Greci è stata una creazione di Omero e di Esiodo, i quali avrebbero assegnato i nomi alle divinità, ripartiti gli onori e le sfere di competenza, nonché l’intera genealogia.

 

Ὅθενδὲἐγένετοἕκαστος τῶνθεῶν, εἴτεδὴ αἰεὶἦσαν πντες, ὁκοῖοίτέτινεςτὰεἴδεα, οὐκἠπιστέατο μέχριοὗ πρώηντε καὶχθὲςὡςεἰπεῖν λόγῳ. Ἡσίοδονγὰρ καὶὍμηρονἡλικίηντετρακοσίοισι ἔτεσιδοκέωμέο πρεσβυτρους γενσθαι καὶοὐ πλέοσι· οὗτοιδέεἰσιοἱ ποιήσαντες θεογονίηνἝλλησι καὶτοῖσιθεοῖσιτὰςἐπωνυμίας δντες καὶτιμάςτε καὶτέχνας διελντες καὶεἴδεα αὐτῶνσημήναντες.

Erodoto, II, 53

 

“Ma quale sia l’origine di ciascuno degli dèi o se fossero tutti esistiti da sempre e quali mai fossero d’aspetto, non era noto fino a poco tempo fa, fino a ieri per così dire. Esiodo e Omero infatti io credo che siano vecchi di me di 400 anni e non di più: sono proprio questi che hanno composto per i Greci una teogonia, dato agli dèi i loro epiteti, ripartito tra loro onori e prerogative, e indicato il loro aspetto”.

 

Nella Teogonia, poema cosmoteologico, Esiodo, con l’intento di ordinare l’intricato coacervo di miti e di divinità, distingue, nella creazione, una fase cosmologica e una teologica. La prima è dominata da entità demiurgiche e totemaiche. La seconda è dominata dagli dèi dell’Olimpo guidati da Zeus. Discendente dalla stirpe di Urano e di Gaia, ultimo figlio di Kronos e Rea, Zeus spodesta il padre e, abbattuti i Titani, afferma definitivamente la sua supremazia sul mondo, assegnando agli dèi le rispettive attribuzioni.

 

Gli Olimpi (così detti dal monte sacro Olimpo, situato tra la Tessaglia e la Macedonia, su cui sono immaginati collocati) o Dodekathon (dal “grecoδώδεκα” e “θεῶν”: «dodici tra gli dei») sono le dodici divinità principali: Zeus, padre degli dei, dio del cielo, del fulmine e dei fenomeni atmosferici; Hera, figlia di Kronos e Rea, moglie e sorella di Zeus, regina degli dei e protettrice dei matrimoni e della famiglia; Poseidone, figlio di Kronos e Rea, dio del mare, dei terremoti, della navigazione e dei cavalli; Demetra, figlia di Kronos e Rea, dea della fertilità e dell’agricoltura; Apollo, figlio di Zeus e di Latona, dio delle arti, della musica e della scienza; Artemide, figlia di Zeus e Latona, sorella gemella di Apollo, dea della caccia e della verginità; Hermes, figlio di Zeus e della ninfa Maia, messaggero degli dei e dio del commercio; Athena, figlia di Zeus, nata già adulta e armata dalla testa del padre o dal polpaccio, e dell’oceanina Metis; Ares, figlio di Zeus e di Hera, dio della guerra; Afrodite, figlia di Zeus e della titanide Dione o, secondo altre versioni del mito, generata dalla spuma marina (dal greco “φρός”, sollevata dal membro di Urano, evirato da Kronos, finito in acqua), dea della bellezza e dell’amore; Efesto, figlio di Zeus e Hera, fabbro degli dei, dio del fuoco e della metallurgia; Hestia, figlia di Kronos e Rea, dea del focolare, sostituita nel novero dei dodici dei progressivamente da Dioniso, figlio di Zeus e della tebana Semele (unico dio olimpico generato da una madre mortale), dio del vino e dell’ebbrezza. A essi si aggiunge una schiera di divinità minori: Eolo, dio dei venti, Eos, dea dell’aurora, Nike, dea della vittoria, Pluto, dio della ricchezza, ecc.

 

Processione dei dodici dei dell'Olimpo, raffigurati ciascuno con i propri attributi. Frammento di rilievo di età ellenistica (I a.C.-I d.C.), Walters Art Museum, Baltimora. Da sinistra a destra: Hestia (scettro), Hermes (elmo alato e bastone), Afrodite (velata), Ares (elmo e lancia), Demetra (scettro e covone di grano), Efesto (bastone), Hera (scettro), Poseidone (tridente), Athena (civetta, elmo e lancia), Zeus (fulmine e scettro), Artemide (arco e faretra), Apollo (lira).

 

Esseri superiori rispetto agli uomini, gli dei sono immortali, invulnerabili, invincibili. Non sono, però, onnipotenti, perché il loro volere è limitato dalla Μοῖρα («destino»), una forza oscura, alla cui ferrea necessità obbedisce l’intero Universo. Nel XVI canto dell’Iliade (vv. 433 ss.) persino Zeus, tentato a intervenire per difendere il figlio Sarpedone da Patroclo, viene prontamente persuaso da Hera a non cambiare ciò che è “πεπρωμένον αἴσῃ” («dovuto al destino»).

 

Perfettamente umanizzati nell’aspetto e nella più intima natura, non sono esenti neppure dai vizi e dalle debolezze terrene: amano, vanno in collera, invidiano, tradiscono. Nel XIV canto dell’Iliade (vv. 315-328) Zeus, per convincere Hera a credere alla veridicità della sua passione e a cedere alle sue profferte amorose, menziona apertamente le amanti avute in passato per dimostrare che nessun sentimento è paragonabile a quello che ora prova per lei.

 

Divinità buone e generose, ma al momento giusto vendicative e pronte a punire i trasgressori delle leggi umane e divine, partecipano attivamente alle vicende umane e ne influenzano il corso. L’ὄλβος («benessere») che non conosce limite e misura, se degenera in ὕβϱις («tracotanza»), provoca lo φθόνοςθεν («invidia degli dei»). Così Aiace, colpevole di aver ritenuto superfluo l’aiuto divino (Soph. Ai. 767-769, «Anche un uomo da nulla può vincere con l’aiuto degli dei; io ne faccio a meno e confido solo in me per acquistare gloria»), viene prontamente punito con la follia e, accecato da Ate, massacra con una furia spaventosa greggi, armenti e guardiani, credendo che fossero i capi argivi. Tornato, però, in sé e resosi conto della ridicola azione compiuta, si suicida.

 

A mano a mano, però, che l’uomo prende consapevolezza del proprio “io”, proporzionalmente gli dei vengono sempre più messi da parte. In linea con una visione laica e razionalistica dell’esistenza, si sfaldano progressivamente i miti tradizionali. Così nell’Elettra di Euripide è presente una critica al dio di Delfi, che, pur essendo giusto, non ha dato un responso giusto a Oreste (vv. 1244-1246).

 

In Erodoto, poi, la complessa impalcatura politeista viene ridotta a un unico principio divino che governa il mondo, indeterminato e generico, qualificato come ὁθεός («il dio») o ancor più genericamente τὸθεῖον («la divinità») e ciò che distingue il dio di un popolo da un altro diventa solo il nome. Il complesso sistema della religione greca, risultato della contaminazione di antiche divinità pre-greche, pelasgiche, cretesi e micenee con i nuovi culti portati dai popoli invasori (Dori), infatti, verrà in seguito assimilato dalla mitologia etrusca e latina, con nomi e attribuiti diversi.

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[ iscrizione originaria (aggiornata 2007) al tribunale di Roma (editore eOs): n° 215/2005 del 31 maggio ]