LA GRANDE storia tra Epidemie E
guerre
UNA RECENSIONE
di Paolo Forti
La recente pandemia di Covid-19 ha
risvegliato l’interesse dei lettori
sul complesso tema delle pandemie.
In Epidemie e guerre che hanno
cambiato il corso della storia
(Newton Compton) di Gastone Breccia
e Andrea Frediani, tale interesse
viene soddisfatto approcciando la
materia dalla specifica prospettiva
del rapporto tra guerre ed epidemie,
mettendo a fuoco aspetti troppe
volte sottovalutati nella storia,
soprattutto in quella militare.
Nel libro si ricostruisce il nesso
profondo tra epidemie e guerre a
partire dalla peste di Atene
(430-426 a.C.) sino all’influenza
cosiddetta Spagnola (1918 – 1920)
che accompagna la fine del primo
conflitto mondiale. Nel loro lavoro,
i due autori hanno in particolare
scelto di esaminare sei momenti
chiave: la già citata peste di
Atene; la peste Antonina (165-180
d.c.); la peste di Giustiniano, che
falciò il Mediterraneo dal 542 d.c.
con ondate successive; la ben nota
peste nera (1347-1350); la peste in
Italia del 1630 o “peste del
Manzoni” e infine la Spagnola.
Entrambi gli autori sono grandi
esperti di guerre: Breccia è docente
presso l’Università di Pavia e le
sue ricerche gravitano sulla storia
militare e sulla civiltà bizantina.
Ha pubblicato numerosi saggi sulle
guerre dell’antichità ma anche su
conflitti più vicini nel tempo, come
“Le guerre afgane” (2014) e la
“Guerra all’Isis” (2016). Frediani,
consulente della rivista “Focus Wars”
è autore di un gran numero di saggi
sulle grandi battaglie della storia
e di numerosi romanzi con
ambientazione militare o che narrano
guerre e conflitti, dall’antichità a
oggi.
Nella tesi dei due autori – che
riprende la storiografia più
autorevole - guerre ed epidemie sono
strettamente connesse. I conflitti
creano d’altronde un ambiente
favorevole allo sviluppo delle
epidemie perché provocano la
distruzione di risorse primarie
(acqua e cibo) e dunque cattive
condizioni igieniche e
malnutrizione, indebolendo così la
popolazione civile. Inoltre, gli
eserciti con un alto numero di
soldati che vivono in condizioni di
promiscuità e sporcizia, spostandosi
in diversi territori, sono un
fattore fondamentale di incubazione
e diffusione degli agenti patogeni.
A loro volta, le epidemie possono
influire sull’andamento e l’esito
dei conflitti, come nel caso della
peste di Atene, il primo episodio
considerato nel libro. Tale epidemia
si inquadra nel conflitto tra Sparta
e Atene nel corso delle guerre del
Peloponneso: nel 430 a.C.
preoccupata dal crescente predominio
di Atene, Sparta la pose sotto
assedio, costringendola a riempirsi
di rifugiati fuggiti dalle campagne
per trovare difesa nelle mura della
città. I focolai infettivi si
diffusero rapidamente, anche se la
malattia che colpì gli ateniesi non
è nota (le ipotesi parlano di
vaiolo, tifo o ebola), ma verrà poi
chiamata genericamente “peste”. Quel
che è certo, è che l’epidemia uccise
un grandissimo numero di ateniesi
generando il caos e provocando la
morte di Pericle, principale leader
politico della città-stato. La
narrazione di Frediani rende bene il
clima convulso di quell’evento e
illustra chiaramente le conseguenze
politico-militari, sociali e
spirituali dell’epidemia sulla
città.
Sul più moderno degli episodi
trattati, quello dell’influenza
detta spagnola, si sofferma invece
Breccia. La grande pandemia di
influenza si diffuse nell’ultimo
anno della Prima guerra mondiale a
livello globale, sia tra i paesi
belligeranti sia tra quelli
neutrali, in Europa ma anche in aree
lontanissime dal teatro di guerra,
come la Nuova Zelanda. Per non
abbassare il morale delle
popolazioni già colpite dal
conflitto, i governi cercarono di
limitare la circolazione di
informazioni sulla malattia, che
venne quindi definita “spagnola”
perché fu il proprio governo di
Madrid, rimasto neutrale, il primo a
darne notizia.
L’influenza si diffuse in un’Europa
con milioni di uomini in movimento,
in condizioni di vita durissime e
con un sovraffollamento generale
degli accampamenti e degli ospedali.
Nell’analizzare la spagnola in
connessione con il primo conflitto
mondiale, Breccia mette in luce
l’importanza della “prima ondata”
influenzale nell’ostacolare
l’offensiva tedesca sul fronte
occidentale (la Kaiserschlacht)
nella primavera del 1918,
contribuendo così all’indebolimento
e alla successiva sconfitta degli
imperi centrali. Nei due anni in cui
l’influenza imperversò l’impatto fu
grandissimo: si stimano tra i 50 e i
100 milioni di morti in tutto il
mondo, facendo impallidire i numeri
della guerra.
Il libro è scorrevole e
contemporaneamente approfondito, con
analisi accurate e fonti di primo
piano per le citazioni, e permette
anche di osservare differenze e
analogie tra l’età antica e il mondo
moderno rispetto ai conflitti, umani
e microbiologici che siano. È perciò
molto consigliato, sia per gli
esperti che per gli amatori
dell’argomento, e sicuramente
mostrerà sotto una nuova luce la
storia militare.