Curzio Malaparte:
Io,in Russia e in Cina, pp. 350, Vallecchi
1958.
L’autore aveva
visitato Mosca già nel lontano 1929.
Era il periodo del
primo piano quinquennale, della lotta per il potere.
Ed era il tempo della
carestia nelle campagne, della corruzione e della
depravazione.
Da allora il popolo
sovietico ne ha fatti, di progressi.
Pare che volutamente
si attardi a descrivere come erano le cose allora,
per poi mettere in risalto le grandi trasformazioni.
L’analisi è condotta
con un metodo di retrospettiva, proprio come fanno i
sovietici: Voi dovevate vedere come era qui la vita
trenta anni fa e, peggio, dopo la guerra. Ora
stiamo meglio, molto meglio.
E’ un raffronto che
vuole ottenere un effetto immediato.
Ma chi ricorderà i
sacrifici di milioni di operai, contadini, soldati e
intellettuali?
E’ questo il punto. In
Urss coloro che hanno avuto la possibilità di andare
all’estero, si sono resi conto che con i sacrifici
di anni ed anni dovrebbero stare meglio, molto
meglio.
Malaparte sembra
giustificare lo stalinismo e il suo terrore
Forse non ricorda che
Trotzkij s’era fatto sentire quando era Commissario
alla guerra, viaggiava su un treno blindato con una
guardia di tiratori scelti. C’erano vetture con
telegrafi, tipografie per stampare giornali,
manifesti, proclami. Pretendeva cieca obbedienza; i
trasgressori erano fucilati immediatamente, senza
alcun processo.
C’era però questa
differenza: Trotzkij era l’erede spirituale di
Lenin, come i suoi scritti dimostrano ancora oggi.
Lui ascoltava la voce
del Partito, cercava di realizzare le idee per le
quali il popolo aveva fatto la rivoluzione e si era
messo sotto la guida di Lenin
Con Stalin la storia
ebbe un corso diverso. La concentrazione del potere
nelle sue mani portò ad una degenerazione del
sistema, con perdite enormi di uomini e mezzi. E,
soprattutto, con la perdita della speranza in un
mondo migliore.
“ Nelle strade, nei
teatri, nei ristoranti, la donna non è un semplice
ornamento. Fa parte della folla. E’ un elemento
sociale, non un elemento decorativo” (pag. 53). C’
è in lui quasi un piacere nel vedere le donne
attive, inserite nel ciclo produttivo, anche se
vestite dimessamente, alla buona.
E sembra volerle
preferire alle donne che passano il mattino a farsi
belle per passeggiare lungo le strade alla moda,
perdendo il loro inutile tempo e sciupando il danaro
in cose ancora più inutili.
Ma l’autore non ha
visto (o non ha voluto vedere?) la vera realtà
della donna in Urss. Non c’è dubbio che ha
acquistato una forte emancipazione e la Costituzione
le garantisce uguali diritti, ma è troppo spesso
impiegata in lavori pesanti, non adatti alla sua
natura.
Una donna muratore,
una donna che va giù in miniera o che è alle prese
con un bulldozer l’intero giorno, che femminilità
può conservare?
E questo vuole
significare parità di diritti?
L’otto marzo si
festeggia la giornata della donna; ci sono messaggi
su intere pagine di giornali. Si acquistano fiori,
regalini, tutto per loro. E’ la festa attesa per un
anno intero.
Quel giorno tutti
pensano in modo diverso – tenero – all’altra metà
del cielo.
Ma l’indomani si
ricomincia come al solito.
Ho visto donne scavare
trincee con grossi compressori ad aria compressa
anche con una temperatura molto rigida. E gli uomini
che avrebbero dovuto lavorare con loro stavano più
in là, a cuocere la zuppa e a scaldarsi.
Ho visto povere
vecchie montare la guardia a un negozio per una
notte intera, senza neppure una tazza di tè.
Ma ho visto pure donne
della nuova classe, della nuova aristocrazia,
viaggiare ben vestite in aereo, andare all’estero,
avere il tempo di farsi belle e trascorrere delle
ore in piacevole compagnia, al di fuori del vincolo
familiare.
Malaparte scrive: “Di
fronte al mio albergo, ieri mattina, ho visto ferme
davanti alla vetrina di un negozio due donne in
stivali, col fazzolettone in testa, che portavano in
spalla una grossa trave. Davanti alle vetrine dei
negozi di Rue de la Paix o di Via Veneto, quelle
due donne, oggi stonerebbero. A Mosca stonerebbero
le belle frequentatrici di Via Veneto o di Rue de la
Paix” (pag.54).
Ma perché non è uscito
dall’accogliente albergo ed ha chiesto ad una di
loro: quanto guadagni? Sei contenta di questo
lavoro?
E’ rimasto in albergo
e quindi non ha visto (o non ha voluto vedere?)
ciò che succede verso le dodici in via Gorkij : le
mogli – o amiche – di alti burocrati, artisti,
professori, politici, alti livelli della
Nomenklatura si attardano a fare shopping.
No, non sono le code
proletarie, lunghe decine di metri. Qui è tutta
altra musica; infatti, queste belle signore, che
troppo spesso tradiscono una origine molto umile coi
gesti, il trucco marcato, la voce, vanno nei negozi
di pellicceria, antiquariato, oggetti preziosi. E lì
si paga in valiut, cioè in dollari. Sono accettate
anche altre monete forti, ma si preferisce il green.
Questa – piaccia o no
– è la realtà, piena di triste stridente contrasto.
E giustamente la donna
proletaria si lamenta: Come si fa, sempre code dopo
che ho lavorato tante ore? Torno a casa, devo
pulire, cucinare, rassettare, accudire marito e
figli.
E’ il grosso disagio
della donna sovietica, che non lo racconta certo al
primo venuto.
Parlando di “quel
mare di terra” Malaparte si lascia prendere da un
entusiasmo
vivo, giovanile, per
l’immensità e continuità della terra. E’ una
esperienza indimenticabile.
Visita le nuove città,
è la giovane Unione Sovietica che vi ripone molte
speranze, è una scommessa sul futuro del Paese.
Si entra nelle viscere
della terra e si prendono metalli rari, si regolano
corsi di fiumi e si costruiscono dighe enormi per
produrre energia, sorgono nuovi complessi
industriali, colcos, sovcos, villaggi, città.
L’autore – ancora una
volta – ha visto solo una faccia della luna.
Non sono capitate
sotto il suo acuto sguardo le piccole izbe, le
povere capanne disseminate nei vecchi centri o
lungo le rive, con iscrizioni anteriori alla
Rivoluzione. Non ha visto i contadini – e i
cittadini – che aspettano ore ed ore lungo la strada
ferrata o il molo in legno del fiume per comprare
pane, uva in pacchetti di cellophane, o scambiare
mele, patate, cetrioli.
Non ha visto i lunghi
vagoni trasformati in abitazioni e le izbe cariche
di gente ed animali.
Tutto procede per il
meglio, giacché “ Dopo la morte di Stalin, la sua
politica d’industrializzazione e di trasformazione
agraria della Siberia è stata potenziata al massimo
dall’attuale Governo collegiale sovietico” (pag. 66).
Siamo allora in
presenza di un governo collegiale, non c’ è più
assolutismo.
Bene, ha visto tutto,
ha visto bene (Con gli occhi chiusi?). Tanto vero
che in meno di un anno il suo libro ebbe una decina
di edizioni.
Un vero trionfo.