N. 73 - Gennaio 2014
(CIV)
Governiamo insieme
Il concetto di Governance
di Laura Ballerini
All’interno
delle
discussioni
sulle
evoluzioni,
in
atto
o
attuabili,
delle
forme
di
governo,
assume
una
notevole
importanza
il
concetto
di
Governance.
Quest’ultimo
si
sviluppa
da
uno
slittamento
semantico
dal
concetto
di
Government,
il
quale
identificava
prima
l’intero
apparato
di
governo,
poi
una
specifica
idea
di
governo,
caratterizzata
dal
ruolo
degli
attori
pubblici.
In
opposizione
a
questa
visione
nasce
il
concetto
di
Governance,
ovvero
di
“governare
insieme”
Questa
teoria
si
sviluppa
per
prima
nell’ambito
delle
grandi
società
di
capitali
statunitensi,
per
regolare
le
relazioni
tra
gli
azionisti,
il
management
e
gli stakeholders
dell’impresa.
Applicata
alla
politica,
questa
idea
si
tradusse
in
termini
di
costruzione
di
politiche
orientate
alla
partecipazione
di
attori
pubblici,
privati
e
del
terzo
settore
(dei
servizi),
nella
gestione
della
cosa
pubblica.
Alcuni,
quindi,
vedono
nella
Governance
un
modo
di
condurre
i
processi
decisionali,
altri,
invece,
l’esito
dei
rapporti
tra
Stato
(attori
pubblici),
Mercato(attori
privati)
e
Società
civile
(terzo
settore).
Secondo
gli
studi
giuridici
e
politologi
la
Governance
è lo
strumento,
il
“dover
essere”,
per
accrescere
la
democrazia,
e,
soprattutto,
la
partecipazione.
In
ambito
storico
ed
economico,
invece,
ci
si
interroga
se
questa
teoria
possa
essere
considerata
“nuova”,
o se
esito
di
un
processo
dalle
radici
più
profonde.
Dando
come
requisito
della
Governance
la
presenza
di
una
struttura
triadica
–
dove
attori
pubblici,
privati
e
destinatari
entrano
in
gioco
alla
pari
nella
conduzione
del
paese
–
la
ricerca
storica
di
un
precedente
ha
dimostrato
che
questo
modus
operandi
è
già
stato
utilizzato
in
momenti
di
crisi
dei
governi.
Lo
si
ritrova,
infatti,
sia
in
momenti
di
crisi
dello
stato
(dove
prevalgono
le
teorie
neo-liberiste),
che
di
mercato.
La
Governance,
quindi,
si
afferma
quando
un
eccesso
di
statalismo,
o di
liberismo,
minano
l’equilibrio
socio-economico
del
sistema.
Non
è
dunque
una
novità
la
modalità
triadica
di
fare
governo,
ma
in
un
contesto
attuale,
essa
presenta
la
possibilità
di
maggiori
istanze
di
partecipazione
anche
dai
soggetti
di
solito
esclusi.
È
qui
che
si
instaura
la
visione
sociologica
della
Governance,
che
riprende
la
concezione
dello
stato
moderno
di
Weber,
caratterizzato
dalla
separazione
delle
sfere
di
organizzazione
sociale,
per
affermare
che
nella
vita
di
un
individuo
queste
non
possono
mai
separarsi
senza
alterare
quell’equilibrio
che
la
Governace
ristabilisce.
Questa
viene
dunque
considerata
come
un
processo
di
ricomposizione
di
ciò
che
si è
separato.
Partecipazione
e
Governance
sembrano
quindi
condividere
uno
spazio
semantico
comune,
se
ci
si
riferisce
all’inclusione
degli
attori
economici
e
della
società
civile
nei
processi
decisionali
pubblici.
Questa
politica
di
inclusione
può
realizzarsi
in
due
modalità
differenti:
con
una
strategia
unitaria
e
trasversale,
o
tramite
una
sommatoria
di
iniziative
distinte.
Si
dimostrano
numerose,
quindi,
le
variabili
in
gioco,
a
seconda
di
chi
viene
incluso,
su
cosa,
dove
e
perché.
Nel
suo
libro
Fra
governance
e
partecipazione.
Inclusione
nelle
politiche
e
politiche
per
l’inclusione
in
quattro
metropoli
europee
(2012),
lo
studioso
D’Albergo
effettua
un’analisi
delle
politiche
inclusive
delle
città
di
Roma,
Londra,
Madrid
e
Parigi,
escludendo
la
modalità
delle
iniziative
distinte.
Ricerca
dunque
l’esistenza
di
un
documento
programmatico
delineante
una
strategia
unitaria,
e un
centro
di
responsabilità
istituzionale
per
il
coordinamento
delle
pratiche.
Madrid
e
Parigi
dimostrano
la
presenza
di
entrambi
questi
due
indicatori,
al
contrario
di
Roma
e
Londra.
In
tutte
e
quattro,
però,
si
riscontrano
politiche
di
Governance
e
partecipazione.
È
quindi
ancora
in
fase
di
analisi
questa
teoria
di
conduzione
triadica
del
sistema
e di
inclusione
dei
soggetti
solitamente
esclusi
nel
processo
decisionale.
Una
teoria
che
si
collega
con
la
tanto
attuale
idea
di
democrazia
partecipativa.