contemporanea
SULLA RETE DI CONFINE GORIZIA-NOVA
GORICA
STORIA DI UN SIMBOLO / PARTE I
di Tullio Aebischer
Il 21 aprile 2022 è iniziata la
rimozione della rete verde che segna il
confine tra Italia e Slovenia, tra le
città di Gorizia e Nova Gorica, sin dai
tempi del Trattato di Osimo del 1975. La
rimozione odierna, dopo quella del 2004
della parte prospiciente la stazione
Montesanto in occasione dell’entrata
della Slovenia nell’UE, è stata meno
appariscente ed è relativa al GECT
(Gruppo europeo di cooperazione
territoriale) con il progetto Parco
transfrontaliero Isonzo-Soca
cofinanziato dal programma di
cooperazione territoriale Interreg V-A
Italia Slovenia 2014-2020 in vista del
2025, anno nel quale le due città
saranno Capitali della cultura europea.
Il progetto riguarda una pista ciclabile
(denominato “linea di confine”) che
dovrebbe costeggiare in territorio
sloveno quella che era la rete lungo la
Kolodvorska pot dal valico a nord di
Salcano I per poi entrare in territorio
italiano all’altezza di via Foscolo
attraversando il piazzale della
Transalpina e percorrere verso sud via
Percoto giungendo, così, al valico di
San Gabriele per congiungersi a una
pista ciclabile preesistente. La
rimozione, per ora, non ha interessato
il sottostante muretto che corre lungo i
bianchi termini di confine demarcati a
seguito del Trattato di Osimo del 1975.
L’operazione ha subito sollevato
partecipazione e incredulità per la
scomparsa di un “testimone” di un
periodo storico non tanto lontano che
diede una fisionomia completamente
diversa al ruolo di Gorizia. Le critiche
hanno riguardato anche l’aspetto
turistico visto che il confine era
un’attrazione.
Per conoscere la storia della rete si
riporteranno le ricerche dell’Autore il
cui libro fu presentato nel maggio 2019
proprio sul termine di confine 57/15 al
centro del piazzale della Transalpina in
occasione della promozione delle due
città a Capitale della Cultura europea.
Il confine orientale
Il territorio tra Italia e Slovenia è un
luogo di confini mobili dall’Unità
d’Italia a oggi se consideriamo le loro
variazioni nel corso del tempo. In
questo ambito territoriale si sono
succedute negli ultimi 100 anni
formazioni politiche molto varie e di
breve durata: Regno dei Serbi, Croati e
Sloveni (1918-1929), Reggenza Italiana
del Carnaro (1920), Stato Libero di
Fiume (1920-1924), Stato Indipendente
Croato (1941-1945), Territorio Libero di
Trieste (1947-1954; mai costituitosi)
alle quali si dovrebbero aggiungere
anche le occupazioni militari italiana,
tedesca e alleata. Per quanto riguarda
la diplomazia, questo territorio è stato
tema di molti documenti: dal Patto di
Londra (segreto, 1915) al Trattato di
Osimo (1975), i trattati di Rapallo
(1920) e di Roma (1924), il Trattato di
Pace di Parigi (1947) seguito dal
Memorandum d’Intesa di Londra (1954).
I suddetti confini, conseguenza di due
guerre mondiali, controllati da militari
e da finanzieri, per lunghi anni il
luogo del confronto tra est e ovest,
segno tangibile della Guerra fredda, la
cosiddetta “cortina di ferro da Stettino
a Trieste”, oggi sembrano surreali, dei
confini inesistenti. L’invalicabilità è
stata sostituita con la permeabilità nel
linguaggio ufficioso. Si è passati da
‘posto di blocco’ (anni ‘50-’60 del
Novecento) al più quotidiano “valico” o
“zona di transito confinario”. In un
periodo relativamente breve, il confine
è diventato luogo di scambio economico,
turistico, relazionale anche se barriere
interiori sono ancora presenti (vedasi
la Relazione della Commissione mista
storico-culturale italo-slovena.
Relazioni italo-slovene 1880-1956).
La zona della stazione Montesanto, a
quell’epoca al limite nord-orientale
della città, è stata divisa da un
confine di Stato nel settembre 1947 col
trattato di pace di Parigi. Col tempo,
però, l’accostamento con il più famoso
Muro di Berlino (1961-1989) è andato
scemando sia per l’improponibile
paragone, sia per la dimostrazione di
una volontà di collaborazione, più che
di netta divisione. Il confine deciso
dai Quattro Grandi (Stati Uniti,
Francia, Unione Sovietica e Gran
Bretagna) nel 1947 ha avuto una gestione
tormentata tanto che solo col Trattato
di Osimo del 1975 si poté dire, anche se
con molte voci contrastanti, che il
problema dei confini italiani a seguito
della IIa Guerra Mondiale
fosse stato risolto.
Paradossalmente il punto di contatto
lungo il confine che ha simboleggiato
allo stesso tempo la divisione e
l’unione era proprio il termine di
confine 57/15 al centro del piazzale
della Transalpina. Questo punto di
confine esiste ancora in base a quel
principio empirico della Storia che per
segnare un confine basta una notte, per
eliminarlo ci vogliono secoli o una
guerra. Oggi il termine originario è
stato spostato per far posto a uno che è
presente in maniera più discreta: una
piastra metallica circolare al centro di
un mosaico che porta un messaggio di
apertura, di superamento delle vecchie
divisioni. Il piazzale è stato reso
accessibile al passeggio pedonale sia
provenendo dall’Italia che dalla
Slovenia. Dopo l’entrata della Slovenia
nell’Unione Europea il Goriški Muzej ha
allestito una sezione museale dedicata
al confine goriziano all’interno della
stazione Montesanto.
La rete
Rievocare la storia della rete è
l’occasione per descrivere come nasce un
confine, in che maniera viene reso
visibile con tutte le problematiche
burocratiche che sorgono tra le
commissioni e quelle operative sul
terreno. Delimitare e demarcare un
confine è un’attività che di rado ha
spazio sui media, per cui il lavoro
quasi anonimo di molte persone, anche
anni dopo la fine delle ostilità o la
firma di un trattato di delimitazione,
deve essere conosciuto e considerato.
Per raccontare la storia della rete di
Gorizia ci si baserà, in gran parte, su
un documento inedito redatto proprio dal
capo della missione italiana per la
demarcazione del confine a seguito del
Trattato di Osimo (1975) l’allora col.
B. Leoni: la cosiddetta Relazione
Leoni raccoglie tutti i verbali
delle varie commissioni, i verbali di
demarcazione dei termini di confine, la
descrizione del confine e le sue vicende
storiche. Una relazione che meriterebbe
un’edizione critica.
Per quanto riguarda Gorizia, la Linea
Francese, quella decisa dai Quattro
Grandi, privò la città solo della
stazione settentrionale, mentre la
provincia perse circa l’80% del suo
territorio. Nel febbraio 1947 gli
ambasciatori delle Quattro Potenze
Alleate chiesero al Governo italiano di
procedere immediatamente alla
delimitazione provvisoria in modo che le
truppe alleate si potessero ritirare
dalla Linea Morgan (linea armistiziale)
entro i novanta giorni prescritti dal
Trattato di Pace. La Commissione Mista
italo-jugoslava iniziò i suoi lavori a
marzo ma le divergenze in vari settori,
tra i quali quello di Gorizia, non
permisero un accordo completo e
definitivo entro il 15 settembre 1947,
data di entrata in vigore del Trattato
di Pace a seguito dell’improvvisa
ratifica dello stesso da parte
dell’URSS. Per tale motivo il Comando
Militare Alleato della Venezia Giulia
demarcò d’imperio sul terreno una linea
di confine, la famosa Linea Bianca.
La zona davanti alla stazione Montesanto
divenne teatro di accese manifestazioni
jugoslave contro il Governo italiano e
anche dopo la posa del filo spinato fu
ritenuta molto propizia per eventuali
espatri clandestini o passaggi di
persone o spie. Per tale motivo i
graniciari, le truppe jugoslave a
sorveglianza del confine, non esitavano
a sparare a chi tentasse di sconfinare.
Proprio uno di tali mortali accadimenti
si ebbe nella tarda serata del 29 giugno
1949. Da dopo l’entrata in vigore del
Trattato di Pace, la linea di confine
prospiciente la stazione a nord di San
Gabriele fu demarcata con alcuni paletti
e del filo spinato. Da varie foto si
vede che all’inizio la recinzione era
praticamente formata da due fili spinati
paralleli, per poi aggiungersi il filo
spinato arrotolato (concertina). A
seguire comparve una rete con basamento
e pali in cemento della foggia usata in
ambito ferroviario. Infine, la rete
odierna fu costruita dopo il termine
della demarcazione del Trattato di Osimo
per una lunghezza di poco più di 1 km.
Nell’ottobre 1953 il Sindaco di Gorizia
comunicò al Prefetto che le autorità
jugoslave volevano sostituire il
fatiscente reticolato con, addirittura,
un muro alto 2 m. Ovviamente, il
Ministero degli Affari Esteri si oppose
alla costruzione del muro che avrebbe
reso definitiva la linea di confine
provvisoria. Nel marzo 1954 la
Presidenza del Consiglio dei Ministri
Ufficio Zone di Confine comunicò al
Prefetto di Gorizia l’intenzione da
parte jugoslava di costruire, invece,
una recinzione, definita comunque
provvisoria. Il mese successivo fu
comunicato all’Italia il vero fine della
rete, ossia impedire, per motivi
economici, l’esodo clandestino e questo
indipendentemente dal consenso
dell’Italia. Vista la situazione di non
collaborazione e l’impellente necessità
jugoslava di chiudere in maniera più
sicura e riconoscibile il tratto di
confine, nel settembre 1955 il Ministero
dell’Interno comunicava al Ministero
degli Affari Esteri che la Jugoslavia, e
precisamente le ferrovie jugoslave,
stavano costruendo una recinzione a
pochi centimetri dalla linea provvisoria
con un muretto di cemento alto 40 cm e
pali di cemento infissi per sorreggere
una rete metallica. Il nuovo manufatto
aveva un’altezza totale di circa 2 m.
Nel 1964 il comune di Gorizia sistemò la
fascia di verde da via Foscolo a nord
fino all’imboccatura di via Percoto a
sud. In corrispondenza di via Caprin e a
ridosso di quello che sarà il punto di
confine 57/15, si costruì una zona di
parcheggio per le auto.
Il confine orientale e i suoi termini
furono anche oggetto di azioni
dimostrative durante il periodo che in
Italia vide il susseguirsi di vari
attentati. Notizia di uno di questi,
anche se si deve parlare di un tentato
attentato, realizzato nell’ottobre 1969
alla recinzione che attraversava la zona
prospiciente la stazione Montesanto si
ha da una sentenza-ordinanza del
Tribunale Civile e Penale di Milano del
febbraio 1998. Nel 1969 il termine 57/15
non esisteva e bisogna ricordare che a
quell’epoca la recinzione non era estesa
come oggi, ma correva dall’altezza di
via Foscolo a via di San Gabriele (circa
400 m). |