N. 46 - Ottobre 2011
(LXXVII)
A proposito di Carlo Goldoni
I rapporti con l’Illuminismo Lombardo
di Domenico Letizia
Il riformatore comicista Carlo Goldoni ha attraversato dalla nascita alla morte l’intero secolo del settecento, quello famoso per la rivoluzione non violenta dei lumi.
Goldoni
ha
rinnovato
il
teatro
comico
restituendogli
dignità
letteraria,
salvandolo
dalla
deludente
e
primitiva
commedia
dell’arte
a
cui
il
teatro
sembrava
destinato
e
abilitandolo
a
svolgere
una
responsabile
funzione
di
civilizzazione.
Le
opere
del
Goldoni
intrinseche
di
tematiche
care
agli
Illuministi:
dal
contrasto
generazionale,
il
sentimento
di
eguaglianza
tra
gli
uomini,
la
polemica
contro
la
nobiltà
che
disprezza
i
valori
di
sincera
modernità,
l’antipatia
che
Carlo
Gozzi
provava
per
il
Goldoni,
per
il
Gozzi
il
teatrante
aveva
attributo,
e vi
era
riuscito,
del
ridicolo
ai
personaggi
della
nobiltà
per
cattivarsi
l’animo
della
plebe,
anche
queste
dichiarazioni
fruttarono
al
Goldoni
l’incondizionata
ammirazione
dei
membri
della
Società
dei
Pugni
quelli
del
famoso
periodico
lombardo
e
non
“Il
Caffè”,
l’organo
di
battaglia
e
divulgazione
dal
carattere
enciclopedico
dei
fratelli
Verri,
Pietro
e
Alessandro,
lumi
dell’illuminismo
lombardo
a
cui
partecipava
e
collaborava,
il
nonno
di
Alessandro
Manzoni,
Cesare
Beccaria
passato
alla
storia
per
la
pubblicazione
nel
1764
del
capolavoro,
oggi
ancora
attualissimo
per
il
diritto,
la
giustizia
e
anche
l’etica
filosofica:
Dei
delitti
e
delle
pene.
Per
il
Caffè
tutto
ciò
che
rappresentava
progresso,
umanità
e
diffusione
di
queste
era
vera
letteratura,
la
loro
lotta
era
ispirata
da
originalità
e da
una
seria
e
consapevole
volontà
di
rinnovamento
morale
e
culturale.
Goldoni
con
la
sua
riforma,
la
commedia
di
carattere
e
attraverso
i
capolavori
come
La
Bottega
del
Caffè,
I
quattro
rusteghi
o
La
Locandiera
con
la
creatura
capolavoro
goldoniano
Mirandolina,
ha
espresso
concretamente
le
idee
dei
fondatori
del
Caffè.
Costoro
provarono
ammirazione
e
appoggiarono
il
Goldoni
quando
si
svelarono
le
più
aspre
critiche
da
parte
degli
avversari
sulla
questione
della
lingua
usata
dal
Goldoni,
ritenuta
banale,
troppo
legata
ai
dialetti,
lontana
dalle
esattezze
dei
puristi
della
lingua
italiana.
Ma
le
ragioni
e
motivazioni
che
diede
il
Goldoni
furono
profonde,
concrete
e
innovatrici:
“Lo
fo
sapere
agli
esteri
e i
posteri
ch’io
non
sono
accademico
della
Crusca,
ma
sono
un
poeta
comico
che
ha
scritto
per
essere
inteso
in
Toscana,
in
Lombardia,
in
Venezia
principalmente...
essendo
la
commedia
un
imitazione
delle
persone
che
parlano,
più
di
quelle
che
scrivono,
mi
sono
servito
del
linguaggio
più
comune
rispetto
all’universale
italiano”.
Anche
da
ciò
la
totale
ammirazione
concretamente
legata
a
valori
moderni
per
il
poeta
comico
Carlo
Goldoni
da
parte
degli
illuministi
della
Società
dei
Pugni
e
del
periodico
“Il
Caffè”.