N. 33 - Settembre 2010
(LXIV)
IL GIUSTIZIALISMO PERONISTA
L’IDEOLOGIA DELLA TERCERA POSICIÓN
di Danilo Caruso
Il
justicialismo
è un
sistema
di
pensiero
politico
formatosi
in
Argentina
negli
anni
’40
ad
opera
del
generale
Juan
Domingo
Perón
(1895-1974):
quand’era
ancora
colonnello
era
stato
in
Italia
ed
era
rimasto
colpito
dagli
esperimenti
e
dalla
dottrina
sociale
fascisti.
Il
golpe
militare
del
1943
sostenuto
da
ufficiali
progressisti,
di
cui
lui
faceva
parte,
destituì
un
governo
argentino
che
era
controllato
dall’oligarchia
conservatrice
borghese
che
controllava
il
paese
attraverso
i
grandi
latifondi
e le
grandi
imprese,
e
che
lo
aveva
posto
alla
mercé
del
capitale
inglese
e
americano.
Perón
(che
qualcuno
pensò
fosse
diventato
comunista),
avendo
avuto
nel
nuovo
regime
la
responsabilità
delle
politiche
del
lavoro,
avviò
una
serie
di
significative
misure,
in
collaborazione
con
l’altro
colonnello
Mercante
(figura
considerevole
del
primo
peronismo),
a
difesa
della
classe
lavoratrice:
creazione
dei
tribunali
del
lavoro,
stipula
di
contratti
collettivi
di
lavoro,
aumenti
salariali,
indennità
di
licenziamento,
statuti
del
bracciante
agricolo
e
del
giornalista,
regolamentazioni
delle
associazioni
professionali,
unificazione
del
sistema
di
previdenza
sociale,
pensioni,
creazione
dell’ospedale
per
i
ferroviari,
scuole
tecniche
per
operai,
proibizione
di
agenzie
di
collocamento
private.
Le
condizioni
della
classe
operaia
e
bracciantile
argentina
cambiarono
a
tal
punto
che
a
causa
della
sua
popolarità
il
governo
allarmato
lo
fece
arrestare
nell’ottobre
del
’45
(allora
era
vicepresidente
della
repubblica,
ministro
della
difesa,
segretario
al
lavoro).
La
colossale
mobilitazione
di
popolo
promossa
dai
sindacati
peronisti
costrinse
la
dittatura
a
rimettere
in
libertà
Perón
ed a
garantire
libere
elezioni.
Una
marea
di
Argentini
davanti
alla
Casa
rosada
in
Plaza
de
mayo
a
Buenos
Aires
gridava
a
ripetizione:
«Queremos
a
Perón!!!».
Il
quale
il
17
ottobre
(celebrato
nel
peronismo
come
el
día
de
la
lealtad)
parlò
dal
balcone
del
palazzo
presidenziale
rassicurando
tutti.
Le
elezioni
si
tennero
nel
febbraio
del
’46
(il
sistema
amministrativo
argentino
ricalca
quello
statunitense):
a
suffragio
maschile
vinse
Perón,
senza
brogli
e
senza
raccogliere
una
maggioranza
bulgara,
per
circa
1.500.000
voti
contro
1.200.000.
Aveva
avuto
contro
uno
schieramento
di
partiti
che
andava
dalla
sinistra
alla
destra,
sostenuto
dagli
USA
e
dagli
Inglesi
che
perderanno
il
controllo
economico
e
politico
dell’Argentina.
Durante
il
governo
peronista,
accanto
al
quale
fu
Evita
(1919-1952),
moglie
del
presidente
ed
infaticabile
portabandiera
degli
umili
e
dei
diseredati
(abanderada
de
los
humildes),
il
paese
fu
modernizzato
sotto
tutti
i
punti
di
vista.
Perón
attuò
un
programma
che
diede
tanti
risultati:
nazionalizzazioni
di
servizi
pubblici
(ferrovia,
telefonia,
servizi
del
gas,
etc.)
e
gestione
statale
del
commercio
estero
in
modo
da
liberarsi
da
condizionamenti
stranieri;
nazionalizzazione
della
banca
nazionale
e
divieto
di
esportare
i
capitali
per
difendere
lo
sviluppo
economico
interno;
case,
infrastrutture
(reti
idriche
e
fognarie,
etc.);
politiche
sanitarie
(assistenza
gratuita,
aumento
dei
posti
letto,
campagne
mediche
contro
malattie);
diminuzione
della
mortalità
infantile
ed
innalzamento
del
periodo
medio
di
vita;
comparsa
della
televisione
(Televisión
Radio
Belgrano,
oggi
Canal
7);
gratuità
dell’istruzione,
abolizione
delle
tasse
universitarie,
creazione
dell’Università
operaia,
aumento
del
tasso
di
scolarizzazione;
aumenti
salariali,
partecipazione
agli
utili
d’impresa
da
parte
dei
lavoratori,
periodi
di
vacanza
per
le
loro
famiglie
a
carico
dello
Stato;
riforma
agraria;
politiche
contro
la
disoccupazione;
pensioni;
etc.
Unitamente,
la
FUNDACIÓN
EVA
PERÓN,
da
Evita
stessa
diretta,
operò
meritevolmente
su
vasta
scala
per
sollevare
gli
indigenti
dal
bisogno
producendo
molto:
costruzione
di
ospedali,
asili,
scuole,
colonie
di
vacanza,
abitazioni,
strutture
di
accoglienza
per
bambini,
donne
nubili,
impiegate,
anziani;
promozione
della
donna,
scuole
per
infermiere;
borse
di
studio,
sport
per
i
giovani;
aiuti
alle
famiglie
più
povere;
etc.
Alcuni
ne
parlano
come
una
macchina
clientelare:
perché
aiutare
il
prossimo
deve
diventare
clientelismo?
E
poi
quale
clientelismo
nell’aiutare
pure
popolazioni
estere
sudamericane
colpite
da
terremoti
o
persino
il
neonato
Stato
d’Israele?
Qui,
riguardo
ad
Israele,
è
opportuno
soffermarsi
poiché
l’Argentina
ospitò
nell’ultimo
dopoguerra
criminali
nazisti
in
fuga:
il
peronismo
non
era
razzista
né
tanto
meno
antisemita;
l’ospitalità
garantita
ai
criminali
di
guerra
(cosa
che
costituisce
una
macchia
non
ideologica)
era
un
fenomeno
precedente
l’elezione
di
Perón
alla
presidenza.
Costoro
furono
protetti
in
un
contesto
che
è
più
ampio,
un
contesto
in
cui
l’Occidente
li
riciclava
in
funzione
anticomunista
(uno
di
loro
in
Usa
fu
addirittura
dirigente
della
CIA)
ed
in
cui
gli
storici
parlano
anche
di
responsabilità
del
Vaticano
come
centrale
di
smistamento.
In
Argentina
(che
già
godeva
di
proprie
grandi
risorse)
i
Tedeschi
portarono
capitali
imprenditoriali
e
non:
averli
protetti
dalla
giustizia
internazionale
dato
che
i
militari
argentini
erano
ammiratori
di
quelli
tedeschi
(non
in
quanto
nazisti)
è
stato
un
errore
di
Perón
e di
tutto
l’Occidente.
I
nazisti
non
condizionarono
il
peronismo:
sennò
perché
nel
1951
Golda
Meir,
allora
ministro
del
lavoro
israeliano,
si
sarebbe
recata
in
Sud
America
per
ringraziare
personalmente
Eva
Perón
dei
summenzionati
aiuti
della
fondazione?
Questa
storia
dei
nazisti,
di
cui
si
seppe
meglio
quando
il
presidente
giustizialista
Menem
fece
aprire
gli
archivi
nel
’92
è a
metà
strada
tra
opportunismo
ed
ammirazione
formale.
Non
ritorna
a
onore
di
Perón,
ma
non
gli
è
interamente
addebitabile
poiché
il
regime
del
1943-46
non
era
guidato
da
lui
(lui
era
emerso
nettamente
nel
’44).
La
situazione
che
successivamente
si
trovò
(e
contro
cui
non
intervenne)
era
condizionata
pure
dal
sostegno
che
ricercava
presso
la
Chiesa,
coinvolta
a
detta
degli
storici
nella
faccenda.
Il
giustizialismo
persegue
la
tercera
posición
tra
il
socialismo
ed
il
capitalismo,
si
propone
di
conciliare
tutte
le
classi
sociali
senza
antagonismi
e
senza
presentarsi
come
ideologia
antagonista
di
altre:
sia
la
dottrina
sociale
della
Chiesa
che
il
fascismo
hanno
espresso
questo
concetto
di
terza
via.
Nel
justicialismo
l’economia
è
strumento
del
benessere
collettivo
e
perciò
deve
sottostare
al
controllo
ed
alla
regolamentazione
pubblici
pur
rimanendo
in
una
condizione
di
libero
mercato.
Un’assemblea
costituente,
presieduta
da
Domingo
Mercante,
nel
1949
elaborò
una
nuova
costituzione
che
incorporava
i
principi
del
giustizialismo.
In
particolare
l’articolo
37
costituzionalizzava
i
diritti
dei
lavoratori
(diritto
al
lavoro,
a
una
giusta
retribuzione,
alla
formazione,
a
condizioni
di
lavoro
degne,
alla
preservazione
della
salute,
al
benessere,
alla
sicurezza
sociale,
alla
protezione
della
propria
famiglia,
al
miglioramento
economico,
alla
difesa
degli
interessi
professionali),
i
diritti
della
famiglia
e i
diritti
degli
anziani
(elenco
provenuto
dal
Decálogo
de
la
ancianidad
proclamato
precedentemente
da
Evita:
diritto
all’assistenza,
alla
casa,
all’alimentazione,
al
vestito,
alla
cura
della
salute
fisica
e
morale,
allo
svago,
al
lavoro,
alla
tranquillità,
al
rispetto).
Questo
che
segue
è il
manifesto
del
Partido
justicialista
con
i
suoi
venti
punti
così
come
furono
enunziati
nel
1950
da
Perón.
1
- La
vera
democrazia
è
quella
in
cui
il
governo
compie
la
volontà
del
popolo
e
difende
un
solo
interesse:
quello
del
popolo.
2
- Il
peronismo
è
essenzialmente
popolare.
Ogni
fazione
politica
è
antipopolare
e
pertanto
non
è
peronista.
3
- Il
peronista
lavora
per
il
movimento.
Colui
che
in
nome
del
partito
serve
una
fazione
o un
caudillo
è
peronista
soltanto
di
nome.
4
-
Per
il
peronismo
c’è
soltanto
una
classe
di
uomini:
quella
degli
uomini
che
lavorano.
5
-
Nella
nuova
Argentina
il
lavoro
è un
diritto
che
dà
dignità
all’uomo,
ed è
un
dovere
perché
è
giusto
che
produca
almeno
quanto
consuma.
6
-
Per
un
peronista
non
vi
può
essere
niente
di
meglio
di
un
altro
peronista.
7
-
Nessun
peronista
deve
sentirsi
di
più
di
quello
che
è,
né
meno
di
quello
che
può
essere.
Quando
un
peronista
comincia
a
sentirsi
superiore
a
quello
che
è,
sta
già
trasformandosi
in
un
oligarca.
8
-
Nell’azione
politica,
la
scala
dei
valori
di
ciascun
peronista
è la
seguente:
prima
la
patria,
poi
il
movimento
ed
infine
gli
uomini.
9
-
Per
noi
la
politica
non
è un
fine
ma
soltanto
un
mezzo
per
il
bene
della
patria
che
è
costituito
dalla
prosperità
dei
suoi
figli
e
dalla
sua
grandezza
nazionale.
10
- Le
due
braccia
del
peronismo
sono
la
giustizia
sociale
e
l’assistenza
sociale.
Con
esse
diamo
al
popolo
un
abbraccio
di
giustizia
e di
amore.
11
- Il
peronismo
aspira
all’unità
nazionale
e
non
alla
lotta.
Desidera
eroi
ma
non
martiri.
12
-
Nella
nuova
Argentina
gli
unici
privilegiati
sono
i
bambini.
13
- Un
governo
senza
dottrina
è
come
un
corpo
senz’anima.
Perciò
il
peronismo
ha
una
sua
propria
dottrina
politica,
economica
e
sociale:
il
giustizialismo.
14
- Il
giustizialismo
è
una
nuova
concezione
della
vita,
semplice,
pratica,
popolare,
profondamente
cristiana
e
profondamente
umanista.
15
- Il
giustizialismo,
come
dottrina
politica,
realizza
l’equilibrio
dell’individuo
con
quello
della
comunità.
16
- Il
giustizialismo,
come
dottrina
economica
realizza
l’economia
sociale,
mettendo
il
capitale
al
servizio
dell’economia
e
quest’ultima
al
servizio
del
benessere
sociale.
17
- Il
giustizialismo,
come
dottrina
sociale,
realizza
la
giustizia
sociale
che
dà a
ciascuno
il
suo
diritto
in
funzione
sociale.
18
-
Vogliamo
un’Argentina
socialmente
giusta,
economicamente
libera
e
politicamente
sovrana.
19
-
Costruiamo
un
governo
centralizzato,
uno
Stato
organizzato
e un
popolo
libero.
20
- In
questo
paese
ciò
che
abbiamo
di
meglio
è il
popolo.
L’evitismo
fu
nel
justicialismo
una
componente
integrante
determinante
che
spinse
ancor
di
più
verso
il
raggiungimento
dei
frutti
raccolti.
La
figura
di
Mercante
cadde
nell’oblio
dopo
il
suo
fallito
tentativo
di
succedere
a
Perón
nel
novembre
del
’51.
Il
generale
sarà
rieletto
a
suffragio
universale
con
circa
4.600.000
voti
contro
2.300.000.
Nel
frattempo
le
donne,
grazie
all’instancabile
impegno
di
Evita,
avevano
ottenuto
il
riconoscimento
dei
propri
diritti:
con
una
legge
del
’47
l’elettorato
attivo
e
passivo
(ci
furono
infatti
peroniste:
23
deputate,
6
senatrici,
109
parlamentari
nelle
province),
con
l’art.
37
della
nuova
costituzione
(nella
parte
riguardante
la
famiglia)
l’uguaglianza
giuridica
tra
i
coniugi,
l’assistenza
alle
madri
e ai
bambini.
L’uguaglianza
di
diritti
politici
tra
uomini
e
donne
aveva
comportato
la
nascita
del
Partido
peronista
femenino,
cui
spettava
un
terzo
delle
candidature
giustizialiste.
La
prematura
scomparsa
di
Eva
Perón
segnò
un
durissimo
colpo
per
il
popolo
argentino
che
da
allora
non
l’ha
mai
dimenticata.
Il
secondo
mandato
presidenziale
di
Perón
terminò
anticipatamente
per
via
del
golpe
del
’55:
egli
se
ne
andò
spontaneamente
in
esilio
per
allontanare
il
pericolo
di
una
guerra
civile.
In
quel
periodo
1952-55
erano
venuti
a
galla
i
contrasti
tra
Chiesa
e
peronismo:
la
prima
cercava
un
proprio
braccio
di
manovra
politica
in
un
partito
democristiano
a
danno
del
Partito
giustizialista,
il
secondo
non
tollerava
l’ingerenza
ecclesiastica
negli
affari
pubblici.
L’episcopato
argentino
era
contrario
all’annullamento
della
discriminazione
tra
i
figli
illegittimi
e
quelli
legittimi.
Il
Parlamento
approvò
una
legge
di
equiparazione,
l’altra
sul
divorziò,
la
legalizzazione
delle
case
di
tolleranza
e
puntualizzò
la
separazione
tra
Stato
e
Chiesa
(l’insegnamento
religioso
nelle
scuole
fu
abolito).
Le
alte
gerarchie
ecclesiali
argentine
erano
alleate
dell’oligarchia:
nonostante
tutto
ciò
la
Costituzione
del
1949
trattava
con
moltissimo
riguardo
il
Cattolicesimo
(lo
sosteneva,
e
prevedeva
che
il
Presidente
dovesse
essere
di
religione
cattolica:
era
stato
costituzionalizzato
il
diritto
di
patronato
nella
presentazione
dei
vescovi,
beneficio
di
cui
lo
Stato
godeva
da
tempo
addietro),
e le
encicliche
sociali
erano
considerate
dal
giustizialismo
spunto
ideologico
e
movente
d’azione
pratica
(attualmente
il
Partido
justicialista
è
affiliato
all’Internazionale
democristiana).
In
politica
estera
l’Argentina
peronista
mirò
infruttuosamente
alla
creazione
di
un
terzo
schieramento
mondiale
che
s’incuneasse
tra
quelli
di
USA
e
URSS,
un
blocco
dei
Paesi
latini
d’Europa
e
d’America
di
cui
divenir
leader
(nel
’46
aveva
ristabilito
relazione
con
l’Unione
sovietica
e
durante
la
guerra
di
Corea
aveva
ignorato
la
richiesta
d’invio
di
truppe
rivoltale
dagli
Stati
Uniti).
Perón
rientrò
in
Argentina
nel
1973,
quando
i
militari
si
arresero
alla
volontà
popolare.
Le
dittature
post-peroniste
avevano
dichiarato
fuorilegge
il
Partito
giustizialista,
revocata
la
Costituzione
del
’49
e
riaperto
il
carcere
di
Ushuaia
(chiuso
nel
1947
a
causa
delle
sue
pessime
condizioni)
per
detenervi
nemici
politici,
inoltre
(cose
non
fatte
nel
1946-55)
messo
al
bando
il
Partito
comunista
e
reintrodotta
la
pena
capitale.
Gli
Argentini
vecchi
e
giovani
non
avevano
abbandonato
il
ricordo
di
quella
società
più
giusta
costruita
con
la
passione
di
Evita
e
con
la
guida
di
Perón
(per
un
secolo
fino
al
1912
era
esistito
il
voto
cantado
ossia
l’elettore
al
seggio
rendeva
pubblicamente
noto
per
chi
votava,
il
governo
peronista
aveva
mantenuto
il
voto
segreto;
il
dato
nazionale
sulla
ripartizione
dei
guadagni
d’impresa
aveva
assegnato
nel
1948
il
53%
ai
lavoratori,
laddove
questo
si
era
attestato
al
44,4%
nel
’43).
Negli
anni
seguiti
al
movimento
del
’68
la
terza
presidenza
di
Perón
(’73-’74,
eletto
con
il
62%
dei
voti)
fu
condizionata
dal
suo
pessimo
segretario
personale
José
López
Rega,
divenuto
ministro,
un
anticomunista
che
alimentò
tensioni
sociali
e
persecuzioni
politiche.
Un
anno
dopo
la
morte
del
generale
fu
costretto
a
scappare
mentr’era
presidentessa
María
Estela
Martínez
(Isabelita,
terza
moglie
di
Perón,
succedutagli
nella
carica
in
quanto
vicepresidentessa).
Del
’75
era
un
progetto
di
legge
giustizialista
mirante
a
dare
ai
lavoratori
una
forma
partecipativa
nella
gestione
delle
imprese.
Nel
’76
un
nuovo
golpe
depose
il
governo
democratico,
l’ultima
dittatura
cadrà
in
seguito
alla
guerra
delle
Malvine.
Il
justicialismo
non
disprezza
il
comunismo.
Nelle
lezioni
di
Evita
alla
Scuola
superiore
peronista
si
sottolinea
come
Marx
mettesse
a
fuoco
problemi
reali,
ma
anche
come
la
via
della
risoluzione
traumatica
non
fosse
la
più
adatta
e la
più
congeniale
all’instaurazione
di
un
regime
di
giustizia
sociale.
Dopo
Isabelita
i
gruppi
estremi
della
sinistra
(peronisti
e
marxisti)
furono
perseguitati
dalla
dittatura
duramente
fino
ad
essere
annientati
(il
triste
fenomeno
dei
desaparecidos).
I
Montoneros
erano
seguaci
del
peronismo
che
ambivano
al
socialismo
reale
e
che
per
cercare
di
esercitare
pressioni
su
Perón
si
spinsero
fino
ad
atti
di
violenza.
L’obiettività
richiede
che
si
accenni
alla
storia
dei
presunti
depositi
bancari
svizzeri
di
Evita
e
Perón
per
dire
che
questa
si è
rivelata
una
fantastoria
dato
che
nessuno
li
ha
mai
trovati:
un’ipotesi,
a
questo
punto,
più
“storica”
suggerisce
di
vedere
nella
visita
in
Svizzera
di
Eva
Perón,
durante
il
suo
viaggio
in
Europa
nel
’47,
lo
scopo
di
effettuare
dei
controlli
medici
personali.