N. 14 - Luglio 2006
“E FU MIO”
Intervista
immaginaria a
Giuseppina Bonaparte, moglie di Napoleone,
imperatrice di Francia
di
Alessia Ghisi
Migliari
Ci attende,
mollemente adagiata su di una poltrona in velluto
rosso, con aria pacata e quasi saggia.
Ama questo posto, la
Malmaison, piccolo castello alla periferia di
Parigi, acquistato fatiscente e trasformato, negli
anni e con molto denaro, nel suo prezioso eremo.
Il suo volto non è
bellissimo, nel senso classico ; non lo doveva
essere nemmeno in gioventù.
Ma nei lineamenti
minuti, nel sorriso sottile e nello sguardo
languido, si intravede un’eleganza innata e innato
fascino.
Ci invita a sederci
in questo salottino neoclassico, in silenziosa
attesa, nelle sue vesti morbide e bianche, di
domande cui non ha mai risposto abbastanza.
Che luogo
magnifico…
Condivido
pienamente…vedete, è rimasto un’isola di quiete e
consolazione nella mia travagliata esistenza.
Era scomoda e
poco salubre, questa mia minuscola reggia, ma mi
sono occupata personalmente affinché divenisse
questo incanto. Il giardino, con le sue rose e i
suoi rari volatili, è sarebbe invidia per il
Paradiso stesso. Qui si scordano le umane pene.
Effettivamente,
la sua vita è stata intensa ed avventurosa…lei è
stata Imperatrice, ma la sua infanzia è stata
povera ed …esotica. Cosa le viene in mente di
quegli anni?
La casa del
vento. Sono nata in una piantagione di zucchero in
Martinica, nel 1763, e avevamo questa costruzione
a prova di bufera. Non era un terra facile o
tranquilla, e il cielo sovente ci arrecava danno e
travaglio. Mio padre era tenente dell’artiglieria,
si chiamava Joseph, e mia madre, Rose-Claire, ebbe
altre due figlie dopo di me. La mia era una
famiglia di nobile lignaggio, anche se non potemmo
godere di un’infanzia agiata e non ci mancarono
mai i debiti. Venivo confidenzialmente chiamata
Yeyette, e sono stata una vivacissima bimba
creola.
E in questi suoi
primi anni già c’era Alessandro de Beauharnais.
Oui, Alessandro.
Suo padre era governatore della zona, e ci
frequentavamo soventemente, anzi, ancor più : ha
vissuto con noi, a lungo, e quando è tornato in
Francia, dopo qualche anno è arrivata la richiesta
paterna di dargli in sposa una di noi sorelle. Fu
un’unione nella quale non furono prese in
considerazione le nostre opinioni o i nostri
sentimenti. Eravamo giovanissimi, io avevo appena
sedici anni, e ritrovarmi a Parigi, un mondo così
diverso dai selvaggi e liberi orizzonti cui ero
abituata, fu senza dubbio stupefacente. Ci
separammo dopo appena otto anni, e mi ritrovai coi
piccini, Eugenio e Ortensia, in tenera età.
Dopo una breve
parentesi che mi vide nuovamente nei miei luoghi
natale, scossa da una rivolta che aveva raggiunto
quei posto sperduti, ritornai in Francia…la
rivoluzione francese era iniziata.
Alessandro era
visconte, e divenne rappresentante agli Stati
Generali, ovviamente per la nobiltà.
Fece una rapida
carriera in quel periodo.
Fu uno dei primi
nobili ad avvicinarsi al Terzo Stato, e divenne
segretario dell’Assemblea Nazionale, poi membro
del Comitato Militare e – ritornato alle armi –
generale di Divisone.
Quando la nobiltà
divenne invisa anche nell’esercito, e visti gli
sconvolgimenti rivoluzionari, rassegnò le sue
dimissioni…aveva compiuto degli errori, non riuscì
ad evitare che Magonza finisse nelle mani dei
prussiani. Ma non era certo colpa immane. Ma i
tempi erano senza pace.
Il Visconte fu
ghigliottinato nel 1794. In quanto sua moglie, io
stessa venni incarcerata nella prigione dei
Carmini. E’ lì che seppi della sua morte.
Fu un periodo
angoscioso per lei.
Fu
indescrivibile. Quasi caddi folle. Cento giorni…in
mezzo alla lordura, al terrore, alla violenza.
Vedevo nobili condotti continuamente al patibolo,
e aspettavo la mia ora. Ero giovane, spaventata,
provata. Chi mi stava attorno si faceva cogliere
da parossismi della carne, in preda alla
disperazione, alla consapevolezza di una fine
imminente.
Ebbi la fortuna
di ammalarmi, e grazie a ciò, grazie al contributo
di un medico, grazie alla morte di Robespierre per
decisione della Convenzione, e anche e soprattutto
per l’appoggio di Jean Tallien, fui rilasciata.
Egli fu il principale artefice della mia salvezza,
era un membro importante e in auge nella
Convenzione. Fu il mio miracolo. E un nuovo
inizio.
E arrivò il
primo incontro con Napoleone Bonaparte.
Ci eravamo già
visti durante serate mondane. A casa di Barras, un
uomo d’affari ricco e ambiguo, che tutti
sostengono essere stato mio amante. Ma sono cose
che non voglio approfondire, ormai. L’impressione
che ebbi del giovane còrso non fu invitante…mi
parve rozzo…da addomesticare, in un certo senso.
Non sapeva stare in società, era introverso e
sciatto nell’aspetto. Aveva sempre un’aria
malinconica e pensosa, e un certo disprezzo
perennemente dipinto sul volto che, se curato,
poteva definirsi bello. Aveva ancora assai da fare
su se stesso, e per quanto si vociferasse che
fosse uomo talentuoso, di fronte a quel
personaggio basso e scostante non fui certo
affascinata. Mentre lui…lui si mostrò interessato
a me dall’inizio, per quanto avessi una fama
discussa, o forse in virtù di ciò. Ero nel pieno
della mia maturità, avendo qualche anno più di
lui. Avevo due figli, molti pettegolezzi circa le
mie questioni private e mi impegnavo con tenacia
per avere il mio posto in società.
E’ vero che fu
suo figlio il primo della sua famiglia a entrare
effettivamente nella vita del futuro imperatore?
Eugenio era un
fanciullo coraggioso e maturo. Andò da Bonaparte a
chiedere di potere avere indietro la sciabola del
padre. Napoleone provò stima per questo gesto
d’amore e orgoglio filiale. Per lui la famiglia
era importantissima : il valore primo. In ogni
caso, iniziammo a conoscerci, io a occuparmi della
sua immagine, mentre lui era veramente
innamorato…io gli ero affezionate e gli volevo
assai bene. Ma son sempre stata donna razionale e
pratica, per cui, accanto all’infatuazione per
l’irruenza e la fierezza di Napoleone, iniziavo a
intuirne le enormi potenzialità.
Ci sposammo nel
1796, ed entrambi dichiarammo ventotto anni : in
realtà, lui ne aveva ventisei, ed io trentatré.
In seguito vostro
marito fu impegnato nella sua incredibile ascesa.
E lei ne potè godere le conquiste e anche
l’appassionata dedizione.
Napoleone sapeva
essere feroce quanto tenero. Era un uomo di
profondi istinti e profonda ambizione. Nulla gli
bastava, un’inquietudine lo consumava da dentro,
senza sosta.
E questa spinta
inestinguibile l’aveva sul campo come nell’amore.
E’ vero, man mano
che l’importanza del suo nome si ingigantiva sulle
bocche della Storia, io potei vivere nel lusso e
nello sfarzo. Nulla mi negava. Anche se so che fui
disapprovata fortemente da molti.
Quando conquistò l’Italia, lo raggiunsi a Milano,
e partecipai a una girandola di ricevimenti. E con
me c’era Hippolyte Charles, una persona a me assai
cara…ci fu una liason, sì, tra noi due.
Ma attenzione :
non fui insensibile calcolatrice. Indubbiamente,
nelle mie scelte fui guidata spesso dalla
convenienza e abusai assai della pazienza di
Bonaparte. Ma ne pagai le conseguenze e, a modo
mio, gli volli bene, malgrado le sue intemperanze
e i suoi tradimenti.
Nelle sue
lettere, si leggono frasi struggenti e a volte
patetiche, nelle quali egli, conquistatore del
mondo, altro non era che un uomo innamoratissimo e
geloso.
Bonaparte divenne
primo Console della Repubblica, Imperatore
ereditario di Francia, re d’Italia. Si occupa di
legislazione, con il suo Codice, e di tutti gli
affari sociali, continuando a percorrere i campi
di battaglia, razziando, uccidendo, a lungo
vincendo.
Voi eravate, dal
1804, Imperatrice.
Neanche nella più
rosea delle visioni, si poteva sperare in questo
percorso.
Non riuscivo a
capacitarmene nemmeno io, sapete?
Certo, ero donna abile, che non si accontentava.
Ma mai avrei immaginato tanto.
Il giorno
dell’incoronazione fu la mia vittoria, quando
egli, mio marito, posò la corona sulla mia testa.
Ma lo sapete no?,
è ben visibile nel celebre dipinto di David. Nel
quale si vede la madre di Napoleone, Letizia, che
in realtà mancava. Fra me e la famiglia di
Bonaparte c’erano enormi incomprensioni, anche tra
me e le sorelle. Mi vedevano come un’astuta ‘vecchia’,
ma tutto sommato, loro non potevano certo
lamentarsi di quanto donatogli dal fratello. Li
fece divenire re e principesse e ogni titolo
possibile, nulla era abbastanza per i suoi
parenti, spesso ingrata.
O, almeno, così a
me è parso. Crudele nelle armi, mio marito
diveniva creta tra le mani dei suoi cari.
Ma nemmeno io
posso lamentarmi. Non riuscimmo ad avere bambini
nostri, ma amò teneramente i miei. Eugenio divenne
viceré di Italia e sposò una principessa. Rimase
fedele e devoto al suo protettore fino alla fine.
Ortensia invece fu moglie di un Bonaparte, ed ebbe
anche lei la sua parte di gloria.
Il divorzio
avvenne infine nel 1809.
Proprio così.
Quando capii che ormai ogni cosa era per me
finita, ebbi persino un malore fisico. Malgrado il
mio sfruttare il potere, malgrado le mie spese
enormi e i miei errori, fra noi rimaneva un
affetto profondo. E so che fu addolorato di questa
separazione, per quanto l’ardore si fosse ormai
spento. Aveva avuto amanti e figli, ma da me
nessun erede. E lui ne aveva bisogno. Da giovane
rivoluzionario si era trasformato in tipico
monarca in cerca di continuità. Sposò Maria Luigia
d’Asburgo, cui non interessava granchè di
Napoleone. Ma ebbero effettivamente un bambino,
cui fu dato il titolo di Re di Roma, ma che
sarebbe poi morto giovane.
Cosa che io non
ho vissuto, poiché ormai dimenticata e sola, persa
nei miei ricordi luminosi, mi ritirai proprio qui,
alla Mailmason, dove morii nel 1814, accanto ai
miei figli, di tonsillite o angina, allora le
diagnosi non erano certe. In ogni caso, non avevo
ancora cinquantunanni. Io e Buonaparte, alla fine,
lasciammo questa vita più o meno da coetanei.
Non superai mai
l’abbandono del mio Imperatore.
Egli seppe del
mio decesso mentre era all’Elba.
Lui doveva ancora
avere il suo ultimo giubilo di gloria, un ritorno
che poi lo portò definitivamente in esilio.
Le mie ultime
parole furono la mia pena non superata :
”Bonaparte…l’isola d’Elba…il Re di Roma”.
Napoleone è oggi
personaggio controverso, ammaliante, tenace,
dotato e geniale. Ma anche crudele, spietato,
senza remore né pentimenti.
Qual è il
Napoleone che ci è sfuggito?
Oh mia cara!, non
è semplice scrutare, anche dopo secoli, nell’animo
e nella mente degli uomini.
Soprattutto
quando questi sono complessi ed enormi dentro.
Fu un uomo morso
da un bisogno di conquista infinito, insaziabile.
Non riusciva a
stare fermo, come se avesse qualcosa di penoso, a
dilaniarlo.
E questa sete
senza sosta lo accompagnò nel bene e nella
grandiosità che raggiunse, così come nel male,
nelle migliaia di vittimei che furono causate dal
suo passaggio.
Vi era poi, nel
suo intimo, un cuore indulgente verso le persone
care, la sua famiglia.
Mi fu comunque
insondabile.
La tenerezza e la
diabolica indifferenza che sapeva mostrare lo
rendevano temibile.
Fu grandioso e
odiato.
E fu mio.
Ed entrambi
avemmo esistenze straordinarie. La mia per merito
suo, ma forse, anche lui qualcosa dovette a me.
Non molto, ma
abbastanza da farmi amare teneramente, ne sono
sicura, fino alla fine.
Riferimenti
bibliogarfici:
Erickson C., “L’imperatrice creola”, Oscar Storia
Mondadori, Milano 2004
Ferri
E., “Letizia Bonaparte: vita, potere e tragedia
della madre di Napoleone”, Mondadori, - Milano
2003
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F., “Maria Luigia: il destino di un’Asburgo da
Parigi a Parma”, Mondadori, Milano 1998
Herre
F., “Napoleone Bonaparte. Un piccolo grande
dittatore”, Bompiani, Milano 1991
Ludwig
E., “Napoleone” Rizzoli, Milano 1999
Spinosa A., “Paolina Bonaparte, l’amante
imperiale”, Club degli Editori, Milano 1980
Spinosa A., “Napoleone il flagello d’Italia : le
invasioni, i saccheggi, gli inganni”, Mondadori,
Milano 2003
Sutherland C., “L’amante di Napoleone : vita e
passioni di Maria Walewska, Mondadori, Milano 2001
www.rotarycarraraemassa.it/MainPage/Relazioni/GiuseppinaBonaparte.pdf
www.historydata.com/biographies/beauharnais_a.html |