Giuseppe Rensi
un rivoluzionario tra ateismo e
materialismo
di
Riccardo Renzi
Giuseppe Rensi fu uno dei filosofi
più influenti del suo tempo, uno di
quelli che mutò profondamente il
modo di pensare la filosofia nelle
accademie e che riuscì a ridare
vigore allo scetticismo facendo
riscoprire le basi greche di questo
pensiero. Non è in questa sede che
si andrà a ricostruire la biografia
del Filosofo, ma consigliamo alcuni
testi fondamentali per comprendere
la vita e il pensiero del filosofo,
come Giuseppe Rensi interprete
del pensiero antico di Mario
Untersteiner o Giuseppe Rensi
di Fabrizio Meroi.
Rensi visse tra la fine
dell’Ottocento e la prima metà del
Novecento, un’epoca nella quale non
era così ben visto lo scetticismo e
il dubitare di tutto, anche di Dio.
Rensi fu un intellettuale
“irrequieto” o meglio costantemente
“inquieto”, era un uomo
costantemente in disaccordo, che al
gusto intellettualistico, un po’
gorgiano, di evidenziare le ragioni
meno appariscenti di un fenomeno e
più contraddittorie rispetto al
comune sentire, aggiungeva uno
spirito del tutto elitario della
continua opposizione, doveva essere
costantemente in disaccordo.
Questa filosofia del dissenso, o
meglio “del dubbio continuo”, gli
viene però dalla sua formazione
classica e da quel Socrate che tanto
aveva amato in gioventù. Lo stesso
Rensi afferma che la sua «è una
filosofia inconsueta, ostilissima
alla mente di coloro, i quali
vogliono dormire sonni pacifici nel
letto morbido delle soluzioni
conclusive». Rensi con la sua
filosofia cerca di inserirsi in quel
filone di scetticismo della
tradizione italiana che lui stesso
genera ex novo e nel quale
inserisce, o meglio “arruola” gli
autori più disparati: si va da
Dante a
Petrarca, per poi passare a
Boccaccio, Ariosto, Pulci, Folengo,
Pico della Mirandola, Machiavelli,
Guicciardini, Galileo, Bruno,
Melchiorre Delfico, Manzoni,
Leopardi, Arturo Graf, Pirandello,
Ausonio Franchi, Bonaventura
Mazzarella. Questi gli arruolati
da Rensi.
Ma cos’è lo scetticismo, secondo
Giovanni Bovio, «è l’intimità del
genio italiano, è il fondo e il
riflesso della nostra storia e di
tutta la nostra vita». Rensi
afferma che pensare l’oggi è
possibile solo se si ricrea tale
continuità con questi pensatori del
passato, andando così a ricercare
l’oggi a ritroso. Sui concetti di
verità divina e di bene e di male
così si esprimeva: «Se anche la
verità, come concezione divina,
esistesse, se anche cioè la realtà
avesse una determinata
conformazione, sua vera, noi non
potremmo conoscerla». L’uomo è
dunque incapace di conoscere la
verità dietro la realtà e una sua
eventuale origine divina, come è
incapace di discernere tra bene e
male: «la ragione umana è
radicalmente incapace di distinguere
il bene dal male».
Per comprendere a fondo il rapporto
tra Rensi e la religione, un saggio
si rivela di fondamentale
importanza, Giuseppe Rensi tra
Leopardi e Pascal ovvero
l’autocritica dell’ateismo negativo
in Giuseppe Rensi, di Augusto
Del Noce pubblicato nel 1966. Rensi
come tutti i “giovani filosofi”
(Croce, Gentile e Martinetti) del
suo periodo, nell’affrontare il
primato del problema
metafisico-religioso, tendono a
mettersi in contrasto con coloro che
lo hanno affrontato della
generazione prima della loro. Del
Noce critica questi quattro filosofi
per aver rifiutato l’aspetto
rivelativo del problema
metafisico-religioso e per averlo
trattato solo selettivamente, ma,
prescindendo dal fatto che si sia
d’accordo o meno con tale critica,
le sue osservazioni rispetto al tipo
di selettività operato da ciascuno
di essi -Gentile accentuando
l’aspetto della Creazione continua,
Croce la superiore Provvidenza
storica, Martinetti e Rensi la
Salvezza e la Redenzione in assenza
del divino – possono essere utili
anche solo per un’ermeneutica
interna alle loro differenti
proposte. Rensi, a differenza degli
altri tre, affronta il problema
metafisico-religioso, in una forma
esplicitamente “ateistica”, anzi in
lui tale forma è portata quasi
all’esasperazione.
Dunque, giunti a questo punto non
possiamo non menzionare Apologia
dell’ateismo pubblicata nel
1925. L’opera fece la sua prima
apparizione nella collana intitolata
appunto «Apologie» che era partita
per l’editore Formiggini nel 1923.
La collana era stata da Formaggini
ideata affidando a ciascun esperto
di una determinata religione, spesso
anche appartenente confessionale
alla stessa, una focalizzazione
essenziale degli aspetti più
specifici e peculiari di essa, una
focalizzazione che nel contempo
permettesse un confronto, in senso
dialogico, con le altre. L’editore
volle inserire Rensi nella collana,
ma non con un testo sull’ateismo,
questa decisione destò perplessità
nell’editore.
Rensi voleva inserire l’ateismo in
questa collana delle religioni del
mondo, poiché concepiva l’ateismo
come esso stesso una religione
migliore di quelle esistenti. Alla
fine Formaggini accettò poiché
condivideva con Rensi l’amore per il
dubbio, il paradosso e
l’anticonvenzionale. Il volumetto si
presenta come un commento a una
raccolta di aforismi di quegli
autori citati in apertura di questo
saggio che Rensi aveva arruolato tra
gli atei. Degli aforismi riportati
da Rensi, uno risulta più
esplicativo di molti altri, attinto
allo Zibaldone di Leopardi: «la
nostra opinione intorno a un Dio
composto degli attributi che l’uomo
giudica buoni è una vera
continuazione dell’antico sistema
che lo componeva degli attributi
umani», è opinione «della
stessa natura, andamento, origine di
quella che attribuiva agliDei figura
e qualità e natura quasi del tutto
umana».
Rensi, in tutta l’opera, insiste
sulla completa frattura tra le
idealità umane, da un lato, e
l’esperienza del mondo reale,
dall’altro. Quest’ultima esperienza
non lascia spazio ad alcun tentativo
di presupporre un’origine comune e
superiore che stabilisca un’armonia
tra le idealità umane e il mondo
reale. Dunque, non vi è prova di
un’origine comune dell’uomo, di
un’origine divina, ma questa
“comunanza” altro non è che il
frutto dell’unione di più
sovrastrutture di pensiero che
tendono a una concezione di origine
comune per l’umanità tutta.
Rensi è un filosofo fortemente
anti-crociano e anti-gentiliano, nei
suoi scritti spesso si richiama al
materialismo di Roberto Ardigò.
Rensi per i suoi tempi fu un totale
rivoluzionario, uno scettico
materialista radicale, sempre pronto
a mettere in dubbio tutto e che a
più ripetuto pagò questo suo modo
realmente libero di pensare.
Riferimenti bibliografici:
G. Rensi, Apologia dell’ateismo,
introduzione di A. Torno, La vita
felice, Milano 2009, p. 79.
G. Rensi, Le antinomie dello
spirito, Pontremolese Editore,
Piacenza 1910, p. 148.
A. Montano, Giuseppe Rensi:
ethica ed etiche, Arte
tipografica - Istituto italiano per
gli studi filosofici, Napoli 2006.
P. Serra, Giuseppe Rensi. La
rivolta contro il reale, Città
Aperta Edizioni, Enna 2006
N. Greco, Giuseppe Rensi: la
filosofia morale, Viaggidicarta,
Palermo 2007.
G. Rensi, La filosofia
dell’autorità, Sandron, Palermo
1920, p. XI.
G. Bovio, Saggio critico del
diritto penale, Feltrinelli,
Milano 1978, p. 25.