N. 108 - Dicembre 2016
(CXXXIX)
Giovanni Borgia
L’INFANTE ROMANO
di Giulia Iacovelli
La
vita
di
Giovanni
Borgia,
ma
soprattutto
le
vicende
legate
alla
sua
nascita,
possono
essere
considerate
tra
i
più
grandi
misteri
del
Rinascimento
italiano.
Infans
Romanus
è
l’espressione
che
la
storiografia
usa
ancora
per
autoassolversi
dal
fallimento
nel
suo
secolare
tentativo
di
sciogliere
l’enigma.
Roma
può
aver
adottato
Giovanni
nel
nome,
ma
altrettanto
non
ha
fatto
con
i
membri
della
sua
famiglia,
che,
pur
avendo
contribuito
in
misura
considerevole
al
passaggio
dal
Medioevo
all’età
moderna,
hanno
visto
la
loro
eredità
politica
distrutta
dallo
scorrere
inesorabile
del
tempo.
Innanzitutto
i
fatti.
Prima
di
addentrarci
nella
ricostruzione
dei
principali
avvenimenti
che
seguirono
la
nascita
di
Giovanni,
è
utile
fare
un
passo
indietro
e
collocare
storicamente
la
vicenda.
È il
1492
quando
Rodrigo
Borgia
viene
eletto
Papa
con
il
nome
di
Alessandro
VI.
Non
è il
primo
della
sua
famiglia:
era
infatti
giunto
dalla
Spagna
in
gioventù
per
seguire
le
orme
di
suo
zio,
Papa
Callisto
III.
Quando
sale
sul
trono
di
Pietro,
Rodrigo
ha
già
goduto
i
frutti
di
una
vita
lunga
e
piena,
trascorsa
per
lo
più
a
servire
la
Chiesa
Cattolica
tra
le
mura
del
Vaticano
in
qualità
di
Vicecancelliere.
È,
insomma,
un
uomo
estremamente
potente
a
Roma.
All’alba
della
sua
avventura
italiana,
ha
già
tre
figli:
Pedro
Luis
(Primo
Duca
di
Gandìa),
Isabella
e
Girolama.
Tuttavia,
la
sua
relazione
di
gran
lunga
più
nota
è
quella
con
Vannozza
Cattanei,
una
giovane
e
bella
locandiera
romana,
che
gli
darà
quattro
figli:
Cesare,
Juan,
Lucrezia
e
Jofré.
Rodrigo
attenderà
molti
anni
prima
di
riconoscerli
ufficialmente:
lo
farà
da
Papa,
quando
sarà
al
di
sopra
di
ogni
accusa
e
sospetto.
È
Juan
il
suo
preferito
e
per
lui
il
Vescovo
di
Roma
vuole
la
carriera
militare.
Le
cronache,
tuttavia,
ci
restituiscono
del
secondogenito
di
Vannozza
un’immagine
certamente
non
lusinghiera.
Tante
volte
Juan
disonora
la
sua
famiglia,
sia
sul
campo
di
battaglia
sia
nei
frequenti
incontri
con
gli
altri
esponenti
della
nobiltà
romana.
Cesare
è
decisamente
più
dotato
del
fratello.
Il
padre
sogna
per
lui
una
carriera
nel
mondo
ecclesiastico
ed è
per
questo
che,
dopo
gli
studi
di
legge
in
cui
il
ragazzo
eccelle,
decide
di
nominarlo
Cardinale.
Tuttavia
suo
figlio
non
vuole
questa
vita.
Cesare
è
animato
da
una
visione
più
grande.
L’Italia
in
cui
è
nato
e
cresciuto
è
divisa
in
una
decina
di
stati.
Il
più
grande,
il
Regno
di
Napoli,
è
sotto
la
diretta
influenza
degli
Spagnoli.
Il
centro-nord
è
invece
composto
dello
Stato
Pontificio
e di
altri
piccoli
stati,
facile
preda
di
influenze
straniere
(soprattutto
francesi).
Cesare
sogna
un’Italia
unita
e
dunque
più
forte.
Alessandro
VI
condivide
questa
visione
anche
e
soprattutto
per
una
ragione
che
riguarda
il
destino
della
sua
famiglia.
Essere
salito
al
soglio
pontificio
è
sicuramene
la
realizzazione
del
sogno
della
sua
vita,
ma
non
costituisce
alcuna
garanzia
per
il
futuro
dei
suoi
figli.
Dopo
la
sua
morte,
tutto
il
potere
che
è
riuscito
ad
accumulare
svanirà
nel
nulla.
Per
questo
egli
vuole
dar
vita
ad
uno
stato
nazionale
governato
da
un
Borgia,
così
da
fondare
una
vera
e
propria
dinastia.
Dopo
la
morte
di
Juan,
il
14
giugno
1497,
è
Cesare
che
prende
in
mano
le
redini
delle
operazioni
politiche
e
miliari
della
famiglia.
In
tutto
questo,
Lucrezia
è
una
delle
figure
femminili
più
forti
del
Rinascimento
italiano.
Istruita
come
e
più
delle
nobildonne
del
suo
tempo,
contrarrà
tre
matrimoni
(con
Giovanni
Sforza,
Alfonso
d’Aragona,
Alfonso
d’Este)
e
avrà
sempre
in
Cesare
la
stella
polare
della
sua
vita.
Giovani
nasce
a
Roma
nel
marzo
del
1498.
Pochi
mesi
dopo,
Cesare
Borgia
lascia
la
vita
cardinalizia:
è la
prima
volta
nella
storia
che
un
cardinale
della
Chiesa
Cattolica
viene
risecolarizzato.
Nel
1501,
poco
prima
delle
terze
nozze
di
Lucrezia,
papa
Alessandro
VI
emanerà
due
bolle:
la
prima
afferma
che
Giovanni
è il
figlio
di
Cesare
e di
una
donna
sconosciuta;
la
seconda
che
è
figlio
dello
stesso
Pontefice.
Giovanni
rimane
sotto
la
protezione
di
Cesare
a
Roma
fino
al
1505,
anno
in
cui
arriva
a
Ferrara.
Verrà
educato
come
un
gentiluomo
e
introdotto
alla
vita
di
corte.
Il
duca
Alfonso
farà
di
tutto
per
provare
ad
inserirlo
alla
corte
del
Re
di
Francia,
ma
il
giovane
Borgia
si
rivelerà
incapace
di
grandi
imprese.
L’unico
elemento
che
darà
stabilità
alla
sua
vita
è il
rapporto
con
Lucrezia,
che
egli
nella
lettera
di
condoglianze
ad
Alfonso
d’Este
per
la
morte
della
sua
consorte
definirà
“hermana”,
avvalorando
quindi
la
tesi
della
seconda
bolla.
La
storia
di
Giovanni
Borgia
è
affascinante.
Le
due
bolle
papali,
le
cure
che
gli
sono
state
dedicate,
la
possibilità
di
essere
introdotto
in
una
delle
più
importanti
corti
europee
non
sono
certo
privilegi
che
erano
destinati
a
tutti
i
giovani
dell’Italia
rinascimentale.
Tutto
sembra
volto
a
volerlo
proteggere,
a
spianargli
la
strada
affinché
vivesse
un’età
matura
priva
delle
turbolenze
che
avevano
caratterizzato
la
sua
infanzia.
I
Borgia
sapevano
bene
che
attorno
alla
figura
di
Giovanni
tante
dicerie
sarebbero
nate.
Sarebbe
stato,
comunque,
un
figlio
del
peccato.
Che
fosse
figlio
di
Cesare
o di
Alessandro
VI,
si
sarebbe
trattato
di
una
violazione
dei
voti
di
castità.
Anche
la
teoria
di
alcuni
che
Giovanni
fosse
figlio
di
Lucrezia
e di
un
uomo
sconosciuto
avrebbe
generato
problemi
analoghi:
è
datata
al
20
dicembre
1497,
infatti,
la
sentenza
di
annullamento
del
matrimonio
tra
lei
e
Giovanni
Sforza
che
la
dichiara
“virgo
intacta”.
Nel
corso
del
processo,
i
Borgia
avevano
sostenuto
che
il
matrimonio
tra
i
due
non
fosse
mai
stato
consumato
a
causa
dell’impotenza
del
duca.
Il
concepimento
di
Giovanni
è,
però,
precedente
all’annullamento.
Dunque,
se
Lucrezia
fosse
la
madre
dell’Infante
Romano,
la
dichiarazione
della
sua
verginità
sarebbe
da
ritenersi
fallace.
Ma
non
sono
solo
queste
le
ipotesi
che
sono
state
formulate
sull’identità
dei
genitori
di
Giovanni.
Ce
ne
sono
altre
due
che
lo
vorrebbero
figlio
di
un
rapporto
incestuoso
tra
Cesare
e
Lucrezia
o
tra
Lucrezia
e
Alessandro
VI.
Diversi
sono
gli
elementi
che
possono
essere
portati
a
sostegno
di
queste
tesi.
Innanzitutto,
sono
in
perfetta
coerenza
con
lo
spirito
delle
bolle
papali
del
1501.
Poi
non
possono
essere
sottovalutate
alcune
scelte
di
Alessandro
e
Cesare
in
merito
alla
destinazione
dei
possedimenti
e
delle
conquiste
dei
Borgia.
A
Giovanni
saranno
infatti
intestati
dal
Pontefice
i
ducati
di
Nepi
e di
Camerino.
Nepi
non
è
una
roccaforte
qualunque
nella
storia
dei
Borgia:
per
anni
punto
di
riferimento
per
i
loro
soggiorni
fuori
Roma,
ancora
oggi
è
una
della
città
italiane
più
legate
alla
storia
della
famiglia
valenziana.
È
difficile
pensare
che
un
possedimento
a
cui
erano
così
legati
sia
stato
donato
a
chi
non
aveva
sangue
borgiano
nelle
vene.
E lo
è
soprattutto
se
consideriamo
il
modo
di
pensare
di
Alessandro,
che
aveva
vissuto
i
suoi
anni
italiani
nella
consapevolezza
di
poter
contare
solo
sulla
sua
famiglia.
Il
progetto
di
un’Italia
unita
era
per
lui
un
modo
per
rendere
ereditario
il
potere
che
era
riuscito
ad
ottenere
con
la
sua
salita
al
soglio
pontificio.
Una
cosa
è
certa:
Giovanni
era
un
Borgia.
E
non
per
adozione.
Le
tesi
dell’incesto
lo
renderebbero
paradossalmente,
in
una
famiglia
di
“figli
del
peccato”,
il
più
illegittimo
e al
tempo
stesso
quello
con
il
sangue
più
puro:
semplicemente
un
Borgia.
Camerino
era
invece
una
base
strategica
fondamentale
per
il
Valentino:
se
fosse
caduta
in
mano
nemica
sarebbe
stato
facile
attentare
a
tutto
quello
che
Cesare
aveva
costruito
e
che
costituiva
il
futuro
della
famiglia.
Doveva,
insomma,
necessariamente
essere
assegnata
a un
consanguineo.
Ufficialmente,
il
primo
figlio
di
Lucrezia
di
cui
siamo
a
conoscenza
è
Rodrigo,
nato
dal
matrimonio
con
Alfonso
d’Aragona.
Quando
Lucrezia
sposa
Alfonso
d’Este,
però,
è
subito
chiaro
che
il
giovane
duca
di
Bisceglie
e
Sermoneta
non
potrà
seguire
la
madre
a
Ferrara:
sarebbe
infatti
sconveniente
per
il
duca
Alfonso
avere
a
corte
il
figlio
del
primo
matrimonio
di
sua
moglie.
Per
qualche
mese,
Rodrigo
rimane
dunque
a
Roma.
Nell’ottobre
del
1503,
Cesare
decide
di
portarlo
a
Castel
Sant’Angelo,
per
tenerlo
al
sicuro
insieme
ai
suoi
due
figli
illegittimi,
Girolamo
e
Camilla,
e
naturalmente
all’Infante
Romano.
In
riferimento
a
quest’ultimo,
Cesare
scrive
di
aver
portato
con
sé
suo
“fratello,
nepote
et
figliolo”,
aprendo
così
la
strada
a
molte
differenti
interpretazioni.
È
infatti
possibile
che
neanche
Cesare
sapesse
con
precisione
quale
legame
di
parentela
lo
unisse
a
questo
bambino.
Tuttavia,
sapeva
che
Giovanni
era
legato
a
lui
e
questo
gli
bastava
per
volerlo
proteggere
come
aveva
fatto
per
tutti
i
suoi
figli.
Mentre
però,
Rodrigo
viene
poi
mandato
nel
regno
di
Napoli,
a
Bari,
dai
parenti
del
padre,
dove
muore
di
malattia
nel
1512
a
soli
13
anni,
nel
1505
Giovanni
è
sicuramente
nei
pressi
di
Ferrara,
così
come
Girolamo
e
Camilla.
Questi
ultimi
cresceranno
infatti
a
Carpi
e
vivranno
la
loro
intera
esistenza
in
quella
parte
di
Italia
che
Cesare
aveva
tanto
amato.
Sarà
Lucrezia
ad
occuparsi
di
loro
e ad
assicurarsi
che
ricevano
un’ottima
istruzione,
come
era
stato
per
lei
e
per
i
suoi
fratelli.
Possiamo
affermare,
senza
dubbio
alcuno,
che
Giovanni
abbia
nel
complesso
ricevuto
un
trattamento
migliore
degli
altri
figli
di
Cesare,
soprattutto
in
termini
di
opportunità.
Lucrezia
soffriva
molto
nel
veder
crescere
questo
giovane
Borgia
triste
e
svogliato,
probabilmente
anche
a
causa
del
nodo
irrisolto
riguardo
all’identità
dei
suoi
genitori.
Tutto
quello
che
Giovanni
proverà
a
fare
in
età
matura
sarà
seguire
il
filo
delle
vite
delle
tre
persone
che
più
lo
avevano
amato
e
che,
in
un
modo
o
nell’altro,
gli
avevano
dato
la
vita:
Alessandro,
Cesare
e
Lucrezia.
È
dalla
Francia
che
Giovanni
comincia
a
riavvolgere
il
filo.
Lucrezia
intercede
presso
Alfonso
affinché
egli
utilizzi
il
suo
ascendente
su
Francesco
I
per
sistemare
alla
sua
corte
il
giovane
Borgia.
Nei
documenti
coevi
alla
sua
permanenza
oltralpe,
una
cosa
emerge
chiaramente:
la
versione
ufficiale,
accreditata
presso
gli
Estensi,
era
che
Giovanni
fosse
il
fratello
minore
di
Lucrezia,
come
dichiarava
la
seconda
bolla
di
Alessandro
VI.
Giovanni
segue
quindi
apparentemente
le
orme
dello
“zio”
Cesare,
quando
arriva
alla
corte
dei
Valois.
In
pratica,
però,
egli
non
si
dimostra
assolutamente
all’altezza
delle
opere
compiute
dal
Valentino.
Anzi,
è
probabile
che
la
sua
incapacità
di
uguagliarlo
in
coraggio
e
ardore
contribuisca
in
modo
sostanziale
a
demotivarlo
e a
renderlo
ancora
più
triste
di
quanto
non
fosse
a
Ferrara.
Ed è
proprio
in
Francia
che
Giovanni
apprende
la
notizia
della
morte
dell’ultimo
dei
suoi
protettori.
Siamo
nel
1519
e
Lucrezia
muore
di
parto
a
Ferrara
a
trentanove
anni.
L’Infante
Romano
scrive
ad
Alfonso
una
lettera
di
condoglianze
nelle
quale
si
dice
“afflittissimo”
per
la
scomparsa
della
sua
“hermana”.
Gli
anni
passati
in
Francia
non
portano
altro
che
questo.
Giovanni
prova
allora
a
giocarsi
l’ultima
carta
che
gli
resta.
Vuole
riconquistare
il
suo
potere
sul
ducato
di
Camerino,
che,
esattamente
come
Nepi,
gli
era
stato
tolto
con
la
salita
al
trono
di
Pietro
di
Giulio
II.
Nel
1530,
mentre
è
ancora
in
Francia,
chiede
dunque
ad
Alfonso
d’Este,
ormai
la
cosa
più
simile
ad
un
parente
che
gli
è
rimasta,
di
intercedere
per
lui
presso
Clemente
VII
affinché
il
ducato
che
gli
era
stato
intestato
da
Alessandro
VI
gli
venga
restituito.
Non
conosciamo
esattamente
la
dinamica
di
quel
che
avviene
dopo.
Siamo
tuttavia
certi
che
Camerino
non
tornerà
mai
nelle
mani
di
Giovanni.