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N. 83 - Novembre 2014 (CXIV)

IL GIOVANE FAVOLOSO
UN LEOPARDI VIVO E VERO

di Giovanna D'Arbitrio

 

Mario Martone, regista e sceneggiatore napoletano, noto per il suo impegno sia in ambito teatrale che cinematografico, di tanto in tanto ci regala film di “qualità”, come Storia di un matematico napoletano, L’Amore molesto, Noi credevamo ed altri anche se meno conosciuti. Anche la sua ultima opera “Il Giovane Favoloso”, sul grande poeta italiano Giacomo Leopardi, sta riscuotendo notevole successo di pubblico e di critica.

 

Il film inizia con le immagini di tre bambini che giocano nel giardino di una casa nobiliare a Recanati. Sono i fratelli Leopardi, Giacomo, Carlo e Paolina, costretti dal severo padre, Monaldo, e dalla madre, Adelaide Antici, dura e poco affettuosa, a dedicare molte ore allo studio nella biblioteca di famiglia, studio intenso “matto e disperatissimo” che forse causerà nel giovane poeta grave scoliosi e salute molto fragile. Inutili saranno i suoi tentativi di fuga da Recanati. Unico conforto per Giacomo (Elio Germano) sarà l’amicizia dello scrittore Pietro Giordani (V. Binasco) che lo incoraggia con le sue frequenti lettere.

 

Dopo 10 anni ritroviamo Leopardi a Firenze tra i letterati dell’epoca. Qui incontra anche l’amata Fanny Targioni e l’amico Antonio Ranieri, considerato un pericoloso sovversivo. Incompreso dall’ intellighenzia fiorentina per il suo eccessivo pessimismo, sovente attribuito al suo aspetto fisico, si ribellerà dicendo :- “Non attribuite al mio stato quello che si deve al mio intelletto. Il mio cervello non concepisce masse felici fatte di individui infelici”. Infine pone il “dubbio” al centro della conoscenza: “Chi dubita sa, e sa più che si possa”.

 

Dopo una breve periodo trascorso a Roma, l’azione si sposta a Napoli, alle pendici del Vesuvio, dove il racconto si fa più coinvolgente a livello emotivo e si traduce in immagini di grande forza e bellezza.

 

Un Leopardi “diverso” quello di Martone, vivo e vero, pieno di contrastanti aspetti: sofferente e fragile, sensibile e tenero, ma anche capace di ironia e lucida razionalità. I suoi versi immortali, recitati nel film dallo stesso poeta e inseriti in modo naturale nel contesto umano della sua vita, risaltano in tutta la loro struggente attualità per quel “mal di vivere”, sempre presente in tutte le epoche, e per gli inquietanti interrogativi su sofferenze e dolori inflitti all’uomo.

 

Possenti nella loro drammaticità alcune scene: l’urlo “silenzioso” di Giacomo davanti alle coercitive intimidazioni del padre e dello zio, l’immagine della madre impressa in una grande statua, simbolo di “Natura Matrigna”, causa di dolore e disperazione, l’avventura sessuale tra le prostitute nei bassifondi napoletani, l’eruzione del Vesuvio, e infine i versi dedicati alla “Ginestra”, fiore gentile che riesce a portare bellezza anche in luoghi aspri e desolati.

 

Interessante la colonna sonora con l’accostamento di brani classici a moderna musica elettronica (Sasha Ring), ottime sceneggiatura ( M. Martone), scenografia (G. Muselli)), fotografia (R. Berta). Bravissimi gli attori, soprattutto Elio Germano, magistrale interprete della figura del poeta, Michele Riondino nel ruolo di Antonio Ranieri, Anna Mouglalis, la bella Fanny, Massimo Popolizio nelle vesti del padre Monaldo.



 

 

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