N. 146 - Febbraio 2020
(CLXXVII)
Una
riflessione
sul
Giorno
del
ricordo
l'italianizzazione
forzata
della
popolazione
slava
di
Giorgio
Giannini
Pertanto,
la
Legge
n.
92 è
stata
emanata
dal
Governo
Berlusconi
solo
per
commemorare
le
vittime
delle
foibe
del
settembre
1943
e
del
maggio-giugno
1945
nella
Venezia
Giulia
e in
Istria
e
l’esodo,
nel
dopoguerra,
di
circa
270.000
cittadini
italiani
dall’Istria
e
dalla
Dalmazia,
annesse
dalla
Jugoslavia
con
il
Trattato
di
Pace
di
Parigi.
Alcune
riflessioni
sulle
foibe
del
1943
e
del
1945
La
Destra
italiana,
nel
dopoguerra,
ha
parlato
di
migliaia
di
infoibati,
alimentando
l’idea
di
una
‘pulizia
etnica’
contro
gli
italiani,
in
quanto
tali.
In
verità,
secondo
molti
storici,
nel
settembre
1943,
si è
trattato
di
una
‘resa
dei
conti’
degli
jugoslavi
contro
i
fascisti
per
i
torti
subiti
nel
ventennio.
Infatti,
migliaia
di
nostri
soldati
sono
stati
salvati
durante
la
guerra,
sia
dai
partigiani
titini,
con
i
quali
hanno
combattuto
contro
i
nazisti,
sia
dalla
popolazione.
Nel
maggio-giugno
1945,
invece,
c’è
stata
sia
la
eliminazione
di
molti
soldati,
poliziotti
e
funzionari
pubblici,
considerati
fascisti,
e
anche
di
molti
collaborazionisti,
perché
considerati
responsabili
dei
crimini
compiuti
dalle
nostre
truppe
contro
la
popolazione
durante
la
guerra
(come
nel
settembre
1943),
sia
la
‘pulizia
politica
o
ideologica’,
altrettanto
esecrabile
di
quella
‘etnica’,
con
la
eliminazione
di
tutti
coloro
(anche
comunisti)
che
si
opponevano
al
progetto
titino
di
annessione
alla
Jugoslavia
della
Venezia
Giulia,
con
Trieste
e
Gorizia,
fino
al
fiume
Isonzo,
non
solo
per
riunificare
la
popolazione
slovena
e
croata,
ma
soprattutto
per
motivi
di
espansione
territoriale,
conquistando
le
zone
industriali
e
portuali
giuliane.
Pertanto,
per
raggiungere
questo
scopo
i
titini
hanno
duramente
represso,
con
l’eliminazione
fisica
o
mandandoli
nei
campi
di
concentramento,
tutti
coloro
che
si
opponevano
al
loro
progetto,
compresi
gli
antifascisti
locali,
anche
comunisti,
che
non
erano
d’accordo.
Per
capire
perché
sono
accadute
nella
Venezia
Giulia,
in
Istria
e in
Dalmazia
quelle
tragedie
è
necessario
conoscere
la
storia
di
quei
territori,
almeno
a
partire
dalla
fine
dell’Ottocento,
con
la
nascita
e la
diffusione
dei
nazionalismi
italiano
e
slavo,
come
ha
chiarito
la
Commissione
mista
storico-culturale
italo-slovena,
istituita
nell’ottobre
1993
e
che
ha
operato
fino
al
luglio
2000,
nella
sua
Relazione
pubblicata
nel
2001
dal
governo
sloveno.
Non
si
tratta
di
riscrivere
la
storia
o di
sminuire
la
tragedia
delle
foibe
del
settembre
1943
e
del
maggio-giugno
1945
e
quella
dell’esodo
giuliano-dalmata
del
dopoguerra,
che
vanno
comunque
condannate,
ma
di
fare
una
corretta
informazione
storica,
raccontando
tutto
quanto
è
accaduto,
anche
quando
la
storia
è
scomoda,
non
sottacendo
quindi
le
responsabilità
del
nostro
Paese,
governato
per
oltre
20
anni
dal
regime
fascista,
che
è
stato
persecutore
della
popolazione
slovena
e
croata
(e
anche
di
quella
tirolese
in
Alto
Adige),
che
abitava
i
territori
annessi
dopo
la
Prima
guerra
mondiale.
In
particolare,
dopo
la
fine
della
Grande
Guerra
è
stata
avviata
dal
governo
italiano
un’azione
di
‘assimilazione’
della
popolazione
slovena
e
croata
(come
anche
della
popolazione
tirolese
in
Alto
Adige),
che
è
diventata
‘italianizzazione
forzata’
durante
il
regime
fascista,
allo
scopo
di
rendere
quelle
terre,
annesse
dopo
la
guerra,
completamente
italiane.
Pertanto,
si
voleva
distruggere
la
cultura
allogena
locale,
perché
gli
Slavi,
come
disse
Mussolini
in
un
suo
discorso
del
1920
a
Trieste,
appartengono
a
una
“razza
inferiore
e
barbara”.
Inoltre,
durante
il
regime
fascista,
l’opposizione
slovena
e
croata
è
stata
duramente
repressa
con
il
Tribunale
speciale
per
la
difesa
dello
Stato,
che
ha
comminato
oltre
30
condanne
a
morte
e ha
inflitto,
complessivamente,
circa
5.000
anni
di
reclusione.
Ancora,
durante
la
guerra
con
la
Jugoslavia
circa
100.000
civili
sloveni
e
croati
sono
stati
reclusi,
perché
considerati
pericolosi
(in
quanto
fiancheggiatori
della
resistenza
anti
italiana)
nei
campi
di
internamento,
nei
quali
molti
sono
morti
per
le
malattie
e
per
gli
stenti.
Infine,
i
militari
italiani
hanno
attuato
una
dura
occupazione
e
una
cruenta
repressione,
distruggendo
più
di
250
paesi
e
villaggi,
con
eccidi
in
massa
della
popolazione
locale,
spesso
aiutati,
aiutati,
oltre
che
dai
nazisti,
anche
dai
collaborazionisti,
soprattutto
gli
ustascia
croati.
Nel
dopoguerra,
questi
‘crimini
di
guerra’
sono
rimasti
impuniti
perché
i
responsabili
non
sono
stati
perseguiti.
Per
molti
anni,
fino
agli
anni
Novanta,
quando
è
cambiato
il
clima
politico
internazionale,
in
seguito
alla
caduta
del
muro
di
Berlino
e al
conseguente
tracollo
dei
regimi
comunisti
nell’Europa
Orientale,
la
tragedia
del
confine
orientale
italiano
è
stata
sottaciuta
dalla
classe
politica
al
governo
del
Paese
e
quindi
dimenticata
dall’opinione
pubblica,
come
se
la
si
volesse
rimuovere
dalla
coscienza,
perché
sulla
tragedia
delle
foibe
e
sull’esodo
giuliano
dalmata
c’è
sempre
stata
una
forte
contrapposizione
politica
tra
la
Sinistra
e la
Destra.
Infatti,
da
un
alto,
gli
esponenti
della
Sinistra
(soprattutto
i
comunisti)
consideravano
gli
infoibati
dei
fascisti,
dei
criminali
di
guerra
e i
profughi
giuliano
dalmati
delle
vittime
di
una
‘epurazione
politica’
attuata
dai
partigiani
titini,
che
hanno
voluto
eliminare
tutti
coloro
che
si
opponevano
al
loro
progetto
di
unificazione
dei
territori
slavi;
dall’altro,
gli
esponenti
della
Destra
sostenevano
che
in
Istria
e
Dalmazia
c’era
stata
una
vera
e
propria
‘epurazione
etnica’
(secondo
alcuni
addirittura
un
‘genocidio’),
ai
danni
degli
italiani
in
quanto
tali.
Questa
forte
contrapposizione
politica,
ha
comportato
da
un
lato
la
strumentalizzazione
di
quei
tragici
fatti
da
parte
della
Destra,
in
funzione
revisionista,
e il
silenzio
da
parte
della
Sinistra
(soprattutto
comunista)
al
fine
di
volerli
dimenticare.
Inoltre,
con
il
ritorno
di
Trieste
all’Italia,
con
il
Memorandum
di
Londra
del
5
ottobre
1954,
le
vicende
del
confine
orientale
sono
passate
in
secondo
piano,
come
se
tutti
i
problemi
si
fossero
risolti
con
quella
annessione.
Innanzitutto
si
deve
dire,
con
estrema
chiarezza,
che
l’uccisione
di
civili
inermi,
di
militari
prigionieri
e di
dissidenti
politici
non
può
mai
essere
giustificata.
Pertanto,
non
si
deve
dimenticare
quello
che
è
accaduto,
ma
si
deve
saper
ricordare
senza
pregiudizi
ideologici.
Si
deve
però
evitare
da
un
lato
l’uso
distorto
della
Storia,
per
finalità
politiche,
e
dall’altro
ci
si
deve
attivare
contro
il
processo
di
revisione
storica
che
tende
alla
riabilitazione
del
ventennio
fascista,
nel
nome
della
pacificazione
e
della
riconciliazione
nazionale.
Il
nostro
Paese
deve
ancora
fare
una
seria
autocritica
su
alcune
vicende
della
sua
storia
del
Novecento,
riconoscendo
le
colpe
del
fascismo
e
chiedendo
scusa
alle
vittime
dei
crimini
di
guerra
compiuti
sulla
base
di
una
politica
di
aggressione
e di
una
ideologia
razzista.
In
questa
direzione
va
la
bozza
di
proposta
di
legge
per
la
modifica
della
Legge
n.
92,
elaborata
dal
sottoscritto
e
riportata
tra
la
documentazione
del
suo
libro
La
tragedia
del
confine
orientale,
allo
scopo
di
citare
nella
Legge
n.
92,
oltre
alle
foibe
e
all’esodo
dei
giuliani-dalmati,
anche
la
‘italianizzazione
forzata’
della
popolazione
slovena
e
croata
(e
anche
di
quella
tirolese
in
Alto
Adige)
attuata
dal
governo
fascista.
Riferimenti
bibliografici:
G.
Giannini,
La
tragedia
del
confine
orientale,
LuoghInteriori,
Città
di
Castello
(PG)
2019.