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                          N. 14 - Febbraio 2009 
                          
                          (XLV) 
															
															
															IL GIORNO 
															DELLA MEMORIAPER NON DIMENTICARe 
															MAI...
 di Ilaria Ferrante
 
															  
						Io ho vissuto 
						per non dimenticare 
						quella parte di me 
						rimasta nei lager, 
						con i miei vent’anni(Elisa Springer, sopravvissuta ai campi di sterminio)
 
 
 Il 10 Dicembre 2008 è stata ricordata la Dichiarazione 
						dei Diritti Umani. Era il 1948, 60 anni fa quando esse 
						erano nate. Una testimonianza di civiltà; civiltà che 
						venne calpestata solo pochi anni prima dalle leggi 
						razziali che portarono ai campi di sterminio milioni di 
						ebrei (e non solo) ai quali viene dedicato il 27 Gennaio 
						come Giorno della Memoria.
 
						Il 27 Gennaio 1945 alle ore 12.00 furono aperti i 
						cancelli di Auschwitz e il mondo conobbe l’orrore dell’ 
						Olocausto, almeno ufficialmente.
 
						Lo sterminio degli ebrei è un fatto unico nella storia 
						(che pure ha conosciuto altri stermini) per la sua 
						specificità: la scientificità, l’organizzazione quasi 
						maniacale con cui fu ideato e programmato, la violenza 
						con cui fu perpetrato. Lo sterminio degli ebrei tende ad 
						eliminare un’intera “razza”, ma anche anche demolire e 
						distruggere la dignità dell’uomo e della cultura ebraica 
						nel mondo che Hitler aveva in mente di “germanizzare”.
 
						E’ proprio l’unicità di questo evento il motivo per cui 
						viene sempre più spesso dato ampio spazio a questa 
						pagina della storia. Non a caso il 27 Gennaio non è 
						stata definita “Giornata del Ricordo”, ma della Memoria 
						intesa come modo consapevole e partecipe.
 
						Non la celebrazione fine a se stessa che a lungo andare 
						si rivela sterile, ma la riflessione critica che 
						accompagna il ricordo: una riflessione necessaria 
						sull’unicità dell’Olocausto, sulla razionale 
						sistematicità con cui si è voluta portare a termine la 
						“Soluzione finale” contro un’intera popolazione, 
						un’intera cultura.
 
						In tempi come i nostri, così difficili e confusi, 
						contraddittori, intrisi della paura del diverso, occorre 
						conservare la memoria non solo della Shoah, ma anche del 
						silenzio, dell’indifferenza con cui l’Europa “civile” 
						assistette all’Olocausto che fu l’ultimo atto di una 
						tragedia annunciata, generata anche dalla paura, 
						sapientemente costruita che alimentò quel razzismo con 
						cui l’Olocausto trovò giustificazioni: razzismo dapprima 
						strisciante che divenne poi ideologia , cultura, 
						politica, vita azione violenta o silenzio 
						accondiscendente.
 
						Il Giorno della Memoria deve servire a riflettere sul 
						fatto che la “Soluzione finale” non fu solo il frutto 
						della follia hitleriana, peraltro largamente condivisa, 
						ma il lento inesorabile declino della ragione umana resa 
						debole, annientata dalla paura, resa acritica da un 
						“sistema” che propagandava idee in modo tale da generare 
						il consenso. Fu proprio questo consenso che legittimò il 
						massacro degli ebrei.
 
						Vale la pena oggi, più che mai, ricordare che non solo 
						gli ebrei furono perseguitati e deportati, ma anche 
						zingari, omosessuali, oppositori del regime,testimoni di 
						geova : ad ognuno dei quali veniva annullata la propria 
						identità e affidato solo un numero ed un triangolo. 
						Forse nel tempo essi sono stati ricordati non 
						abbastanza, ma sono stati anche loro delle vittime dei 
						massacri. L’unica loro colpa era la diversità rispetto a 
						quella “razza superiore” che tanto veniva acclamata, ma 
						che di superiore non aveva nulla se per affermarsi ha 
						dovuto ricorrere al terrore ed alla violenza.
 
						Sarebbe forse “anti-storico” trovare analogie tra i 
						nostri tempi e quelli in cui si generò il razzismo, ma 
						sicuramente gli anni in cui viviamo non sono dei più 
						rassicuranti visto anche la forte intolleranza che 
						ancora oggi aumenta in modo smisurato nei confronti 
						dell’estraneo, del diverso. Ecco perché è giusto 
						conservare la memoria di ciò che è accaduto. Oggi dei 
						molti diritti sono ancora calpestati, ricordiamo con 
						Primo Levi che la comunicazione chiara tra gli uomini, 
						il dialogo, il confronto è la sola garanzia di una 
						matura convivenza e di una partecipazione responsabili 
						che possono evitare la mortificazione della dignità 
						umana e la manipolazione dell’individuo.
 
						Qualsiasi forma di esclusione è contraria alla Ragione e 
						alla Libertà dell’uomo…
 
						…tutto ciò è per non dimenticare, non solo ogni 27 
						gennaio, ma… mai più.
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