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N. 21 - Settembre 2009
(LII)
la storia dei Giochi Olimpici Invernali
Parte IX - Innsbruck 1964
di Simone Valtieri
Dopo
quasi
dieci
anni
termina
la
rincorsa
di
Innsbruck
all’organizzazione
dei
giochi
olimpici
invernali.
Il
primo
a
credere
nelle
capacità
della
cittadina
nord
tirolese
fu
il
ministro
della
giustizia
austriaco
Josef
Gerö,
che
dal
1950
si
mobilita
per
portaci
il
circo
olimpico
e
presentare
una
candidatura
forte
alla
sessione
del
Cio
di
Parigi
del
1955
chiamata
a
decidere
sull’assegnazione
delle
olimpiadi
della
neve
del
1960.
Tuttavia
con
la
sua
morte,
avvenuta
dopo
pochi
anni
dall’inizio
del
progetto,
la
candidatura
di
Innsbruck
non
fu
portata
avanti
con
convinzione
e
dovette
cedere
il
passo
alla
pioggia
di
dollari
promessi
da
Squaw
Valley.
Nel
1959,
però,
alla
sessione
di
Monaco
di
Baviera,
la
vittoria
della
città
austriaca
fu
senza
discussioni,
anche
perché
il
Cio,
dopo
la
mezza
figuraccia
americana,
non
poteva
permettersi
altri
passi
falsi.
Si
puntò
dunque
sul
sicuro
e
ben
49
voti
dei
58
totali
andarono
ad
Innsbruck,
che
lasciò
a
nove
preferenze
Calgary
(Canada)
e a
zero
la
cittadina
di
Lahti
in
Finlandia,
la
cui
candidatura
era
tanto
velleitaria
da
non
ricevere
neanche
i
voti
dei
membri
finnici
del
Cio.
Complice
un
inverno
tiepido,
i
giochi
austriaci
furono
organizzati
con
non
poche
difficoltà
e fu
addirittura
necessario
trasportare
migliaia
di
metri
cubi
di
neve
(18
mila
solo
per
le
piste
di
sci
alpino,
50
mila
in
totale)
dalle
quote
più
alte
per
rendere
possibile
lo
svolgimento
delle
prove.
I
giochi
vengono
però
funestati
alla
vigilia
dalla
scomparsa
di
due
giovani
atleti,
vittime
in
diverse
circostanze
di
incidenti
in
allenamento.
Nonostante
tutto
si
arriva
al
giorno
della
cerimonia
inaugurale
e la
differenza
con
Squaw
Valley
salta
subito
all’occhio.
Il
numero
dei
partecipanti
lievita
fino
a
superare
quota
mille
(1091),
le
nazioni
salgono
a 36
e le
gare
in
programma
sono
34,
grazie
al
rientro
del
bob
ed
al
debutto
dello
slittino.
Il
presidente
della
repubblica
austriaca
Adolf
Scharf
apre
ufficialmente
i
giochi
il
29
gennaio
1964,
con
l’accensione
del
braciere
la
cui
fiamma
proviene
per
la
prima
volta
direttamente
da
Olimpia,
in
Grecia.
La
copertina
dei
giochi
spetta
di
diritto
alla
formidabile
pattinatrice
sovietica
Lydia
Skoblikova,
che
a
venticinque
anni
ancora
da
compiere
conferma
i
due
titoli
mondiali
conquistati
nella
valle
californiana
quattro
anni
prima
(1500
e
3000
metri)
e vi
aggiunge
quelli
delle
distanze
più
brevi
(500
e
1000)
rendendosi
artefice
di
un
en
plein
irripetibile
ed
ineguagliato,
perlomeno
in
campo
femminile,
nella
storia
olimpica.
Tutti
di
diversa
nazionalità
invece
gli
ori
maschili:
l’orso
dell’est
Yevgeni
Grishin
centra
la
sua
quinta
medaglia
olimpica,
stavolta
un
argento
nei
500
metri,
nonostante
il
peso
dei
suoi
33
anni,
e
lascia
l’oro
all’americano
Richard
McDermott.
Nei
1500
sarà
il
suo
connazionale
Ants
Antson
ad
aggiudicarsi
la
prova,
mentre
sui
5000
e
sui
10.000
saranno
due
scandinavi,
il
norvegese
Knut
Johannesen
e lo
svedese
Jonny
Nielsen,
a
spartirsi
i
titoli.
Il
ghiaccio
sarà
per
la
prima
volta
amico
dello
squadrone
sovietico
anche
nel
pattinaggio
di
figura
che
vedrà
il
successo
della
coppia
composta
da
Lyudmila
Belousova
e da
Oleg
Protopopov,
i
primi
campioni
di
una
scuola
che
dominerà
negli
anni
successivi.
In
campo
individuale
è
tempo
di
successioni:
dopo
il
ritiro
delle
stelle
Heiss
e
Jenkins,
la
squadra
americana
si
ritrova
spuntata
e
deve
lasciare
il
passo
e
due
leggiadri
danzatori
del
vecchio
continente,
ossia
il
tedesco
dell’ovest
Manfred
Schnelldorfer,
che
gareggia
come
tutti
i
suoi
connazionali
sotto
la
bandiera
della
Germania
unita,
cosa
che
succederà
per
l’ultima
volta
proprio
ad
Innsbruck,
e
l’olandese
Sjoukje
Dijkstra,
dominatrice
degli
ultimi
anni
con
cinque
titoli
europei
e
tre
mondiali,
che
migliora
l’argento
di
Squaw
Valley
chiudendo
la
carriera
a
soli
ventidue
anni
nell’anno
in
cui
conquista
il
suo
primo
ed
unico
oro
olimpico.
A
Seefeld,
località
sede
delle
gare
di
sci
di
fondo,
sono
due
i
nomi
dei
fondisti
che
si
contendono
lo
scettro
del
migliore
dei
giochi.
Il
primo
è lo
svedese
Sixten
Jernberg,
ormai
leggenda
vivente
degli
sci
stretti,
che
fa
suo
il
titolo
della
maratona
del
fondo,
quella
50
km
che
si
era
già
aggiudicato
otto
anni
prima
a
Cortina
d’Ampezzo,
e
della
staffetta
4x10
km.
Il
secondo
è il
finlandese
Eero
Mäntyranta,
già
oro
in
staffetta
a
Squaw
Valley,
e
bicampione
olimpico
a
Innsbruck
con
i
titoli
individuali
della
15 e
della
30
km.
Il
finlandese
sarà
a
lungo
accompagnato
in
carriera
da
sospetti
di
doping,
a
causa
del
valore
di
globuli
rossi
nel
sangue
maggiore
del
venti
per
cento
rispetto
a
quelli
fisiologicamente
considerati
normali
e
solamente
di
recente,
con
specifici
controlli
su
membri
della
sua
famiglia,
si è
scoperto
che
tale
caratteristica
era
figlia
di
una
rara
forma
di
eritrocitosi
comune
a
molti
suoi
parenti.
Così
è
oggi
possibile
annoverare
il
“doganiere
sorridente”,
com’era
chiamato
Eero
a
causa
della
smorfia
simile
ad
un
sorriso
che
il
suo
corpo
sotto
sforzo
produceva,
tra
i
più
forti
fondisti
di
ogni
epoca.
In
campo
femminile
sono
sempre
le
sovietiche
a
primeggiare,
guidate
dalla
venticinquenne
Klavdiya
Boyarskikh
che
fa
bottino
pieno
vincendo
le
due
prove
individuali
in
programma
(5 e
10
km)
e
guida
all’oro
anche
la
staffetta
con
un’ultima
frazione
percorsa
in
tutta
tranquillità,
visto
l’enorme
vantaggio
di
oltre
due
minuti
che
l’Urss
aveva
maturato
sulle
inseguitrici.
Il
salto
con
gli
sci
dà
il
benvenuto
a
Bergisel
alla
nuova
disciplina
del
K120,
un
trampolino
“Large
Hill”,
più
alto
e
che
produce
salti
lunghi
oltre
10-15
metri
in
più
rispetto
al
“Normal
Hill”
K90
dal
quale
si
spiccava
il
volo
fino
ad
allora.
Nelle
due
prove
si
invertono
le
posizioni
sui
due
gradini
più
alti
del
podio
il
norvegese
Toralf
Engan
(primo
dal
K120)
e il
finlandese
Veikko
Kankkonen
(oro
nel
classico
K90)
mentre
nella
combinata
nordica
sarà
sempre
uno
scandinavo,
il
norvegese
Tormod
Knutsen,
a
conquistare
il
titolo.
Nel
neonato
biathlon
sono
ancora
i
sovietici
a
conquistare
gli
allori
più
importanti
con
la
doppietta
ottenuta
da
Vladimir
Melanin
e
Aleksandr
Privalov,
così
come
anche
nell’hockey
su
ghiaccio
la
formazione
dell’armata
rossa
domina
il
girone
con
sette
vittorie
su
sette,
tutti
risultati
che
contribuiranno
all’affermazione,
la
terza
di
fila,
nel
medagliere
assoluto
da
parte
dell’Unione
Sovietica,
stavolta
con
il
record
di
25
medaglie
di
cui
11
d’oro.
Dietro
ai
russi
tante
nazioni
con
un
numero
analogo
di
medaglie:
Austria
con
quattro
ori,
Norvegia,
Finlandia,
Francia,
Germania
e
Svezia
con
tre.
L’Italia
chiude
i
giochi
austriaci
con
quattro
medaglie,
tutte
provenienti
dal
budello
ghiacciato
che
ospita
le
gare
di
bob
e
slittino
e
che
è
stato
costruito
anch’esso
in
condizioni
di
emergenza,
dovendo
far
trasportare
20
mila
metri
cubi
di
blocchi
ghiacciati
a
valle
per
l’occasione.
I
bob
di
Sergio
Zardini-Romano
Bonagura
e di
Eugenio
Monti-Sergio
Siorpaes
terminano
le
loro
discese
alle
spalle
della
coppia
britannica
Robin
Dixon-Anthony
Nash
tingendo
per
due
terzi
il
podio
d’azzurro.
Nella
prova
a
quattro
invece
il
ferrato
pilota
Eugenio
Monti
porta
l’equipaggio
italiano
al
bronzo,
preceduto
di
appena
12
centesimi
dai
padroni
di
casa
austriaci
e di
oltre
un
secondo
dai
campioni
olimpici
canadesi.
Per
gli
azzurri
le
soddisfazioni
arrivano
anche
dalla
disciplina
ultima
arrivata,
lo
slittino,
presente
con
tre
prove
ad
Innsbruck.
Nei
singoli
maschile
e
femminile
gli
ori
sono
entrambi
tedeschi
con
Thomas
Kohler
e
Ortrun
Enderlein
a
fregiarsi
del
titolo
olimpico,
mentre
nel
doppio
maschile
le
due
coppie
austriache,
che
hanno
avuto
modo
di
allenarsi
più
a
lungo
sul
tracciato
di
Igls,
sono
irraggiungibili
e
lasciano
libero
solo
il
terzo
gradino
del
podio
prontamente
carpito
dalla
coppia
altoatesina
composta
da
Walter
Aussendorfer
e
Sigisfredo
Mair.
E’
però
lo
sci
alpino,
che
ha
la
sua
culla
proprio
tra
Austria
e
Svizzera,
la
disciplina
che
riscuote
maggiore
interesse
ai
giochi
di
Innsbruck.
I
protagonisti
sono
da
una
parte
gli
sciatori
austriaci,
sempre
alle
prese
con
duri
braccio
di
ferro
con
la
federazione
internazionale
per
questioni
di
professionismo
e
dilettantismo,
dall’altra
parte
quelli
francesi,
provenienti
da
una
nazione
che
all’epoca
rappresenta
un
piccolo
paradiso
per
gli
sciatori,
che
si
possono
allenare
con
contributi
statali
senza
ricercare
spasmodicamente
risorse
come
sono
invece
costretti
a
fare
gli
atleti
di
altri
paesi.
Questa
politica
darà
i
suoi
frutti,
in
quanto
dal
vivaio
francese
nasceranno
giovani
campioni
che
domineranno
i
primi
anni
della
Coppa
del
mondo
di
sci
(dal
1967)
e
che
scipperanno
tre
dei
sei
ori
totali
di
Innsbruck
al
“Wunderteam”
austriaco.
Le
protagoniste
principali
sono
le
due
sorelle
francesi
Marielle
e
Christine
Goitschell.
Figlie
di
un
calciatore
professionista,
Robert,
vivono
in
Val
d’Isère
e
crescono
a
pane
e
sci
sin
dalla
più
tenera
età.
Si
presentano
a
Innsbruck
rispettivamente
all’età
di
18 e
21
anni,
dominando
la
gara
di
slalom
speciale
alternandosi
al
comando
delle
due
manche,
prima
la
più
piccola
e
impetuosa,
il
maschiaccio
di
famiglia
Marielle,
poi
la
più
riflessiva
e
tecnica
Christine.
La
giovane
Marielle
farà
tesoro
degli
errori
commessi
nella
seconda
manche
della
prima
gara
disputata,
vincendo
il
gigante
e
lasciando
al
secondo
posto,
a
pari
merito
e
staccate
di
88
centesimi,
la
sorella
Christine
e la
ricca
miliardaria
americana
Jean
Saubert,
già
terza
in
slalom.
Le
austriache,
che
fino
a
quel
punto
erano
state
a
guardare,
si
presentano
però
agguerrite
come
non
mai
alla
discesa
libera,
e
occupano
tutti
e
tre
i
gradini
del
podio.
Sul
più
alto
ci
va
Christl
Haas,
sesta
in
slalom
e
quarta
in
gigante,
giovane
sciatrice
di
Kitzbuehel
che
aveva
cominciato
a
sciare
per
terapia
su
consiglio
del
medico,
nel
tentativo
di
recuperare
la
piena
capacità
motoria
in
seguito
ad
un
devastante
e
banale
incidente
avvenuto
all’età
di
tre
anni
quando,
per
recuperare
una
bambola
finita
tra
le
fiamme
del
caminetto,
aveva
riportato
ustioni
gravissime
su
tutto
il
corpo.
Per
superare
i
complessi
derivanti
dal
suo
aspetto
fisico
la
giovane
Christl
si
era
buttata
anima
e
corpo
nello
studio
e
nello
sport,
riuscendo
ad
entrare
in
nazionale
a 18
anni
ed a
conseguire
il
titolo
della
discesa
libera
ad
Innsbruck
con
oltre
un
secondo
di
vantaggio
sulla
seconda
classificata,
la
sua
connazionale
Edith
Zimmermann.
Tra
gli
uomini
è
sempre
un
francese,
il
controverso
François
Bonlieu,
a
mettere
i
bastoni
tra
le
ruote
agli
atleti
di
casa,
giungendo
davanti
al
grande
Karl
Schranz
ed a
Josef
Stiegler
nello
slalom
gigante.
L’irrequieto
Bonlieu,
campione
nazionale
a
soli
16
anni
ed
olimpico
a
26,
dopo
due
anonime
partecipazioni
a
Cortina
e
Squaw
Valley,
perderà
la
vita
a
soli
37
anni
in
circostanze
misteriose
tra
le
vie
dei
bassifondi
di
Marsiglia,
dopo
un
decennio,
quello
successivo
all’oro
olimpico,
passato
tra
bagordi,
cattive
amicizie
e
problemi
personali.
Nella
discesa
libera
e
nello
slalom
speciale
gli
austriaci
non
tradiscono
le
attese
e
riportano
la
vittoria
con
Egon
Zimmermann,
che
non
si
fa
beffare
dal
transalpino
Leo
Lacroix,
vincendo
la
prova
con
un
distacco
finale
di
74
centesimi,
e
con
Josef
Stiegler
che
diventa
campione
olimpico
per
un
pungo
di
centesimi
davanti
alla
coppia
americana
composta
da
Billy
Kidd
e
James
Heuga.
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