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storia & sport


N. 18 - Giugno 2009 (XLIX)

La storia dei Giochi Olimpici Invernali

parte II - St.Moritz 1928

di Simone Valtieri

 

Prima del riconoscimento ufficiale di Chamonix 1924 come edizione inaugurale dei Giochi olimpici invernali, il Cio si riunisce a Praga per decidere il futuro di questa nuova manifestazione. L’opposizione degli scandinavi, che mal vedevano la “Settimana internazionale degli sport d’inverno”, in quanto concorrente ai loro Nordic Games, è sconfitta per 45 voti a 15. Nella sessione di Lisbona del 1926 viene deciso, con 21 voti a favore e solo due contrari (quelli olandesi), la definizione di primi “Giochi olimpici invernali” per la settimana di Chamonix e il naturale proseguimento della manifestazione con cadenza quadriennale.

 

A cogliere la palla al balzo fu la Svizzera, lesta a proporre ben tre candidature per la seconda edizione delle olimpiadi della neve: Engelberg, Davos e St.Moritz. Viene preferita la località dell’Engadina, già rodata nell’organizzare eventi e nell’accoglienza di turisti grazie anche alla “Cresta Run”, un anello ghiacciato per bob e skeleton sede, ogni anno, di numerose gare.

Nel 1926, sotto la guida del barone Godefroy de Blonay, vice-presidente del Cio e già sostituto di De Coubertin alla guida del Comitato Olimpico durante gli anni della prima guerra mondiale, partono i lavori di preparazione per i giochi di St.Moritz. Domenica 11 febbraio 1928 allo Stade Olympique si svolge la cerimonia di apertura, che accoglie nella cittadina svizzera 461 sportivi (di cui 28 donne) provenienti da 25 nazioni. L’Italia presenta un contingente di tredici atleti iscritti agli eventi ufficiali, più altri quattro per la gara dimostrativa di staffetta della pattuglia militare, prova genitrice del biathlon. I giochi di St.Moritz non nascono però sotto una buona stella, complice una imprevedibile ondata di caldo che rovinerà parte della manifestazione.

Durante la gara dei 10.000 metri di pattinaggio, ad esempio, accadde che dopo la partenza di 7 atleti su 10, un improvviso rialzo della temperatura fino a 25 gradi causò un pericoloso assottigliamento del manto ghiacciato che ricopriva il bacino naturale dove si svolgevano le gare. Fu conseguente la decisione dei giudici di rinviare la stessa al giorno successivo.

 

Al comando fino a quel momento era Irving Jaffee, un americano di New York che precedeva di appena un decimo di secondo il norvegese Bernt Evensen, già vincitore di tre medaglie nelle prove dei 500, 1500 e 5000 metri. La mattinata seguente, con il termometro che all’alba già segnava 10 gradi, la gara fu nuovamente rinviata e andò così per giorni fino al definitivo annullamento. Jaaffe dovrà aspettare quattro anni per rifarsi, quando nella casalinga edizione di Lake Placid porterà a casa ben due medaglie d’oro.

Meglio di Evensen nel pattinaggio su ghiaccio fece il finlandese Clas Thunberg, già entrato nella leggenda a Chamonix con sei medaglie, che vinse due ori nei 500 (pari merito con il norvegese) e nei 1500, diventando, insieme al fondista e saltatore Johan Grøttumsbråten, il più titolato atleta di St.Moritz. Restando però al ghiaccio, rimarrà ancor più impressa nella memoria l’impresa della ragazzina norvegese Sonja Henie. Ultima a Chamonix alla tenera età di 11 anni e 295 giorni, si presenta nell’Engadina con ancora sedici anni da compiere e tanta esperienza da fare. La grazia, le coreografie ricercate, la leggerezza nei movimenti unite ad una notevole dose di avvenenza, faranno di lei la prima stella dello sport invernale mondiale nonché la dominatrice del pattinaggio artistico femminile per oltre un decennio.

 

Ma Sonja Henie diventerà molto di più, una diva e un personaggio pubblico che varcherà i confini dello sport. A St.Moritz vincerà a mani basse la medaglia d’oro, sconvolgendo i parametri del pattinaggio fino ad allora in uso. Si ripeterà nelle due seguenti edizioni dei giochi, collezionando inoltre dieci titoli mondiali consecutivi e sei europei. Gareggerà in competizioni di ogni tipo: sci, tennis, sarà persino seconda in una gara automobilistica. A fine carriera si trasferirà ad Hollywood dove sarà attrice in una quindicina di pellicole di successo fino alla fine degli anni quaranta. Dopo due matrimoni e un cambio di nazionalità, morirà di leucemia a 57 anni mentre un aereo la stava riportando nella natia Oslo.

Sempre nel pattinaggio artistico arriva l’affermazione della coppia di fidanzatini francesi Andrée Joly e Pierre Brunet. Già bronzo a Chamonix (e unici medagliati francesi in quell’edizione dei giochi), si erano scambiati la promessa di matrimonio nel giorno di San Valentino del 1926, quando a Berlino si erano appena laureati campioni del mondo. Prima delle nozze si erano prefissati però un obiettivo: la medaglia d’oro olimpica di St.Moritz. Puntualmente, grazie ad un’esibizione perfetta, i due innamorati coronarono il loro sogno sportivo con una prestazione senza sbavature e convolarono a giuste nozze con l’oro al collo, nel 1929.

Da un altro tipo di ghiaccio, quello del “budello” olimpico per bob e skeleton, arriva una piacevole sorpresa per gli americani. Billy Fiske guida la sua slitta meglio degli specialisti alpini e all’età di sedici anni vince l’oro nel bob a 5, sebbene non avesse mai guidato prima tale mezzo in vita sua.

 

Fiske aveva infatti cominciato la sua carriera “ufficiale” per caso, grazie ad un annuncio del comitato olimpico americano, pubblicato dal New York Herald Tribune, dove si cercavano elementi per l’equipaggio americano da mandare a St.Moritz. La carriera “ufficiosa” era invece iniziata durante l’infanzia, quando il giovane Billy si divertiva a sfidare (e battere) i suoi amici in gare di velocità sulle poche discese presenti in città, a bordo di rudimentali mezzi da lui stesso costruiti con vecchie scatole di detersivo e ruote di triciclo. La passione del giovane americano sarà premiata con l’oro olimpico e con il quanto mai azzeccato soprannome di “Babybob”.

I giochi si chiuderanno la domenica successiva a quella dell’apertura, il 18 febbraio 1928, dopo aver assegnato medaglie in 13 prove. Nel medagliere nettamente prima la Norvegia con sei ori, grazie ad un monopolio pressoché assoluto nelle prove di sci nordico (tranne nella maratona del fondo, la 50 km, dove le medaglie furono completamente appannaggio degli svedesi) e alle medaglie dei pattinatori Evensen, Ballangrud e Sonja Henie. Secondi gli Stati Uniti, con due ori e sei medaglie complessive, provenienti in gran parte dalla pista ghiacciata del bob, dove nella disciplina dello skeleton, che faceva il suo esordio olimpico, a piazzarsi ai primi due posti furono i fratelli Jennison e John Heaton.

 

Per l’Italia quella svizzera fu un’edizione incolore, con l’unico acuto, proprio nello skeleton, del poliedrico conte Alessandro del Torso, che arriverà quarto, prima di intraprendere carriere sportive parallele nel calcio (giocherà nel Brescia), nel motociclismo, nell’automobilismo, nella motonautica e nel bob.



 

 

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