N. 18 - Giugno 2009
(XLIX)
la storia dei Giochi Olimpici Invernali
parte III - Lake Placid 1932
di Simone Valtieri
Nel 1929, nel tentativo di far crescere la giovane
manifestazione, viene presa la decisione di esportarla
negli Stati Uniti, secondo la regola non scritta che i
Giochi olimpici invernali si sarebbero dovuti svolgere,
quando possibile, nello stesso Paese a cui venivano
assegnate le Olimpiadi estive.
Perciò, a far compagnia ai giochi estivi di Los Angeles
1932, era stata scelta una sperduta cittadina di
quattromila abitanti nello stato di New York, Lake
Placid, dove l’anno prima si era svolto, alla presenza
di atleti affermati come Thunberg e Jewtraw, il primo
raduno internazionale di sport della neve e del
ghiaccio. Quello che non era possibile preventivare alla
data della scelta, fu il clamoroso venerdì nero di Wall
Street, il 25 ottobre 1929, quando il crollo della borsa
americana mise a serio rischio lo svolgersi dei giochi.
Questo anche perché per sconfiggere le città candidate
rivali (tra cui Denver, Minneapolis, Oslo e Montreal)
Lake Placid aveva giocato un dispendioso asso: vitto e
alloggio gratuito per tutti gli atleti, i tecnici e i
membri del Cio.
Le difficoltà verranno superate e i giochi si faranno.
Ne nascerà un’edizione ridimensionata, con solo 252
iscritti alle gare (di cui 21 donne) in rappresentanza
di 17 nazioni, considerato anche il fatto che per alcune
selezioni nazionali la trasferta oltre oceano appariva
troppo dispendiosa (finlandesi, svedesi ed austriaci
spedirono, ad esempio, un contingente ridotto all’osso).
Il 4 febbraio, all’interno dello stadio olimpico da
2.400 posti, appositamente costruito per i giochi, si
svolse la cerimonia di apertura, in un clima, come
quattro anni prima, più primaverile che invernale.
Nonostante ciò proprio la costruzione dello stadio mise
al riparo da annullamenti e rischi le gare di
pattinaggio e hockey.
Durante la cerimonia un messaggio del presidente Hoover
venne letto dal governatore dello stato di New York,
tale Franklin Delano Roosevelt. Tra le stelle dei giochi
Sonja Henie, i coniugi Brunet, il fondista
Grøttumsbråten, ma a fare più rumore è un assente: Clas
Thunberg. Il campionissimo finlandese, in aperta critica
con la scelta di far disputare le gare di pattinaggio
con partenza di massa, anziché individuale, decise di
non partecipare a Lake Placid, temendo un gioco di
squadra ostruzionistico da parte dei tanti iscritti
statunitensi alla gara. I quattro ori sui pattini furono
dunque spartiti tra gli “yankee”, due per John Shea,
nelle prove veloci e due per Irving Jaffee in quelle
lunghe.
Nell’individuale maschile del pattinaggio artistico, a
vincere è Karl Schafer, eccellente atleta austriaco che
oscurerà la stella dello svedese Gills Grafstrom,
secondo a Lake Placid, e dominerà il pattinaggio
mondiale dal 1929 fino al 1936, vincendo tutte le gare
alle quali parteciperà tra olimpiadi (due), mondiali
(sette) ed europei (otto). Nell’individuale femminile,
dietro la regina incontrastata Henie, si piazza
all’ottavo posto una giovane ragazzina inglese,
Magdaleen Cecilia Colledge, che nel seguire le orme
dell’angelo Sonja, la priverà del primato di più giovane
partecipante di sempre ai giochi olimpici estivi: 11
anni e 74 giorni.
Ciò che non le riuscirà sarà privarla dello scettro
della più forte. La bravissima Colledge, nonostante la
sua pionieristica attitudine nello sperimentare salti
mai eseguiti prima da una donna (tra tutti il doppio
Salchow), arriverà sempre alle spalle del suo modello,
collezionando un argento olimpico nel ’36, e altri
quattro podi tra mondiali ed europei. Dal 1937, dopo il
ritiro della Henie, sarà campionessa del mondo (una
volta) ed europea (tre volte), senza essere però mai
riuscita a batterla.
Dalle discipline nordiche arrivano, come da tradizione,
solamente affermazioni scandinave. Grøttumsbråten, ormai
per tutti “Grot”, si afferma nella combinata nordica, lo
svedese Sven Utterstrom vince la 18 km di sci di fondo e
il finlandese Veli Saarinen si aggiudica quella che sarà
ricordata come una delle più epiche 50 km della storia.
In condizioni climatiche e ambientali proibitive, con
caldo, neve sciolta, sassi, ciottoli e rami sporgenti
sul percorso, il finlandese dimostra di essere il più
forte, giungendo primo sul traguardo, sanguinante e
visibilmente segnato dalla fatica e dal percorso, dopo
una maratona di quattro ore e mezza, precedendo di soli
venti secondi il suo connazionale Vaino Liikkanen. Nel
salto dal trampolino nasce la leggenda del norvegese
Birger Ruud che con la sua tecnica rivoluziona la
disciplina e conquista il suo primo oro in un podio
tutto norvegese. “Podio” che tra l’altro fa la sua
comparsa ufficiale nella storia dei giochi proprio a
Salt Lake City.
Il caldo influenzò soprattutto la gara di bob a 4 che, a
causa delle condizioni del tracciato alle pendici del
monte Van Hoevenberg, fu ripetutamente rinviata e
disputata in extremis tra il 14 e il 15 febbraio, ossia
il giorno dopo la cerimonia di chiusura dei giochi. A
vincere ancora Billy Fiske, alla guida di un equipaggio
che ospitava tra gli altri Eddie Eagan, al quale
appartiene ancora oggi l’invidiabile primato di aver
conquistato una medaglia d’oro olimpica sia in una
disciplina estiva (pesi mediomassimi del pugilato ad
Anversa nel 1920) sia invernale. Fiske, così come i
fratelli Stevens nel bob a 2, vinse anche grazie alla
“furberia” oggi vietata, di scaldare i pattini del suo
bob con la fiamma ossidrica prima della partenza, per
meglio scivolare sul poco ghiaccio presente sulla pista.
I giochi si chiusero con l’affermazione nel medagliere
dei padroni di casa, che grazie a 12 medaglie di cui sei
d’oro sopravanzarono Norvegia e Svezia. Al quarto posto
il Canada, che portò a Lake Placid una competitiva
squadra di pattinaggio e che si aggiudicò, così come
quattro e anche otto anni prima, il torneo di Hockey su
Ghiaccio. L’Italia del Duce tornò a casa dall’America
con qualche dignitosa prestazione nel bob e con un
dodicesimo posto di Erminio Sartorelli, primo tra i non
nordici nella massacrante 50 km.