N. 63 - Marzo 2013
(XCIV)
gianni Brera
Il vocabolario del calcio italiano
di Francesco Agostini
Chiunque
sia
appassionato
di
calcio
o
desidera
approcciarsi
a
esso,
dovrebbe
riconoscere
in
Giovanni
Luigi
Brera
il
vero
e
proprio
caposaldo
dell’intera
terminologia
calcistica.
Non
tutti
sanno,
infatti,
che
gran
parte
delle
parole
oramai
divenute
di
largo
uso
comune
all’interno
di
una
telecronaca
sportiva
vedono
in
Gianni
Brera
il
suo
geniale
inventore.
La
sua
peculiare
caratteristica
è
stata
quella
di
fondere
insieme
la
cultura
classica,
di
cui
aveva
una
base
solida,
con
termini
calcistici,
creando
così
uno
straordinario
sincretismo
fra
sacro
e
profano,
fra
alto
e
basso,
che
ne
rendevano
a
tutti
una
facile
fruizione.
Esempio
tipico
di
questa
fusione
è
sicuramente
il
termine
breriano
“Eupalla”,
che
consiste
nell’unione
del
suffisso
greco
Eu,
ossia
bene,
con
il
gergale
palla,
stando
così
a
indicare
la
divinità
protettrice
del
calcio
e
del
gioco
offensivo,
d’attacco.
Anche
un
termine
di
largo
uso
come
contropiede
ha
avuto
la
sua
origine
dalla
mente
di
Brera,
che
ha
tradotto
letteralmente
la
seconda
fase
della
danza
del
coro
della
tragedia
greca,
anti-pous,
italianizzandola:
anti/contro,
pous/piede.
Il
giornalista
italiano
però,
sapeva
pescare
non
solo
dalla
cultura
classica
ma
anche
da
quella
spagnola
e
così,
incredibilmente,
la
parola
da
lui
coniata
goleador
non
è
altro
che
una
semplicissima
fusione
fra
l’inglese
goal
e lo
spagnolo
toreador
o
matador.
Il
goleador
è
colui
che,
come
il
torero
stiletta
il
toro,
trafigge
il
portiere
avversario
insaccando
la
palla
in
rete
e
segnando,
per
l’appunto,
molti
goal.
Brera
comunque,
nella
sua
immensa
intelligenza,
sapeva
attingere
anche
dalla
fonte
del
popolo
perché,
in
fin
dei
conti,
il
calcio
è e
rimarrà
lo
sport
delle
masse,
del
volgo.
E
così,
la
tecnica
non
troppo
sportiva
della
melina,
che
consiste
nel
passarsi
la
palla
insistentemente
fra
giocatori
allo
scopo
di
perdere
tempo
se
si è
in
vantaggio,
non
è
nient’altro
che
il
nome
di
un
vecchio
gioco
popolare
bolognese,
dove
ci
si
passava
al
volo
un
cappello
con
lo
scopo
di
non
farlo
prendere
al
proprietario.
Oltre
a
essere
un
coniatore
di
termini
originali
però,
Brera
fu
anche
un
teorico
e
tattico
del
calcio
vecchio
stile
italiano.
Sua,
per
esempio,
è
stata
l’idea
di
giocare
con
un
difensore
in
più,
il
cosiddetto
libero
(termine
ideato
da
lui
stesso),
che
non
avesse
alcun
compito
di
marcatura,
oppure,
sempre
sua,
è
stata
la
strenua
difesa
del
gioco
all’italiana,
il
tanto
vituperato
catenaccio.
Sosteneva,
infatti,
che
l’Italia,
essendo
debole
fisicamente
non
poteva
reggere
novanta
minuti
di
gioco
d’attacco
e
così
bisognava
fare
di
necessità
virtù
e
ottimizzare
le
poche
forze
a
disposizione.
Il
catenaccio,
quindi,
in
questo
senso
risultava
essere
estremamente
funzionale
perché
riusciva
a
far
raggiungere
l’obiettivo
massimo
con
il
minimo
sforzo.
Fu
anche
inventore
di
curiosi
soprannomi,
spesso
legati
all’estetica
del
calciatore
in
questione.
Fra
i
più
famosi
e
originali
ricordiamo
sicuramente
“Rombo
di
Tuono”
per
Gigi
Riva,
“Abatino”
per
Gianni
Rivera
o
“Simba”
per
Ruud
Gullit.
Brera
fu
anche
autore
di
numerosi
libri
dedicati
allo
sport,
in
particolare
al
calcio
e al
ciclismo.
Sul
ciclismo
scrisse
il
famoso
“Addio,
bicicletta”
mentre
per
il
calcio
curò
la
storia
della
sua
squadra
del
cuore,
il
Genoa,
per
il
quale
scrisse
“Caro
vecchio
balordo.
La
storia
del
Genoa
dal
1893
a
oggi”.
Gianni
Brera
è
stato
l’emblema
di
un
modo
di
raccontare
il
calcio
e la
vita
in
modo
colto,
leggero
e
scanzonato.
Un
modo
e
uno
stile
che,
purtroppo,
si è
andato
perdendo
nel
tempo.