filosofia & religione
SUI CORSI E I RICORSI DELLA STORIA
IL PENSIERO DI VICO
di Giovanni Pellegrino e Mariangela
Mangieri
La grande crisi della coscienza storica
che si manifestava nel periodo che
intercorre tra Voltaire e Bousset trova
la sua espressione più significativa
nella Scienza nuova di
Giambattista Vico. La sua opera è un
sistema in frammenti, un grandioso
abbozzo di storia universale comparata,
in cui ogni parte fa riferimento al
principio ben definito.
Vico inserisce nella sua opera
ripetizioni e oscurità, ma si rivela
senza alcun dubbio un ricercatore
geniale sebbene ai suoi tempi egli fu
appena conosciuto. Infatti Vico andava
troppo al di là della sua epoca per
poter esercitare un’influenza immediata
e profonda, cosicché egli condusse una
vita povera e modesta.
Pensatore sincero cattolico, era egli
stesso a malapena consapevole del
carattere rivoluzionario della sua
opera. Tuttavia egli sapeva di avere
creato qualcosa di nuovo e di duraturo:
la prima ricostruzione empirica della
storia umana basata sul fondamento del
principio filosofico di una eterna legge
di sviluppo provvidenziale.
Premesso ciò prenderemo in
considerazione una delle teorie
fondamentali elaborate da Vico, ossia la
teoria dei corsi e dei ricorsi storici.
Seguendo un’antica tradizione egiziana
Vico distingue tre età, successive a
quella preistorica dei giganti: l’Età
degli Dei, l’Età degli Eroi, l’Età degli
Uomini.
L’Età degli Dei era caratterizzata dal
fatto che i pagani vivevano sotto il
governo divino e in tutte le loro azioni
interrogavano auspici e oracoli, le più
antiche istituzioni della storia. A sua
volta l’Età degli Eroi era
caratterizzata dal fatto che la società
era governata da comunità aristocratiche
che partivano dal presupposto di essere
superiori per loro natura ai plebei.
Infine nell’Età degli Uomini tutti erano
convinti dell’eguaglianza della natura
umana cosicché gli individui vivevano in
libere repubbliche e monarchie.
Secondo Vico l’età divina è strettamente
teocratica, quella eroica è l’età della
mitologia mentre quella umana è
razionale. Vico in corrispondenza a
queste tre età distingue tre tipi di
lingua e di scrittura (sacra, simbolica
e profana) e così pure tre fasi del
Diritto naturale, della comunità
politica e della giurisprudenza, fasi
connesse tra loro dalla Divina
Provvidenza. Questo corso regolare è
progressivo in quanto conduce
dall’anarchia all’ordine e da costumi
selvaggi ed eroici a costumi razionali e
civili.
Secondo Vico non vi è tuttavia un
progresso all’infinito verso stadi
sempre più civili. Il thelos
reale di tale progresso sono la
decadenza e il tramonto, per cui
l’intero corso ricomincia da un nuovo
stadio barbarico, ovvero in un ricorso
che è allo stesso tempo una rinascita.
Un tale ricorso si è già verificato a
detta di Vico una volta, precisamente
dopo il tramonto di Roma, col ritorno
dell’epoca barbarica nel medioevo. Vico
non dice se alla fine del corso attuale
si avrà un nuovo ricorso. Tuttavia ciò
si dovrebbe supporre, conformemente al
suo principio fondamentale, che tutto
ciò che è accaduto nel passato accadrà
anche nel futuro, secondo l’eterno
schema di sviluppo storico dominato nel
suo processo dalla ricorrenza.
Secondo Vico la Provvidenza regola e
controlla i corsi e i ricorsi storici.
Quando un popolo va incontro a un
processo di decadenza, la Provvidenza
trova un rimedio dalle energie stesse di
quel popolo oppure dall’esterno
sottomettendo il popolo e rendendolo
suddito di un altro, se esso non è più
capace di governarsi da solo. Per Vico i
corsi e i ricorsi storici, infatti, sono
una peculiare struttura della storia
guidata dalla Provvidenza. Poiché al
corso storico manca la finalità di un
continuo progresso, esso deve
appellarsi, per così dire, a un’istanza
superiore.
La legge della Provvidenza richiede che
dopo un’età di decadenza definita da
Vico “barbarie della riflessione” segua
la “barbarie creativa del senso” in modo
da poter ricominciare di nuovo. Quando
Vico descrive questo rimedio radicale
messo in atto dalla Provvidenza ha
davanti agli occhi la fine della civiltà
romana. Ma egli dà al suo pensiero una
formulazione così generale da potersi
riferire tanto alla fine della civiltà
romana quanto a un altro periodo
storico.
Vico prende in considerazione nella
Scienza Nuova il mondo dell’uomo
caduto nel peccato. Il mondo descritto
da Vico non ha nessuna relazione con la
Civitas Dei della teologia,
tranne che per il fatto che la Legge
naturale che regge la storia viene
chiamata Provvidenza.
L’intuizione di Vico è perciò più
classica che cristiana. Come gli
antichi, egli si interessa
particolarmente delle origini e degli
antichissimi fondamenti del processo
storico, ma non della speranza e della
fede in un compimento futuro. La storia
si ripete anche se a livelli differenti
e il ciclo di “corso”, decadenza
“ricorso” per lui non è disperato come
per Agostino, ma è la forma naturale e
razionale dello sviluppo storico.
Tuttavia confrontato con la concezione
ciclica di Polibio, il ricorso di Vico è
tuttavia molto diverso. Infatti la
ricorrenza ciclica è in funzione
dell’educazione, anzi della salvezza
dell’umanità attraverso la rigenerazione
della sua natura sociale. La ciclicità
di Vico salva l’uomo in quanto lo
conserva dalla decadenza della barbarie
della riflessione. Vico non sostituisce
alla Provvidenza come Voltaire un
progresso promosso dall’uomo. La sua
idea fondamentale non è il progresso
storico verso un compimento ultimo bensì
il processo di “corso e ricorso”:
l’estremo rimedio alla corruzione della
natura umana messa in atto dalla
Provvidenza.
La prospettiva di Vico è ancora
teologica, ma i mezzi della Provvidenza
salvatrice sono storico-naturali. La
storia ha un inizio preistorico, ma non
ha fine né compimento, anche se è
diretta dalla Provvidenza.
La teoria di Vico è una “teologia civile
ragionata” in quanto riconosce la divina
provvidenza, ma la identifica con la
storia. Il suo pensiero si situa a metà
strada tra la teologia della storia e la
filosofia della storia ed è perciò
profondamente ambigua. Questa ambiguità
apparve subito nella varietà di
interpretazioni che furono date di essa.
Per fare un esempio i cattolici
conservatori italiani attaccarono la
Scienza Nuova perché videro che una
Provvidenza immanente alla storia
dissolve la concezione biblica del
potere trascendente di Dio, mettendo in
crisi i fondamenti della interpretazione
biblica della storia. A loro volta i
socialisti italiani anticlericali
ristamparono l’opera di Vico
considerandola un’arma intellettuale per
la loro rivoluzione.
Concludiamo il nostro articolo mettendo
in evidenza che Giambattista Vico, pur
essendo un cattolico convinto, si rese
conto a mala pena che la sua dottrina
conteneva implicita una critica della
concezione biblica della storia.
La sua opera è infatti edificata sul
principio della teologia civile, è una
teologia della storia molto diversa da
quella presente nell’opera di Agostino.
Infatti in Vico la Provvidenza che
regola il processo storico non è altro
che l’ordine universale e permanente
immanente alla storia, cosicché la
Provvidenza secondo Vico, sebbene sia di
origine soprannaturale, agisce nella
storia in maniera così naturale da
identificarsi quasi con le leggi sociali
dello sviluppo storico e quindi la
Provvidenza vichiana è difficilmente
conciliabile con la concezione cristiana
della storia. |