N. 40 - Aprile 2011
(LXXI)
Mu’ammar Gheddafi
storia di un “ex” leader
di Francesca Zamboni
La
rivoluzione
culturale
di
Gheddafi,
nata
nel
1975
come
programma
di
modernizzazione
del
paese
libico
sulla
scia
di
quella
che
era
stata
l’altra
rivoluzione,
ovvero
quella
cinese
di
Mao
Tse-Tung,
ha
mostrato
sin
dai
suoi
esordi
contraddizioni
che
hanno
condotto
all’attuale
sovvertimento
politico
della
Libia.
Il primo Libro Verde, in
cui
Gheddafi
condanna
il
capitalismo
e il
comunismo,
risale
al
1975,
anno
in
cui
il
leader
fece
del
Corano
lo
strumento
per
eccellenza
per
la
diffusione
degli
ideali
socialisti,
sostenendo
che
la
nuova
struttura
sociale
dovesse
basarsi
su
un
popolo
capace
di
autogovernarsi
attraverso
un
nuovo
modello
istituzionale
costituito
dai
“Congressi
Popolari
di
base”
e
dal
Congresso
Generale
del
Popolo.
Il popolo sarebbe dunque
dovuto
diventare
il
portavoce
di
un
mutamento
sociale
che
affondava
le
proprie
radici
nella
tradizione
islamica
ed
araba,
reprimendo
non
solo
il
comunismo
e il
capitalismo,
ma
anche
il
pensiero
occidentale
con
una
rigorosa
applicazione
della
Shari’a.
Il Libro Verde per Gheddafi
rappresentava
la
spiegazione
del
Corano,
fonte
di
idee
che
tutti
possono
interpretare
senza
alcuna
mediazione,
svalutando
il
ruolo
degli
ulema,
degli
imam
e
dei
giuristi
islamici;
un
modo
questo
con
cui
il
Rais
voleva
distinguersi
all’interno
del
mondo
islamico
per
colpire
l’islam
sunnita
che
da
sempre
si
era
mostrato
contrario
alle
sue
riforme.
Non solo, per rafforzare
ulteriormente
i
suoi
principi,
Gheddafi
patrocinò
la
revisione
del
calendario
musulmano,
sostenendo
che
dovesse
partire
dalla
morte
del
Profeta
(632).
Si trattò di un nuovo
ordinamento
politico
che,
nel
marzo
1977,
condusse
alla
proclamazione
della
“Jamahiriya
Socialista
Araba
del
Popolo
Libico”,
letteralmente
Repubblica
delle
masse,
che
vide
l’istituzione
di
un
Segretariato
Generale
presieduto
dallo
stesso
Gheddafi.
Quindi
nel
marzo
1979
il
potere
era
ormai
interamente
passato
nelle
mani
del
popolo.
Ma non ci furono soltanto
mutamenti
politici,
poiché
tutta
la
nuova
situazione
procedeva
parallelamente
alle
modifiche
del
processo
economico
i
cui
elementi
teorici
vennero
pubblicati
nel
secondo
volume
del
Libro
Verde
(1978),
che
chiedeva
una
revisione
dei
rapporti
tra
il
lavoratore
e il
proprietario
dei
mezzi
di
produzione,
poiché
il
primo
si
trovava
ancora
in
uno
stato
di
sottomissione
nei
confronti
del
secondo,
nonostante
i
progressi
raggiunti.
Ricordiamo
che
l’economia
libica
rimase
mista
fino
alla
fine
degli
anni
Settanta,
lasciando
ampio
spazio
alle
imprese
private
che
persero
potere
quando
le
riforme
di
stampo
socialista
richiesero
l’abolizione
della
proprietà
privata.
Il governo libico tentò
di
tenere
sotto
controllo
tutte
le
risorse
nazionali
e,
rimanendo
coerente
con
i
principi
del
Libro
Verde,
pressò
i
lavoratori
pubblici
e
privati
affinché
prendessero
il
controllo
delle
imprese
per
cui
lavoravano,
in
modo
tale
da
partecipare
attivamente
al
processo
economico
del
paese.
In
breve
tempo
Gheddafi
riuscì
a
diventare
unico
amministratore
per
ciò
che
riguardava
il
petrolio,
le
risorse
idriche
e le
infrastrutture.
Inoltre, attraverso i
cosiddetti
piani
quinquennali
il
leader
libico
tentò
di
perfezionare
l’assetto
economico,
investendo
in
tutte
quelle
zone
che
avrebbero
potuto
garantire
l’indipendenza
economica
della
Libia.
Il
primo
piano
quinquennale
risale
al
1976
e
alla
sua
scadenza,
nel1980,
il
paese
poteva
già
vantare
importanti
progressi
economici
e
sociali,
visto
che
le
condizioni
dei
cittadini
erano
migliorate,
tanto
da
fare
della
Libia
il
paese
africano
con
il
redito
più
alto.
Sempre nel 1980 venne
pubblicato
il
terzo
volume
del
Libro
Verde
in
cui
si
andavano
ad
analizzare
importanti
tematiche
sociali:
la
condizione
della
donna
e
delle
minoranze,
il
nazionalismo
e
l’educazione.
Proprio sul concetto di
nazionalismo,
Gheddafi
fece
molta
pressione,
facendo
di
questo
termine
la
forza
motrice
della
storia
libica,
poiché
lo
stato-nazione
secondo
il
Rais
non
ha
niente
a
che
fare
col
concetto
di
stato,
capace
soltanto
di
dividersi
in
gruppi
religiosi
e
politici.
Solo
la
nazione
poteva,
con
la
propria
storia
e la
propria
tradizione,
fare
da
comune
denominatore
per
superare
le
lotte
intestine.
In una prima fase, il
rafforzamento
dell’
OPEC
(Organizzazione
dei
Paesi
produttori
di
petrolio)
condusse
ad
un
sostanziale
miglioramento
del
processo
economico
libico,
grazie
ad
una
politica
di
cartello
che
controllando
la
produzione
del
petrolio
facilitava
la crescita dei prezzi.
Questa condizione venne
meno
all’inizio
degli
anni
Ottanta,
quando
in
relazione
alla
recessione
economica
dei
paesi
industrializzati
il
prezzo
del
petrolio
cadde
notevolmente.
I
dissensi
nel
popolo,
non
tardarono
a
farsi
sentire,
in
quanto
i
piani
quinquennali,
che
all’inizio
avevano
favorito
il
processo
di
trasformazione
economica,
adesso
stavano
paralizzando
l’universo
finanziario,
colpito
anche
da
una
scarsa
produttività
agricola
che
condusse
ad
una
forte
impennata
dei
prezzi
dei
beni
di
prima
necessità.
Per far fronte alla forte
crisi,
che
trovò
il
suo
culmine
nel
1989,
il
governo
libico
ricorse
ad
una
energica
riduzione
delle
spese
pubbliche
ad
una
parziale
liberalizzazione
economica.
I
tagli
maggiori
riguardarono
gli
investimenti
nel
settore
sanitario,
intanto
la
disoccupazione
saliva
parallelamente
ad
un
crescente
dissenso
popolare.
Nonostante
ciò
lo
stato
libico
riuscì
a
controllare,
per
i
primi
anni
Novanta,
l’industria
pesante.
Ma la svolta avvenne nel
1996
quando
la
favorevole
congiuntura
economica
permise
l’ascesa
dei
prezzi
del
petrolio
e la
ripresa
del
sistema
economico
libico,
un
avvenimento
quest’ultimo
che
fomentò
le
anime
delle
opposizioni
le
quali
non
esitarono
a
piegarsi
al’integralismo
islamico.
Questo
atteggiamento
fu
per
Gheddafi
un
avvertimento,
cosicché
nel
2000
decise
di
rivedere
l’assetto
istituzionale,
conferendo
maggiori
poteri
alle
organizzazioni
locali
dopo
aver
abolito
dodici
ministeri
e
dopo
aver
revocato
la
carica
di
primo
ministro.
E ovviamente, causa forza
maggiore,
il
leader
dovette
attuare
una
politica
di
maggiore
collaborazione
con
i
paesi
occidentali
dopo
l’attacco
terroristico
dell’11
settembre
2001
per
unirsi
alla
lotta
contro
il
terrorismo
islamico.
Non
solo,
con
il
passare
degli
anni
Gheddafi
ha
stretto
rapporti
più
solidi
con
l’occidente.
La situazione è in seguito
capitolata,
precisamente
nella
notte
tra
il
15
febbraio
e il
16
febbraio
2011,
quando
la
polizia
ha
represso
con
violenza
una
manifestazione
antigovernativa
a
Bengasi.
Si è
trattato
di
un
evento
senza
precedenti
che
sta
mettendo
a
dura
prova
il
regime
del
colonnello
Gheddafi
al
potere
da
oltre
quarant’anni.
Nonostante varie trattative
e
proposte
di
esilio
con
tanto
di
immunità,
il
leader
non
scende
a
compromessi.
Parla
di
complotti
dell’occidente
come
se
la
sua
politica
fosse
sempre
stata
ben
tollerata
dal
suo
popolo.
Il Libro verde, simbolo
della
sua
ideologia,
è
stato
bruciato,
ma
lui
non
demorde.
Sa
di
essere
al
capolinea,
ma
un
colonnello
come
Gheddafi
che
aveva
cercato
di
togliersi
l’immagine
Rais
(Capo)
per
vestire
i
panni
di
al-Qaid
(guida)
alla
ricerca
di
un
equilibrio
difficilmente
cederà.
Sono troppi i suoi legami
con
l’occidente
e di
questo
ne è
talmente
consapevole
che
se
la
situazione
attuale
in
cute
timore,
quella
futura
ancora
di
più.