N. 75 - Marzo 2014
(CVI)
GESÙ STORICO: INDAGINE ATTORNO A UN “PROBLEMA”
PARTE XIV - Le tesi neotestamentarie
di Luigi Pezzella
Secondo
il
racconto
dei
Vangeli,
i
veri
responsabili
della
morte
di Gesù
sono
il
sinedrio
e il
popolo
giudaita
come
informa
l’evangelista
Giovanni:
“a
questo
addebito
all’élite
locale
e al
popolo
nel
suo
complesso
è
connessa
direttamente
l’assoluzione
di
Ponzio
Pilato,
poiché
è
vero
che
questi
ordina
la
crocifissione
ma
lo
fa
manifestamente
contro
la
sua
convinzione
dell’innocenza
di
Gesù
e
della
pressione
della
folla
del
sinedrio.
Questa
combinazione
di
eventi
è
palesemente
in
funzione
di
un
interesse
apologetico
dei
Vangeli”.
Secondo
questa
versione
le
rappresentazioni
del
sinedrio
e di
Pilato
si
condizionano
reciprocamente
al
sol
fine
apologetico.
Stegemann
duramente
argomenta:
“nel
modo
in
cui
i
Vangeli
raffigurano
Pilato
non
è in
questione
quindi
la
sua
discolpa
o
un’apologia
di
Roma,
bensì
la
discolpa
di
Gesù
dalle
accuse
di
sedizione
antiromana
e
quindi
un’apologia
dei
credenti
in
Cristo
in
senso
pragmatico
testuale”.
La
fine
di
Gesù
a
Gerusalemme
è
nel
Nuovo
testamento
narrata
in
versioni
differenti,
le
si
potrebbe
chiamare
“dichiarazioni”
che
danno
un
nome
alla
morte
o
all’esecuzione
di
Gesù
e le
interpretano;
in
questi
testi
vengono
alla
luce
tendenze
significative
dell’interpretazione
dell’evento
storico.
Se
analizziamo
alcuni
passi
del
Nuovo
testamento
in
particolare
la
prima
lettera
di
Paolo
ai
Tessalonicesi:
Infatti
voi,
fratelli
[i
credenti
in
Cristo
di
Tessalonica],
siete
diventati
imitatori
delle
comunità
di
Dio
in
Cristo
Gesù
della
Giudea,
perché
avete
sofferto
anche
voi
ad
opera
dei
vostri
connazionali
come
anche
loro
ad
opera
dei
giudaiti,
15 i
quali
hanno
anche
messo
a
morte
il
Signore
Gesù
e i
profeti
e ci
hanno
perseguitato
e
non
piacciono
a
Dio
e
sono
nemici
di
tutti
gli
uomini;
16
ci
impediscono
di
parlare
alle
nazioni,
affinché
siano
salve,
per
completare
sempre
i
loro
peccati.
Ma
l’ira
è
giunta
su
di
loro
sino
alla
fine
(I
Tess.
2,14-16).
Se
non
si
tratta
di
interpolazione
posteriore
nella
lettera
paolina,
questo
passo
è la
più
antica
attestazione
letteraria
dell’imputazione
collettiva
a i
giudei
della
colpa
della
morte
di
Gesù.
La
critica
storica
ha
sollevato
qualche
dubbio
circa
l’autenticità
dei
vv.15
e
16,
i
quali
possono
non
essere
di
Paolo
dal
momento
che
contengono
vecchi
pregiudizi
antigiudaici
e
sembrano
formulati
da
una
prospettiva
posteriore
alla
distruzione
del
tempio
del
70
d.C.
D’altra
parte
questo
passo
della
lettera
paolina,
non
viene
considerato
esclusivamente
come
affermazione
della
globale
colpa
giudaita
nell’uccisione
di
Gesù,
essa
viene
anche
addotta
come
riscontro
per
la
partecipazione
giudaica
alla
morte
di
Gesù.
Infatti
Reinbold
per
la
tesi
della
partecipazione
corregge
e
interpreta
l’affermazione
paolina
in
questo
senso:
“per
la
verità
i
giudei
non
hanno
ucciso
loro
stessi
Gesù,
ma
nella
sua
esecuzione
ad
opera
del
prefetto
romano
ne
sono
stati
la
forza
motrice”.
Stegeamnn
fa
chiarezza
sulla
questione
affermando
che
questa
interpretazione
che
mitiga
il
testo
paolino
possiamo
leggervela
noi,
dal
momento
che
in
essa
non
vi è
scritto
questo,
ma
vi è
scritto
esplicitamente:
“i
quali
hanno
anche
messo
a
morte
il
Signore
Gesù!”
È
quindi
da
sospettare
che
la
riduzione
della
chiara
affermazione
di
Paolo
a
una
partecipazione
miri
a
salvare
la
manifesta
erroneità
storica
dell’affermazione
paolina
sulla
base
di
altre
informazioni
postume,
ossia
i
Vangeli.
Se
questa
lettera
però
è
scritta
ai
credenti
in
Cristo
di
Tessalonica
almeno
venti/venticinque
anni
prima
della
comparsa
del
vangelo
più
antico,
si
deve
senz’altro
supporre
che
i
destinatari
non
conoscessero
ancora,
diversamente
da
noi,
i
Vangeli.
Per
il
metodo,
l’interpretazione
del
versetto
nel
senso
di
una
partecipazione
giudaica
all’uccisione
di
Gesù
è
quindi
un’interpretazione
a
posteriori
correttiva
ad
opera
di
interpreti
moderni.
Non
è
quindi
possibile
evitare
di
leggere
questo
versetto
paolino
come
affermazione
polemica
e
non
come
descrizione
storica
dei
fatti.
Va
aggiunto
che
anche
se
l’interpretazione
moderna
del
testo
paolino
fosse
esatta,
non
proverebbe
con
certezza
la
partecipazione
del
popolo
giudaita
all’esecuzione.
Stegemann
fa
un’importantissima
considerazione
dal
punto
di
vista
della
metodologia
della
ricerca
storica:
“ciò
che
in
ogni
caso
sarebbe
dimostrato
è
che
in
cerchie
cristiane
questa
partecipazione
fu
affermata
relativamente
presto,
ma
non
che
questa
affermazione
corrisponda
ai
fatti
storici.
Questo
argomento,
ribadisce
un
quesito
fondamentale
delle
analisi
storiche,
non
si
devono
scambiare
affermazioni
su
eventi
per
gli
eventi
stessi”.
A
questo
proposito
è
interessante
anche
un’osservazione
di
Giorgio
Jossa
sulla
questione
di
cui
sono
pieni
i
Vangeli
canonici
ossia
il
perenne
contrasto
di
Gesù
con
i
farisei:
“i
contrasti
di
Gesù
col
fariseismo
di
cui
sono
pieni
[affermano]
i
Vangeli
canonici
non
rispecchiano
la
realtà
storica
di
Gesù,
che
è
quella
degli
anni
venti,
ma
[affermano]
soltanto
quella
degli
autori
dei
Vangeli,
che
scrivono
negli
anni
tra
il
70 e
100.
Il
contesto
storico
nel
quale
essi
scrivono
è
quello
della
nascita
del
giudaismo
rabbinico,
erede
di
quello
farisaico,
è
tale
contesto
che
spinge
gli
evangelisti
a[ad
affermare]
proiettare
al
tempo
di
Gesù
una
realtà
che
è
invece
quella
del
giudaismo
successivo
al
70”.
Quello
dei
farisei,
come
abbiamo
visto,
era
il
gruppo
più
“spirituale”.
Nel
70
in
giudaismo
rabbinico
era
in
espansione
ed
inevitabilmente
entrava
in
competizione,
se
non
in
contrasto,
con
i
primi
gruppi
cristiani.
Nella
lettera
di
Paolo
ai
Tessalonicesi
i vv.15-16
sono
un
chiaro
attacco
ai
giudei.
La
storia,
purtroppo,
mostra
e
dimostra
che
la
ri-lettura
degli
eventi
al
posto
della
“cronaca”
degli
eventi
reali,
può
portare
a
gravissime
conseguenze.