N. 71 - Novembre 2013
(CII)
gESÙ STORICO: INDAGINE ATTORNO A UN “PROBLEMA”
PARTE X - discendenza davidica
di Luigi Pezzella
La
questione
del
rapporto
fra
l’idea
di
regno
di
Dio
del
movimento
di
Gesù
e
l’attesa
del
ristabilimento
della
dinastia
della
casa
di
David
propria
della
tradizione
d’Israele
solleva
un
difficile
problema
storico.
In
generale
è da
dire
che
al
ristabilimento
della
casa
reale
davidica
come
alla
sovranità
regale
di
Dio
è
associata
l’eterotopia
di
una
sovranità
buona
e
giusta
di
Israele.
Entrambe
le
attese
stanno
nei
Vangeli
una
accanto
all’altra.
Questo
concetto
è
presente
già
verso
la
metà
del
I
sec.
a.C.
nei
Salmi
di
Salomone.
In
questo
testo
s’
incontra
la
speranza
di
restaurazione
d’Israele
come
popolo
delle
dodici
tribù,
a
sua
volta
associata
all’attesa
di
un
re
degli
ultimi
tempi
sul
trono
di
David,
il
quale
viene
detto
espressamente
unto
del
Signore
(christos
Kyriou).
Ecco
un
passo
del
testo:
4
Tu,
Signore,
scegliesti
David
come
re
su
Israele
e tu
giurasti
a
lui
per
sempre,
a
proposito
della
sua
progenie,
di
non
fa
mai
cessare
il
suo
potere
regale…
21
Guarda
Signore,
e fa
sorgere
per
loro
il
loro
re
figlio
di
David
per
l’occasione
che
tu
hai
scelto,
o
Dio,
perché
il
tuo
servo
regni
su
Israele:
22 e
cingilo
di
forza
così
che
possa
spezzare
i
governanti
ingiusti
e
purificare
Gerusalemme
dai
popoli
pagani
che
la
calpestano
con
distruzione,
23 e
con
sapienza
di
giustizia
allontanare
i
peccatori
dall’eredità
e
spezzare
l’orgoglio
del
peccatore
come
vasi
d’argilla,24
con
verga
di
ferro
sbriciolare
ogni
loro
esistenza,
sterminare
i
pagani
trasgressori
con
la
parola
della
sua
bocca,25
con
la
sua
minaccia
far
fuggire
i
pagani
lontani
dal
suo
volto
E
punire
i
peccatori
per
i
pensieri
del
loro
cuore.
26 E
riunirà
un
popolo
santo,
di
cui
sarà
capo
con
giustizia
e
giudicherà
le
tribù
del
popolo
santificato
dal
Signore
suo
Dio:
27 e
non
permetterà
che
l’ingiustizia
abiti
ancora
tra
loro
e
non
abiterà
con
loro
nessun
uomo
che
conosca
il
male:
infatti
li
conoscerà
perché
sono
tutti
figli
del
loro
Dio.
28 E
li
suddividerà
nel
paese
nelle
loro
tribù,
e
immigrato
e
straniero
non
abiterà
più
con
loro:
29
giudicherà
popoli
e
nazioni
con
la
sapienza
della
sua
giustizia.30
Terrà
i
popoli
dei
pagani
sotto
il
suo
giogo
per
servirlo
e
renderà
gloria
al
Signore
sotto
gli
occhi
di
tutta
la
terra
e
purificherà
Gerusalemme
con
santificazione
simile
a
quella
dell’inizio:
31sicché
giungeranno
nazioni
dall’estremità
della
terra
per
vedere
la
sua
gloria,
portando
i
figli
di
cui
era
stata
privata
e
vedranno
la
sua
gloria
di
cui
l’ha
glorificata
Dio.
32 E
il
re
su
di
loro
sarà
giusto
e
ammaestrato
da
Dio
e
non
ci
sarà
nei
suoi
giorni
ingiustizia
in
mezzo
a
loro
perché
tutti
saranno
santi
e il
loro
re
sarà
l’unto
del
Signore.
(Sal.
17,4.21-32;).
Secondo
Stegemann,
in
questo
testo
si
lascia
riconoscere
anche
l’allusione
alla
profezia
di
Natan
con
cui
su
incarico
di
Dio
il
profeta
predice
al
re
David
una
dinastia
duratura:
12
Quando
i
tuoi
giorni
saranno
compiuti
e
giacerai
con
i
tuoi
antenati
farò
venire
dopo
di
te
la
tua
discendenza
uscita
da
te e
renderò
stabile
il
tuo
regno.
13
Egli
edificherà
una
casa
al
mio
nome
e io
renderò
stabile
per
sempre
il
trono
del
suo
regno.14
Io
gli
sarò
padre
ed
egli
mi
sarà
figlio.
Se
commetterà
il
male
lo
correggerò
con
bastone
umano
e
con
colpi
umani.
15
Non
ritirerò
da
lui
la
mia
grazia,
come
l’ho
ritirata
da
Saul
che
ho
rimosso
dal
trono
dinanzi
a
te.
16 E
la
tua
casa
e il
tuo
regno
saranno
saldi
per
sempre
davanti
a
me;
il
tuo
trono
sarà
stabile
per
sempre.
(2Sam.
7,12-16).
Questo
complesso
di
attese
messianiche
s’incontra
anche
nei
Vangeli
neotestamentari
in
particolare
quello
di
Luca.
Per
Stegemann,
proprio
la
concezione
ravvisabile
in
Luca
è
strettamente
collegata
all’attesa
dell’unto
(il
cristo)
in
quanto
liberatore
d’
Israele
degli
ultimi
tempi
e
signore
regale
sul
trono
di
David
(Lc.
1,5-
4,13).
In
particolare
l’annuncio
della
nascita
di
Gesù
si
riallaccia
alla
profezia
di
Natan
di
2Sam.7,1-16
e
alla
nascita
di
Gesù
associa
il
compimento
della
profezia:
32
Sarà
grande
e
sarà
chiamato
figlio
dell’Altissimo.
Il
Signore
Dio
gli
darà
il
trono
di
David,
suo
padre.
33 E
da
re
regnerà
in
eterno
sulla
casa
di
Giacobbe
e la
sua
sovranità
regale
non
avrà
fine
(Lc.
1,32-33).
A
Gesù
sono
associate
le
tipiche
attese
messianiche
per
il
popolo
d’Israele,
la
salvezza
di
Israele,
il
sovvertimento
dei
rapporti
sociali
esistenti,
la
liberazione
del
popolo
di
Dio
e di
Israele.
Non
c’è
nessun
dubbio
che
Gesù
sia
stato
esplicitamente
invocato
come
figlio
di
David.
Nel
racconto
del
cieco
Bartimeo
a
Gerico
(dunque
sulla
via
prima
di
entrare
a
Gerusalemme),
questi
chiama
Gesù
figlio
di
David
e ne
invoca
l’aiuto:
46 E
giunsero
a
Gerico.
E
mentre
egli,
i
suoi
discepoli
e
non
poca
folla
partivano
da
Gerico,
Bartimeo,
il
figlio
di
Timeo,
un
mendicante
cieco,
sedeva
lungo
la
strada.
47 E
quando
udì
che
era
Gesù
di
Nazareth
iniziò
a
gridare
a
gran
voce:
Figlio
di
David,
Gesù,
abbi
pietà
dime!
48
Allora
molti
lo
redarguivano
affinché
tacesse.
Ma
quello
gridava
più
forte:
Figlio
di
David,
abbi
pietà
di
me.
49 E
Gesù
si
arrestò
e
disse:
Chiamatelo
qui!
E
chiamarono
il
cieco
e
gli
dissero:
Su,
alzati!
Ti
chiama.
50Quello
gettò
il
mantello,
balzò
in
piedi
e
venne
Gesù.
51 E
Gesù
si
rivolse
a
lui
e
gli
disse:
Che
cosa
devo
fare
per
te?
Il
cieco
disse:
Rabbuni,
fa
che
torni
a
vedere.
52 E
Gesù
gli
disse:
Và,
la
tua
fede
ti
ha
salvato.
E
subito
quello
tornò
a
vedere
e
prese
a
seguirlo
par
la
strada
(Mc.
10,46-52).
Secondo
Stegemann,
si è
compreso
il
testo
come
indubitabile
trasmissione
di
una
tradizione
più
antica
di
Gesù,
ma
insieme
si è
depoliticizzata
la
semantica
politica
problematica
dell’invocazione
di
Gesù
come
figlio
di
David.
C’è
chi
come
E.Stauffer
ha
limitato
il
senso
del
sintagma
figlio
di
David
all’aspetto
genealogico
escludendo
l’ambito
politico
messianico,
ma
quale
senso
potrebbe
avere
la
discendenza
genealogica
da
David
in
questo
contesto
se
non
la
si
collega
alla
casa
reale
davidica?
Interessante
punto
di
vista
al
riguardo
è
quello
di
Di
Palma
che
a
sua
volta
si
collega
a un
concetto
di
Pesch
ragionando
sul
sintagma
alla
luce
di
Mc
12,35-37:
35
Gesù
mentre
insegnava
nel
tempio,
disse:
Come
mai
gli
scribi
dicono
che
il
cristo
è
figlio
di
Davide?
36
Davide
stesso
disse
per
lo
Spirito
Santo
il
Signore
ha
detto
al
mio
Signore:
Siedi
alla
mia
destra,
finché
io
abbia
messo
i
tuoi
nemici
sotto
i
tuoi
piedi.
37
Davide
stesso
lo
chiama
Signore;
dunque
come
può
essere
suo
figlio?
E
una
gran
folla
lo
ascoltava
con
piacere.
Per
Di
Palma
la
domanda
di
Gesù
può
essere
formulata
più
chiaramente
dicendo:
“in
che
senso
gli
scribi
dicono
che
il
re-messia
è
figlio
di
Davide?”.
La
risposta
è
scritta
nel
Salmo
101
il
quale
è
incastonato
in
questo
passo
del
Vangelo
al
v.36.
Il
Salmo
101,
secondo
l’opinione
del
tempo,
è
attribuito
a
Davide.
Pesch
dice:
“Gli
scribi
potevano
intendere
il
concetto
di
figlio
non
in
chiave
puramente
genealogica,
bensì
come
qualità,
ossia
una
persona
della
specie,
delle
qualità
di
Davide,
una
persona
richiamante
quei
fattori”.
Quindi
Davide
chiama
Signore
“suo
figlio”
poiché
non
necessariamente
deve
essere
inteso
in
senso
genealogico
ma
può
essere
inteso
anche
in
senso
di
caratteristiche.
Infatti,
nella
genealogia
di
Matteo,
Gesù
non
è
messo
in
diretta
filiazione
paterna
con
Giuseppe,
il
quale
era
discendente
di
Davide,
ma
in
diretta
discendenza
da
Maria.
Questo
perché?
Guardando
con
attenzione,
in
questo
passo
evangelico
del
cieco
Bartimeo,
si è
volutamente
andati
contro
l’interpretazione
dell’invocazione
di
Gesù
come
figlio
di
David
in
senso
concreto
politico
e si
son
fatti
valere
il
contesto
di
una
guarigione
miracolosa.
Ma
alla
luce
di
ciò
J.P.
Meier
ha
proposto
un’interessante
interpretazione
delle
guarigioni
miracolose
sulla
base
della
tradizione
del
Salomone
specialista
in
esorcismi
(Ant.8,45ss.).
Meier:
“l’associazione
di
miracoli
di
guarigione
al
titolo
figlio
di
David
è
più
complessa
di
quanto
a
prima
vista
non
sembri.
Nel
I
sec.
d.C.
in
certi
ambienti
giudaici
il
re
Salomone…aveva
fama
di
grande
esorcista
e
guaritore”.
Proprio
la
combinazione
in
Gesù
del
maestro
saggio
con
l’esorcista
o il
taumaturgo
consentirebbe
di
comprendere
nel
giudaismo
del
tempo
l’associazione
con
l’appellativo
figlio
di
David.
Inoltre,
la
preghiera
da
parte
del
cieco
che
invoca
pietà
può
essere
rivolta
anche
a
sovrani
terreni
(Ant.9,64;
Epitteto,
Dissertiationes2,7,12;
2
Macc.
7,27).
Un’
ulteriore
precisazione
che
si
potrebbe
inoltre
ricordare,
e
che
credo
sia
importantissima
per
rendere
il
concetto,
è
quella
di
Vespasiano.
Tacito
racconta
come
guaritore
di
un
cieco
e di
un
paralitico
prima
di
entrare
a
Roma
per
assumervi
il
potere
come
imperatore,
e su
questo
sfondo
la
guarigione
di
Bartimeo
ha
senza
dubbio
il
valore
di
un
re
che
compie
prodigi
per
conferma
divina
della
maestà
della
sovranità
prima
di
entrare
nella
“sua”
città.
Il
racconto
fornisce
la
legittimazione
divina
alla
rivendicazione
di
Gesù
al
trono
davidico.
Infatti,
il
“passo”
decisivo
in
questa
direzione
sarà
nella
“regale”
entrata
di
Gesù
a
Gerusalemme,
momento
chiave
dell’identificazione
di
Gesù
come
re,
lo
analizzeremo
nel
dettaglio
nel
prossimo
articolo.