N. 69 - Settembre 2013
(C)
GESÙ STORICO: INDAGINE ATTORNO A UN “PROBLEMA”
PARTE VIII - IL REGNO DI DIO
di Luigi Pezzella
Con
questo
articolo
iniziamo
una
mini
indagine
nell’indagine.
Dedicheremo
alcuni
articoli,
analizzando
da
prospettive
diverse
e
possibili,
una
questione
che
è al
centro
della
missione
gesuana,
ovvero
l’annuncio
del
Regno
di
Dio.
Per
molti
il
regno
di
Dio
rappresenta
il
centro
dell’attività
del
Gesù
storico
e
proprio
per
questo
il
sintagma
“Regno
di
Dio”
è
diventato
il
tema
più
trattato
della
ricerca
storica.
La
varietà
di
interpretazioni
a
cui
si
“presta”
il
concetto
è
confermata
da
molti
studiosi.
Stegemann:
“la
storia
del
discorso
specialistico
sulla
predicazione
di
Gesù
del
regno
di
Dio
rivela
una
varietà
e
dovizia
di
possibilità
interpretative
che
può
anche
servire
a
metterci
in
guardia
dal
cedere
all’illusione
storicistica
secondo
cui
è
sufficiente
il
rigoroso
rispetto
di
un
metodo
perché
il
ricercatore
agguerrito
possa
motivare
una
determinata
interpretazione
dei
testi
pertinenti
come
rappresentazione
oggettiva
e
definitiva
della
posizione
del
Gesù
storico”.
I
Vangeli
forniscono
ciascuno
un’interpretazione
indipendente
della
predicazione
e
della
manifestazione
della
sovranità
di
Dio
ad
opera
di
Gesù.
D’altro
canto
tutti
i
dati,
come
mostra
il
discorso
specialistico
sul
“problema”
Gesù
storico,
richiedono
sempre
di
essere
interpretati.
Anche
la
convinzione
condivisa
della
centralità
del
regno
di
Dio
nell’attività
gesuana
è
un’ipotesi
a
cui
non
mancano
ragioni
contrarie.
La
questione
che
interessa
però
non
è se
il
regno
di
Dio
fosse
o
meno
il
centro
dell’attività
gesuana,
ma
cosa
intendesse
Gesù
parlando
del
regno
di
Dio.
Inoltre
se è
presente
o
futuro,
se è
escatologico
o
no,
deve
ancora
venire
o
già
è
realizzato,
è
reale
o
metafisico?
Abbiamo
detto
cosa
intendesse
Gesù
parlando
del
regno
di
Dio.
Infattti,
analizzeremo
le
parole
pronunciate
effettivamente
da
Gesù.
In
questo
caso
più
degli
altri
la
ipsissima
verba
Jesu
è
importantissima
per
capire
la
ipsissima
intentio
Jesu.
Nei
Vangeli
s’incontra
il
sintagma
basileia
tou
theou,
soltanto
Matteo
parla
di
basileia
tou
ouranon,
ossia
sovranità
regale
del
cielo.
E’
importante
evidenziare
che
Gesù
non
ha
usato
né
l’uno
né
l’altro
sintagma,
bensì
una
formula
aramaica
malkutà
che
in
ebraico
è
malkut.
Stegemann
afferma
che:
“sia
in
aramaico
che
in
ebraico
il
termine
malkut
riferito
a
Dio
è
una
di
quelle
formazioni
astratte
in
uso,
mediante
le
quali
si
suppliva
alle
espressioni
verbali
riguardanti
Dio
impiegati
nell’Antico
Testamento”.
Per
Marklein
in
concreto
malak
jhwh
vuol
dire
Dio
è re
e
aggiunge:
“il
sintagma
non
può
mai
designare
il
regno
di
Dio
inteso
come
la
sfera
in
cui
si
esercita
la
potenza
divina,
bensì
il
fatto
che
Dio
è
re,
ossia
la
sua
religiosità”.
Da
qui
si
deve
partire
anche
per
stabilire
il
valore
che
il
sintagma
assume
sulle
labbra
di
Gesù.
Quello
della
malkut
di
Dio,
cioè
quello
che
pronunciava
veramente
Gesù
di
Nazareth,
è un
concetto
non
spaziale
né
statico,
ma
dinamico,
ossia
è la
signoria
regale
di
Dio
in
actu,
e
questa
potrebbe
essere
la
ragione
per
cui
Gesù
ne
ha
fatto
il
tema
centrale
del
suo
annuncio
escatologico.
Kuhn
osserva:
“usato
in
senso
assoluto
malkut
nel
linguaggio
rabbinico
designa
sempre
il
regno
mondano
per
eccellenza,
ossia
l’impero
di
Roma,
non
tanto
come
istituzione
quanto
come
la
sovranità
romana
vista
da
chi
è ad
essa
soggetto”.
Questo
è in
generale
anche
l’uso
linguistico
biblico
dove
spesso
il
contesto
del
termine
basileia
fa
pensare
all’aspetto
dinamico
del
potere
che
non
può
essere
reso
adeguatamente
con
gli
equivalenti
impero
o
regno
di
senso
statico.
Stegemann
afferma:
“ciò
tuttavia
non
esclude
del
tutto
l’idea
di
un’area
geografica
nella
quale
la
sovranità
viene
esercitata
e
che
solo
il
contesto
può
decidere
la
sfumatura
semantica”.
Particolarmente
chiara
è
questa
dipendenza
dell’interpretazione
di
basileia
dal
contesto
in
un
passo
del
primo
libro
dei
Maccabei
in
cui
si
parla
della
suddivisione
del
potere
sovrano/basileia
di
Alessandro
Magno,
da
cui
consegue
anche
una
ripartizione
del
territorio
soggetto
a
sovranità:
6
Chiamò
tutti
i
suoi
servi
supremi
che
erano
cresciuti
con
lui
e
ripartì
il
suo
impero
(basileia)
tra
loro
mentre
ancora
era
vivo,
7
Alessandro
aveva
regnato
dodici
anni
quando
morì.
8 I
suoi
servi
supremi
assunsero
il
potere
(epekratesan),
ciascuno
nel
suo
territorio
(topos).
9
Dopo
la
sua
morte
tutti
cinsero
la
corona
regia
(diadema);
similmente
la
tennero
a
lungo
i
loro
discendenti.
Portarono
grande
sventura
sulla
terra…
(I
Macc.
1,1-9).
Per
l’aspetto
territoriale
della
semantica
di
basileia
nel
Nuovo
Testamento,
in
particolare
analizziamo
Lc.4,5-6,
poiché
in
questo
passo
risulta
che
basileia
designa
un’entità
empiricamente
visibile,
ma
dall’altro
mostra
come
nello
stesso
contesto
sia
importante
anche
l’aspetto
dinamico
della
sovranità.
5 Ed
egli
[il
diavolo]
lo
[Gesù]
condusse
su
un
alto
monte
e
gli
mostrò
in
un
istante
tutti
i
regni
(basileai)
della
terra
(oikumene).
6 E
il
diavolo
gli
disse:
Ti
darò
tutta
questo
potere
e la
sua
gloria
(doxa);
perché
mi è
stata
consegnata
e la
do a
chi
voglio
(Lc.4,5-6).
Per
Stegemann:
“il
contesto
lascia
intendere
che
ciò
che
Gesù
vede
potrebbe
essere
il
potere
e la
gloria
di
questi
regni/basileiai,
quindi
certi
segni
visibili
di
manifestazioni
di
potenza.
In
poche
parole,
anche
in
questo
testo
la
parola
indica
presumibilmente
non
soltanto
un
territorio
geografico
spaziale
ma
anche
i
simboli
dell’esercizio
e
della
manifestazione
del
potere.
Ciò
di
cui
soprattutto
è
convinto
è
che
nel
sintagma
basileia
tou
theou
in
primo
piano
sta
l’aspetto
dinamico
della
sovranità,
e
ciò
dovrebbe
risultare
anche
dalla
traduzione,
benché
riconosca
che
i
due
termini
con
cui
la
si
traduce,
tanto
regno
quanto
sovranità,
rendono
solo
aspetti
della
semantica
originaria
e
considerati
in
sé
non
sono
degli
equivalenti
semanticamente
sufficienti
ed
esaustivi”.
Quindi
si
preferisce
la
resa
di
basileia
con
sovranità
anziché
regno,
viene
letto
il
genitivo
tou
theou
(ton
ouranon)
dipendente
da
basileia
come
genitivo
qualificativo
che
specifica
questa
sovranità
come
divina,
col
che
comunque
non
si
fa
un’affermazione
teocentrica
nel
senso,
ad
esempio,
che
a
Gesù
interessi
unicamente
Dio
e
simili.
In
questo
caso
dunque
il
genitivo
dice
una
proprietà
del
nome
che
lo
regge
e il
concetto
di
sovranità
divina,
in
questo
caso
ricordiamo
che
è
Gesù
a
parlare,
è
antitetico
a
sovranità
umana;
divino
in
quanto
contrapposto
a
umano.
Nell’Apocalisse
di
Giovanni
l’instaurazione
della
sovranità
di
Dio
viene
rappresentata
come
sostituzione
della
sovranità
terrena
(Apoc.
11,15-18)
Il
sintagma
basileia
tou
theou
si
lascia
meglio
comprendere
come
concetto
differenziale
in
cui
è in
gioco
soprattutto
la
differenza
tra
la
prassi
della
sovranità
divina/celeste
rispetto
a
tutte
quelle
terrene/umane,
soprattutto
nella
versione
vissuta
nel
momento.
Con
altre
parole
si
potrebbe
anche
dire
che
il
significato
del
significante
di
questo
sintagma
è
determinato
da
contrasto
e
dal
dissidio
con
esperienze
di
sovranità
umana.
Nel
sintagma
il
genitivo
theou
è
quindi
da
leggersi
tutt’al
più
come
sorta
di
garanzia
di
qualità
migliore
della
sovranità
attesa,
God’s
governance
is
good
governance.
Come
esempi
di
tradizione
giudaica
anteriori
a
Gesù
che
ci
dica
in
cosa
consista
questa
natura
positiva
di
sovranità
Stegemann
riporta
l’esempio
di
due
Salmi
in
cui
la
regalità
di
Dio
viene
esplicitata
soprattutto
come
bontà,
misericordia
e
giustizia,
e
come
affidabilità
e
durata:
5
Voglio
esaltarti,
mio
Dio
e
re…
6
Esse
parlano
della
potenza
delle
tue
azioni
terribili,
le
tue
imprese
voglio
narrare.
7
Devono
diffondere
la
fama
della
tua
grande
bontà
e
giubilare
per
la
tua
giustizia.
8
Compassionevole
e
misericordioso
è il
Signore,
paziente
e
molto
misericordioso.
9 Il
Signore
è
buono
con
tutti,
e la
sua
compassione
è
per
tutte
le
opere.10
Ti
lodano,
Signore,
tutte
le
tue
opere,
e i
tuoi
fedeli
ti
benedicono,
11
Dicono
la
gloria
della
tua
sovranità
e
parlano
della
tua
potenza,
12
per
annunciare
agli
uomini
le
tue
opere
potenti,
lo
splendore
e la
magnificenza
della
tua
sovranità
(basileia).
13
La
tua
sovranità
è
una
sovranità
per
tutti
i
tempi
e la
tua
sovranità
dura
di
generazione
in
generazione.14
Il
Signore
sorregge
tutti
quelli
che
cadono
e
rialza
tutti
quelli
che
sono
piegati,
15
Gli
occhi
di
tutti
guardano
a
te,
e tu
dai
loro
cibo
al
momento
giusto.
16
Tu
apri
la
tua
mano
e
sazi
con
benevolenza
ciò
che
vive
(Sal.
145.1+
6-16).
Nel
Salmo
146
questi
temi
vengono
ancora
articolati
e
concretizzati
ancor
più
nettamente:
5
Salute
a
colui
il
cui
aiuto
è
Dio
di
Giacobbe,
che
mette
la
sua
speranza
nel
Signore
suo
Dio,
6
che
ha
fatto
cielo
e
terra
e il
mare
e
tutto
ciò
che
è in
essi,
che
mantiene
la
fedeltà
in
eterno,
7
che
fa
giustizia
agli
oppressi,
dà
pane
agli
affamati.
Il
Signore
libera
i
prigionieri.
8 Il
Signore
fa
vedere
i
ciechi,
il
Signore
rialza
quelli
che
sono
piegati,
Il
Signore
ama
i
giusti.
9 Il
Signore
protegge
gli
stranieri,
aiuta
vedove
e
orfani,
fa
sbagliare
la
strada
agli
empi.
10
Il
Signore
è re
in
eterno,
il
tuo
Dio,
Sion
di
generazione
in
generazione
(Sal.
146,5-10).
Stegemann
afferma:
“la
sovranità
di
Dio
è
una
metafora
per
la
sovranità
giusta,
misericordiosa
e
benevola,
né
la
concezione
di
basileia
tou
theou
intende
contribuire
alla
teoria
dello
stato.
In
essa
si
condensano
piuttosto
le
speranze
concrete
di
uomini
che
si
attendono
un
cambiamento
e un
miglioramento
delle
loro
esperienze
con
il
potere
del
momento
soltanto
da
un
intervento
di
Dio,
il
quale,
come
ora
in
cielo,
anche
sulla
terrà
provvederà
a un
ordine
giusto.
In
due
parole
s’intende
il
sintagma
basileia
tou
theou
come
espressione
antitetica
dell’esperienza
empirica
del
potere”.
Il
potere
empirico,
in
questo
periodo
storico
è
“sinonimo”
di
Roma
e
basileia
tou
theou
è il
potere
libera
i
giudaiti
da
Roma,
un
potere
che
come
vedremo
nel
prossimo
articolo
è
prettamente
materiale
e
politico.