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filosofia & religione


N. 65 - Maggio 2013 (XCVI)

Gesù storico: Indagine attorno a un “problema”
Parte V – IL SABATO: QUESTIONE DI POTERE?

di Luigi Pezzella

 

Nella civiltà giudaita la festa del sabato inizia col tramonto del venerdì e termina col tramonto del sabato. Amos 8,5 fa pensare che il sabato fosse celebrato già in età preesilica. Il riposo sabbatico svolse, comunque, una funzione centrale per l’identità giudaita, come mostra Ez. 20,12.

 

Per i non giudei, la caratteristica del sabato sta nel divieto di lavorare; in verità il riposo dal lavoro non è il culto, ma è la condizione per il culto, ovvero per lo studio della Torah e soprattutto per godere del sabato come dono di Dio. In questo periodo si può parlare con certezza di pratica del riposo sabbatico, a prevedere una mancata osservanza di tale precetto sono soltanto situazioni in cui, per i più diversi motivi, non ci si può attenere alla condotta prevista. Allargando un po’ l’orizzonte e contestualizzando gli eventi vediamo che, se analizziamo I Mac.2,31-41, durante la crisi della persecuzione seleucida e della liberazione maccabaica, allora, si stabilì che il precetto del sabato in presenza di pericolo di morte è soppiantato.

 

Il sabato non deve causare la rovina dell’uomo, resta da discutere però se vi deve essere pericolo di morte o estrema necessità per soppiantare il riposo sabbatico, il presupposto di Mt 12,11(Ed egli disse loro: “Chi tra voi, avendo una pecora, se questa gli cade di sabato in una fossa, non l'afferra e la tira fuori?”) è senz’altro questo. Se si osservano attentamente i casi discussi dai rabbi è ovvio concludere che in caso di dubbio è consentito di sabato tutto ciò che è utile alla salute e alla salvaguardia dell’uomo, e questo già prima di Gesù.

 

Se prendiamo il Vangelo, tranne che per l’episodio in cui i discepoli raccolgono le spighe di sabato (Mc. 2,23-28), tutti gli altri passi evangelici che hanno al centro il riposo sabbatico sollevano il “problema” delle guarigioni di Gesù in giorno di sabato.

 

Questa centralità dimostra che qui non è in questione l’osservanza o meno del terzo comandamento, quanto soprattutto la figura di Gesù e del suo gruppo.

 

Due esempi tratti dai Vangeli.

L’episodio dei discepoli che raccolgono spighe di sabato (Mc. 2,23-28): “In giorno di sabato Gesù passava per i campi di grano, e i discepoli, camminando, cominciarono a strap­pare le spighe. I farisei gli dissero: “Vedi, perché essi fanno di sabato quel che non è permesso?”. Ma egli rispose loro: “Non avete mai letto che cosa fece Davide quando si trovò nel bisogno ed ebbe fame, lui e i suoi compa­gni? Come entrò nella casa di Dio, sotto il sommo sacerdote Abiatàr, e mangiò i pani dell'offerta, che soltanto ai sacerdoti è lecito mangiare, e ne diede anche ai suoi compagni?”. E diceva loro: “Il sabato è stato fatto per l'uomo e non l'uomo per il sabato! Perciò il Figlio dell'uomo è signore anche del sabato”.

 

Per Stegemann, di per sé, stando alla allora contemporanea Legge mosaica raccogliere spighe di sabato è permesso, infatti, Deut. 23,26: “se entri nel campo di grano del tuo vicino, puoi strappare le spighe con la mano ma non devi entrare con la falce”. Questo, oltre a dirci che la Torah disciplina anche la “proprietà privata” in funzione dell’identità collettiva, ci dice anche che se compiuto di sabato “con la falce” potrebbe apparire come mietitura e quindi lavoro.

 

Si è sempre criticata anche l’artificiosità delle situazioni che vengono rappresentate. In proposito Sanders, ad esempio, scrive che: “non si dovrebbe lasciar passare inosservata l’ambientazione straordinariamente irrealistica di molti racconti relativi a conflitti, i farisei non si sono di certo organizzati in gruppi per passare il sabato sui campi di grano della Galilea nella speranza di sorprendere qualcuno intento a compiere atti trasgressivi.”

 

Nella sua risposta Gesù giustifica la loro condotta come “situazione di emergenza”(avevano fame) e al riguardo si rifà a David e ai suoi compagni che trovandosi anch’essi in situazione di necessità avevano fatto “cosa proibita”. Visto così, il principio di Gesù è ben incluso nella mentalità giudaita dai Maccabei in poi, cioè che “il pericolo di morte soppianta il riposo sabbatico”. Gesù con il passo:“il sabato è stato fatto per l’uomo e non l’uomo per il sabato” si colloca nella tradizione interpretativa di cui si è detto.

 

Così anche nell’episodio di Gesù che guarisce di sabato la mano inaridita con la sola parola (Mc. 3,1-6): “In quel tempo, Gesù entrò di nuovo nella sinagoga. C’era un uomo che aveva una mano inaridita, e lo osservavano per vedere se lo guariva in giorno di sabato per poi accusarlo. 
Egli disse all’uomo che aveva la mano inaridita: “Mettiti nel mezzo!”. Poi domandò loro: “È lecito in giorno di sabato fare il bene o il male, salvare una vita o toglierla?”. Ma essi tacevano. 
E guardandoli tutt’intorno con indignazione, rattristato per la durezza dei loro cuori, disse a quell’uomo: “Stendi la mano! La stese e la sua mano fu risanata. E i farisei uscirono subito con gli erodiani e tennero consiglio contro di lui per farlo morire. 

 

Qui ora “ovviamente” non se ne fa un’indagine medica, ma si analizza il contesto e Gesù non fa nessun atto lavorativo di sabato ma attualizza solo la priorità dell’uomo dettata dalla tradizione e quindi dalla Legge ebraica. In questo contesto Gesù si comporta da “ebreo”, magari come dice Meier “un ebreo marginale” che radicalizza la Legge, ma non la sovrasta.

 

Inoltre, quale che sia il punto di vista, è sbagliato dire Gesù ha infranto il riposo sabbatico. In merito a questo argomento è da rilevare il modello di Joseph Ratzinger che tocca in modo tangenziale il discorso etnico di Stegemann. Ratzinger dice: “Il sabato non è solo una questione che riguarda la religiosità dell’individuo, è il cuore di un ordine sociale che rende l’Israele Eterno ciò che è: il popolo che, come Dio nella creazione del mondo, il settimo giorno riposa dalla creazione”.

 

Per Ratzinger l’interpretazione corrente tende a dire che Gesù ha scardinato una prassi legalistica restrittiva introducendo al suo posto una visione più generosa e liberale, che apre una porta ad un agire ragionevole, commisurato a ogni situazione, ne è prova la frase: “il sabato è stato fatto per l’uomo e non l’uomo per il sabato”, che rivela una visione antropocentrica dell’intera realtà, dalla quale risulterebbe evidente un’interpretazione liberale dei comandamenti.

 

Inoltre, Ratzinger concorda con un’interessante posizione di Jacob Neusner, ebreo osservante e rabbino, sulla questione centrale del conflitto. Neusner sostiene che: “Gesù difende il modo con cui i discepoli calmano la fame, facendo dapprima riferimento a Davide che, con i suoi compagni, nella casa di Dio, mangiò i pani dell’offerta, che non era lecito mangiare né a lui né ai suoi compagni, ma solo ai sacerdoti. Poi continua: o non avete letto nella Legge che nei giorni di sabato i sacerdoti nel tempio infrangono il sabato e tuttavia sono senza colpa?”. E Neusner commenta: “egli e i suoi discepoli possono fare di sabato ciò che fanno, perché hanno preso il posto dei sacerdoti nel tempio, il luogo sacro si è spostato; esso consiste ora nel gruppo formato dal maestro con i suoi discepoli.” Un potere, quindi, in concorrenza con i poteri già esistenti in Giudea.

 

Il “nocciolo” della questione non è l’osservanza o meno del precetto sabbatico ma il comportamento di Gesù, poiché se Gesù rimane nell’ambito della Legge (es. David) e non si scosta totalmente, perché avrebbe dovuto creare questa diatriba il suo comportamento di sabato?

 

E’ evidente che in discussione è la rivendicazione di autorità da parte di Gesù. La questione è l’autorità; un’autorità che al di là della sua natura, qualsiasi essa sia, sicuramente entra in collisione con le autorità che facevano parte della casta elitaria del suo tempo.

 

Al lettore non potrà sfuggire il ricordo del quesito posto da sommi sacerdoti, scribi e anziani quando decidono di affrontare Gesù dopo il gesto della cacciata dei mercanti dal Tempio per rendere loro conto di tutto. Infatti, chiedono a Gesù: “con che autorità fai queste cose?”, la questione è l’autorità di Gesù, essi sentono di aver subìto una perdita di prestigio.

 

Interessante è anche leggere questi episodi alla luce della questione (affrontata nel precedente articolo) inerente la volontà di Gesù di abolire o superare la Torah. Ratzinger argomenta: “Gesù non vuole abolire le finalità del sabato secondo la creazione. Il giusto intreccio di Antico e Nuovo Testamento era ed è un elemento costitutivo per la Chiesa: proprio i discorsi del Risorto sottolineano che Gesù può essere compreso solo nel contesto di Legge e Profeti e che la sua comunità può vivere solo in questo contesto inteso in modo giusto. Tuttavia sarebbe sbagliato qualificare simili tendenze come una giudaizzazione del cristianesimo, poiché Israele pone la sua obbedienza ai concreti ordinamenti sociali della Torah in riferimento alla comunità genealogica dell’Israele Eterno. In sintesi, alla cristianità farebbe bene guardare con rispetto a questa obbedienza di Israele e così cogliere meglio i grandi imperativi del Decalogo”. 



 

 

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