N. 70 - Ottobre 2013
(CI)
GESÙ STORICO: INDAGINE ATTORNO A UN “PROBLEMA”
PARTE IX - UN “Messia politico”
di Luigi Pezzella
Nei
Vangeli
le
affermazioni
concernenti
la
sovranità
regale
di
Dio
associano
a
questa
nozione
anche
l’idea
di
trasformazioni
sociali
e
del
tutto
in
generale
fanno
pensare
che
essa
potrebbe
essere
definita
politica
per
il
suo
contenuto
più
proprio.
Per
interpretazione
politica
s’intende
qui
la
spiegazione
della
predicazione
di
Gesù
del
regno
di
Dio
nei
Vangeli
sulla
base
del
presupposto
che
in
questa
concezione
è
questione
in
sostanza
dell’esercizio
del
potere
o
dell’autorità
e
della
trasformazione
(sociale)
della
società,
ossia
dell’attesa
o
dell’esperienza
dell’influenza
trasformatrice
del
potere
sovrano
di
Dio
sulla
situazione
personale
e
sociale.
Hannah
Arendt,
con
riguardo
alla
democrazia
greca
classica,
distingue
gli
ambiti
dell’oikos
e
della
polis
e
scrive:
“quel
che
noi
intendiamo
con
dominare
e
essere
dominati,
con
potere,
stato
e
governo,
in
breve
tutti
i
concetti
che
usiamo
per
l’ordinamento
politico,
nella
democrazia
greca
classica
erano
prepolitici”.
Per
H.Arendt:
“sono
prepolitici
anche
la
povertà
e la
necessità,
ossia
le
condizioni
fondamentali
dell’attesa
e
della
speranza
nella
sovranità
regale
di
Dio
nel
movimento
di
Gesù”.
La
povertà
assoggetta
la
miseria
umana
alla
costrizione
assoluta
della
pura
corporeità,
rendendo
impossibile
all’interessato
agire
liberamente,
che
per
Arendt:
“è
la
condizione
necessaria
dell’azione
politica”.
Secondo
Stegemann:
“parlare
di
prepolitico
rende
avvertiti
che
nella
proclamazione
della
sovranità
regale
di
Dio
ad
opera
del
movimento
di
Gesù
non
è
questione
di
processi
di
contrattazione
su
un
determinato
modello
di
società
né
di
come
imporre
un
modello
mediante
il
consenso
o il
voto,
ma
dell’implementazione
sovrana
di
un
modello
eterotopo
di
società.
La
parola
prepolitico
si
propone
da
sé,
perché
il
movimento
di
Gesù
non
aveva
alcun
accesso
ai
processi
di
decisione
politica.
La
trasposizione
del
modello
sociale
che
viene
designato
come
sovranità
regale
di
Dio
è
affidata
esclusivamente
al
dominatore
sovrano,
a
Dio
stesso.
Gesù
e il
suo
movimento,
ossia
i
rappresentanti
della
sovranità
di
Dio,
neppure
conoscono
il
momento
dell’instaurazione
su
Israele
della
sovranità
divina,
Dio
soltanto
lo
conosce
(Atti
1.6
s.).
La
predicazione
dell’approssimarsi
della
basileia
di
Dio
non
si
attende
che
si
discuta
degli
scopi
o
dei
gruppi
che
interesserà,
ma
conosce
due
sole
risposte
possibili:
accettazione
o
rifiuto.
Per
Stegemann
depone
infine
a
favore
di
un’interpretazione
politica
della
predicazione
del
movimento
di
Gesù
riguardo
al
regno
di
Dio
anche
il
fatto
che:
“l’attività
pubblica
di
questo
gruppo
portò
a un
pericoloso
conflitto
con
l’èlite
romana
in
Giudea
e di
Gerusalemme,
nel
corso
del
quale
il
suo
capo
carismatico
venne
giustiziato
come
rivoltoso
politico
e
ribelle
antiromano.
L’accettazione
e il
riconoscimento
dell’egemonia
del
regno
di
Dio
aveva
il
suo
controcanto
nel
rifiuto
che
le
opponeva
all’élite
politica
sia
dei
rappresentanti
della
potenza
coloniale
romana
sia
del
ceto
di
Gerusalemme”.
Malina
in
maniera
decisa
afferma:
“il
regno
di
Dio
ha
come
scopo
la
trasformazione
della
struttura
sociale,
le
dimensioni
concrete
della
sovranità
di
Dio
ha
quindi
a
che
fare
immediatamente
con
esperienze
negative
in
materia
di
esercizio
del
potere”.
Come
già
abbiamo
detto
è
nella
sostanza
la
speranza
di
una
good
governance.
Stegemann
osserva:
“è
il
caso
di
sottolineare
che
si
tratta
di
attese
di
buon
governo
che
vennero
formulate
nel
contesto
e
dal
contesto
della
cultura
e
della
società
storiche
di
Gesù.
Ritengo
possibile
caratterizzare
la
concezione
che
Gesù
e il
suo
movimento
ebbero
della
basileia
tou
theou
col
concetto
di
utopia,
ma
per
definire
le
attese
intrinseche
al
regno
di
Dio
preferisco
parlare
di
eterotopia”.
Per
il
concetto
di
eterotopia
Stegemann
si
rifà
a
Focault,
usato
in
affinità
e
diversamente
da
quello
di
utopia.
Foucault:
“le
utopie
sono
perfezionamenti
o
capovolgimenti
della
società
esistente
senza
un
luogo
reale,
mentre
nelle
eterotopie
il
luogo
reale
esiste”.
Aggiunge
Stegemann:
“qui
si
potrebbe
parlare
anche
di
eteroarchia.
L’alterità
della
basileia
tou
theou
è
qualcosa
d’altro
rispetto
alla
propria
esperienza,
ma
resta
legata
a
ciò
che
si
ha,
ossia
all’esperienza
presente;
non
proietta
al
di
sopra
delle
teste
degli
uomini
una
società
di
sogno
tra
le
nubi”.
A
ben
vedere,
l’ordine
eterotopo
sperato
che
deve
essere
instaurato
dal
potere
di
Dio
concerne
soprattutto
la
trasformazione
delle
strutture
sociali,
quelle
che
riguardano
i
rapporti
sociali
come
quelle
che
ineriscono
alla
società
stessa.
La
trasformazione
quindi
si
muove
all’interno
di
ciò
che
sul
piano
della
storia
della
cultura
è
pensabile
e
sperimentabile.
Infatti,
vi
rientra
in
questa
interpretazione
una
concreta
speranza
di
una
regalità
ideale
che
faccia
rinascere
la
dinastia
dei
sovrani
davidici.
J.
Weiss
nonostante
la
sua
interpretazione
prettamente
teologica,
non
rimuove
dalla
sua
analisi
gli
aspetti
politici
della
predicazione
di
Gesù
del
regno
di
Dio:
“È
questo
infine
anche
il
luogo
in
cui
affrontare
il
lato
politico
della
speranza
di
Gesù
nel
futuro
[…
]mi
sembra
ovvio
che
tra
i
beni
che
in
primo
luogo
il
regno
dovrà
portare
vi
sia
in
primo
luogo
la
liberazione
dalla
dominazione
straniera.
Se
il
regno
di
Dio
scende
sulla
terra,
se
la
terra
promessa
risorge
in
sovrana
bellezza
e
gli
eletti
saranno
innalzati
alla
basileia
del
messia,
dove
mai
resterà
ancora
spazio
per
l’impero
romano?
è
spazzato
via
nella
grande
crisi
[…]
Ciò
è
tanto
evidente
che
semplicemente
non
capisco
come
ci
si
possa
rifiutare
di
riconoscerlo”.
Stegemann
conclude:
“se
si
tiene
conto
della
parola
basileia,
sarebbe
sensato
intendere
il
sintagma
basileia
tou
theou
come
metafora
politica.
In
essa
trovano
espressione
le
attese
di
realizzazione
di
una
sovranità
umana,
di
good
governance.
Resta
certo
da
osservare
che
la
nozione
di
basileia
tou
theou
non
si
riferisce
a un
modello
attuale
o
storico
concreto,
se
non
alla
sovranità
regale
di
David.
L’attesa
che
la
sovranità
di
Dio
si
realizzi
non
solo
in
cielo
ma
anche
sulla
terra
o,
con
le
parole
del
Padrenostro,
che
venga
il
tuo
regno
come
in
cielo
così
in
terra
(Mt.
6,10),
è
l’attesa
dell’egemonia
di
un
ordine
eterotopo
dove
il
nome
di
Dio
ne
garantisce
la
giustizia”.
Come
vedremo
successivamente,
ma
come
abbiamo
già
accennato
in
questo
articolo,
quest’ordine
eterotopo
lo
si
cercherà
di
instaurare
a
partire
da
una
concreta
speranza
di
una
regalità
ideale
che
faccia
rinascere
la
dinastia
dei
sovrani
davidici,
e
vedremo
che
Gesù
verrà
proprio
chiamato
Figlio
di
Davide,
tutto
questo
tenendo
sempre
presente,
ma
che
analizzeremo
nel
dettaglio,
l’entrata
“regale”
di
Gesù
(figlio
di
Davide)
in
Gerusalemme.
Analizzeremo
e
vedremo
la
matrice
politica
del
movimento
gesuano.