N. 64 - Aprile 2013
(XCV)
Gesù storico: Indagine attorno a un “problema”
Parte IV – IL GIUDAISMO: RELIGIONE O ETNIA?
di Luigi Pezzella
Con
questo
articolo
arriviamo
a
dare
“la
giusta
collocazione
storica”
al
nostro
oggetto
di
ricerca.
È in
questione
un
cambiamento
fondamentale
nell’illustrazione
e
concezione
delle
identità
collettive.
Nella
ricerca
sul
Gesù
storico,
si è
arrivati
a
riconoscere
che
la
concezione
ravvisabile
nei
discorsi
del
tempo
di
Gesù
sull’identità
giudaica
non
trova
espressione
adeguata
nel
concetto
di
religione.
Si
tratta
possibilmente
di
chiarire
se
l’identità
collettiva
giudaica
di
Gesù
come
quella
di
tutti
i
giudei
del
suo
tempo
sia
adeguatamente
intesa
quando
la
si
esprime
mediante
la
categoria
di
religione.
Abbiamo
visto
nel
precedente
articolo
che
la
contestualizzazione
cristiana
teologica
della
questione
della
Legge
mosaica
del
Gesù
storico
presuppone
un
modello
interpretativo
per
il
quale
il
giudaismo
è
visto
come
religione,
e
questo
punto
di
vista
non
resta
senza
conseguenze
per
la
posizione
di
Gesù
rispetto
alla
Legge.
In
questo
modello
il
rapporto
con
la
Legge
mosaica
è al
centro
dell’identità
giudaica
intesa
in
senso
religioso.
Se
però
per
la
cultura
e la
società
del
popolo
d’Israele
non
si
adotta
più
la
prospettiva
del
modello
di
religione
ma
quello
del
modello
di
etnicità,
vedremo
che
la
Torah
diviene
solo
un
ambito
della
concezione
collettiva
che
i
giudaiti
avevano
di
sé,
e
che
il
modello
di
etnicità
della
società
giudaita
del
I
secolo
presuppone
diversi
fattori
che
concorrono
all’identità
collettiva
del
popolo
come
ascendenza,
lingua,
territorio,
miti
e la
Legge
mosaica
è
“solo”
uno
di
questi.
Va
detto
che
il
Gesù
dei
Vangeli
si è
pronunciato
su
singoli
precetti
della
Legge.
In
questi
episodi
la
Legge
in
quanto
tale,
non
è
stata
mai
messa
in
questione.
Al
contrario,
il
suo
valore
è
presupposto
da
tutti.
C’è
una
considerazione
da
fare:
il
solo
fatto
di
mettere
in
conto
la
possibilità
del
rifiuto
della
Legge
mosaica
attribuisce
a un
giudaita
del
I
sec.
una
presa
di
distanza
dalla
cultura
e
dall’identità
collettiva
che
gli
sono
proprie
alquanto
astratta,
gli
assegna
la
parte
dell’osservatore
esterno
e
distaccato
per
il
quale
l’ordinamento
centrale
dell’ordine
simbolico
del
suo
popolo
sarebbe
qualcosa
di
cui
disporre.
A
differenza
di
altre
religioni,
in
particolare
del
cristianesimo,
si
nota
come
il
giudaismo
sia
caratterizzato
da
un
monoteismo
e
dall’osservanza
delle
istruzioni
divine
per
il
popolo
d’Israele
riportate
nella
Torah.
Altro
segno
del
giudaismo
è
che
si
appartiene
ad
esso,
solo
se
si
appartiene
al
popolo
giudaico.
Si
può
dire
che
nel
giudaismo
l’unione
dell’aspetto
etnico
con
quello
religioso
viene
considerato
specifico.
L’interpretazione
del
giudaismo
antico
anche
ai
tempi
di
Gesù
come
religione
non
si
discosta
da
un
concetto
di
religione
che
si è
formato
in
occidente
intorno
agli
inizi
del
XVII
secolo.
Per
Stegemann:
“il
suo
modello
è la
concezione
del
cristianesimo
come
religione
che
si è
formato
in
seguito
alle
scoperte
di
continenti
e
popoli
diversi
e
sotto
la
spinta
del
confessionismo,
la
cui
specificità
risiede
non
soltanto
nella
contrapposizione
al
giudaismo
ma
nel
fatto
di
potersi
a
sua
volta
differenziare
dal
cristianesimo”.
W.C.
Smith
ne
ha
spiegato
le
ragioni:
“alla
sua
tesi
fondamentale
secondo
cui
il
concetto
moderno
di
religione,
come
astrazione
e
oggettivazione
di
una
realtà
complessa,
ha
assunto
per
la
prima
volta
il
suo
profilo
nel
contesto
illuministico
dell’occidente
cristiano,
corrisponde
l’idea
contraria
che
né
le
culture
extracristiane,
né
quelle
antiche,
presentano
un
termine
equivalente
o
concetto
analogo
alla
concezione
moderna
di
religione”.
Per
Smith
quindi,
fare
del
giudaismo
una
religione
è
anacronistico.
Problematico
nell’applicazione
al
giudaismo
del
concetto
di
religione
è
anche
che
esso
è
stato
costruito
su
una
forma
particolare
di
religione
(il
cristianesimo)
e
che
quindi
è
sempre
del
cristianesimo
che
si
fa
il
modello
della
religione
in
generale
e
inoltre
anche
il
metro
di
altre
religioni.
Si
aggiunga
anche,
i
fenomeni
che
noi
pensiamo
sotto
il
concetto
di
religione
e
che
concepiamo
come
ambito
autonomo
e
distinto
della
realtà
umana,
nella
culture
mediterranee
antiche
non
erano
percepite
come
separati.
Più
sensato
è
affermare
che
nelle
culture
mediterranee
antiche
le
pratiche
religiose
facevano
tutt’uno
con
altre
istituzioni
sociali,
ossia
con
le
due
istituzioni
sociali
fondamentali
della
società
mediterranea,
la
collettività
e la
famiglia.
Vi è
una
differenza
fondamentale
rispetto
alla
concezione
odierna
di
un
qualcosa
di
svincolato.
In
altre
parole,
nel
mondo
mediterraneo
un’istituzione
sociale
specifica
col
nome
di
religione
non
c’era,
e
sappiamo
tutti
che
un
vuoto
terminologico
è
espressione
di
un
vuoto
concettuale.
Questo
è un
punto
di
vista
condiviso
da
molti
studiosi,
Cartledge:
“i
greci
non
avevano
una
parola
specifica
per
religione,
nemmeno
distinguevano
l’ambito
del
sacro
dal
profano
o
dal
mondano”.
In
breve,
nel
mondo
mediterraneo
la
“religione”
era
un
aspetto
dell’etnicità.
Il
giudaismo
di
quest’epoca
fu
contrassegnato
da
vari
movimenti
che
qualcuno
ha
definito
Sette
come
gli
esseni,
sadducei,
farisei
etc.
C’è
da
dire
che
anche
se
il
giudaismo
fu
frammentato
in
diversi
gruppi,
la
forza
unificante
maggiore
è l’autopercezione
e l’autodefinizione,
il
sentimento
di
coappartenenza
fondato
sull’identità
collettiva
del
popolo
giudaita.
Questi
gruppi
alla
luce
di
questo
paradigma
anche
loro
vengono
estrapolati
dal
concetto
religioso
a
favore
di
un
concetto
di
etnia.
Stegemann
attenendosi
agli
indicatori
etnografici
dei
popoli
antichi
analizzati
da
Barclay
e
Mosen,
classifica
l’etnia
giudaita
e
arriva
a
uno
schema
della
loro
etnicità.
Individua
cinque
punti
secondo
i
quali
il
giudaismo
a
ragione
può
classificarsi
come
etnia.
1)
L’etnia
giudaita
prende
il
nome
da
una
determinata
regione
geografica,
la
Giudea.
Con
il
ritorno
dei
membri
della
tribù
di
Giuda
dall’esilio
babilonese
nella
regione
di
Giudea,
questo
nome
diviene
la
denominazione
appropriata
di
quella
che
era
stato
il
popolo
d’Israele
con
le
dodici
tribù.
Il
termine
non
indica
solo
gli
abitanti
della
Giudea
ma
anche
chi
vive
in
Galilea
e
fuori
Israele
ma
fa
parte
del
popolo.
Ioudaios
è
quindi
un
termine
etnico
che
prende
nome
da
un
determinato
territorio,
non
solo
la
denominazione
di
un
territorio
e
della
popolazione
che
vi
vive.
2) I
membri
del
“popolo
giudaita”
condividono
il
sentimento
comune
di
ascendenza,
che
viene
fatto
risalire
a
Giuda
figlio
di
Giacobbe
e da
questi
fino
ad
Abramo,
il
patriarca
di
Israele.
3) I
membri
dell’ethnòs
dei
giudaiti
si
sentivano
legati
tra
loro
anche
da
una
comune
e
particolare
storia
e da
una
comune
e
particolare
sorte.
4)
Il
sistema
delle
leggi
(in
termini
moderni
l’ordinamento
costituzionale)
così
come
i
singoli
usi,
costumi
e
convenzioni
dei
giudaiti
sono
nella
sostanza
affini
a
quelli
di
altri
popoli,
ma
rivelano
(come
quelli
di
altri
popoli)
una
serie
di
peculiarità
che
rientrano
in
particolare
anche
nell’ambito
che
noi
associamo
al
concetto
di
religione.
Giuseppe
Flavio
definisce
la
forma
di
governo
del
suo
popolo
teocrazia,
intendendo
così
non
solo
il
ruolo
speciale
dei
sacerdoti
nell’esercizio
del
potere
sovrano,
ma
la
sovranità
di
Dio
e la
vigilanza
sovrana
di
Dio
sulla
storia
e
sul
benessere
degli
uomini.
Questa
singolarità
del
popolo
giudaita
si
esprime
anche
nell’espressione
con
cui
esso
si
designa:
“popolo
proprietà
di
Dio”.
Nel
fatto
che
il
popolo
giudaita
concepisse
la
legislazione
e
l’osservanza
delle
leggi
in
rapporto
immediato
col
suo
Dio,
si
dovrà
vedere
un
particolare
tratto
distintivo
dell’identità
etnico-culturale
dei
giudaiti.
5)
Il
culto
del
popolo
giudaita
era
uno
dei
loro
particolari
tratti
distintivi,
che
dagli
stranieri
fu
visto
anche
con
grande
astio.
Meravigliava
che
essi
avessero
un
unico
santuario
centrale
(il
tempio
di
Gerusalemme)
e
non
compissero
azioni
sacrificali
né
in
famiglia,
né
in
luoghi
di
riunione
(sinagoghe).
Anche
la
venerazione
dell’unico
Dio
senza
immagini
attirava
su
di
sé
sospetti.
Tacito,
infatti,
interpreta
in
termini
peggiorativi
le
pratiche
di
culto
dei
giudaiti
in
quanto
“superstitio”,
ossia
in
quanto
ammasso
di
pratiche
cultuali
scorrette,
in
quanto
attuazione
indebita
di
quella
che
i
romani
chiamavano
“religio”.
Stegemann
fa
notare
che
non
si
deve
equiparare
la
parola
“religio”
a
religione
nel
nostro
senso,
qui
sono
in
questione
la
venerazione
cultuale
scrupolosa
delle
divinità,
le
usanze
tradite
che
vigono
in
ogni
popolo
e
ogni
civiltà,
ma
che
nel
caso
del
popolo
giudaita
sono
per
Cicerone
“barbara
superstitio”.
Il
culto
giudaita
si
distingue
per
peculiarità
sue
proprie,
al
tempo
stesso
bisogna
considerare
anche
che
in
linea
di
massima
le
pratiche
cultuali
giudaite
non
erano
diverse
da
quelle
di
altre
etnie
mediterranee.
Culti
(nazionali)
specifici
sono
propri
dell’identità
collettiva
delle
etnie
mediterranee
antiche.
Dunque,
il
nostro
oggetto
della
ricerca
è un
uomo,
di
nome
Gesù,
ebreo
appartenente
all’etnìa
(non
religione)
giudaita.
In
base
a
ciò
vedremo
le
“direttive”
di
comportamento
che
Gesù
ha
lasciato,
esse
sono
direttive
sociali
e
non
religiose
poiché
come
abbiamo
appena
visto
la
categoria
“religione”,
intesa
in
senso
moderno,
associata
a
Gesù
è
anacronistica.