N. 63 - Marzo 2013
(XCIV)
Gesù storico: Indagine attorno a un “problema”
Parte III – Gesù ebreo nella Legge di Mosè
di Luigi Pezzella
La
ricerca
storica
su
Gesù
nasce
in
Germania
in
ambito
protestante
come
volontà
di
invalidare
attraverso
il
Gesù
storico,
il
Cristo
della
fede,
ponendo
uno
in
antitesi
all’altro.
La
seconda
fase
della
ricerca
faceva
l’inverso,
cioè
cercare
di
confermare
il
Cristo
della
fede
attraverso
il
Gesù
storico.
Della
“funzionalità”
di
Gesù
storico
nei
confronti
della
fede
e
della
sua
giusta
“collocazione”
ne
abbiamo
parlato
già
nel
primo
articolo.
Chiarite
ora
le
questioni
generali,
andiamo
a
indagare
più
da
vicino
il
problema
Gesù
e
punto
di
partenza
della
nostra
analisi
in
merito
è la
domanda
di
Geza
Vermes:
“Gesù
ha
rispettato
o no
la
Torah
di
Mosè?
Ha
considerato
la
Legge
ancora
valida
o fu
sua
intenzione
abolirla,
sostituirla
o
trasformarla?”.
Queste
domande
richiamano
l’attenzione
su
un
retroterra
profondamente
teologico
che
influenza
la
formulazione
stessa
delle
domande
e le
relative
risposte.
La
questione
del
rapporto
di
Gesù
con
la
Legge
è
condizionata
per
l’essenziale
dal
discorso
teologico
cristiano
su
“Legge
e
Vangelo”,
che
non
è
soltanto
un
tema
interno
alla
dogmatica
cristiana,
ma è
anche
d’importanza
fondamentale
per
la
delimitazione
del
cristianesimo
dal
giudaismo.
Legge
e
legalità
sono
considerate
l’essenza
della
religione
giudaica
e a
esse
sono
contrapposti
il
Vangelo
e la
fede
o la
grazia
come
tratti
distintivi
del
cristianesimo.
Date
queste
premesse
è
ovvia
l’importanza
dell’atteggiamento
di
Gesù
nei
confronti
della
Torah.
Anzi
proprio
in
questo
contesto
la
questione
del
rapporto
di
Gesù
con
la
Torah
acquista
la
sua
motivazione
teologica
più
importante,
così
però,
le
viene
fornito
un
contesto
anacronistico,
se
non
altro
perché
non
c’è
affatto
da
attendersi
che
gli
atteggiamenti
di
Gesù
nei
confronti
della
Torah
presuppongono
problemi
analoghi
a
quelli
che
sollevano
Legge
e
Vangelo.
Il
discorso
su
Gesù
e la
Torah
oltre
che
essere
di
tipo
teologico,
si
accompagna
all’immagine
(caricaturale)
cristiana
del
giudaismo
e
della
funzione
che
in
quest’ambito
ha
la
Legge
mosaica.
La
questione
del
rapporto
di
Gesù
con
la
Legge,
per
effetto
di
un
discorso
teologico
come
quello
su
Legge
e
Vangelo
e di
una
caricatura
cristiana
al
giudaismo
e
alla
Torah
ha
subìto
una
contestualizzazione
derivata,
che
sola
poteva
portare
a
risposte
come
l’antinomia
gesuana.
Sulla
linea
della
soppressione
e
superamento
della
Torah
mosaica
ad
opera
di
Gesù
si
esprime
Kasemann.
Egli
fa
riferimento
alle
“antitesi”
del
discorso
della
montagna,
decisivo
per
lui
nelle
beatitudini
è il
“ma
io
vi
dico”,
dice
Kasemann:
“col
ma
io
vi
dico
si
rivendica
un’autorità
che
va
oltre
quella
di
Mosè,
chi
rivendica
un’autorità
oltre
e
contro
Mosè
si è
di
fatto
posto
sopra
e
cessa
di
essere
un
rabbi
cui
spetta
un’autorità
che
viene
da
Mosè”.
In
territorio
giudaico
non
s’incontra,
né
si
può
incontrare
nulla
di
analogo,
perché
il
giudeo
che
fa
ciò
porta
la
Torah
messianica
ed è
il
Messia.
Sull’argomento
e
sul
concetto
di
Torah
del
Messia
si è
espresso
anche
Joseph
Ratzinger
nel
suo
“ritratto”di
Gesù
di
Nazareth.
J.Ratzinger
argomenta:
“Gesù
fa
prima
una
premessa
che
lui
non
è
venuto
ad
abolire
la
Legge
ma a
dare
compimento
e
chi
trasgredisce
o
insegna
a
trasgredire
la
Legge
sarà
considerato
minimo
nel
Regno
dei
cieli.
Chi
invece
li
osserva
e li
insegna
sarà
grande.
Se
all’inizio
vi è
una
massima
fedeltà
e
continuità
tra
la
Torah
del
Messia
e
quella
di
Mosè,
nell’andare
avanti
si
vede
una
serie
di
“antitesi”:
“fu
detto
ma
io
vi
dico”.
L’Io
di
Gesù
risalta
in
un
grado
che
nessun
maestro
della
Legge
può
permettersi
e la
folla
lo
percepisce.
Infatti,
Matteo
parla
di
spavento
della
folla.
La
centralità
dell’Io
di
Gesù
nel
suo
messaggio
imprime
una
nuova
direzione
a
tutto.
Ratzinger:
“ La
perfezione
della
richiesta
della
Torah
adesso
sta
nel
seguire
Gesù”.
Queste
(a
detta
anche
di
Stegemann)
sono
deduzioni
molto
gravi
che
conseguono
dalla
contestualizzazione
dei
testi
biblici
originari
mediante
un
titolo
(antitesi)
che
il
testo
in
sé
non
contiene.
Infatti,
come
sostiene
R.Feneberg:
“per
il
discorso
della
montagna
la
parola
“antitesi”
è da
evitare;
è
intrinsecamente
fuorviante,
perché
Gesù
non
ha
respinto
nessuna
affermazione
della
Bibbia.
Il
ma
io
vi
dico
è
antitetico
soltanto
nelle
nostre
traduzioni.
Il
greco
dei
Vangeli
non
ha
un
“ma”
fortemente
avversativo,
bensì
un
semplice
connettivo”.
Queste
interpretazioni
errate,
scaturiscono
da
una
visione
gravemente
carente
delle
usanze
e
dei
mezzi
di
religiosità
protogiudaica,
in
fondo
solo
grazie
ad
approfondite
conoscenze
della
legge
vigente
e
dei
modi
del
suo
adempimento
nel
primo
giudaismo
e
l’estirpare
le
idiosincrasie
teologiche
cristiane
sarebbe
stato
possibile
correggere
la
drasticità
dei
giudizi.
Theissen
e
Merz
forniscono
una
versione
interessante
di
un
tipo
d’interpretazione
che
presuppone
un
atteggiamento
ambivalente
di
Gesù
nei
confronti
della
Legge
mosaica,
in
ragione
del
quale
si
attribuisce
a
Gesù
un
misto
di
critica
e di
affermazioni
della
Torah.
Per
fondare
questa
loro
tesi,
essi
dispongono
le
affermazioni
di
Gesù
su
singoli
comandamenti
della
Legge
nelle
categorie
di
“inasprimento
della
norma”
e
“attenuazione
della
norma”.
Per
loro,
affermazioni
che
inaspriscono
la
norma
si
incontrano
soprattutto
nelle
“antitesi”
del
discorso
della
montagna,
le
affermazioni
che
l’attenuano
anche
in
prese
di
posizione
su
pagamento
della
decima
e
quello
relativo
al
riposo
sabbatico.
Ma
cosa
intendono
Theissen
e
Merz
con
norma?
Cos’è
ad
esempio
la
norma
del
precetto
sabbatico?
Theissen
e
Merz
le
associano
a
norme
etiche,
dei
precetti
rituali
tra
cui
vi è
anche
il
sabato.
Dicono:
“questi
non
verrebbero
abrogati
ma
subordinati
al
comandamento
sociale,
il
precetto
del
sabato
viene
subordinato
al
soccorso,
non
solo
salvare
la
vita
ma
promuovere
la
vita
a
tal
punto
da
“invalidare”
i
precetti”.
La
centralità
qui
è il
valore
della
vita.
A
loro
giudizio
quindi,
i
cambiamenti
richiesti
da
Gesù
riguardano
non
i
precetti
della
Torah
addotti
nel
testo
o la
Torah
in
generale,
ma
la
volontà
e i
sentimenti
degli
uomini
che
li
praticano.
Dal
canto
suo,
dice
Stegemann:
“ma
la
volontà
e i
sentimenti
degli
uomini
non
possono
inasprire
le
norme
della
Torah,
bensì
soltanto
il
nostro
atteggiamento
nei
suoi
confronti”.
Verso
la
Torah
Gesù
non
tenne
un
atteggiamento
ambivalente,
semplicemente
sollecitava
al
retto
atteggiamento
interiore.
Nel
complesso
è
sempre
maggiore
il
numero
di
quanti
danno
per
presupposto
che
la
posizione
di
Gesù
nei
confronti
della
Torah
in
generale
e
sui
singoli
precetti
si
sono
mantenuti
entro
il
quadro
degli
atteggiamenti
ligi
verso
la
Legge.
Secondo
la
ricerca
odierna,
non
solo
la
sua
prassi
sociale,
ma
anche
le
sue
affermazioni
sulla
Torah
non
rivelano
una
critica
della
Legge
che
consenti
di
affermare
che
egli
si è
messo
contro
la
Legge
o
che
l’abbia
rifiutata.
Giorgio
Jossa
parla
addirittura
di
slogan
efficace
della
terza
ricerca:
“Gesù
ebreo
che
ha
vissuto
secondo
le
tradizioni
del
suo
popolo
e al
suo
popolo
si è
rivolto,
questo
nuovo
orientamento
della
ricerca,
che
nasce
da
una
migliore
conoscenza
del
giudaismo
del
tempo
e da
una
valutazione
più
critica
delle
fonti
cristiane,
è in
larga
misura
condivisibile.
Gesù
non
si è
posto
affatto
contro
le
tradizioni
del
suo
popolo.
Ha
invece
rispettato
le
istituzioni
giudaiche
del
tempo,
osservando
la
Legge
mosaica
e
frequentando
il
tempio
di
Gerusalemme.
Questo
significa
che
egli
non
aveva
alcuna
intenzione
di
separarsi
dal
suo
popolo,
per
creare
eventualmente
una
nuova
forma
religiosa”.
Fino
ad
ora
si è
visto
il
giudaismo
antico
come
una
religione,
ma
come
si
presenta
la
Torah
nella
prospettiva
(forse
più
giusta)
di
considerare
il
giudaismo
sul
modello
di
etnicità?
Nel
contesto
di
etnicità
come
si
analizzano
tutte
le
“direttive”
date
da
Gesù
che
fino
ad
oggi
sono
state
inquadrate
solo
nella
preimpostazione
teologica
e
cioè
(cosa
fondamentale)
da
una
delle
verità
possibili?