.

home

 

progetto

 

redazione

 

contatti

 

quaderni

 

gbeditoria


.

[ISSN 1974-028X]


RUBRICHE


attualità

.

ambiente

.

arte

.

filosofia & religione

.

storia & sport

.

turismo storico



 

PERIODI


contemporanea

.

moderna

.

medievale

.

antica



 

EXTEMPORANEA


cinema

.

documenti

.

multimedia



 

ARCHIVIO


 

 

 

 

 

 

 

.

TURISMO STORICO


N. 42 - Giugno 2011 (LXXIII)

gessopalena
e proprio lapide

di Giulia Gabriele

 

Ricordo ancora oggi le prime vacanze estive passate in Abruzzo, a Gessopalena. Nei tempi d’oro erano tre mesi di immersione totale nel verde. Poi si cresce e gli appuntamenti si diradano eppure il richiamo è sempre forte. In fondo è la terra di mia madre. È la mia terra. Così, oltre ad amarla, provo a fare un passo in più: provo a raccontarla.

Gessopalena, un paese in provincia di Chieti sito sul lato orientale della Majella, deve il suo nome al promontorio di gesso (gypsum, in latino) sul quale nasce il suo primo insediamento, quello che oggi dai locali viene chiamato “paese vecchio”. Per ‘palena’, invece, ci si riferisce alla dea Pale, protettrice dei pastori e delle greggi in onore della quale, il 21 aprile, venivano purificati gli armenti.

A dire il vero, però, questo toponimo è documentato solo a partire dal 1645. Infatti, nei secoli il “paese del gesso” si è chiamato Gipsum, Gessi, Logisso, Gisso de Domo, Gesso e Gesso prope Palenam mantenendo sempre, però, l’assonanza con la sua caratteristica peculiare, quella cioè di essere nato e proprio lapide (‘dalla propria pietra’), come è scritto anche nello stemma comunale. 

Nell’alto medioevo la popolazione gessana viveva sparsa nelle ‘ville’ dell’antico colonato romano; solo intorno al Mille, nella fase dell’incastellamento, cominciò a raccogliersi, in difesa, sul baluardo roccioso davanti alla Majella. Dall’VIII all’XI secolo il paese fu sotto il controllo della signoria benedettina, dopodiché la sua storia fu analoga a quella della sua regione.

L’economia locale fu sempre agro-pastorale, ma un importante rilievo, ovviamente, lo ebbe il gesso stesso.

Non solo infatti veniva utilizzato per la costruzione delle case (l’estrazione da parte degli abitanti, per questa attività, era gratuita) ma era anche oggetto di scambi commerciali e fino agli inizi del XX secolo venne utilizzato prevalentemente per aziende di stampo famigliare, mentre con l’avvento delle due guerre mondiali, si passò a un concetto che vedeva lo sfruttamento delle cave di gesso come risorsa industriale vera e propria. L’attività in quel periodo fu particolarmente fiorente anche per cercare di sostenere la concorrenza con un altro materiale: la calce.

Ad oggi, a Gessopalena, le cave e i luoghi di trasformazione sono del tutto abbandonati, ma rimangono a testimonio dell’importante attività che ne ha contraddistinto l’economia, oltre che la vita stessa, accessibili a chiunque voglia fare un viaggio nel tempo, tra i resti di quello che i terremoti e il Secondo conflitto mondiale ci hanno lasciato. E, a tal proposito, fu mia zia Francesca, la maggiore tra le sorelle di mia madre, tempo fa, a raccontarmi i suoi ricordi, qui rielaborati.

È l’8 settembre 1943 e il generale Badoglio dichiara la fine dell’alleanza tra Germania e Italia. Appena il giorno dopo un mio zio paterno, Santillo, di stanza in Grecia, verrà catturato e deportato dai nazisti nel campo di concentramento di Dachau dal quale uscirà vivo solo due anni dopo. Per i militari tedeschi non c’era nemico peggiore del traditore e così non solo uccisero, deportarono o torturarono i nostri soldati ma fecero razzia nelle case, derubando i civili di quel poco che avevano nonostante la guerra. Arrivarono persino in una contrada di Gessopalena, Coccioli, immersa nel verde a pochi chilometri dal paese... lì dove la mia famiglia, ogni estate, si riunisce.

Le mamme di allora, che sono le nonne di oggi, cercavano di fare il possibile (spesso in assenza degli uomini in quanto molti erano stati arruolati nell’esercito, mentre altri si erano uniti alle milizie partigiane) per nascondere le loro cose ai nazisti. Non che ci fosse, in realtà, molto da rubare. Le donne, come api laboriose, portavano le bestie su per le montagne, in luoghi riparati. Difficilmente infatti i soldati tedeschi, non esperti della zona, sarebbero riusciti a trovarli in quell’intreccio di querce e pini. Il cibo (grasso di maiale, prosciutto, zucchero, ecc.) invece veniva seppellito sotto i covoni del fieno, mentre gli oggetti costosi e indispensabili direttamente sotto terra, magari ricoperti da un piccolo cumulo di pietre.

Non se ne faceva una questione di valore, ma di proprietà: le donne difendevano le loro cose, per quanto frugali: la guerra può toglierti tutto ma non la dignità nella ricerca della sopravvivenza. Anche mia nonna, oggi una splendida 94enne, fu una di quelle api, impegnata non solo a difendere i beni della propria casa, ma anche i sorrisi dei propri figli: si cercava, in paese come in campagna, di mantenere vive le tradizioni e le abitudini di sempre. I canti erano più dimessi, ma non si è mai persa la voce.

Se a Coccioli, però, i nazisti si “limitarono” a razziare il possibile, così non accadde a Sant’Agata.

Il 21 gennaio 1944, quarantadue persone vennero rinchiuse in una casa, che prima fu sventrata dalle bombe a mano e poi data alle fiamme. I pochi sopravvissuti vennero condotti alla stazione di pronto soccorso di Gessopalena, dove furono curati. Una ragazza, addirittura, si nascose sotto i corpi di due persone decedute e per fingersi morta sopportò una bruciatura sul collo inflitta con un accendino da un soldato.

Il 2 febbraio dello stesso anno venne istituito un “gruppo per le sepolture” che da Gessopalena arrivò a piedi a Sant’Agata. La prima vittima che incontrarono fu una bambina di 12 anni, con il corpo dilaniato dall’esplosione delle bombe e da quattro colpi di arma da fuoco, uno dei quali procurato tenendo la canna dell’arma sul petto della piccola. I riconoscimenti dei corpi vennero fatti dai parenti o dai conoscenti delle masserie vicine.

Appena un anno prima, nel dicembre del 1943, la stessa Gessopalena, già provata dal terremoto del 1933, era stata rasa al suolo dai bombardamenti tedeschi, che obbligarono la popolazione a rifugiarsi nelle campagne e a ricostruire l’abitato non più sulla rocca di gesso, ma a valle, dove attualmente sorge il ridente e serafico paese.

A riconoscimento del coraggio dei gessani e della loro attività contro il nazifascismo (famosa è la Brigata Majella, con a capo Domenico Troilo) il 16 settembre 2006 l’ex Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi conferì la Medaglia d’oro al merito civile al comune abruzzese. Alla mia famiglia di quel periodo rimane anche un piccolo oggetto: una sveglia che mia nonna aveva nascosto sotto la paglia e che quando con la pace fu riportata alla luce non funzionava più, perché un “filo d’oro” si era incastrato nei suoi ingranaggi. Ovviamente è stata aggiustata e oggi segna ore ben più liete.

La guerra ha segnato buona parte della storia di Gessopalena, tanto che i monumenti alla memoria sono ben due: uno per la Prima guerra mondiale (molto particolare in quanto due soldati, calpestando dei fucili, si abbracciano) e uno, alla fine della via principale del paese vecchio, per la Seconda.

Le città sono costellate di monumenti simili, ma vederne due, in un luogo così piccolo che oggi conta appena 1500 residenti, dà l’idea, da una parte, che forse siano state spese le vite di più persone del dovuto; e dall’altra che, oltre alla forza per ricominciare, c’è una grande volontà di memoria. Ma, ovviamente, nelle pagine della storia del paese non ci sono solo conflitti e distruzioni. Un ampio spazio, infatti, lo ha anche, ad esempio, la tradizione musicale.

La musica, a Gessopalena come in Abruzzo, ha avuto (e ha tutt’ora) un grande rilievo. La fisarmonica è lo strumento d’accompagnamento prediletto e le varietà dei canti popolari si perdono nel tempo e nella memoria. La musica quindi entra nella quotidianità dei gessani come nelle pagine dell’eccellenza universalmente riconosciuta.

« […] Era stato per molti anni in America e aveva una tecnica spaventosa, ubriacava tutti, assolutamente! Aveva un volume di voce talmente potente che quando faceva un glissando si sentiva fino a piazza Esedra! » e, dichiara Goffredo Titti, un compagno di band: « […] Tutte le orchestre lo volevano. L’avrebbero pagato chissà che cosa. » Queste citazioni parlano di Armando Manzi, uno dei più grandi trombonisti italiani dei primi decenni del XX secolo.

Il Manzi era di Gessopalena ed emigrato negli Stati Uniti d’America ebbe modo di ascoltare i primi gruppi jazz di New Orleans e di New York.

Negli anni Venti fece parte della jazz band Philips and His Seven Boys, voluta dal violinista romano Ugo Filippini. Quando lasciò il gruppo (e la musica da ballo in generale), entrò nell’Orchestra Sinfonica del Maggio Musicale Fiorentino, ove rimase per tutta la vita. Nel 1989, il suo paese di origine, decise di dedicare a lui la Scuola di Musica appena fondata, che dal 1997 è gemellata con l’Academie Musicale di Tamines (Sambreville, Belgio) e in particolare con il complesso orchestrale Ensemble Instrumental Votano.

Da allora ogni estate i musicisti belgi vengono a Gessopalena per seguire dei corsi di musica insieme ai locali. Insomma, il paese del gesso sembra non aver dimenticato il suo illustre concittadino e, nonostante la banda musicale sia formata da dilettanti, è sempre possibile, a ogni esibizione, ascoltare un’ottima sinfonia.

Gessopalena, nonostante siamo ormai nel 2009, rimane un luogo ameno, lontano dalle dinamiche di vita contemporanee, che spesso investono persino i paesi più isolati. Se c’è una cosa di cui, però, ha sofferto e soffre ancora, sicuramente è l’emigrazione. La popolazione in 50 anni si è dimezzata.

Anche nella mia famiglia sono pochissimi gli zii che sono rimasti in paese (e nessuno di loro non ha provato, almeno per un breve periodo, la strada del lavoro in un altro Stato); dei miei cugini nessuno vive lì: si dividono tutti tra l’Italia e il resto d’Europa.

Il Ferragosto, però, è sacro e torniamo, insieme, nel luogo dove tutto ebbe inizio. In quel paesino all’ombra della Majella, immersi nella tranquillità di Coccioli, banchettando, ridendo e discutendo su chi deve cucinare l’anno seguente (e noi cugini, al grido di “Vive la résistance”, continuiamo a ripetere che, gli anziani della tribù, non ci avranno mai!)

Se avrete il piacere di affacciarvi in questo angolo d’Abruzzo, troverete tanto altro oltre a quello che qui ho provato a raccontare. Troverete il museo del gesso, il passeggio della sera lungo il corso principale, la fontana monumentale in piazza Roma, la bellissima chiesa della Madonna dei Raccomandati, le feste e le tradizioni accolte sempre con entusiasmo.

Troverete, infine, una roccia di gesso, fragile e forte al tempo stesso, che risplende sotto la luce del mattino. E con essa, l’incapacità di capire se sia lei a illuminare l’antico paese o il sole.



 

COLLABORA


scrivi per InStoria



 

EDITORIA


GBe edita e pubblica:

.

- Archeologia e Storia

.

- Architettura

.

- Edizioni d’Arte

.

- Libri fotografici

.

- Poesia

.

- Ristampe Anastatiche

.

- Saggi inediti

.

catalogo

.

pubblica con noi



 

links


 

pubblicità


 

InStoria.it

 


by FreeFind

 

 

 

 

 

 

 

 


[REGISTRAZIONE AL TRIBUNALE CIVILE DI ROMA  N° 577/2007 DEL 21 DICEMBRE]


 

.