N. 62 - Febbraio 2013
(XCIII)
Sull’orlo del baratro
La Germania e l’Europa
di Mira Susic
Nell’arco
della
storia
il
destino
dell’Europa
è
stato
spesso
legato
alla
Germania,
soprattutto
nel
corso
del
XX.
Dopo
l’unificazione
tedesca,
portata
a
termine
nel
1871
dalla
Prussica,
che
oltre
a
unire
gli
stati
tedeschi
in
una
nazione
sconfisse
anche
la
Francia,
la
Germania
entrò
prepotentemente
nell’arena
internazionale
reclamando
un
trattamento
alla
pari
con
le
altre
potenze
storiche
europee:
Gran
Bretagna,
Austro-Ungheria
Francia,
e
Russia.
La
posizione
geografica
della
nazione
tedesca,
situata
nel
cuore
dell’Europa,
segnò
di
fatto
il
suo
destino
storico.
Il
fiume
Reno
rappresentò
il
confine
naturale
del
paese
a
occidente.
Questo
confine
fu
però
storicamente
deciso
con
la
divisione
dell’Impero
carolingio
che
sostanzialmente
diede
vita
alla
formazione
di
due
distinte
aree
linguistiche,
quella
francese
e
quella
tedesca,
che
nel
corso
dei
secoli
formarono
due
stati-nazionali
che
in
un
certo
senso
possiamo
considerare
figlie
di
un
solo
impero,
quello
di
Carlo
Magno:
la
Francia
e la
Germania.
La
rivalità
storica
tra
i
due
potenti
paesi
dell’Europa
occidentale
può
essere
anche
messa
in
relazione
con
la
divisione
dell’Impero
carolingio
che
portò
a un
processo
di
distinzione
istituzionale
e
linguistica
nei
territori
prima
appartenuti
a
Carlo
Magno.
Mentre
la
Francia
fu
capace
di
formare
una
forte
entità
nazionale
con
un
potere
centrale
che
diede
vita
a
uno
stato-nazione,
la
Germania
imboccò
una
strada
diversa,
fatta
di
una
miriade
di
piccoli
stati
indipendenti
collegati
tra
loro
in
una
coalizione
capeggiata
dall’ingombrante
figura
dell’imperatore
del
Sacro
Romano
Impero.
Questi
tuttavia
non
riuscì
a
rappresentare
quel
forte
potere
centrale
incarnato
invece
dai
sovrani
di
Francia.
Il
processo
di
unificazione
tedesca
fu
dunque
lento
e
influenzato
dalla
divisione
interna
tra
la
compagine
tedesca
di
stati
e
staterelli
e
dalla
presenza
dell’
impero
asburgico
che
cercava
di
mantenere
un
egemonia
in
tutte
le
terre
tedesche.
Solo
l’avvento
della
Prussia
innescò
un
processo
catalizzatore
che
portò
all’unificazione
del
paese.
A
occidente,
lungo
il
Reno,
l’espansione
tedesca
trovò
una
barriera
non
tanto
naturale
quanto
politica,
economica
e
militare:
la
Francia.
A
est
invece
del
fiume
l’Oder,
l’espansione
tedesca
trovò
il
suo
sbocco
naturale.
La
divisione
tra
le
popolazioni
slave
dell’area
centro-orientale
e
orientale
fu
abilmente
sfruttata
prima
dai
cavalieri
teutonici
poi
dai
governanti
prussiani
e
infine
dalla
Germania
imperiale
e,
successivamente,
da
quella
hitleriana.
Nel
corso
dei
secoli
Polonia
e
Russia
diventarono
gli
ostacoli
da
superare
per
poter
allargarsi
verso
oriente.
La
politica
di
espansione
tedesca
può
essere
paragonata
a un
pendolo
oscillante
in
due
direzioni:
oriente-occidente
e
occidente-oriente.
Questa
alternanza
è
nettamente
visibile
nelle
due
guerre
mondiali
ovvero
attacco
a
ovest,
attacco
a
est,
attacco
a
est
attacco
a
ovest.
Il
punto
di
partenza
di
tutto
era
sempre
e
comunque
il
centro
ovvero
il
cuore
dell’Europa.
La
Germania
seguì
anche
una
direttrice
di
espansione
nord-sud.
Direttrice
che
però
era
strettamente
collegata
alla
penetrazione
tedesca
a
est.
Di
conseguenza
il
fianco
sud
diventò
una
retrovia
dell’espansione
verso
est.
Il
punto
nevralgico
erano
i
Balcani
che
diventarono
di
cruciale
importanza
sia
nella
prima,
sia
nella
seconda
guerra
mondiale.
I
Balcani
dovevano
essere
sotto
controllo
e,
soprattutto,
stabilizzati.
Ancora
oggi
i
Balcani
rappresentano
l’anello
cruciale
della
politica
tedesca
in
Europa.
Solo
i
Balcani
possono
infatti
assicurare
alla
Germania
quella
tranquillità
necessaria
per
poter
realizzare
quello
spazio
economico
nell’Europa
centro-orientale
e
orientale
utile
alle
imprese
tedesche
e
auspicato
da
imprenditori
e da
circoli
finanziari.
Nel
corso
del
secolo
breve
la
Germania
aveva
provato
con
la
forza
delle
armi
a
formare
in
Europa
uno
spazio
economico-politico
integrato
che
inglobasse
l’intero
continente.
Il
tentativo
hitleriano
di
ottenere
con
una
guerra
razziale
e di
sterminio
lo
spazio
vitale
per
il
popolo
tedesco
fu
un
tentativo
aberrante
di
dominio
ed
egemonia
coloniale
di
sfruttamento
di
tutte
le
risorse
di
un
intero
continente
che
non
ha
avuto
eguali
nel
corso
della
storia
dell’umanità
e
rappresenta
ancora
oggi
un
modello
di
imperialismo
radicale
basato
su
un’ideologia
totalitaria
razzista.
In
sostanza
l’idea
nazista
può
essere
considerata
l’evoluzione
più
cupa
dell’imperialismo
e
colonialismo
europeo.
L’idea
dell’UE
portata
avanti
oggi
dalla
Germania
è in
sostanza
l’antitesi
di
entrambi
i
tentativi
egemonici
portati
avanti
da
Berlino
nel
corso
della
prima
metà
del
ventesimo
secolo.
Ottenere
uno
spazio
economico
comune
europeo
non
con
la
forza
delle
armi
ma
con
accordi
condivisi
che
deve
assolutamente
portare
a un
unione
politica
dell’intero
continente
europeo,
questa
è la
visione
rivoluzionaria
di
Berlino
che
ha
le
sue
profonde
radici
nelle
visioni
degli
illustri
esponenti
della
resistenza
anti-nazista
tedesca
che
all’epoca
immaginarono
un
ruolo
diverso
della
Germania
in
Europa.
La
Germania
rimane
ancora
oggi
il
paese
cruciale
in
Europa.
Il
destino
del
vecchio
continente
dipende
in
gran
parte
dalle
decisoni
prese
a
Berlino.
Il
rigore
imposto
ai
paesi
non
virtuosi
è
anche
frutto
della
fobia
tedesca
dell’iperinflazione
sperimentata
dai
tedeschi
nel
primo
dopoguerra
dopo
l’imposizione
al
paese
del
punitivo
trattato
di
Versailles
del
1919.
Nelle
mani
della
Germania
dunque
c’è
ancora
una
volta
il
destino
dell’Europa
intera.
Come
si
evolverà
la
crisi
economica
e
finanziaria
che
attanaglia
l’Europa
(e
il
mondo)
dipende
anche
da
quanto
rigore
pretenderà
Berlino.
Coniugare
crescita
e
rigore
è la
vera
sfida
di
fronte
alla
quale
si
troverà
sopratutto
Berlino,
perché
di
solo
rigore
si
può
anche
morire.