GERDA TARO, professione reporter
LA RAGAZZA CON LA LEICA
di Giovanna D'Arbitrio
Quante donne hanno sacrificato la
loro vita per gli ideali di libertà
e democrazia? Tante! Ancor oggi
seguiamo con apprensione la
coraggiosa rivolta delle donne
iraniane, scatenata dalla morte
della giovane Mahsa Amini,
avvenuta dopo essere stata
arrestata dalla polizia perché non
portava il velo in modo corretto.
Otterranno ciò che vogliono oppure
la loro lotta sarà “macinata” dalla
storia e poi dimenticata?
Purtroppo i vichiani corsi e ricorsi
storici ci inducono a riflettere e
ancor oggi a tener alta la guardia
contro possibili tentativi di
restaurare anche in occidente
governi illiberali che credevamo
ormai superati.
Mi è venuto in mente un lungo elenco
di personaggi femminili, e mi sono
chiesta come mai cada nell’oblio la
memoria di donne coraggiose e ben
note ai loro tempi, anche se hanno
combattuto per i propri ideali fino
a sacrificare la vita. Purtroppo ciò
accade, se nessuno ne mantiene vivo
il ricordo per i posteri. E mi è
venuta in mente Gerda Taro,
un personaggio femminile che visse
in un tempo difficile, quei lontani
anni Trenta del Novecento che per
certi aspetti purtroppo ci ricordano
quelli attuali per la grave crisi
economica, l’ascesa di razzismo e
governi illiberali, l’ostilità verso
i rifugiati e quant’altro.
E
anche Gerda Taro, come tante donne
coraggiose del passato, è stata
dimenticata per decenni, anche se al
suo funerale, celebrato a Parigi il
1° Agosto 1937 tra sventolanti
bandiere rosse, parteciparono
importanti personalità politiche e
grandi esponenti della cultura
conosciuti a livello internazionale.
Mentre una folla enorme seguiva il
feretro insieme a una banda che
suonava la marcia funebre di Chopin,
perfino Pablo Neruda lesse un elogio
funebre. E Alberto Giacometti
abbellì la sua tomba con una
scultura nel cimitero di Père
Lachaise nella zona dedicata ai
rivoluzionari.
Durante l’occupazione tedesca il suo
sepolcro fu danneggiato e in seguito
mai restaurato: ancor oggi forse
trascurato, come inspiegabilmente si
è verificato per la memoria di
questa donna intelligente e
coraggiosa.
Confesso che anch’io non conoscevo
bene la sua storia, finché non ho
letto il libro La Ragazza con la
Leica, romanzo di Helena
Janeczek, vincitore nel 2018 del
Premio Strega e del Premio Bagutta,
nonché finalista al Premio
Campiello. Esso viene così descritto
dalla casa editrice Guanda: “«Il
1° agosto 1937 una sfilata piena di
bandiere rosse attraversa Parigi. È
il corteo funebre per Gerda Taro, la
prima fotografa caduta su un campo
di battaglia. Proprio quel giorno
avrebbe compiuto ventisette anni.
Robert Capa, in prima fila, è
distrutto: erano stati felici
insieme, lui le aveva insegnato a
usare la Leica e poi erano partiti
tutti e due per la Guerra di Spagna.
Nella folla seguono altri che sono
legati a Gerda da molto prima che
diventasse la ragazza di Capa: Ruth
Cerf, l’amica di Lipsia, con cui ha
vissuto i tempi più duri a Parigi
dopo la fuga dalla Germania; Willy
Chardack, che si è accontentato del
ruolo di cavalier servente da quando
l’irresistibile ragazza gli ha
preferito Georg Kuritzkes, impegnato
a combattere nelle Brigate
Internazionali. Per tutti Gerda
rimarrà una presenza più forte e
viva della celebrata eroina
antifascista: Gerda li ha spesso
delusi e feriti, ma la sua gioia di
vivere, la sua sete di libertà sono
scintille capaci di riaccendersi
anche a distanza di decenni. Basta
una telefonata intercontinentale tra
Willy e Georg, che si sentono per
tutt’altro motivo, a dare l’avvio a
un romanzo caleidoscopico, costruito
sulle fonti originali, del quale
Gerda è il cuore pulsante. È il suo
battito a tenere insieme un flusso
che allaccia epoche e luoghi
lontani, restituendo vita alle
istantanee di questi ragazzi degli
anni Trenta alle prese con la crisi
economica, l’ascesa del nazismo,
l’ostilità verso i rifugiati che in
Francia colpiva soprattutto chi era
ebreo e di sinistra, come loro. Ma
per chi l’ha amata, quella
giovinezza resta il tempo in cui,
finché Gerda è vissuta, tutto
sembrava ancora possibile».
Chi era dunque Gerda? Il suo vero
nome era Gerta Pohorylle: nata a
Stoccarda nel 1910 da una buona
famiglia della borghesia ebraica;
crebbe a Lipsia, studentessa
brillante, bella, estroversa,
ribelle. Nel 1933 venne arrestata
per aver distribuito volantini
antinazisti. Decise in seguito di
scappare con un amico a Parigi dove
i primi tempi furono duri tra
sistemazioni occasionali presso
amici, piccoli lavori come ragazza
alla pari, segretaria e modella.
A
quei tempi Parigi era il centro di
un’intensa vita culturale e
politica. Nei Caffè che anche lei
frequentava si potevano incontrare
grandi personaggi, come Walter
Benjamin, Joseph Roth, Ernest
Hemingway e tanti altri. Nel 1934
Gerta incontrò un giovane fotografo
ungherese, Endre Friedmann,
anch’egli ebreo e comunista, che le
insegnò a fotografare. Subito
s’innamorò di lui, poi insieme
inventarono il personaggio di
“Robert Capa”, fantomatico fotografo
americano giunto a Parigi per
lavorare in Europa e anch’ella
decise di adottare lo pseudonimo di
“Gerda Taro”. Grazie a questo
escamotage e alla loro indiscussa
abilità, riuscirono ad avere
successo. Nel 1936 entrambi decisero
di seguire sul campo la guerra
civile spagnola, diventando validi
testimoni della guerra con molti
reportage pubblicati su “Regards”
e “Vu”.
Affascinante e temeraria, Gerda
rischiò spesso la vita per
realizzare i suoi reportage
fotografici, tra i quali il più
importante fu quello sulla battaglia
di Brunete, una testimonianza dei
pesanti bombardamenti dell’aviazione
nazionalista.
Al ritorno da Brunete, il 26 luglio
1937, Gerda fu vittima di un
terribile incidente nel quale fu
travolta e schiacciata da un carro
armato. Si racconta che dopo essere
stata così gravemente ferita,
durante il traporto in ospedale si
preoccupasse della sua macchina
fotografica e del reportage
fotografico sulla battaglia più che
della sua vita, mentre con le mani
sulla pancia teneva premute le sue
stesse viscere, mostrandosi
incredibilmente forte. Sottoposta a
trasfusione e operata, si spense
all’alba del 26 luglio. Aveva solo
27 anni la prima donna reporter del
mondo!
L’autrice del libro ne descrive il
personaggio attraverso i ricordi di
alcuni dei suoi più cari amici: Ruth
Cerf, l’amica di Lipsia, con cui
visse i tempi più duri a Parigi dopo
la fuga dalla Germania; Willy
Chardack, eterno cavalier servente
innamorato di lei che gli preferì
Georg Kuritzkes, impegnato a
combattere nelle Brigate
Internazionali, finché non lo lasciò
dopo l’incontrò con Robert Capa.