Nella crisi del gas la priorità
dell’Unione Europea è ridurre la
dipendenza dal gas russo. La Russia,
da parte sua, sta indirizzando le
sue forniture verso altri mercati,
con il taglio del 20% delle
forniture per i Paesi dell’UE
attraverso il gasdotto Nord Stream
1. Nel frattempo il prezzo di
riferimento per le importazioni del
gas naturale in Europa, fissato alla
Borsa di Amsterdam, qualche giorno
fa è aumentato di un altro 10%,
toccando i 220 euro al megawattora,
per poi riscendere subito dopo a 200
euro.
Nel frattempo la Cina si fa avanti
per occupare spazi
nell’approvvigionamento del gas
estratto in Russia e lasciati liberi
dai Paesi dell’UE, dovendo mettere
in atto una transizione energetica
per una crescita economica
sostenibile.
Nella Siberia orientale, il
giacimento di Chayandinskoye (Чаяндинское
месторождение) raggiungerà la sua
capacità nominale di 25 miliardi di
m cubi all'anno entro il 2024,
consentendo di aumentare
l’esportazione di gas naturale verso
la Cina attraverso il gasdotto Power
of Siberia. Il Kovyktinskoye (Ковыктинское
газоконденсатное месторождение -
Ковыкта), inoltre, dovrebbe essere
collegato al sistema di gasdotti
Power of Siberia entro l'inizio 2023
e raggiungere la sua capacità
nominale di 15 miliardi di metri
cubi all’anno. Tale complesso è in
fase di espansione e dovrebbe
prevedere una nuova sezione
meridionale, i cui lavori sono
iniziati nel 2021 e dovrebbero
terminare entro il 2025. Infine
l'impianto di lavorazione del gas
situato sull’Amur dovrebbe
raggiungere la sua capacità di 42
bcm/anno entro il 2025. Nel febbraio
20220 Gazprom e China National
Petroleum Corporation (CNPC) hanno
firmato un contratto di fornitura a
lungo termine di 10 miliardi di
metri cubi all'anno. Una delle
principali risorse potrebbe essere
il giacimento di Yuzhno-Kirinskoye (Южно-Киринское),
con una capacità progettuale di 21
bcm/anno. Il giacimento dovrebbe
essere messo in funzione nel biennio
2023-2025 e potrebbe consentire la
fornitura di gas alla Cina
attraverso la rotta dell'Estremo
Oriente.
Secondo il Gas Market Report,
Q3-2022, a cura dell’International
Energy Agency (IEA), le esportazioni
di gas via gasdotto della Russia
verso l'Europa si sono attestate a
167 bcm nel 2021 e sono diminuite
del 25% su base annua nella prima
metà del 2022 e saranno dimezzare
entro il 2025 rispetto ai livelli
del 2021. Questa previsione della
IEA si basa sulla graduale scadenza
dei contratti di fornitura a lungo
termine di Gazprom e sull'ipotesi
che non vengano firmati nuovi
contratti o proroghe, a seguito
delle tensioni diplomatiche e del
conflitto in corso. Inoltre le
sanzioni imposte alla Russia avranno
come conseguenza collaterale il
mancato utilizzo del gasdotto
YAMAL-Europa (Ямал — Европа), che ha
una portata di 33 miliardi di metri
cubi all'anno di gas e che collega
gli impianti della penisola di Yamal
e della Siberia Occidentale con la
Polonia e con la Germania attraverso
la Bielorussa.
L’accelerazione con cui l’UE sta
rinunciando al gas russo dovrebbe
corrispondere a una diminuzione
entro il 2025 di circa l’80%, se
comparato ai livelli del 2021. Tale
previsione si basa sulle
dichiarazioni dei vertici dell’UE di
voler essere indipendenti dal gas
russo entro il 2027. Le intenzioni
dell’UE sono comunque soggette
all’imprevedibilità delle mosse
strategiche della Russia, che
potrebbe anticipare l’UE e tagliare
senza preavviso in modo drastico le
forniture all’UE molto prima del
2027.
Per contro, le importazioni da parte
della Cina del gas russo sono
aumentate del 25% (o 11 bcm) nel
2021, sostenute dalla ripresa delle
forniture dell'Asia centrale e dal
graduale aumento del gas che arriva
dal complesso Power of Siberia, i
cui flussi hanno superato i 10
miliardi di metri cubi nel 2021 e
che la IEA prevede raggiungeranno i
38 miliardi di metri cubi all’anno
entro il 2025. La Cina è il Paese
dell’Asia Orientale che importa
all’anno più gas dalla Russia, con
17 miliardi di metri cubi, segue il
Giappone con 9 miliardi di metri
cubi e la Corea del Sud, con 4
miliardi di metri cubi. Nel medio
termine le importazioni di gas in
Cina dovrebbero aumentare di quasi
il 60%, raggiungendo gli 85 bcm/anno
entro il 2025. Ciò è dovuto in gran
parte alle forniture incrementali
che in parte dovrebbero giungere a
partire dal 2024-2025 in Cina
attraverso la rotta dell'Estremo
Oriente dall'isola di Sakhalin.
Sempre secondo il recente rapporto
della IEA, le forniture di gas della
Russia ai mercati asiatici
potrebbero aumentare di 40 miliardi
di metri cubi all'anno, per
raggiungere poco più di 70 miliardi
di metri cubi all'anno entro il
2025. In base al contratto a lungo
termine che è alla base delle
forniture di gas attraverso il
gasdotto Power of Siberia, le
esportazioni russe di gas verso la
Cina sono destinate ad aumentare a
15 miliardi di metri cubi entro la
fine del 2022 e aumentare
gradualmente fino a 38 miliardi di
metri cubi all'anno entro il 2025,
come già spiegato sopra.
La Russia potrebbe poi dirottare
dall’Europa ai mercati asiatici
oltre 10 bcm di gas naturale
liquefatto attraverso l'impianto di
YAMAL, anche se il trasporto di
tutti i flussi di gas naturale
liquefatto verso l’Asia Orientale
avrebbe come conseguenza costi alti,
soprattutto nel periodo da dicembre
a giugno, quando la navigazione
sulla rotta artica è difficoltosa a
causa dei ghiacci e delle cattive
condizioni metereologiche.
Le attuali sanzioni nei confronti
della Russia mettono, inoltre, a
rischio lo sviluppo delle nuove
infrastrutture per il trasporto del
gas naturale verso l’Asia, che la
IEA ipotizza possano essere
completate soltanto nella seconda
metà del decennio, quindi non entro
il 2025, come inizialmente previsto.
Una volta operativi, però, tali
gasdotti potrebbero fornire altri 18
miliardi di metri cubi all'anno ai
mercati asiatici. Il previsto
gasdotto Power of Siberia 2, da 50
miliardi di metri cubi all'anno, è
stato progettato per collegare i
giacimenti della Siberia occidentale
alla Cina attraverso la Mongolia.
Secondo le stime di Gazprom, il
gasdotto potrebbe essere costruito
entro il 2027-2028, anche se al
momento non è stato stipulato ancora
nessun contratto di fornitura che
vincoli legalmente i due Stati,
pertanto l’inizio dei lavori
potrebbe slittare anche oltre il
2030.
Per la Cina, il più grande
consumatore di energia al mondo, il
gas naturale rappresenta al momento
il combustibile fossile più pulito,
con emissioni del 29%-44% in meno di
CO2, del 79%-80% in meno di NOx, del
99,9% in meno di SO2 e il 92%-99,7%
in meno di particolato rispetto al
petrolio e al carbone. Il suo
consumo in Cina è in continuo
aumento dal 2017, dopo un lungo
ventennio in cui si è fatto largo
uso del carbone, con gravi
conseguenze per l’inquinamento
atmosferico.
La Cina, trainata dal settore
industriale, è il Paese che
contribuisce in via principale alla
crescita dei consumi e rappresenta
oltre il 75% dell'aumento della
domanda di gas nella regione per il
periodo 2021-2025. Come in Unione
Europea, anche in Cina, il gas
naturale sarà sostituito nel lungo
periodo da fonti di energia
rinnovabili, essendo un fossile che
emette comunque una notevole
quantità di gas serra. Gas a basso
contenuto di carbonio, come il
biometano e il metano biosintetico
ricavati dalle biomasse, così come
l’idrogeno da energia elettrica e il
metano sintetico, hanno il vantaggio
di emettere nell’atmosfera una
quantità di carbonio inferiore
rispetto al gas naturale, inoltre
possono essere trasportati
utilizzando le infrastrutture già
esistenti per il gas naturale, senza
necessità di modifiche.
Circa i due terzi dei nuovi
contratti sottoscritti per
l’approvvigionamento del gas
naturale in Cina prevede un nuovo
afflusso nell’ultimo trimestre del
2023 e quasi il 90% dei contratti
stipulati sarà esecutivo prima della
fine del 2025. L'obiettivo del
governo cinese con il 14° Piano
quinquennale è quello di raddoppiare
la capacità di stoccaggio di gas e
gas naturale liquefatto in Cina, per
un volume stimato intorno ai 55-60
miliardi di metri cubi entro il
2025, allo scopo di ridurre al
massimo il rischio di dannose
impennate dei prezzi invernali e di
carenze di carburante. il Piano a
medio e lungo termine per lo
sviluppo dell'industria
dell'idrogeno (2021-2035) ha
fissato, inoltre, un obiettivo di
produzione di 0,1-0,2 Mt/anno di
idrogeno da energia rinnovabile
entro il 2025 (che si traduce in 1-2
Mt/anno di risparmio di emissioni di
carbonio). Si tratta di una
colossale operazione atta a
migliorare a migliorare la
resilienza energetica cinese, ma
anche a salvaguardare il ruolo del
gas naturale nel sistema energetico.
In Cina la crescita del consumo di
gas naturale dovrebbe arrestarsi nel
2035, come confermato da recenti
studi effettuati dall’International
Energy Agency (IEA), dal World
Energy Outlook e dal China Renewable
Energy Outlook (CREO). Pur essendo
un produttore di gas naturale, la
Cina non riesce a coprire il
fabbisogno interno. Per esempio, nel
2018 l’estrazione in Cina di gas
naturale è stata di 157,5 miliardi
di m3 (BCM), mentre il consumo ha
raggiunto i 280,3 BCM. Circa la metà
del gas naturale consumato in Cina è
quindi importato attraverso gasdotti
a lunga distanza, mentre il gas
naturale liquefatto (GNL) è
importato via mare per mezzo di navi
metaniere.
Il World Energy Outlook della IEA ha
evidenziato che nel 2040 oltre il 7%
dell'offerta globale di gas sarà
costituito da gas a basse emissioni
di carbonio, con un trend in forte
crescita. Come sottolineato dal Gas
Market Report, Q3-2022,
sopraccitato, gli investimenti in
nuovi impianti a idrogeno a basse
emissioni e nell'ammodernamento
degli impianti esistenti con CCUS (Carbon
Capture Use and Storage)
consentiranno di passare a una
modello più sostenibile. La CCUS è
una soluzione tecnologica in grado
di ridurre significativamente le
emissioni di CO2 e riguarda una
serie di processi che prevedono
dapprima la separazione della CO2
dalle fonti energetiche, o dai gas
di risulta o di scarico di processi
industriali, quindi uno specifico
utilizzo della CO2 o il relativo
trasporto in un luogo di stoccaggio,
ovvero il suo isolamento a lungo
termine dall’atmosfera. Grazie alla
CCUS i principali Paesi consumatori
di fertilizzanti, come l'India,
potranno ridurre le importazioni di
gas naturale liquefatto.
Un recente studio di Jinrui Zhang et
al. dal titolo Potential role of
natural gas infrastructure in China
to supply low-carbon fa una
previsione di sette differenti
scenari per bilanciare la domanda e
l’offerta di gas in Cina nel periodo
tra il 2020 e il 2050. Fattori che
non variano per tutti e sette i
modelli sono la domanda globale di
gas della Cina, così come le rotte
di trasporto, che restano invariate,
tranne che per uno scenario, in cui
sono incrementate. Nel primo
scenario ipotizzato, quello base,
gli autori del paper si basano
sull’assunto che tutta la domanda di
gas in Cina sia soddisfatta in via
principale tramite gas naturale, sia
di produzione nazionale, che
importato via gasdotto e, infine,
dalle importazioni di gas naturale
liquefatto.
Il modello parte dal presupposto che
l'alta percentuale di dipendenza
dalle importazioni di gas naturale
in Cina aumenta il rischio di
sicurezza energetica
dell'approvvigionamento di tale
fonte di energia, pertanto tutti gli
scenari proposti, a eccezione
dell’ipotesi di base, utilizzano la
produzione nazionale di gas a basso
contenuto di carbonio per sostituire
le importazioni sia di gas naturale
che di gas naturale liquefatto, al
fine di ridurre sia le emissioni di
gas serra che il rischio di
sicurezza dell'approvvigionamento di
gas in Cina.
Nei primi due scenari che si
discostano dall’ipotesi di base,
tutto l'idrogeno prodotto dal solare
e dall'eolico è convertito in gas
naturale compresso a basse emissioni
di carbonio, mentre nei successivi
due scenari l'idrogeno è miscelato
direttamente nell'infrastruttura di
gas naturale e il resto
dell'idrogeno è convertito in gas
naturale sintetico, sempre a basse
emissioni di carbonio. Negli ultimi
due scenari l'idrogeno prodotto dal
solare e dall'eolico è lavorato
attraverso un gasdotto dedicato, un
idrogenodotto ad alta tecnologia.
Le infrastrutture saranno
strategiche per il fabbisogno di gas
naturale in Cina tra il 2030 e il
2050 ed è necessario progettarne una
rapida espansione sin da ora.
Infatti, sebbene sia stato
ipotizzato dagli studiosi che la
domanda di gas dovrebbe diminuire a
livello internazionale tra il 2040 e
il 2050, la rete di gasdotti, come
dimostrato, può ancora essere
riutilizzata per il trasporto di
idrogeno o di metano sintetico. Nel
2020 la produzione di gas a basse
emissioni di carbonio era così
composta: biometano (30%), bio-SNG
(68%) e SNG a basso contenuto di
carbonio o idrogeno (2%). Nel 2050
le stime prevedono rispettivamente
il 17%, il 39% e il 44%.
Per quanto riguarda la Cina, lo
Yunnan e la Mongolia Interna
dovrebbero contribuire a circa il
17% della produzione totale di gas a
basse emissioni di carbonio nel
periodo 2020-2050. Le province di
Yunnan, Guangxi, Guizhou, Hunan,
Mongolia Interna e Jilin hanno il
potenziale per diventare
autosufficienti per quanto riguarda
la richiesta di gas a bassa
emissione di carbonio, che può
ridurre il divario del 20%-67% tra
l'offerta e la domanda interna,
aumentando così l'indipendenza
dell'approvvigionamento di gas da
parte della Cina.
La domanda di gas in Cina è
concentrata soprattutto nelle
province costiere orientali, perciò
la sostituzione del gas importato
dai gasdotti, principalmente da
Ovest, con gas a basso contenuto di
carbonio prodotto internamente
dovrebbe ridurre la distanza di
trasporto del gas e, di conseguenza,
ridurre le infrastrutture necessarie
per il trasporto del gas naturale,
mentre dovrebbero aumentare le
infrastrutture per il gas prodotto
internamente a basso contenuto di
carbonio. Applicando questa
strategia, la Cina potrebbe, sia nel
breve che nel lungo periodo, ridurre
in modo significativo le emissioni
di gas serra e le importazioni di
gas naturale da Paesi terzi.