[ISSN 1974-028X]

[REGISTRAZIONE AL TRIBUNALE CIVILE DI ROMA N° 577/2007 DEL 21 DICEMBRE] *

 

172 / APRILE 2022 (CCIII)


ambiente

LA GEOGRAFIA DEL GAS
TRA CRISI INTERNAZIONALE E TRANSIZIONE ECOLOGICA / PARTE IV

di Leila Tavi

 

Nel nuovo millennio il gas gioca un ruolo chiave non soltanto nella transizione energetica, grazie alla sua ampia gamma di applicazioni, ma anche nel contesto geopolitico mondiale. Nel 2021 il rally, il forte aumento dei prezzi dopo un periodo di stasi, è stato sostenuto dall'elevata domanda di gas dovuta alla rapida ripresa economica post-pandemica, ad alcuni fattori esogeni, come le imprevedibili condizioni meteorologiche, ad alcune interruzioni nella fornitura, ma anche a un sottoinvestimento strategico, che ha avuto come obiettivo quello di restringere la capacità disponibile e limitare così la competizione nel mercato) e a una politica opportunistica negli investimenti da parte dei grandi player del settore, allo scopo di favorire gli operatori verticalmente integrati e a impedire ai competitori l’accesso alla rete aumentando indirettamente i costi.

L’incertezza sui tempi e sulle modalità della transizione energetica che influisce, insieme al conflitto russo-ucraino, sulla volatilità dei prezzi del gas potrebbe, nel futuro, tendere a rendere i cicli di investimento ancora più elevati. All’interno dell’UE sono stati ripensati gli obiettivi fissati dal Libro Verde del 2013 sulle politiche energetiche da perseguire entro il 2030. L'8 marzo 2022 la Commissione europea ha presentato il piano REPowerEU, in cui propone una serie di misure volte ad aumentare la resilienza dell'UE nel breve termine.
Lo stoccaggio obbligatorio di gas sarà un elemento chiave, così come l’intento di eliminare gradualmente le importazioni di gas dalla Russia. La CE prevede, infatti, di ridurre le importazioni di gas russo di due terzi (cioè di 100 bcm) entro la fine del 2022 e di abbandonare completamente prima del 2030, se non addirittura entro il 2027. Oltre alla diversificazione delle fonti, prevista dal pacchetto Fit for 55, approvato dalla CE nel mese di luglio 2021, che sarà lo strumento chiave per raggiungere questo obiettivo.

Il piano si basa su due pilastri: il primo prevede la diversificazione delle forniture di gas all'UE, stabilendo che entro la fine di quest'anno e, successivamente ogni anno, l'UE dovrebbe importare altri 50 miliardi di metri cubi di GNL (dal Qatar, dagli Stati Uniti, dall'Egitto e dall'Africa occidentale, tra gli altri) e circa 10 miliardi di metri cubi di GNL (dall'Azerbaigian, dall'Algeria e dalla Norvegia). La CE prevede, inoltre, di aumentare la produzione di biometano nell'UE e di accelerare la produzione e l'importazione di idrogeno verde, anche se gli effetti di queste iniziative si manifesteranno, purtroppo, soltanto nel lungo periodo. Pertanto potrebbe essere necessario in tempi brevi ampliare sia l'infrastruttura di importazione che le interconnessioni all'interno dell'UE (comprese quelle tra Portogallo, Spagna e Francia, e quello tra Grecia e Bulgaria), che dovrebbero essere compatibili con l'idrogeno.

Il secondo pilastro consiste, invece, nel ridurre la dipendenza dell'UE dagli idrocarburi e nell'accelerare l'attuazione di alcune delle misure del Fit for 55. Secondo la CE il forte aumento delle capacità fotovoltaiche ed eoliche (onshore e offshore) previste dal pacchetto climatico dell’UE potrebbe ridurre la domanda di gas naturale dei Paesi membri di 170 miliardi di metri cubi all'anno entro il 2030. La Commissione vuole anche accelerare l'installazione delle pompe di calore (ogni 10 milioni di pompe dovrebbero tradursi in una riduzione della domanda di gas di 12 miliardi di metri cubi all'anno), migliorare l'isolamento termico degli edifici e aumentare l'efficienza energetica e il risparmio energetico. Dal punto di vista dei cittadini lo sforzo che è richiesto dalle autorità comunitarie è di abbassare i termostati nelle abitazioni e negli uffici di almeno un grado (secondo i calcoli dell'AIE, questo da solo consentirebbe all'UE di ridurre il consumo di gas di 10 miliardi di metri cubi all'anno). Infine la CE vuole anche accelerare la decarbonizzazione dell'industria. In questo caso però l’obiettivo da raggiungere non è stato stabilito in modo chiaro, considerato che in RePowerEu non si fa nessun riferimento al ruolo del carbone e dell'energia nucleare nel breve e medio termine. Inoltre il Parlamento europeo non ha posto limiti alle misure straordinarie che gli Stati membri potrebbero mettere in atto in caso di necessità. Durante la conferenza stampa a conclusione del vertice dei leader dell'UE a Versailles, il Presidente francese Emmanuel Macron ha fatto un chiaro riferimento alla necessità di un maggiore utilizzo delle fonti energetiche rinnovabili, ma anche dell’energia nucleare.

Nonostante l’incertezza politica ed economica che gli investimenti nel gas rappresentano oggi, non va trascurato che tale materia prima può svolgere un ruolo fondamentale nella produzione di idrogeno e ammoniaca blu e, dato ancora più importante, le infrastrutture del gas possono essere utilizzate per i carburanti a basse emissioni di carbonio, quali l’idrogeno, la CO₂ per il CCUS (Carbon dioxide Capture & Utilization or Storage), e il biogas. Come anche sottolineato dall’Orange Book 2022 delle Comunità Energetiche in Italia, nel nostro Paese le ricerche nel campo dell’innovazione tecnologica per l’approvvigionamento energetico hanno invece per anni privilegiato l’energia solare e idroelettrica, trascurando lo sviluppo delle biomasse e del biogas.

Prima dello scoppio della guerra in Ucraina le previsioni di mercato sulla domanda di gas stimavano un aumento del 10% nei prossimi otto anni e un decremento dopo il 2030 per la spinta alla decarbonizzazione sia per usi industriali che nel riscaldamento degli edifici.

L’instabile scenario politico internazionale penalizza alcune aree geografiche più di altre. In Europa, per esempio, l’invasione dell'Ucraina da parte della Russia ha provocato un aumento del 20% dei prezzi del gas naturale, aumentando così l’inflazione e le bollette di imprese e consumatori. La Commissione Europea non esclude che il conflitto, seguito al drammatico impatto del Covid-19, con le conseguenti limitazioni della catena di approvvigionamento e l'aumento dei prezzi dell'energia (inflazione), potrebbero far crollare l'economia. L’inflazione, che potrebbe trasformarsi in stagflazione, potrebbe far scendere la curva di crescita economica di tutti i Paesi dell'UE che utilizzano l'euro al 4,0% entro la fine 2022.

In controtendenza a quanto sperimentato tra il 2006 e il 2014, con le interruzioni a sorpresa da parte della Russia dell'approvvigionamento di gas verso l’Ucraina e, di conseguenza gli ex Paesi del blocco ora nell’UE, la strategia per preparare la guerra da parte del Cremlino ha approfittato del maggiore consumo di gas dello scorso anno. La guerra è iniziata a inverno quasi terminato, de facto, i Paesi dell’UE hanno in larga parte finanziato la guerra prima ancora che iniziasse, con la ripartenza economica post-pandemica e con la ripresa di una vita sociale normale.

Mentre il prezzo del mercato spot del gas per megawattora (MWh) si aggirava in media intorno agli 80 euro nelle settimane precedenti all'inizio della guerra, il prezzo al 3 marzo, a poco più di una settimana dal conflitto era di 160 euro per MWh. Ogni Europeo ha, così, dato un contributo significativo al finanziamento della guerra da parte della Russia.

Un recentissimo studio di due esperti del settore tedeschi, Fabian Braesemann, statistico, e Max Schuler, economista, ha reso noti i dati relativi ai pagamenti giornalieri totali di tutte le famiglie tedesche per il gas russo. Quasi la metà (48%) dei 42,5 milioni di case tedesche sono riscaldate a gas. Un appartamento di dimensioni medie (92 m²) ha bisogno di circa 72 kWh di energia dal gas per un giorno medio di riscaldamento. Questo si traduce in un consumo giornaliero totale di circa 1,47 terawattora (TWh) per un giorno medio di riscaldamento.

Il 7 marzo 2022 il prezzo del gas naturale sul TTF (Title Transfer Facility) all’ingrosso è aumentato del 75% in un giorno e ha temporaneamente (alle 10 del mattino) raggiunto un prezzo senza precedenti di 345 €/MWh (equivalenti a circa 3675 dollari per 1000 m3); tuttavia, dopo un'ora è sceso di nuovo a 255 a 255 euro. I drastici aumenti e le fluttuazioni dei prezzi, che non sono giustificati dalla situazione del mercato, riflettono il nervosismo senza precedenti dei mercati e sono legati alla mancanza di chiare prospettive di ripresa, oltre che alla crescente pressione per di ripresa, nonché alle crescenti pressioni per sanzionare le esportazioni russe di petrolio e gas.

Secondo l’ultimo rapporto dell’Agenzia Internazionale dell’Energia (AIE) l'UE rimane fortemente dipendente dal gas proveniente dalla Russia, considerato che le risorse russe rappresenteranno ancora nei prossimi anni circa il 45% di tutte le importazioni dell'UE e quasi il 40% del suo consumo. Nel frattempo, l’OSW Commentary del marzo 2022, a cura del Centre for Eastern Studies di Varsavia, sottolinea che, in relazione alla crisi del mercato del gas in corso negli ultimi mesi, i siti di stoccaggio di gas dell'UE sono stati riempiti solo a livelli molto bassi. Anche le forniture alternative di gas sul mercato globale sono anch'esse limitate nella loro disponibilità a breve termine. Di conseguenza, l'escalation delle tensioni tra Mosca e l'Occidente rappresenta un serio rischio per la stabilità del mercato europeo del gas, con il rischio che, se il conflitto non avrà una rapida risoluzione, l’inverno prossimo potrebbero esserci delle interruzioni nella fornitura ai Paesi UE da parte della Russia, come misura di ritorsione alle sanzioni imposte dall’Occidente.

Il programma dell’UE è ambizioso, ma forti sono i dubbi di esperti e analisti sulla fattibilità di tale programma. Non è sicuro che i Paesi membri saranno effettivamente in grado di assicurarsi 60 miliardi di metri cubi di gas non russo, di cui 50 miliardi di GNL, sul mercato globale entro la fine di quest'anno e, anche in caso di successo del programma europeo, il timore è che i costi non saranno sostenibili, inoltre non va sottovalutato che anche i Paesi asiatici sono importatori di GNL, pertanto a livello contrattuale, i singoli Stati dell’UE dovranno essere in grado di superare le offerte che proverranno dall’Oriente. Anche in questo caso, se l’EU riuscirà a garantire il fabbisogno di energia al suo interno, la conseguenza diretta sarà un aumento nell’utilizzo di carbone in altre aree del mondo, il cui prezzo aumenterà ancora (variazioni al rialzo sono già visibili a livello mondiale) e la disponibilità diminuirà, senza considerare il disastroso impatto sull’ambiente.

Non sono stati, inoltre, stabiliti i tempi e le modalità di realizzazione della transizione energetica nei singoli Paesi dell’UE, né tantomeno i tempi di riduzione della dipendenza dal gas e dal petrolio estratti in Russia. L'atteggiamento dei singoli Paesi all’interno dell’UE e delle differenze forze politiche all’interno dei singoli Paesi è equivoco a riguardo.

In questo incerto scenario la guerra è un fattore determinante, soprattutto perché un vero e proprio embargo sul gas e petrolio russo non è stato contemplato dai Paesi dell’UE e non potrebbe essere messo in atto, se non a fronte di enormi ripercussioni a livello economico.

Quelli che invece sono già prevedibili sono gli effetti sui due Paesi in guerra, sull’Ucraina, un Paese dilaniato e che vivrà il suo Anno Zero per la ricostruzione alla fine del conflitto, e sulla Russia, che sta attraversando una delle più profonde crisi economiche degli ultimi trent'anni, paragonabile alla crisi di trasformazione che seguì il crollo dell'Unione Sovietica all’inizio degli Anni Novanta del secolo scorso.

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[ iscrizione originaria (aggiornata 2007) al tribunale di Roma (editore eOs): n° 215/2005 del 31 maggio ]