Nel nuovo millennio il gas gioca un
ruolo chiave non soltanto nella
transizione energetica, grazie alla
sua ampia gamma di applicazioni, ma
anche nel contesto geopolitico
mondiale. Nel 2021 il rally, il
forte aumento dei prezzi dopo un
periodo di stasi, è stato sostenuto
dall'elevata domanda di gas dovuta
alla rapida ripresa economica
post-pandemica, ad alcuni fattori
esogeni, come le imprevedibili
condizioni meteorologiche, ad alcune
interruzioni nella fornitura, ma
anche a un sottoinvestimento
strategico, che ha avuto come
obiettivo quello di restringere la
capacità disponibile e limitare così
la competizione nel mercato) e a una
politica opportunistica negli
investimenti da parte dei grandi
player del settore, allo scopo di
favorire gli operatori verticalmente
integrati e a impedire ai
competitori l’accesso alla rete
aumentando indirettamente i costi.
L’incertezza sui tempi e sulle
modalità della transizione
energetica che influisce, insieme al
conflitto russo-ucraino, sulla
volatilità dei prezzi del gas
potrebbe, nel futuro, tendere a
rendere i cicli di investimento
ancora più elevati. All’interno
dell’UE sono stati ripensati gli
obiettivi fissati dal Libro Verde
del 2013 sulle politiche energetiche
da perseguire entro il 2030. L'8
marzo 2022 la Commissione europea ha
presentato il piano REPowerEU, in
cui propone una serie di misure
volte ad aumentare la resilienza
dell'UE nel breve termine.
Lo stoccaggio obbligatorio di gas
sarà un elemento chiave, così come
l’intento di eliminare gradualmente
le importazioni di gas dalla Russia.
La CE prevede, infatti, di ridurre
le importazioni di gas russo di due
terzi (cioè di 100 bcm) entro la
fine del 2022 e di abbandonare
completamente prima del 2030, se non
addirittura entro il 2027. Oltre
alla diversificazione delle fonti,
prevista dal pacchetto Fit for 55,
approvato dalla CE nel mese di
luglio 2021, che sarà lo strumento
chiave per raggiungere questo
obiettivo.
Il piano si basa su due pilastri: il
primo prevede la diversificazione
delle forniture di gas all'UE,
stabilendo che entro la fine di
quest'anno e, successivamente ogni
anno, l'UE dovrebbe importare altri
50 miliardi di metri cubi di GNL
(dal Qatar, dagli Stati Uniti,
dall'Egitto e dall'Africa
occidentale, tra gli altri) e circa
10 miliardi di metri cubi di GNL
(dall'Azerbaigian, dall'Algeria e
dalla Norvegia). La CE prevede,
inoltre, di aumentare la produzione
di biometano nell'UE e di accelerare
la produzione e l'importazione di
idrogeno verde, anche se gli effetti
di queste iniziative si
manifesteranno, purtroppo, soltanto
nel lungo periodo. Pertanto potrebbe
essere necessario in tempi brevi
ampliare sia l'infrastruttura di
importazione che le interconnessioni
all'interno dell'UE (comprese quelle
tra Portogallo, Spagna e Francia, e
quello tra Grecia e Bulgaria), che
dovrebbero essere compatibili con
l'idrogeno.
Il secondo pilastro consiste,
invece, nel ridurre la dipendenza
dell'UE dagli idrocarburi e
nell'accelerare l'attuazione di
alcune delle misure del Fit for 55.
Secondo la CE il forte aumento delle
capacità fotovoltaiche ed eoliche (onshore
e offshore) previste dal pacchetto
climatico dell’UE potrebbe ridurre
la domanda di gas naturale dei Paesi
membri di 170 miliardi di metri cubi
all'anno entro il 2030. La
Commissione vuole anche accelerare
l'installazione delle pompe di
calore (ogni 10 milioni di pompe
dovrebbero tradursi in una riduzione
della domanda di gas di 12 miliardi
di metri cubi all'anno), migliorare
l'isolamento termico degli edifici e
aumentare l'efficienza energetica e
il risparmio energetico. Dal punto
di vista dei cittadini lo sforzo che
è richiesto dalle autorità
comunitarie è di abbassare i
termostati nelle abitazioni e negli
uffici di almeno un grado (secondo i
calcoli dell'AIE, questo da solo
consentirebbe all'UE di ridurre il
consumo di gas di 10 miliardi di
metri cubi all'anno). Infine la CE
vuole anche accelerare la
decarbonizzazione dell'industria. In
questo caso però l’obiettivo da
raggiungere non è stato stabilito in
modo chiaro, considerato che in
RePowerEu non si fa nessun
riferimento al ruolo del carbone e
dell'energia nucleare nel breve e
medio termine. Inoltre il Parlamento
europeo non ha posto limiti alle
misure straordinarie che gli Stati
membri potrebbero mettere in atto in
caso di necessità. Durante la
conferenza stampa a conclusione del
vertice dei leader dell'UE a
Versailles, il Presidente francese
Emmanuel Macron ha fatto un chiaro
riferimento alla necessità di un
maggiore utilizzo delle fonti
energetiche rinnovabili, ma anche
dell’energia nucleare.
Nonostante l’incertezza politica ed
economica che gli investimenti nel
gas rappresentano oggi, non va
trascurato che tale materia prima
può svolgere un ruolo fondamentale
nella produzione di idrogeno e
ammoniaca blu e, dato ancora più
importante, le infrastrutture del
gas possono essere utilizzate per i
carburanti a basse emissioni di
carbonio, quali l’idrogeno, la CO₂
per il CCUS (Carbon dioxide Capture
& Utilization or Storage), e il
biogas. Come anche sottolineato
dall’Orange Book 2022 delle Comunità
Energetiche in Italia, nel nostro
Paese le ricerche nel campo
dell’innovazione tecnologica per
l’approvvigionamento energetico
hanno invece per anni privilegiato
l’energia solare e idroelettrica,
trascurando lo sviluppo delle
biomasse e del biogas.
Prima dello scoppio della guerra in
Ucraina le previsioni di mercato
sulla domanda di gas stimavano un
aumento del 10% nei prossimi otto
anni e un decremento dopo il 2030
per la spinta alla decarbonizzazione
sia per usi industriali che nel
riscaldamento degli edifici.
L’instabile scenario politico
internazionale penalizza alcune aree
geografiche più di altre. In Europa,
per esempio, l’invasione
dell'Ucraina da parte della Russia
ha provocato un aumento del 20% dei
prezzi del gas naturale, aumentando
così l’inflazione e le bollette di
imprese e consumatori. La
Commissione Europea non esclude che
il conflitto, seguito al drammatico
impatto del Covid-19, con le
conseguenti limitazioni della catena
di approvvigionamento e l'aumento
dei prezzi dell'energia
(inflazione), potrebbero far
crollare l'economia. L’inflazione,
che potrebbe trasformarsi in
stagflazione, potrebbe far scendere
la curva di crescita economica di
tutti i Paesi dell'UE che utilizzano
l'euro al 4,0% entro la fine 2022.
In controtendenza a quanto
sperimentato tra il 2006 e il 2014,
con le interruzioni a sorpresa da
parte della Russia
dell'approvvigionamento di gas verso
l’Ucraina e, di conseguenza gli ex
Paesi del blocco ora nell’UE, la
strategia per preparare la guerra da
parte del Cremlino ha approfittato
del maggiore consumo di gas dello
scorso anno. La guerra è iniziata a
inverno quasi terminato, de facto, i
Paesi dell’UE hanno in larga parte
finanziato la guerra prima ancora
che iniziasse, con la ripartenza
economica post-pandemica e con la
ripresa di una vita sociale normale.
Mentre il prezzo del mercato spot
del gas per megawattora (MWh) si
aggirava in media intorno agli 80
euro nelle settimane precedenti
all'inizio della guerra, il prezzo
al 3 marzo, a poco più di una
settimana dal conflitto era di 160
euro per MWh. Ogni Europeo ha, così,
dato un contributo significativo al
finanziamento della guerra da parte
della Russia.
Un recentissimo studio di due
esperti del settore tedeschi, Fabian
Braesemann, statistico, e Max
Schuler, economista, ha reso noti i
dati relativi ai pagamenti
giornalieri totali di tutte le
famiglie tedesche per il gas russo.
Quasi la metà (48%) dei 42,5 milioni
di case tedesche sono riscaldate a
gas. Un appartamento di dimensioni
medie (92 m²) ha bisogno di circa 72
kWh di energia dal gas per un giorno
medio di riscaldamento. Questo si
traduce in un consumo giornaliero
totale di circa 1,47 terawattora (TWh)
per un giorno medio di
riscaldamento.
Il 7 marzo 2022 il prezzo del gas
naturale sul TTF (Title Transfer
Facility) all’ingrosso è aumentato
del 75% in un giorno e ha
temporaneamente (alle 10 del
mattino) raggiunto un prezzo senza
precedenti di 345 €/MWh (equivalenti
a circa 3675 dollari per 1000 m3);
tuttavia, dopo un'ora è sceso di
nuovo a 255 a 255 euro. I drastici
aumenti e le fluttuazioni dei
prezzi, che non sono giustificati
dalla situazione del mercato,
riflettono il nervosismo senza
precedenti dei mercati e sono legati
alla mancanza di chiare prospettive
di ripresa, oltre che alla crescente
pressione per di ripresa, nonché
alle crescenti pressioni per
sanzionare le esportazioni russe di
petrolio e gas.
Secondo l’ultimo rapporto
dell’Agenzia Internazionale
dell’Energia (AIE) l'UE rimane
fortemente dipendente dal gas
proveniente dalla Russia,
considerato che le risorse russe
rappresenteranno ancora nei prossimi
anni circa il 45% di tutte le
importazioni dell'UE e quasi il 40%
del suo consumo. Nel frattempo, l’OSW
Commentary del marzo 2022, a cura
del Centre for Eastern Studies di
Varsavia, sottolinea che, in
relazione alla crisi del mercato del
gas in corso negli ultimi mesi, i
siti di stoccaggio di gas dell'UE
sono stati riempiti solo a livelli
molto bassi. Anche le forniture
alternative di gas sul mercato
globale sono anch'esse limitate
nella loro disponibilità a breve
termine. Di conseguenza,
l'escalation delle tensioni tra
Mosca e l'Occidente rappresenta un
serio rischio per la stabilità del
mercato europeo del gas, con il
rischio che, se il conflitto non
avrà una rapida risoluzione,
l’inverno prossimo potrebbero
esserci delle interruzioni nella
fornitura ai Paesi UE da parte della
Russia, come misura di ritorsione
alle sanzioni imposte
dall’Occidente.
Il programma dell’UE è ambizioso, ma
forti sono i dubbi di esperti e
analisti sulla fattibilità di tale
programma. Non è sicuro che i Paesi
membri saranno effettivamente in
grado di assicurarsi 60 miliardi di
metri cubi di gas non russo, di cui
50 miliardi di GNL, sul mercato
globale entro la fine di quest'anno
e, anche in caso di successo del
programma europeo, il timore è che i
costi non saranno sostenibili,
inoltre non va sottovalutato che
anche i Paesi asiatici sono
importatori di GNL, pertanto a
livello contrattuale, i singoli
Stati dell’UE dovranno essere in
grado di superare le offerte che
proverranno dall’Oriente. Anche in
questo caso, se l’EU riuscirà a
garantire il fabbisogno di energia
al suo interno, la conseguenza
diretta sarà un aumento
nell’utilizzo di carbone in altre
aree del mondo, il cui prezzo
aumenterà ancora (variazioni al
rialzo sono già visibili a livello
mondiale) e la disponibilità
diminuirà, senza considerare il
disastroso impatto sull’ambiente.
Non sono stati, inoltre, stabiliti i
tempi e le modalità di realizzazione
della transizione energetica nei
singoli Paesi dell’UE, né tantomeno
i tempi di riduzione della
dipendenza dal gas e dal petrolio
estratti in Russia. L'atteggiamento
dei singoli Paesi all’interno
dell’UE e delle differenze forze
politiche all’interno dei singoli
Paesi è equivoco a riguardo.
In questo incerto scenario la guerra
è un fattore determinante,
soprattutto perché un vero e proprio
embargo sul gas e petrolio russo non
è stato contemplato dai Paesi
dell’UE e non potrebbe essere messo
in atto, se non a fronte di enormi
ripercussioni a livello economico.
Quelli che invece sono già
prevedibili sono gli effetti sui due
Paesi in guerra, sull’Ucraina, un
Paese dilaniato e che vivrà il suo
Anno Zero per la ricostruzione alla
fine del conflitto, e sulla Russia,
che sta attraversando una delle più
profonde crisi economiche degli
ultimi trent'anni, paragonabile alla
crisi di trasformazione che seguì il
crollo dell'Unione Sovietica
all’inizio degli Anni Novanta del
secolo scorso.